martedì 30 settembre 2014

La grande bugia


Fonte: http://nellenote.wordpress.com/2014/07/19/the-big-lie/
( http://bit.ly/1mONpOC )


E’ vero che studi recenti “dimostrano” che madre e padre sono inutili e i bambini crescono meglio in coppie omosessuali?
1) La credibilità dell’APA e la fallacia del presunto sostegno della comunità scientifica all’ideologia GENDER

Sembra incredibile ma dobbiamo tornare a discutere ancora una volta la fallacia di ogni argomento che mira a sostenere le teorie gender in quanto “scientifiche”. Non possiamo che restare a bocca aperta di fronte all’ignoranza epistemologica di chi sostiene i matrimoni e le adozioni omosessuali poiché (a suo dire) “la scienza “dimostra” che non ci sono danni per i bambini”.
Abbiamo già discusso il bluff dei “trent’anni di studi che dimostrano …” qui: http://nellenote.blogspot.it/2014/06/n-3-trentanni-di-studi-dimostrano-che_13.html
Evidenziando inoltre che esistono corposi elenchi bibliografici che mostrano effetti deleteri per i bambini deprivati di uno dei due genitori ed inseriti nelle coppie omosessuali: http://nellenote.blogspot.it/2014/01/letteratura.html

Nessuno studio psicologico “dimostra” alcunché. Una tesi è dimostrata quando la sua negazione implica contraddizione logica perenne. La sola scienza che dimostra in senso autentico è dunque la Matematica pura. Dato che si parla di Psicologia (o di Antropologia oppure di Sociologia, dipende dalle curvature), ogni pretesa di “dimostrazione” è semplicemente ridicola.
E’ il solito bluff dei sostenitori delle teorie omosessualiste che o sostengono queste sciocchezze in mala fede oppure parlano dal profondo dell’analfabetismo epistemologico che non si avvede di un dato essenziale come quello dell’ *errore*. Nel procedere scientifico delle scienze empiriche *l’errore* è infatti fondamentale, sia nel breve che nel lungo periodo.

“Tutte le teorie, restano essenzialmente provvisorie, congetturali, o ipotetiche, anche quando non ci sentiamo più in grado di dubitare di esse”, sosteneva il grande epistemologo Karl Popper.
Dunque, mentre è possibile e perfettamente legittimo parlare di “dimostrazione” in ambito logico-matematico, il termine “dimostrazione” non è per nulla adatto alle scienze umane. Facciamo un esempio, per chiarire il concetto. Pensiamo proprio alla Psicologia. Come tutti sappiamo, nasce con Aristotele (più di venti secoli fa) ed è ancora in pieno sviluppo. Nessuno, però, oggi sottoscriverebbe una teoria psicologica dell’Ottocento, in quanto si ritiene che la Psicologia sia progredita e le teorie del secolo scorso o di due secoli fa non siano più valide. Al contrario, per esempio il Teorema di Pitagora (che è ancora più antico delle teorie di Aristotele) è ancora lì, senza modifiche, da oltre duemila anni, a ricordarci appunto la differenza che c’è tra “dimostrazione” e “congettura”. Mentre la prima non ammette negazioni (pena la contraddizione), la seconda è sempre perfettibile o addirittura passibile di radicale negazione. Dipende dai dati, dall’osservazione, dall’osservatore, dal metodo, dalle teorie di riferimento, e così via. Insomma: “dipende”.
“Tutte le teorie, – sostiene sempre Karl Popper – restano essenzialmente provvisorie, congetturali, o ipotetiche, anche quando non ci sentiamo più in grado di dubitare di esse”.
I sostenitori delle teorie GENDER si basano su un concetto di “verità scientifica” che nessuno scienziato o filosofo della scienza accetta più, da più di un secolo. Ovvero da quando il Positivismo è morto. E sepolto.
Tutti sanno – tranne i sostenitori del Gender – che nel procedere effettivo della scienza il ruolo liberamente svolto dallo scienziato è talmente importante da risultare decisivo nell’accettazione o nel rifiuto di qualsiasi idea scientifica. Dunque la scienza che in un dato momento storico viene accolta come “vera” deriva la propria verità non dal dato inconfutabile ed incontrovertibile dell’esperimento o dell’analisi scientifica, ma solo dall’assenso degli scienziati, dalle loro scelte e decisioni, dai condizionamenti (epistemologici, politici, culturali, economici, etc.).
Poiché queste decisioni sono sempre rivedibili e correggibili, ogni affermazione scientifica sarà da considerarsi perennemente in forse, sempre IPOTETICA.

