giovedì 17 luglio 2014

L'altra faccia del femminicidio

 di Robi Ronza 

 
Marito cacciato di casa
FOnet: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-laltra-faccia-del-femminicidio-9707.htm

«È clinicamente morto Riccardo Bazzurri, 32 anni, che non accettando la fine della storia con la sua compagna, ha aperto il fuoco in strada contro Ilaria, l'ex convivente 24enne e il figlio di due anni, per poi spararsi un colpo alla testa. Tra i feriti, anche un'amica della donna. L'aggressione è avvenuta a Ponte Valleceppi, alla periferia di Perugia». Giunto brevemente sulle prime pagine dei giornali lo scorso 8 luglio, e poi ben presto sommerso dal fluire della cronaca, il tragico episodio è stato ancora una volta commentato dalla stampa attingendo per lo più alla girandola di luoghi comuni ormai di rigore in casi del genere.

In quanto poi al mondo della politica basti citare le dichiarazioni di un assessore regionale umbro il quale, di fronte a tanta tenebra non vede altra possibile luce se non quella della «Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la cosiddetta Convenzione di Istanbul». Secondo l’assessore, per evitare il ripetersi di tragedie del genere basta affidarsi  all’«approccio innovativo» di questo documento  che «punta sull’autodeterminazione delle donne e chiede di mettere in campo strategie e azioni strutturali ed integrate per affrontare il problema da un punto di vista culturale e politico». «L’Umbria - ha concluso l’assessore (di cui pro caritate non citiamo il nome) - farà la sua parte e chiede al Governo nazionale, ormai da troppo tempo in silenzio sull’argomento, di fare altrettanto».
Che l’Umbria – osserviamo per inciso - con tutto ciò che magistralmente insegnano la sua storia, i suoi monumenti e il suo paesaggio, abbia da gran tempo i governi e le maggioranze che sappiamo è cosa che appartiene al mistero della libertà umana; ma non è questo che ci interessa qui. E nemmeno vogliamo soffermarci in particolare su tale specifico episodio, quanto piuttosto prenderlo in considerazione come sintomo di qualcosa di ben più vasto.

Beninteso, aggressioni, omicidi e suicidi di cui si rendono responsabili uomini respinti dalle madri dei loro figli, e spesso preclusi da una normale relazione paterna con questi ultimi, sono e restano dei crimini di sangue che nessuna attenuante può annullare. Tuttavia pretendere di spiegare tutto con la presunta irriducibilità dell’uomo-padrone è cosa di una banalità sconfortante.

Questi delitti sono piuttosto l’esplosione patologica di un grave disagio, che resta tale e che merita di venire considerato attentamente anche in quella stragrande maggioranza dei casi in cui non giunge a conseguenze estreme tanto tragiche. Sarebbe ora di rendersi conto che nella crisi di civiltà in cui viviamo il ruolo femminile si sta disarticolando forse ancor più e peggio del ruolo maschile. Non solo in quello che nel Vangelo viene chiamato il “mondo” ma anche in ambiti ove l’annuncio cristiano è forte e chiaro si moltiplicano i casi di mogli e madri che a non molti anni dal matrimonio rompono con i mariti e padri dei loro figli per motivi relativamente futili rispetto alla gravità di ciò che da tali rotture consegue in primo luogo a danno dei figli.

Nel contesto sociale e giuridico del nostro Paese ciò implica tra l’altro l’uscita di casa del marito respinto il quale nella maggior parte dei casi, gravato dall’onere degli alimenti e del costo di un alloggio per proprio uso, diventa un “nuovo povero”.  In Lombardia, e immaginiamo anche altrove, già sono sorti presso santuari e presso parrocchie degli ostelli per mariti e padri separati che non sono in grado di pagarsi un alloggio proprio. E non mancano poi casi di madri che insieme al marito abbandonano anche i figli, con tutte le ulteriori complicazioni che ne derivano. Non vogliamo di certo dire – osserviamo concludendo – che il peso del naufragio dei matrimoni incomba sempre sui mariti e padri. Affermiamo però che anche questa eventualità, in effetti sempre più frequente, va responsabilmente considerata con la dovuta attenzione.

Meno separazioni a causa della crisi

Diminuiscono divorzi e separazioni in Italia

http://www.documentazione.info/diminuiscono-divorzi-e-separazioni-in-italia
di Raffaele Buscemi

Battuta d'arresto per separazioni e, soprattutto, divorzi per la prima volta dal 1995. Ogni mille matrimoni 311 coppie si separano e 174 divorziano. Un numero di per sé elevato che, però, segna un'inversione di rotta. Stando alla fotografia scattata dall'Istat, nel 2012 ci sono stati 88.288 separazioni e 51.319 divorzi, entrambi in calo rispetto all’anno precedente rispettivamente dello 0,6% e del 4,6%.
La durata media delle nozze prima di decidere di prendere strade diverse è di 16 anni per le separazioni e 19 anni per i divorzi. I matrimoni più recenti durano di meno, come anche riportato dal “Corriere della Sera” e “Ilsole24ore”. Confrontando le nozze celebrate nel 1985 con quelle del 2005, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%. Così come durano di più le nozze religiose: a sopravvivere alla "crisi del settimo anno", nel 2012, sono 933 matrimoni religiosi su 1.000 celebrati nel 2005 contro 880 su 1.000 matrimoni celebrati con rito civile.

