lunedì 23 dicembre 2013

Buon Natale?




BUON NATALE A TUTTI !!!!!



Il sistema giudiziario ammette il fallimento


Il sistema giudiziario inglese ammette il fallimento nel proteggere una bambina dalla PAS

 

Non so dove sia mia figlia.  Ogni mattina mi sveglio con l’ansia.  Mi sento inutile e privo di speranza.  L’emozione più forte che un genitore prova è l’amore verso i figli, e senza motivo sono stato privato di mia figlia.  È una ferita tale che non si rimargina mai.  Ogni Natale la vita va avanti. Ma non è un film.  Non si può tornare indietro.  Il tempo non passato con i figli è perso per sempre.  Ho il cuore in pezzi, ma non mi arrenderò mai. Perché la magistratura consente l’alienazione genitoriale?   Distrugge i bambini.  Ci sono migliaia di bambini che stanno soffrendo come mia figlia”.

La storia si svolge in Inghilterra.  La madre si dimostra alienante fino dalla nascita della figlia nel 1999.  All’età di 18 mesi la separazione fra i genitori.  La madre inizia ad usare falsi certificati medici per violare le sentenze.
I dispositivi dei tribunali venivano ignorati con tale facilità da essere inutili.
Nel 2003 la madre alienante ha una nuova relazione ed invita il padre a prendersi cura della figlia.  Papà e figlia riprendono sereni contatti, ma questa situazione dura solo 5 mesi.
Nel 2006 la madre alienante tenta una accusa di pedofilia. Viene stabilito che è tutto falso, ma intanto per vari mesi la bambina ed il papà vengono preventivamente condannati ad incontri protetti.  La bambina deve anche subire esami intimi.
Le indagini rivelano che la madre è mentalmente disturbata: affetta da tratti paranoidi e depressione, fa uso di acool e droghe.
La pedo-calunniatrice, accecata dall’odio, nel 2007 attacca il papà con un coltello: viene incarcerata e sottoposta a cure psichiatriche.  La bambina può vivere con il papà.
La vicenda si sarebbe conclusa qui, se la magistratura non avesse assunto una decisione scellerata: in base ad una discriminazione di genere preferisce domiciliare la figlia presso la madre, appena scarcerata.  Il papà rispetta la sentenza.
Se domiciliata presso il papà, la bambina avrebbe potuto avere contatti con entrambi i genitori, in quanto la madre avrebbe avuto difficoltà a praticare l’abuso dell’alienazione genitoriale senza avere la domiciliazione.
Invece, favorita dalla sentenza, la madre può alienare la figlia.  Tenta anche una falsa accusa di violenza.
Nel 2012 un giudice assume una decisione criminale: favorisce l’alienazione usandola come scusa per troncare i rapporti con il papà.
L’appello ribalta la sentenza, ma può essere troppo tardi per la bambina: il giudice  aggiunge «il sistema giudiziario ha fallito, l’infanzia della bambina è stata devastata».
A questo punto, l’unica decisione efficace che la magistratura può assumere per salvare la bambina è l’allontanamento dalla madre, che comunque meriterebbe la galera per aver maltrattato la figlia e violato 82 dispositivi.
Qualora la magistratura si disinteressi della bambina, il padre potrebbe decidere che il benessere della figlia viene prima del sistema giudiziario che ha favorito l’abuso.
Fonte della foto: http://www.dailymail.co.uk/news/article-2524892/My-ending-anguish–father-rights.html

Fonte: http://www.associazionefamiliaristi.it/il-sistema-giudiziario-inglese-ammette-il-fallimento-nel-proteggere-una-bambina-dalla-pas.html

[http://bit.ly/JjQF1k]

 

Padri separati sono i nuovi poveri

Sempre più sardi si rivolgono alla Caritas
Pensionati e separati tra i nuovi poveri