Ma è lecito decidere del futuro dei bambini basandosi sull’accettazione di *peraltro contraddittorie* IPOTESI scientifiche?
E’ sempre Popper a ricordarci che “Le teorie scientifiche si distinguono dai miti soltanto in quanto criticabili e suscettibili di modifiche alla luce della critica. Non possono venir né verificate né rese più probabili”: vi sembra normale pretendere una rivoluzione antropologica di questa portata (regolarsi nelle adozioni come se le figure genitoriali di padre e madre fossero del tutto ininfluenti per la crescita dei bambini) solo per soddisfare le pretese di *alcuni* omosessuali (tra l’altro non tutti, in quanto in molti omosessuali si dicono apertamente e coerentemente contrari alle adozioni gay)?
La base empirica della scienza – secondo Popper – non posa affatto su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva sopra una palude. E’ come un edificio costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate giù dall’alto, ma non in una base naturale o data; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che per ora i sostegni siano abbastanza stabili da reggere la struttura.
Come si deve abbandonare in quanto palesemente contraddittorio ogni forma di relativismo, allo stesso modo la fiducia nel sapere scientifico va tenuta, ma in modo critico e consapevole.
Non si possono né si devono prendere decisioni ultime sul destino dell’uomo basandosi su un sapere che è solo relativo. L’esperienza non ci può confermare definitivamente la validità delle ipotesi scientifiche, ma al massimo ci può dire senza dubbio quando queste congetture sono false. Mentre la verità scientifica non è *dimostrabile* in senso forte, il principio cui l’uomo dovrebbe attenersi è quello dell’EVIDENZA inconfutabile. In questo senso, si dice che il grande Tommaso d’Aquino (che pure era un realista) mettesse una mela sulla cattedra, prima di ogni lezione, e dicesse: “Questa è una mela. Chi non è d’accordo può andarsene”. Edmund Husserl – uno dei maestri del pensiero Novecentesco, forse il più grande – sosteneva analogamente che è dall’esperienza dell’evidenza che si deve ripartire. La “crisi delle scienze europee” – che aveva previsto con straordinaria lungimiranza – sta proprio in questo virus: nel voler pretendere di interpretare l’esperienza evidente a proprio piacere, fino a negare l’evidente stesso.
Oggi assistiamo quotidianamente e con cadenza impressionante il ripetersi di questo disastro.
Proprio come aveva anticipato Husserl, le mere “scienze di fatto”, hanno alla fine creato meri “uomini di fatto”. E visto che secondo la vulgata comune “non esistono fatti ma solo interpretazioni”(lo diceva anche Nietzsche, a dire il vero, ma con ben altra profondità di pensiero e ben altra consapevolezza filosofica) – anche l’uomo è diventato un’interpretazione. Una, tra le tante possibili. Che possiamo rivedere a nostro piacimento, a seconda dei pruriti di ciascuno. Specialmente se si è gay e con un pacco di soldi in tasca.


2) Passiamo ora a qualche esempio per mettere più a fuoco – come se non bastasse – la credibilità di questi “studi” o delle associazioni che li considerano tali (APA prima tra tutte).
Ecco, per esempio, come lavora l’APA (associazione psicologi americani)
“Storia della derubricazione dell’omosessualità dal DSM”
Uno degli argomenti del movimento gay per affermare che l’omosessualità sarebbe “normale” è l’affermazione secondo la quale l’APA, nel 1973, ha cancellato l’omosessualità dal suo manuale diagnostico, il DSM (Diagnostic and Statistic Manual); sulla scia di questa decisione, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’ha cancellata dal suo manuale diagnostico, l’ICD (International Classification of Disease), nel 1991. Pochi però spiegano che questa decisione non è stato il frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica. Dal 1968 gli attivisti gay manifestavano alle riunioni della “Commissione Nomenclatura” dell’APA, chiedendo e infine ottenendo di partecipare agli incontri. Da quel momento il dibattito scientifico fu sospeso e sostituito da discussioni di carattere politico e ideologico che sfociarono nel 1973 nella decisione di mettere ai voti la questione.
Ebbene sì: l’omosessualità fu derubricata dai manuali statistici grazie a una votazione (5.816 voti a favore e 3.817 contro)! Nel DSM IV rimase la voce “omosessualità egodistonica” (che fu tolta poi nel 1987), espressione che in generale designa soggetti spinti verso uno stato depressivo a causa di un conflitto con il proprio io. Il noto psichiatra Irving Bieber commentò la votazione del 1973: “Non si può davvero sostenere che la nuova posizione ufficiale riguardo l’omosessualità sia una vittoria della scienza. Non è ragionevole votare su questioni scientifiche come se si trattasse di mettere ai voti se la terra sia piatta o rotonda”.
[…] È interessante la posizione di Robert Spitzer, che nel 1973 era presidente della “Commissione Nomenclatura” dell’APA. Egli, in seguito a una ricerca compiuta nel 2001 e confermata nel 2003 sull’efficacia della terapia riparativa, afferma di aver cambiato idea in merito alla possibilità di cambiamento dell’orientamento sessuale. In una dichiarazione rilasciata al “Wall Street Journal” il 23 maggio 2001, egli afferma: “Nel 1973, opponendomi all’opinione prevalente dei miei colleghi, appoggiai la rimozione dell’omosessualità dalla lista ufficiale dei disordini mentali. Per questo motivo ottenni il rispetto dei liberals e della comunità gay, anche se ciò fece infuriare molti dei miei colleghi[…]. Ora, nel 2001, ho mutato opinione e questo ha fatto sì che venissi presentato come un nemico della comunità gay e così la pensano in molti all’interno della comunità psichiatrica e accademica. Io contesto la tesi secondo cui ogni desiderio di cambiamento dell’orientamento sessuale di un individuo è sempre il risultato della pressione sociale e mai il prodotto di una razionale motivazione personale…”.
Prendiamo ora in esame il problema del **condizionamento**.
“Per molti anni ho cercato di contestare le mode intellettuali nella scienza e ancor più in filosofia. Il pensatore alla moda è per lo più prigioniero del proprio conformismo, mentre io considero la libertà…uno dei principali valori che la vita può offrirci, se non il principale” (scriveva sempre Karl Popper)