La ragione di questo con ogni probabilità deriva, più che da riscoperta del valore dell’indissolubilità matrimoniale, dall’impoverimento generale conseguente alla crisi economica. Torna quindi a galla un argomento spesso poco trattato quando si parla di divorzi: l’ altissimo costo a livello economico, oltre che sociale (come abbiamo anche detto qui e in quest’altro articolo),  che ha come effetti, tra gli altri, che buona parte dei “nuovi poveri” siano in effetti persone che hanno attraversato un divorzio o una separazione come ha evidenziato in un recente rapporto anche la Caritas italiana.
L'età media alla separazione è di circa 47 anni per i mariti e di 44 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 49 e 46 anni. Questi valori sono aumentati negli anni per effetto della posticipazione delle nozze in età più mature e per la crescita delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.

Un aspetto rilevante fotografato dall’Istat riguarda la tenuta del matrimonio religioso rispetto a quello civile. «Mettendo a confronto i matrimoni del 1995 con quelli del 2005 – è scritto nel report - si osserva come la propensione a separarsi nei matrimoni celebrati con il rito religioso sia molto inferiore e molto più stabile nel tempo rispetto a quella nelle nozze civili. Dopo sette anni i matrimoni religiosi sopravviventi sono praticamente gli stessi per le due coorti di matrimonio considerate (rispettivamente 933 e 935 su 1.000). I matrimoni civili sopravviventi scendono a 897 per la coorte del 1995 e a 880 per quella del 2005»
Un ultimo dato rilevante lo ricaviamo dal grafico che mette insieme matrimoni, separazioni e divorzi: per la prima volta dopo tanto tempo, al calo annuale di separazioni e divorzi si unisce anche un aumento del numero dei matrimoni.






 Dati
Statistiche ISTAT del 23.6.2014 http://www.istat.it/it/archivio/126552

Nota: le statistiche sul numero di separazioni consensuali/giudizili presentate nel sito fonte dell'articolo sono differenti da quelle riportate nel sito di statistica giudiziaria, che indica, nel 2012, iscritti circa 32.000 procedimenti di separazione giudiziale e circa 64.000 consensuale



 Fonte dato:
 https://reportistica.dgstat.giustizia.it/VisualizzatoreReport.Aspx?Report=/Pubblica/Statistiche%20della%20DGSTAT/Materia%20Civile/1.%20Movimento%20dei%20procedimenti/1.%20Dati%20nazionali/1%20Dati%20nazionali


g

mercoledì 16 luglio 2014

Interrogazione M5S- allontanamenti/affidi facili



 fonte. http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0240&tipo=atti_indirizzo_controllo

CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
  
 il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia; la legge 4 maggio 1983, n. 184, «Diritto del minore ad una famiglia» e successive modificazioni, prevede l'affidamento del minore ad una famiglia o ad una persona singola in grado di garantirgli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno nel caso in cui il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo o, qualora questo non sia possibile, l'inserimento in una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza pubblico e privato;
   il diritto del minore alla famiglia si atteggia in maniera particolarmente delicata soprattutto con riferimento alla condizione dei minori allontanati dalla famiglia di origine con provvedimento di una autorità giudiziaria;
   in una risoluzione del 2009 (Linee guida relative all'accoglienza eterofamiliare dei minori, adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2009, A/RES/64/142, pubblicata il 24 febbraio 2010), le Nazioni Unite impegnano gli Stati con ogni mezzo (finanziario, psicologico e organizzativo) a preservare il rapporto del minore con la sua famiglia di origine e ad impedire che il bambino ne debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro, dettando criteri ben precisi sull'affidamento temporaneo, quali: che il minore sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza abituale; che si ponga attenzione a che il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento; che l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famiglia al più presto possibile; che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allontanamento del minore; che i motivi d'ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori dalla famiglia; che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente familiare rispetto all'istituto (soprattutto sotto i tre anni di età);
   tuttavia, sono sempre più numerosi i fatti di cronaca giudiziaria che dimostrano come giudici e pubblici ministeri fanno sempre più affidamento a opinioni, relazioni e conclusioni di psicologi, psichiatri e assistenti sociali del servizio sociale o dei consultori familiari con l'assunto che, grazie alla loro conoscenza, sia possibile determinare la responsabilità di una persona (paradigmatico è, ad esempio, il caso di Rignano Flaminio) senza che queste relazioni o perizie – a parere dell'interrogante – possano considerarsi prove concrete come dovrebbe accadere in un giusto processo;
   in data 19 dicembre 2011 nasceva prematuramente all'età prenatale di 27 settimane la minore G. dall'unione dei genitori M.D. e F.G.;
   la minore veniva ricoverata per quattro mesi in ospedale fino alla dimissione avvenuta in data 12 aprile 2012 e dunque affidata ai genitori con la seguente diagnosi: «prematurità d'alto grado, neonata piccola per l'EG, bronco displasia di grado lieve, persistenza dotto di Botallo, ittero trattato con fototerapia, anemia della prematurità. All'encefalo 19 dicembre 2011 sospetta GNH-IVH bilaterale e all'ecoencefalo 15 gennaio 2012 ipercogenicità parenchimale da ricontrollare»;
   la mattina del 16 luglio 2012 la minore presentava un forte malessere e, trasportata all'ospedale cittadino, la TAC evidenziava ematoma subdurale e occipitale con successivo ricovero della stessa in data 17 luglio 2012;
   in prossimità delle dimissioni della bimba, che sarebbe stata affidata ai genitori, la commissione di unità di Crisi dell'ospedale eleva un sospetto maltrattamento sulla base dell'incongruenza delle spiegazioni fornite dalla madre della minore sulle modalità dell'infortunio occorsole e, dopo aver acquisito informazioni da «colleghe del territorio», veniva effettuata la segnalazione agli organi competenti;
   veniva aperta una indagine penale dalla procura della Repubblica di Ascoli Piceno per l'ipotesi di reato di cui agli articoli 81, 572, 582, 583 codice penale a danno della minore G.;
   in seguito ad un esposto anonimo, in data 3 agosto 2012 il pubblico ministero presso la procura per i minorenni di Ancona ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 184 del 1983 iscritto al R.G.A.C. n. 904/12 chiedeva al tribunale per i minorenni di Ancona «la dichiarazione dello stato di adottabilità di G. nata ad Ascoli Piceno il 19 dicembre 2011 con collocamento della stessa presso una idonea coppia ed ogni ulteriore conseguente statuizione. Con la dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà parentale». Il pubblico ministero minorile fondava la propria richiesta sulla base di «un esposto anonimo diretto al Servizio Sociale del Comune di Ascoli Piceno in cui è evidenziato che i genitori della minore assumono reiteratamente nei confronti della stessa atteggiamenti incongrui»; che «le informazioni fornite sono precise e circostanziate tanto da apparire raccolte da persona che ha avuto modo di frequentare la minore e la sua famiglia prima della nascita»;
   nella stessa data del 3 agosto 2012 il tribunale per i minorenni di Ancona con decreto cron. 2131 (procedimento n. 13/12 ADS) disponeva «L'apertura della procedura relativa all'abbandono di (............), SOSPENDE entrambi i genitori dalla potestà sulla minore (...), AFFIDA la minore al SS del Comune di Ascoli Piceno in collaborazione con l'ASUR competente per l'adozione di tutte le iniziative opportune a tutela della neonata ivi compreso il collocamento della minore in idonea struttura, una volta giudicata dimissibile, con facoltà della madre di seguirla, riferendo a questo Ufficio con relazione trimestrale, salvo urgenze e salvo la prima immediata relazione, sulla situazione della minore e sulle iniziative intraprese». In detto decreto si afferma che «la descrizione della dinamica, a detta dell'Unità di Crisi del suddetto presidio non appariva compatibile con la lesività riportata dalla bambina; che in atti vi è lettera anonima contenente gravi e pesanti accuse nei confronti dei genitori della minore, incolpati di condotte incongrue, poco tutelanti e fonti di sicuro pregiudizio per la bimba»;
   in esecuzione al predetto decreto, la minore veniva dimessa in data 9 agosto 2012 dall'ospedale Salesi di Ancona e veniva affidata al responsabile della comunità di Macerata designata dal tribunale, dove faceva subito ingresso unitamente alla madre;
   avverso tale decreto, in data 17 settembre 2012, i genitori della minore proponevano reclamo alla corte d'appello delle Marche – Sezione Minori –, chiedendone l'annullamento e l'affidamento della minore ai genitori; la corte d'appello delle Marche con decreto cron. 347 del 14 novembre 2012 rigettava il reclamo, ritenendo al momento il decreto adottato dal tribunale adeguato all'interesse della minore, in quanto l'istruttoria non si era ancora conclusa, pur puntualizzando che una lettera anonima non poteva costituire fondamento di un provvedimento giudiziario;
   in data 16 febbraio 2013 il difensore dei genitori della minore faceva richiesta al tribunale per i minori di valutare l'opportunità di trasferire la bimba e la mamma in altra comunità, più vicina alla città di residenza dei genitori (Ascoli Piceno), per ridurre il disagio dei viaggi quotidiani del padre tra Ascoli Piceno e Macerata; tale richiesta era generata dalla necessità di ovviare al clima difficile che si era creato intorno alla mamma all'interno della comunità stessa, anche a seguito di alcune lesioni riscontrate nella bimba, che venivano attribuite alla mamma come maltrattamenti;
   a seguito di tali episodi – così come riferiti dalla comunità – il tribunale per i minorenni con decreto cron. 1882 del 23 maggio 2013, depositato il 21 giugno 2013, disponeva l'allontanamento della madre anche dalla comunità e la predisposizione di un ciclo di sei incontri monitorati e garantiti a distanza di entrambi i genitori presso il consultorio familiare; veniva altresì disposta una consulenza tecnica d'ufficio sulle capacità vicarianti delle zie della minore e dei rispettivi mariti, considerata la disponibilità in ordine a un eventuale affido, e sull'attuale stato psichico-relazionale della minore;
   la madre della minore veniva allontanata dalla comunità di Macerata il successivo 24 giugno 2013;
   nel settembre 2013 la procura chiedeva l'archiviazione del procedimento penale a carico del padre;
   all'udienza del 15 gennaio 2014 e con successiva richiesta del 24 febbraio 2014 il difensore dei genitori chiedeva e reiterava, anche alla luce dell'archiviazione del procedimento penale a carico del padre, l'immediata revoca della sospensione della potestà al padre ed il collocamento della minore presso lo stesso, richieste ad oggi non riscontrate;
   risulterebbe all'interrogante che la minore sia tutt'ora in comunità e che la madre sia stata allontanata sulla base di quanto riferito dagli operatori della comunità e dunque la minore non abbia contatto da diverso tempo con la madre;
   risulta che il procedimento penale a carico del padre è in fase di archiviazione e che il padre ha notevoli difficoltà nel ristabilire una relazione con la figlia anche a causa della distanza che lo separa dalla comunità in cui si trova la figlia; le istanze depositate dal legale dei genitori al fine di modificare il provvedimento suddetto sarebbero tuttora prive di riscontro;
   risulterebbe che la procedura di allontanamento della minore dal proprio nucleo familiare sia stata originata da un mero esposto anonimo poi posto alla base delle decisioni adottate dal tribunale;
   sulla base di questa e di altre storie di minori allontanati dal proprio nucleo familiare avvenute in passato appaiono drammaticamente fondate le conclusioni di una ricerca della regione Piemonte secondo cui «L'attuale sistema di sostegno e tutela dei minori sta rischiando di andare in corto circuito a causa del potere sproporzionato degli operatori sociali e della leggerezza con cui le decisioni di allontanamento vengono prese»;
   secondo giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, per un genitore ed il proprio figlio il fatto di essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare. Le misure interne che lo impediscono costituiscono un'ingerenza nel diritto tutelato dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo così laddove risulta provata l'esistenza di un legame familiare, lo Stato deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di svilupparsi, e deve dunque adottare misure idonee affinché il genitore possa riunirsi al proprio figlio –:



   se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative intendano adottare, anche di carattere normativo, per la tutela del benessere dei minori al fine di evitare che i minori possano essere sottratti alle famiglie in forza di decisioni adottate dall'autorità giudiziaria sulla base di esposti anonimi, relazioni di psicologi, assistenti sociali, consultori familiari, operatori sociali e psichiatri che valutino l'operato dei genitori in modo unilaterale e senza una verifica del grado di validità e di attendibilità e riscontro delle informazioni, dati, fonti e giudizi su cui si basano le conclusioni raggiunte da tali operatori;
   quali iniziative intendano adottare, anche di carattere normativo, affinché tutti i processi decisionali concernenti provvedimenti di allontanamento dei minori dal nucleo familiare vengano assunti nel rispetto delle garanzie e dei diritti costituzionalmente previsti del giusto processo, del contraddittorio delle parti sulle fonti di prova acquisite e dei diritti della difesa dei genitori coinvolti in tali processi garantendone in maniera effettiva la conoscenza e la partecipazione anche tramite i propri difensori e i consulenti di parte;
   quali iniziative – anche di tipo normativo – intendano adottare affinché il genitore possa riunirsi al proprio figlio in conformità alla normativa nazionale, europea ed internazionale e ai princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea in materia di affido temporaneo, favorendo programmi di supporto per il recupero della genitorialità con adeguati progetti e disincentivando la odiosa prassi degli «allontanamenti facili» e i continui scostamenti dei minori da una struttura all'altra;
   se il Ministro della giustizia non ritenga che sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il Tribunale dei minorenni di Ancona ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di propria competenza;
   se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano farsi promotori, con i modi e i mezzi che riterranno più opportuni, di un serio programma di supporto finalizzato al sostegno e al recupero della genitorialità. (4-05044)

Quel pasticciaccio brutto di Forteto

 



 Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-perche-renzi-non-chiude-il-lager-dei-bambini-9662.htm#.U8UJ1rvGl_8.twitter