Il 2013 si chiude in un contesto di sofferenza e fragilità. Con la povertà che avanza fino a tradursi nella mancanza dei beni primari.
In Sardegna l'emergenza ha il volto del disoccupato, del padre separato, dell’anziano con una pensione minima. E’ una povertà che si articola in forme diverse, quelle legate alle nuove “dipendenze” come i giochi d’azzardo. Situazione descritta nelle 260 pagine del Dossier Caritas 2013 presentato nella sala Universo del Planetario de L'Unione Sarda.
Nel corso dell’anno, l’utenza complessiva nei servizi Caritas è stimata in 2.905 unità rispetto ai 2.123 dell’anno precedente con un incremento del 37% degli assistiti. Basterebbe questo dato per descrivere la drammaticità del momento. E guai a pensare che tocchi solo agli stranieri: cresce, infatti, la quota dei cittadini italiani che frequentano i centri della Caritas, passati dal 74,2% del 2012 all’80,1% del 2013. Oltre ai problemi economici (37%) e occupazionali (26%), che costituiscono le prime due categorie dei bisogni manifestati, tra gli altri si segnalano problemi legati all’abitazione (10%), alla famiglia (8,5%) e alla salute (5%).
L’EMERGENZA E’ NELLA QUOTIDIANITA’ - Ma sono tanti gli elementi che contribuiscono a tratteggiare il quadro della situazione nell’Isola. Nella mensa della Caritas diocesana di Cagliari, da gennaio 2013 a ottobre sono stati distribuiti 131.606 pasti, con una media di circa 500 pasti al giorno tra colazione, pranzo e cena. Per quanto riguarda l’attività della fondazione anti-usura, nel 2013 le pratiche erogate (gennaio-settembre) sono state 61 per un totale di circa 900mila euro. Il numero è quasi raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno. La differenza, si spiega nel dossier, è dovuta alla crescente richiesta di finanziamento da parte di famiglie e piccoli imprenditori che non hanno più possibilità di accesso al credito “istituzionali” poiché fortemente indebitati o segnalati nelle varie centrali-rischi.
I DATI - Per quanto riguarda gli stranieri cambia anche il peso delle diverse nazionalità che richiedono assistenza. Nel 2013 la nazionalità prevalente è quella del Marocco mentre nel 2012 erano i rumeni, che si posizionano al secondo posto. Massiccia è la scalata di nigeriani che passano dall’ottava posizione alla quarta. E’ in aumento anche il numero di bosniaci di origine rom. Nel complesso, l’attuale crisi oltre alla componente nazionale, appare pesare maggiormente sull’emigrazione preveniente dall’Africa.
La classe d’età prevalente, tra coloro che chiedono un aiuto, rimane quella tra i 35 e i 55 anni così come nel 2012. I coniugati costituiscono la maggioranza seguiti dai celibi o nubili (importante è la componente femminile) e dai divorziarti o separati. Con una particolarità molto importante: quest’ultima categoria è tra quelle a maggior rischio povertà. Anche loro sono tra i "nuovi poveri". Ancora un dato: l’assoluta maggioranza degli utenti risulta avere un domicilio (01,8%), la maggioranza degli utenti vive in nucleo familiare (76%).
LA POVERTA’ AVANZA - Non esiste una definizione univoca del concetto di povertà ma per poter quantificare i poveri si può partire dal concetto che la condizione di un individuo può essere definita solo se paragonata all’ambiente nel quale vive. E secondo quest’ultima definizione che l’Istat definisce “povertà relativa”, in Sardegna ci sono 147mila famiglie povere, il 20,7% del totale delle famiglie residenti nell’Isola (dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila sardi poveri. Si tratta di una dimensione in crescita e più alta rispetto alla emdia nazionale, ferma al 12,7%. Nel 2003 la percentuale delle famiglie sarde povere era simile a quella nazionale: rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale. Oggi, invece, c’è un divario evidente di circa 10 punti percentuali. In Sardegna il reddito pro-capite è più basso e c’è minor concentrazione della ricchezza: il livello dei consumi delle famiglie sarde è di conseguenza costantemente più basso rispetto alla media nazionale.
DISPERSIONE E DISOCCUPAZIONE - Senza formazione specialistica è difficile trovare lavoro. I giovani sardi con un basso livello di istruzione e senza esperienze hanno maggiori probabilità di rimanere fuori dal mercato del lavoro. E in Sardegna un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni dopo aver conseguito la licenza media ha abbandonato gli studi. Attualmente si sta cercando di rimediare all’abbandono scolastico attraverso quella tipologia di corsi (biennali per ottenere una qualifica) che per tanti anni sono stati erogati in maniera ridotta, ma anche se con tali interventi si riesce a ridurre statisticamente l’indicatore di ESL, non è detto che poi tali giovani riescano effettivamente a entrare nel mercato del lavoro, contribuendo cosi a ridurre anche il tasso di disoccupazione giovanile.
Redazione Online


venerdì 13 dicembre 2013