Adozioni gay: ricerche condizionate dall’ideologia (di Costanza Stagetti)
I bambini allevati da due individui dello stesso sesso hanno le stesse opportunità dei bambini allevati in famiglie con un padre e una madre? Fino a poco tempo fa la risposta a questa domanda era “no”. Tuttavia politici, sociologi, media e anche associazioni mediche (1) oggi asseriscono che è giunto il momento di abolire il divieto per le coppie omosessuali di adottare bambini. Per convalidare la loro posizione i sostenitori delle adozioni gay citano i numerosi studi che avrebbero dimostrato l’assenza di differenze significative tra i bambini allevati da coppie omosessuali e quelli cresciuti in famiglie tradizionali.
La portavoce del governo spagnolo, Maria Teresa Fernandez de la Vega, dopo l’approvazione il 1 ottobre scorso (2004) di un progetto di legge che, se approvato dal Parlamento, farà della Spagna il terzo paese europeo dopo l’Olanda e il Belgio ad autorizzare il “matrimonio omosessuale”, ha dichiarato: «La Spagna si situa così all’avanguardia dell’Europa e del mondo nella lotta contro una discriminazione secolare che toccava i nostri concittadini». Sulla questione dell’adozione, la più polemica, la signora de la Vega ha affermato che «ci sono migliaia di bambini che in Spagna già vivono con un genitore omosessuale e più di cinquanta studi provano che non c’è differenza tra i bambini che crescono con genitori omosessuali e gli altri».

**Ricerche a forte contenuto ideologico**

Il problema è, tuttavia, che molti di questi studi non rispondono ad accettabili standard di ricerca psicologica, sono compromessi da difetti metodologici e sono sostenuti più da programmi politici che da un’obbiettiva ricerca della verità. La presenza di tali difetti metodologici invaliderebbe qualsiasi altra ricerca condotta in altre aree. L’indifferenza su tali mancanze da parte delle riviste scientifiche può essere attribuita alla volontà “politically correct” degli esperti di “dimostrare” che l’ambiente omosessuale non è differente dalla famiglia tradizionale. Questa conclusione è riproposta anche dalla American Psychological Association nella cui dichiarazione ufficiale sulla genitorialità omosessuale ad opera dell’attivista lesbica Charlotte J. Patterson della University of Virginia si legge: «In sintesi, non c’è alcuna prova che le lesbiche e i gay siano inadatti ad essere genitori o che lo sviluppo psicologico dei figli di omosessuali sia compromesso in qualche suo aspetto… Non esiste un solo studio che abbia rilevato che i figli di omosessuali sono svantaggiati in qualche aspetto significativo rispetto ai figli di genitori eterosessuali». 2