Ventitrè rinvii a giudizio, un processo in corso con accuse terribili che vanno dagli abusi sessuali sui bambini allo sfruttamento minorile, malversazione e appropriazione indebita di soldi pubblici. Basterebbe anche la metà di queste nefandezze a togliere dalla circolazione i sospettati di tali crimini almeno fino al giorno in cui la magistratura ristabilisca giustizia e verità. E invece no, quello che dovrebbe essere la regola nelle procedure giudiziarie e amministrative non vale invece per la cooperativa sociale “Il Forteto”. Una comunità per minori disagiati associata a un’azienda agricola, entrambe fondate da Rodolfo Fiesoli, conosciuto come il “Profeta”, celebrato guru di teorie educative fondate sulla pedofilia e l’esercizio imposto dell’omosessualità.
Violenze e abusi sui ragazzini, irregolarità nella gestione, intimidazioni ai soci e operazioni finanziarie spericolate: per trent’anni tutto questo è andato avanti in serena e imperturbabile allegria grazie alle coperture politiche della sinistra e al padrinaggio affaristico della potente Lega delle Cooperative. Per loro “Il Forteto” rappresentava una sorta di santuario, il luogo dei miracoli dove il “Profeta” esercitava le sue magnifiche e progressive teorie di liberazione sessuale. Un esempio virtuoso di welfare d’avanguardia radicale e di sinistra Doc.
Leader di partito e nomi illustri del Pci-Ds-Pd facevano a gara a recarsi a Vicchio, nel cuore del Mugello, a visitare le mirabolanti opere del “Profeta” Fiesoli, fino a quando la magistratura non decise di andare a vedere il lato oscuro della coop, cosa realmente succedeva negli scantinati più segreti della comunità. E si trovarono a fare i conti con un inferno popolato di ossessioni sessuali, ragazzini ridotti in schiavitù, obbligo a sottostare a rapporti omosessuali e pestaggi, ma mai in volto: a scuola gli insegnanti avrebbero potuto insospettirsi. Il momento peggiore, ha raccontato agli investigatori, una delle vittime era l’essere spediti al “forno”, cioè la stanza delle punizioni, da dove spesso, provenivano le urla delle vittime. Nessuno degli altri ospiti poteva provare a difendere il malcapitato, altrimenti, sarebbe stato sicuramente il prossimo. La sveglia per i ragazzi suonava alle quattro del mattino, ogni telefonata degli stessi veniva trasmessa da un altoparlante così che potesse essere ascoltata da tutti. Insomma, un lager. Nulla a che vedere con quel paradiso tra le colline toscane che appare nelle foto.
C’è da rabbrividire a leggere i racconti messi a verbale durante gli interrogatori dei ragazzi che furono ospiti della comunità o affidati ad adulti del giro di Fiesoli. Ecco qualche stralcio. "La vita prima di tutto era lavoro, lavoro, lavoro, lavoro" (F. B., nato al “Forteto” nel ‘78). “Tante volte mi alzavo alle 4 e andavo con il mio padre affidatario invece di andare a scuola... Questo dito me lo sono smozzato a 7-8 anni, perché pigiavo i tasti della sponda di un camion che mi diceva lui di pigiare e allora mi amputai mezza falange” (M. G., nato nel 1984, arrivato al “Forteto” a 5 anni).  Ancora M. G.: "Portavi la colazione a Rodolfo (Fiesoli) e... mani nelle mutande, baci sul collo anche davanti alla mia madre affidataria. Cioè, mi ci portava lei: ma lasciati andare! Rodolfo lo fa con tutti, è normale, ti leva questa materialità”.  M. C., affidata a 8 anni nel 1983, racconta che il suo genitore affidatario aveva adottato una bambina down: “Era più piccola di me. Io dormivo nel letto a castello sopra e la sera, quando lui veniva a darle la buona notte, sentivo dei versi strani. Una sera mi affacciai di sotto e vidi che le aveva levato i lenzuoli e la stava masturbando”.
S. P. ricorda “il figlio di un giudice, disabile, che mangiava un mix di fieno che si dà ai ruminanti... Fiesoli gli serviva il piatto di silomais, lui lo mangiava, vomitava e si doveva rimangiare questo vomito”. Basta così. Ma è solo una piccola parte dell’infinita galleria degli orrori rimasta fino a pochi mesi fa ben nascosta grazie a complicità politiche e non solo. Poi, grazie anche alle denunce di alcuni ex soci e le truffe ai danni della Regione operate dalla cooperativa, le grida che arrivavano dal Mugello trovarono finalmente una risposta. Il caso “Forteto” si fa sentire anche a Roma: nel 2013 il governo (Letta premier) volle vederci chiaro dato che la cooperativa del “Profeta” godeva di un flusso ininterrotto di soldi pubblici (dalla Regione Toscana ai Fondi europei). Al Mugello arrivano gli ispettori ministeriali: per quasi sei mesi ascoltano i lavoratori, esaminano le carte, rifanno conti, spulciano i bilanci. Alla fine il verdetto non lascia dubbi: la cooperativa va subito commissariata e i dirigenti sostituiti. La magistratura intanto rinvia a giudizio la pattuglia dei dirigenti e lo stesso Fiesoli, già arrestato e in carcere con accuse gravissime.