**Problemi relativi alla ricerca sulla genitorialità omosessuale**
Ad un esame più attento, tuttavia, questa conclusione non è così sicura come sembra. Nel paragrafo successivo Patterson fa delle precisazioni e scrive: «Bisogna riconoscere che la ricerca sui genitori omosessuali e i loro figli è ancora molto recente e relativamente scarsa…. Studi longitudinali che seguono famiglie di gay e lesbiche nel tempo sono assolutamente necessari».3 Inoltre Patterson riconosce che «la ricerca in questa area ha presentato varie controversie metodologiche» e che «sono state sollevate domande riguardo il campionamento, la validità statistica e altre questioni tecniche». (Belcastro, Gramlich, Nicholson, Price, & Wilson, 1993).
Aggiunge significativamente: «La ricerca in questa area è stata anche criticata per non aver usato gruppi di controllo in modelli che richiedono tali controlli….Un’altra critica è stata che la maggior parte degli studi hanno coinvolto pochi campioni e che ci sono state inadeguatezze nelle procedure di valutazione impiegate in alcuni studi».4
Sebbene ammetta i gravi errori metodologici che metterebbero in discussione i risultati di qualsiasi altro studio, Patterson incredibilmente dichiara che «anche con tutte le domande e/o limitazioni che possono caratterizzare la ricerca in questa area, nessuna delle ricerche pubblicate suggerisce conclusioni differenti da quelle che abbiamo precedentemente esposto….» Ma qualsiasi conclusione è attendibile nella misura in cui lo è la prova su cui si fonda.

**Numero insufficiente di campioni**
Gli studi che esaminano gli effetti della genitorialità omosessuale sono inficiati da un numero insufficiente di campioni.
Non avendo trovato nessuna significativa differenza fra un gruppo di 9 bambini educati da lesbiche e un gruppo simile di bambini educati da genitori eterosessuali, S. L. Huggins ha ammesso: «Il significato e le implicazioni di questo risultato sono incerti, e il numero ridotto di campioni rende difficile qualsiasi interpretazioni di questi dati». 5
Una relazione di J. M. Bailey in Developmental Psychology, commentando gli studi sui figli di genitori omosessuali, indica che «gli studi disponibili non sono sufficientemente ampi da produrre valore statistico». 6
S. Golombok e F. Tasker ammettono nel loro studio successivo sui figli educati da lesbiche, «È possibile che il basso numero di campioni abbia portato ad una sottovalutazione del significato delle differenze fra i gruppi a causa di una bassa validità statistica (errore tipo II)» 7
Altrove essi avvisano che gli effetti negativi sui bambini educati da lesbiche «potrebbero non essere stati rilevati a causa del numero relativamente basso di campioni. Ne consegue che, sebbene siano state individuate delle tendenze, è necessario fare attenzione nell’interpretare questi risultati». 8
Nel suo studio pubblicato in Child Psychiatry and Human Development che mette a confronto i figli di madri omosessuali e eterosessuali, G. A. Javaid con franchezza ammette che «i numeri sono troppo bassi in questo studio per trarne delle conclusioni».
Nel suo studio sulle “famiglie” lesbiche, Patterson ammette la parzialità dei campioni: «dovrebbero essere riconosciuti alcuni problemi riguardo la scelta dei campioni. La maggior parte delle famiglie che hanno preso parte al Bay Area Families Study avevano a capo delle madri lesbiche bianche, ben istruite, relativamente benestanti e abitanti nell’area della baia di San Francisco. Per questi motivi non può essere fatta alcuna rivendicazione sulla rappresentatività del presente campione». 10
Appena la ricerca si fa approfondita, subito risaltano le differenze tra i due tipi di genitorialità
Al contrario, R. Green in Archives of Sexual Behavior, ha scoperto che i pochi studi sperimentali che includevano un numero di campioni anche solo modestamente più alto (13-30) di maschi e femmine educati da genitori omosessuali …«hanno rilevato differenze di sviluppo statisticamente significative fra bambini allevati da genitori omosessuali in confronto a quelli allevati da genitori eterosessuali Ad esempio, i bambini educati da omosessuali hanno un maggiore incoraggiamento dai genitori nello scambio dei ruoli di genere e una maggiore inclinazione al travestitismo».11

**La mancanza di campioni casuali**
I ricercatori usano campioni a caso per garantire che i partecipanti allo studio siano rappresentativi della popolazione che viene studiata (ad esempio gay o lesbiche). I risultati che derivano da campioni non rappresentativi non possono essere legittimamente generalizzati.
L. Lott-Whitehead e C. T. Tully ammettono il punto debole del loro studio sulle madri lesbiche: «Questo studio era descrittivo e quindi aveva intrinseci limiti metodologici pari a quelli di altri studi simili. Forse il limite più serio riguarda la rappresentatività….. Il campionamento a caso era impossibile. Questo studio non pretende di portare un campione rappresentativo e quindi non si può ipotizzare una sua generalizzazione».12
N. L. Wyers riconosce di non aver usato il campionamento casuale nel suo studio sui partners omosessuali, rendendo il suo studio «vulnerabile a tutti i problemi associati ad una selezione a senso unico dei partecipanti».13
Golombok scrive del suo studio: «un ulteriore obiezione ai risultati risiede nella natura dei campioni studiati. Entrambi i gruppi erano volontari ottenuti attraverso associazioni e riviste gay. Ovviamente questi non costituiscono un campione a caso e non è possibile conoscere quali parzialità siano coinvolte nel metodo de selezione dei partecipanti». 14

**La mancanza di anonimato dei partecipanti alla ricerca**
Le procedure di ricerca che garantiscono l’assoluto anonimato sono necessarie per prevenire una fonte di parzialità riguardo chi acconsentirà a partecipare quale soggetto della ricerca e garantiscono la veridicità e la sincerità delle loro risposte:
M. B. Harris e P. H. Turner osservano sul Journal of Homosexuality: «La maggior parte dei genitori omosessuali che partecipano a tali ricerche si preoccupano della loro paternità/maternità e dei loro figli, e la maggior parte ha un’identità gay pubblica. È difficile identificare i genitori omosessuali “segreti” e i loro problemi possono esser piuttosto diversi da quelli dei genitori più apertamente gay».
Harris e Turner hanno impiegato tecniche superiori di ricerca per assicurare il completo anonimato dei loro soggetti. Come risultato, al contrario di altri studi, essi hanno riportato problemi associati alla genitorialità omosessuale che non erano stati riportati dagli studi precedenti: «Forse l’anonimato della presente procedura di campionamento ha reso i soggetti più disponibili a riconoscere quei problemi rispetto a quelli degli studi precedenti». 15

**Falsa rappresentazione di sé**
La mancanza di campionamento casuale e l’assenza di controlli che garantiscano l’anonimato fanno sì che i soggetti presentino al ricercatore un’immagine fuorviante che si conforma alle opinioni del soggetto e rimuove l’evidenza che non si conforma all’immagine che il soggetto desidera presentare.
Nel suo National Lesbian Family Study N. Gartrell ha scoperto che 18 studi su 19 riguardanti i genitori omosessuali usavano una procedura di ricerca che era contaminata da questa falsa rappresentazione di sé. Gartrell menziona i problemi metodologici di uno studio longitudinale sulle “famiglie” lesbiche: «Alcune possono essersi presentate volontariamente per questo progetto poiché erano motivate a dimostrare che le lesbiche sono capaci di crescere bambini sani e felici. Nella misura in cui questi soggetti potrebbero desiderare di presentare sé stessi e le loro famiglie nella miglior luce possibile, i risultati dello studio possono essere intaccati da tendenziosità». 16
Harris e Turner ammettono, riguardo al loro studio: «non c’è modo di conoscere quanto sia rappresentativo il campione…… L’alta proporzione di soggetti gay che hanno manifestato la volontà di essere intervistati indica che forse erano interessati agli argomenti trattati nel questionario e che quindi erano desiderosi di rivelare la loro omosessualità ai ricercatori. Inoltre, anche se il questionario era anonimo, i genitori gay avrebbero potuto essere particolarmente interessati a enfatizzare gli aspetti positivi della loro relazione con i figli, immaginando che i risultati avrebbero potuto avere implicazioni in futuro sulle decisioni di custodia. Di conseguenza ogni generalizzazione deve essere considerata con prudenza….Poiché tutti i dati riferiti a voce dalle persone sono soggetti a parzialità e poiché i genitori possono deliberatamente o inconsciamente minimizzare la misura dei conflitti con i loro figli, questi risultati non possono essere presi per buoni». 17