Giustizia è  fatta? Mica tanto, comunque solo a metà. Nonostante il rapporto che svela le magagne amministrative, il nuovo governo guidato da Renzi boccia (la notizia è di due giorni fa) la richiesta dei suoi stessi ispettori: il processo penale va avanti, ma non ci sarà alcun commissariamento, non ce n’è più bisogno. Da non credere. Una decisione davvero sorprendente che si spiega solo con una ragione: il “Profeta” conta ancora coperture politiche importanti e tanti amici  a sinistra, pure nel governo del toscano Matteo Renzi. Il rottamatore, infatti, quando ancora era sindaco di Firenze ospitò Fiesoli offrendogli Palazzo Vecchio per un convegno pochi giorni prima che il guru venisse arrestato. Non solo: oggi nel governo c’è anche Giuliano Poletti, ex vicepresidente nazionale di Legacoop, la centrale delle coop rosse (tra i suoi soci c’è  pure il “Forteto”) diventato ministro allo Sviluppo economico. A lui compete la vigilanza sulle attività delle cooperativa e da lui, appunto, è arrivato lo stop al commissariamento. Solo coincidenze? Nessuno ci crede: si tratta piuttosto di un’altra crudele beffa ai danni delle vittime e delle loro famiglie.
Eppure, nella relazione presentata al governo, gli ispettori avevano evidenziato gravi irregolarità nelle buste paga e nei contratti, soci costretti a «sottoscrivere inconsapevolmente strumenti finanziari», e poi «un atteggiamento discriminatorio e di mobbing verso i soci usciti dalla coop» dopo l'emergere degli scandali. Inoltre, «la coop non informa i soci lavoratori del contratto di lavoro, non consegna loro Cud e buste paga, né paga gli straordinari e il lavoro festivo». Tutto inutile, questo non basta a convincere il governo di Renzi  a intervenire, anzi: il ministro Poletti fa carta straccia delle denunce, riconfermando la piena legittimità del consiglio di amministrazione ancora in carica. Adesso alcuni dipendenti del Forteto dovranno deporre al processo, ma senza un cambio del gruppo dirigente saranno certamente sotto il ricatto dei vecchi amministratori. Un colpo di spugna  vergognoso quello del governo Renzi che marca la contiguità con quei settori del Pd toscano che da troppo tempo, e per motivi oscuri, fungono da garanti alle irregolarità, non solo amministrative, del “Forteto”. Una pesante cortina fumogena stesa su una storia infinita di abusi, punizioni corporali, stupri psicologici e schiavitù fisiche su bambini e adolescenti. Con i Tribunali dei minori che hanno continuato ad affidare ragazzi alla comunità-lager, infischiandosene di quel che succede.
Istrionico, imbonitore, il “Profeta” è un abile manovratore, con agganci di ferro nell’establishment di sinistra e capace di accreditarsi ovunque. Big e leader di Botteghe Oscure, presidenti di Provincia, sindaci e assessori di sinistra fanno a gara ad arrivare al Mugello per baciargli la pantofola e, pur consapevoli delle condanne per abusi a carico dei gestori, continuano a frequentare e a sponsorizzare la struttura. Se le prime condanne a carico di Fiesoli risalgono al 1985 come possiamo giustificare coloro che come Rosy Bindi, Susanna Camusso, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Piero Fassino, tra gli altri, continuano a passare per il “Forteto” e a proteggere la dirigenza negli anni a venire? Nel gruppone dei supporter c’è anche l’attuale sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che, nonostante fosse stato difensore del Fiesoli nel processo conclusosi con una condanna per pedofilia, alla fine degli Anni '90 entrerà a far parte del comitato scientifico della Fondazione. Antonio di Pietro, invece, si distingue per aver scritto la prefazione al libro Il Forteto nel 1998 descrivendo la struttura come un vero paradiso terrestre. Un bel parterre de roi, con tutti i grandi nomi della sinistra italiana. Ma la compagnia di giro gode anche del sostegno culturale ed editoriale: tante le pubblicazioni e i libri agiografici,  come quelli editi dall’importante casa editrice Il Mulino, mentre i giornali nazionali, tranne alcune eccezioni, hanno continuato fino a ieri a mantenere un silenzio vergognoso.
Il processo al “Profeta” e ai 22 kapò del suo cerchio magico è appena cominciato. I ragazzi, oggi diventati adulti, e le loro famiglie sperano che i colpevoli vengano smascherati e condannati a pagare il prezzo di quelle feroci violenze, pur sapendo che nessuna pena li potrà mi risarcire per quello che hanno subìto. Al “Forteto”, intanto, tutto procede quasi come prima: le attività agricole continuano, il sito internet dà conto delle attività in corso, offre frutta e verdura a prezzi scontati e invita i toscani a partecipare alle feste estive in programma. Nella comunità ci sono ancora tre ospiti (due minori e un ragazzo disabili) e a dirigere ci sono ancora i vecchi amministratori. Grazie al governo Renzi, al ministro Poletti che senza neppure aspettare il verdetto del processo, hanno già deciso che nell’ex lager del Mugello i conti erano a posto, gli amministratori amministravano e non c’era niente di irregolare.
Sul "caso Forteto" l'associazione "Pro Vita" ha lanciato una petizione per chiedere alle autorità di intervenire almeno per allontanare i minori e disabili ancora presenti nella struttura 