Note
1 American Academy of Pediatrics, “Co parent or Second-Parent Adoption by Same-Sex Parents,” Pediatrics. 109(2002): 339-340.
2 Charlotte J. Patterson, “Lesbian and Gay Parenting,” American Psychological Association Public Interest Directorate (1995): 8.
3 Ibid.
4 Ibid., p. 2.
5 S. L. Huggins, “A Comparative Study of Self-esteem of Adolescent Children of Divorced Lesbian Mothers and Divorced Heterosexual Mothers,” Journal of Homosexuality 18 (1989): 134.
6 J. M. Bailey et al., “Sexual Orientation of Adult Sons of Gay Fathers,” Developmental Psychology 31 (1995): 124.
7 Susan Golombok and Fiona L. Tasker, “Do Parents Influence the Sexual Orientation of Their Children? Findings from a Longitudinal Study of Lesbian Families,” Developmental Psychology 32 (1996): 9.
8 F. Tasker and S. Golombok, “Adults Raised as Children in Lesbian Families,” Developmental Psychology 31 (1995): 213.
9 Ghazala A. Javaid, “The Children of Homosexual and Heterosexual Single Mothers,” Child Psychiatry and Human Development 23 (1993): 245.
10 Charlotte J. Patterson, “Families of the Lesbian Baby Boom: Parent’s Division of Labor and Children’s Adjustment,” Development Psychology 31 (1995): 122.
11 Richard Green et al., “Lesbian Mothers and Their Children: A Comparison with Solo Parent Heterosexual Mothers and Their Children,” Archives of Sexual Behavior 15 (1986): 167–184.
12 Laura Lott-Whitehead and Carol T. Tully, “The Family Lives of Lesbian Mothers,” Smith College Studies in Social Work 63 (1993): 265.
13 Wyers, “Homosexuality in the Family,” p. 144.
14 Golombok et al., “Children in Lesbian and Single-parent Households: Psychosexual and Psychiatric Appraisal,” Journal of Child Psychology and Psychiatry 24 (1983): 569.
15 Mary B. Harris and Pauline H. Turner, “Gay and Lesbian Parents,” Journal of Homosexuality 12 (1985): p. 112.
16 Nanette Gartrell et al., “The National Lesbian Family Study: Interviews with Prospective Mothers,” American Journal of Orthopsychiatry 66 (1996): 279.
17 Harris and Turner, “Gay and Lesbian Parents,” p. 111, 112.

venerdì 26 settembre 2014

Francia: autorizzata la fabbrica di bambini senza padre.

Francia, un altro passo verso il mercato dei figli: autorizzata «la fabbricazione di bambini senza padre». Venerdì tocca all’utero in affitto

Fonte: http://www.tempi.it/francia-mercato-figli-autorizzata-fabbricazione-bambini-senza-padre-venerdi-utero-in-affitto#.VCUVOlON6So
settembre 24, 2014 Leone Grotti
Per la Corte costituzionale le coppie di donne possono concepire all’estero con l’eterologa (vietata in patria): la compagna della madre può adottare il figlio


La legge francese permette di accedere alla fecondazione assistita eterologa solo alle coppie eterosessuali sposate, la cui infertilità sia scientificamente comprovata. Questa norma però non deve impedire a una donna che si reca all’estero per l’inseminazione artificiale di ottenere che la propria compagna in Francia possa adottare il figlio così concepito.
«FABBRICARE BAMBINI ORFANI». È questo il succo della sentenza emessa oggi dalla Corte costituzionale francese, che aggira di fatto una legge dello Stato autorizzando all’estero ciò che è vietato in patria: cioè la fecondazione per le coppie di donne dello stesso sesso. «Questo avviso, per quanto consultivo, elimina il divieto per una coppia di donne di fare ricorso alla Pma (procreazione medicalmente assistita, ndr) qualora l’inseminazione abbia luogo all’estero», commenta la decisione dei giudici in un comunicato la presidentessa della Manif pour tous, Ludovine de La Rochère.
«La giustizia – continua – incoraggia anzi ad aggirare la legge francese. Questo è allucinante! La Pma per le coppie di donne ha lo scopo di fabbricare volontariamente bambini orfani di padre: questo si chiama progresso? La risposta è no».
NUOVA MANIFESTAZIONE. Per la Manif, che il 5 ottobre tornerà a sfilare per le vie di Parigi e Bordeaux, «dopo il matrimonio, è la filiazione ad essere sotto attacco». Negli ultimi mesi, molte corti francesi avevano negato l’adozione di bambini alle compagne delle donne che li avevano concepiti con fecondazione all’estero, in quanto questa pratica aggirava volontariamente la legge francese. «L’adozione – si legge ancora nel comunicato – è fatta per donare una famiglia a un bambino», non per privarlo volontariamente del padre.
«TORNARE ALLA RAGIONE». Secondo de La Rochère, «all’origine di questo stravolgimento della filiazione contrario all’interesse superiore del bambino c’è la legge Taubira [sul matrimonio gay]. Ecco perché è necessario abrogarla per proteggere il bambino. (…) Abbiamo superato ogni limite, bisogna tornare alla ragione perché dopo la Pma, toccherà alla Gpa (utero in affitto, ndr)».
utero-affitto-maternità-surrogataUTERO IN AFFITTO. Con quest’ultimo riferimento, la presidentessa della Manif si riferisce a una conseguenza che tutti in Francia danno ormai per scontata: venerdì 26 settembre scade il termine ultimo a disposizione del governo francese per fare ricorso alla Gran Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo in merito alla sentenza del 26 giugno scorso.
In quell’occasione la Corte europea aveva condannato la Francia a riconoscere i figli di coppie francesi nati all’estero con la tecnica dell’utero in affitto, proibita in patria. Questo porterebbe all’inevitabile legalizzazione in Francia della maternità surrogata (e dell’incesto), perché altrimenti si discriminerebbero coloro che non hanno i mezzi per pagarsi un viaggio all’estero in India o Ucraina dove la pratica è legale, incitando di fatto «a violare la legge».
SFRUTTARE DONNE E BAMBINI. Salvo colpi di scena dell’ultima ora, in pochi giorni la Francia si appresta ad approvare lo sfruttamento di donne e bambini. Se la commercializzazione del corpo delle donne (come lo chiamano socialisti e femministe) dovrà aspettare il verdetto di venerdì per essere regolarizzata, quella dei bambini grazie alla sentenza di oggi è già realtà, come afferma in un comunicato la Fondation Jérôme Lejeune: «La società francese ha elaborato un “diritto al figlio”. (…) Questa riduzione a oggetto del bambino [permetterà] di sviluppare pratiche di fabbricazione, selezione, eliminazione, vendita e commercializzazione dei bambini».

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venerdì 12 settembre 2014

Putin, forum a Mosca sulla famiglia e futuro dell'umanità. In controtendenza

 Fonte: http://www.notizieprovita.it/notizie-dal-mondo/provita-a-mosca-per-il-forum-internazionale-della-famiglia/




Il Forum Internazionale “LARGE FAMILY AND THE FUTURE OF HUMANITY”, al quale ProVita partecipa attivamente, si svolge a Mosca il 10 e l’11 settembre e ha visto ieri sera la conclusione del primo giorno di lavori. Il Forum si è aperto la mattina con il “Festival delle famiglie numerose” (Festival of Large Families), caratterizzato da spettacoli, danze e canti incentrati sulla famiglia e sulla tradizione russa, e dalla presentazione e premiazione di diverse famiglie numerose.
Durante la sessione plenaria del pomeriggio, nella sala conferenze dello State Palace del Cremlino, sono intervenute numerose importanti figure, rappresentative del mondo politico, associativo e religioso russo e internazionale. La moderatrice Natalia Yakunina, vice-presidente dell’associazione “St. Andrew the First Called”, ha sottolineato l’importante partecipazione all’evento: più di 1000 mille partecipanti tra i quali oltre 200 ospiti da tutto il mondo, uniti nella convinzione che la famiglia naturale sia il fondamento della società umana. Si è in seguito data lettura del saluto del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin che ha ribadito come, mentre “la crisi della famiglia imperversa in molti paesi, la Russia vuole proteggere la famiglia e i diritti dei bambini … affinché la famiglia numerosa diventi la norma“.


Al Forum era presente Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, che ha sottolineato la valenza esemplare della famiglia numerosa e il suo ruolo determinante per la salute morale della società. Il Patriarca ha definito la famiglia come “l’unione di un uomo e una donna, che vivono insieme, nella fedeltà, e che generano ed educano i figli”, e ha ribadito il suo carattere pre-giuridico.
Natalia Yakunina ha di nuovo preso la parola notando come, secondo le parole di Tolstoj, “tutte le famiglie felici sono simili, perché tutte simbolizzano e incarnano i valori eterni della Bibbia: misericordia, controllo di sé, amore“. Ha poi auspicato che il concetto di famiglia venga definito in tutti i paesi a livello costituzionale.
In seguito Elena Mizulina, Presidente al Duma del Comitato della Federazione Russa sulla famiglia, sulle donne e sui bambini, ha portato il saluto del Parlamento russo, e ha sottolineato come è significativo che il Forum Internazionale, per la famiglia numerosa, si svolga proprio al Cremlino. Ha spiegato come il mondo si trovi davanti a un bivio, e debba scegliere tra il cristianesimo e un’altra via: la Russia ha scelto la prima via. Il 95% dei russi sostiene, del resto, i valori della famiglia tradizionale. Ha ricordato come recentemente il Governo russo abbia accolto un programma specifico, che lo impegna fino al 2020, basato sulla promozione della famiglia naturale.