martedì 1 luglio 2014

Interrogazione M5S sulle separazioni



Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=20556

17 INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA SENATO 06/25/2014 270 4 306462 PEPE BARTOLOMEO ITALIA LAVORI IN CORSO 06/25/2014 306356 CASALETTO MONICA ITALIA LAVORI IN CORSO 25/06/2014 306348 CAMPANELLA FRANCESCO ITALIA LAVORI IN CORSO 25/06/2014 MINISTERO DELLA GIUSTIZIA MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02392
presentata da
BARTOLOMEO PEPE
mercoledì 25 giugno 2014, seduta n.270
PEPE, CASALETTO, CAMPANELLA - Al Ministro della giustizia -

Premesso che:
  1. l'ultimo rapporto della Caritas sulla povertà annovera tra i poveri i genitori separati, uomini e donne in egual misura, sebbene, in caso di separazione, si parli più spesso di collocazione prevalente dalla madre, poiché a lei sarà assegnata la casa, quando c'è, e i soldi di mantenimento per i figli;
  2. l'accordo in genere si sottoscrive confidando che tutto rimarrà uguale, non ci saranno tensioni, irrigidimenti, perdita del lavoro. Poi però, quell'accordo non potrà essere modificato in un batter d'occhio, servono udienze in tribunale, procedimenti lunghi e complicati. Chi firma oggi per dare qualche euro a suo figlio se tra un anno non li avrà più, e accade sempre più spesso, se non trova comprensione, finisce che gli pignorano l'auto, i respiri e quel poco che gli resta;
  3. è una guerra tra poveri, in cui, tenendo conto di reciproche negligenze e irresponsabilità, l'uno non vuol sentire le ragioni dell'altro, e, se a questo si aggiunge la difficoltà di una vita passata nell'indigenza causata da una giustizia cieca, le questioni personali sembrano irrisolvibili; 
  4. purtroppo le separazioni matrimoniali ed i divorzi nel nostro Paese sono in continuo aumento; 
  5. come evidenziato da diversi magistrati, molte separazioni sono basate su fatti non veritieri, le "false accuse", i quali, spesso, vengono riportati agli organi giudiziari in maniera distorta dalla realtà per conseguire fini ed obiettivi ben precisi; 
  6. è noto che il ricorso alle "false accuse" ormai ha raggiunto percentuali altissime tale pratica, nella maggior parte dei casi, resta impunita, spesso i legali non fanno nulla per arginare il fenomeno e, anzi, in certi casi "fomentano" ed aiutano i propri assistiti a perseguire tale pratica; 
  7. l'escalation delle separazioni giudiziali e dei divorzi viene, quindi, alimentata dall'assurdo sistema in atto, il quale sta generando un vero e proprio dramma di carattere sociale, il quale porta, oltre alla disgregazione di tante famiglie, anche a casi di estrema indigenza economica e a favorire notevolmente uno dei coniugi a discapito dell'altro poiché, puntualmente, si finisce per allontanarne uno dai figli ("collocati" presso l'altro coniuge in violazione della normativa vigente), nonché, dalla casa coniugale e, nel contempo, costretto pure a corrispondere consistenti somme a titolo di mantenimento o alimenti (a quanto risulta agli interroganti la "collocazione" dei figli non è un istituto giuridico previsto dalla normativa vigente, in quanto la legge n. 54 del 2006 prevede che i figli siano seguiti e curati da entrambi i genitori: ne consegue che a quanto risulta agli interroganti la "collocazione" è un vero e proprio abuso esercitato nei tribunali); i figli minori vengono spesso "strumentalizzati" per poter raggiungere le finalità volute dagli adulti e, di conseguenza, subiscono comprensibili traumi per tutto quanto accade; 
  8. troppa gente, a seguito delle separazioni, finisce per rivolgersi alle mense della Caritas (si calcola che circa il 30 per cento di coloro che le frequentano sono persone separate) ed è costretta a reperire posti di fortuna ove trascorrere la notte: molti separati sono costretti a tornare dai genitori, a rivolgersi ad amici, a dormire nei garage, nelle roulotte, nei camper, nelle automobili, eccetera;
  9. a quanto risulta agli interroganti il dilagare di tali situazioni porta la gente disperata a commettere gesti estremi; 
  10. non sono certamente rari i casi in cui uno dei coniugi avvia la separazione di tipo giudiziale solo per motivi economici e patrimoniali ai danni dell'ex consorte, oltre che per poter cambiare il percorso della propria vita a proprio piacimento; tale situazione non è più tollerabile ed ammissibile e necessita di una profonda rivisitazione del diritto di famiglia e dell'intera normativa vigente in materia, atteso che i principi dettati dalla legge n. 54 del 2006, dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali vengono disattesi e le responsabilità di tutto quanto avviene non vengono alla luce ed addebitate a chi di competenza;
considerato che, a giudizio degli interroganti:

  • è diventato indispensabile ed improcrastinabile riformare il sistema vigente in modo da garantire giustizia, certezza della pena per chi inventa o contribuisce ad inventare false accuse per conseguire "loschi" obiettivi;
  • in linea di principio e fatte salve le dovute eccezioni per ovvi motivi (incapacità di uno dei due genitori, problematiche di sicurezza ed incolumità, casi di accertata violenza, eccetera) è necessario garantire la frequentazione dei figli minori con entrambi i genitori, con tempi pressoché effettivamente uguali, senza dare la possibilità ad uno dei due genitori di escludere l'altro dalla vita dei propri figli;
  • occorre disincentivare la certezza di ottenere casa e mantenimento al fine di evitare forme di vero e proprio "sfruttamento" con " riduzione in schiavitù" di un coniuge rispetto all'altro, che spesso agisce con furbizia e malafede;
  • chi riceve dall'altro coniuge il mantenimento e gli alimenti potrebbe non avere alcun interesse a cercarsi un lavoro per non perdere i propri benefici;
  • è opportuno tutelare il diritto di proprietà, così come previsto dalla Costituzione, ed evitare, quindi di sottrarre la disponibilità della casa a chi ne è legittimo proprietario per assegnarla all'altro coniuge: qualora la casa coniugale sia di entrambi i coniugi separandi, dovrebbe essere divisa o venduta per suddividerne il ricavato, fatte salve le dovute eccezioni da documentare e motivare adeguatamente in sentenza;
  • la legge n. 54 del 2006 prevede il mantenimento diretto ed obbligatorio dei figli da parte di entrambi i genitori ma essendo tale principio puntualmente disatteso, risulta ormai indispensabile chiarire anche tale aspetto dal punto di vista legislativo, specificando che il mantenimento dei figli, come linea di principio, dovrebbe avvenire da parte di entrambi i genitori in percentuale e sulla base del loro reddito accertato, riservando il ricorso al mantenimento di tipo indiretto (ossia dietro corresponsione di una cifra versata da un coniuge a favore dell'altro) solo ai casi di intervenuto accordo tra gli stessi coniugi o a casi del tutto eccezionali che impediscano il ricorso alla forma diretta e che, ovviamente, dovrebbero essere documentati e motivati in sentenza; 
  • occorre porre fine alle storture esposte con adeguate riforme ed interventi legislativi idonei atti a tutelare la famiglia, la quale costituisce le fondamenta della società civile, ed a garantire sia la giustizia sociale che la libertà di potersi separare,

si chiede di sapere:

  • quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda promuovere per garantire il rispetto della normativa, dei principi costituzionali e delle convenzioni internazionali nell'ambito delle separazioni matrimoniali e dei divorzi e, in particolare, per il rispetto di quanto previsto dalla legge n. 54 del 2006;
  • quali iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo, intenda porre in essere al fine di tutelare i separati dal facile ricorso alle false accuse che restano impunite;
  • come intenda arginare i difusissimi abusi perpetrati nei confronti dei separati (uomini o donne che siano, senza fare alcuna distinzione di sesso);
  • quali iniziative di propria competenza intenda porre in essere per evitare che i figli vengano strumentalizzati per il conseguimento degli obbiettivi prefissati dai coniugi che si separano e che spesso vengono allontanati da uno dei genitori per essere "collocati" presso l'altro con evidentissime disparità dei tempi di permanenza dei medesimi, i quali dovrebbero essere il più possibile paritetici per entrambi i coniugi;
  • quali iniziative anche di carattere normativo intenda promuovere per favorire il mantenimento diretto ed obbligatorio dei figli da parte di entrambi i genitori in luogo di quello indiretto, attualmente praticato in violazione dei principi normativi (legge n. 54 del 2006, eccetera);
  • che cosa intenda fare per garantire il diritto della proprietà (sancito dalla Costituzione) a riguardo della casa coniugale in caso di separazione coniugale;
  • quali iniziative intenda promuovere per evitare il facile ricorso allo sfruttamento di un coniuge da parte dell'altro a seguito della separazione;
  • se e come intenda attivare i propri poteri ispettivi e disciplinari per porre rimedio agli abusi e le violazioni compiute anche da operatori della giustizia che operano nell'ambito del diritto di famiglia.
(4-02392)