Seguivano gli interventi di: Vladimir Yakunin, Presidente e fondatore del World Public Forum “Dialogue of Civilizations”, che ha invitato la Russia a continuare a difendere i valori tradizionali e a non seguire la strada degli Stati Uniti e dell’Occidente; Aymeric Chauprade, europarlamentare del Front National, che ha spiegato come la guerra scatenata dal mondialismo euro-americano, oltre all’aspetto geopolitico (mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti e dalle oligarchie) presenti anche un aspetto ideologico: il liberalismo e la dittatura della materia sullo spirito; Konstantin Malofeev, Presidente del CdA della Fondazione Basil the Great, che ha sottolineato il ruolo particolare che la Russia ha sempre avuto (tranne durante la dolorosa parentesi comunista) nella difesa del cristianesimo. Ha poi ricordato le misure varate in questi ultimi anni dal Governo russo in difesa della famiglia, tra cui il divieto di pubblicizzare l’aborto e di promuovere l’omosessualismo.
Presente anche Gergely Prohle, Sottosegretario di Stato ungherese per gli affari internazionali e dell’Unione Europea, che, dopo aver ricordato come l’Ungheria sia stata tra i paesi maggiormente colpiti dall’inverno demografico, ha esposto alcune delle soluzioni che il Governo ungherese ha deciso di adottare (ad esempio: protezione della famiglia e della vita dell’embrione a livello costituzionale).
E’ intervenuto in video-conferenza l’Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, evidenziando il processo di distruzione della famiglia nel mondo attuale e la necessità di collaborare con l’ortodossia sul tema della famiglia, tema sul quale si gioca il futuro del mondo. Tra i gli altri interventi della sessione plenaria ricordiamo quelli di Talgat Tadzhuddin, Capo Mufti della Russia; Hilarion, metrolpolita di Volokolamsk; e Francisco Tadat, del Consiglio speciale sulle relazioni internazionali del vicepresidente della Repubblica delle Filippine.
Il primo giorno del Forum si è concluso con il bellissimo concerto musicale “Everything Starts with the Family” al Cathedral Square del Cremlino.
Da Mosca, delegazione di ProVita
Alessandro Fiore

venerdì 5 settembre 2014

La mia vita è stata una menzogna. . . ora i vuoti sul mio certificato di nascita dicono la verità su mio padre

fonte: http://www.telegraph.co.uk/news/10978332/My-life-was-a-lie-...-now-gaps-on-my-birth-certificate-tell-the-truth-about-my-father.html






 A woman who discovered that she was conceived from donor sperm has won a six-year battle to have the name of the man she thought was her father removed from her birth certificate.
Emma Cresswell, 26, still does not know the identity of her biological father. And on her new birth certificate, where his name, occupation and date of birth should be, the boxes are blank. Her surname, too, has been changed.
“It is not exactly an exciting piece of paper to anyone else,” she concedes, carefully laying it on the coffee table in her living room. “But to me, it is. It is the truth. It is who I am.”
Until last year, the document showed that her mother’s partner at the time she was born was her “father” – even though he has no genetic ties to her.
Now, she has become the first donor-conceived Briton to have her “father’s” name struck off the certificate. She has persuaded a court to order a new form because she does not share kinship with the man named as her father.
It took six years for Miss Cresswell, a paramedic, to have the certificate changed, and it was a highly personal decision. But it has important implications for the estimated 70,000 Britons conceived using donated sperm or eggs, whom Miss Cresswell hopes may now be inspired to follow her example.
The ruling is also likely to reignite the debate about if, and when, children should be told they were artificially conceived. Academics and professionals studying donor-conceived children have seized on the case to urge the Government to change birth certificates and include details of the child’s genetic and legal parentage to encourage parents to be open with their children about their origins.
Miss Cresswell is one of triplets, born in Northampton in April 1988. Her mother, Susan, and her partner, Geoffrey Faint, were unable to conceive naturally, but her mother was desperate to have children. The couple decided to undergo artificial insemination, a treatment where donated sperm is inserted into the womb.
After eight months of unsuccessful treatment, her mother became pregnant, and Emma and her two brothers, Ben and Daniel, were born. A month later, her mother and Mr Faint were listed on her birth certificate, but their relationship deteriorated. From the time they were toddlers until the age of 13, she had little contact with Mr Faint and was raised by her mother.



Emma's old birth certificate (Christopher Jones)
Miss Cresswell believed that he was her biological father, began to see him again as a teenager and moved in with him later to be closer to her college. Then, one night, she discovered the truth. “In the middle of an argument, Geoff decided to tell one of my brothers and me that we were actually donor-conceived and that he wasn’t our father,” she says. “It came as a shock to all three of us. We had no idea or inkling as we grew up.”
The timing of the disclosure – after her first day studying paramedic science at Coventry University – was “not ideal”. “It tainted the beginning of uni. I was trying to make new friends but I had so much going on.”
Her brothers adjusted to the news, but she wanted to know the donor’s identity, whether the man she had thought of as her father was telling the truth and why he hadn’t told them previously.
Miss Cresswell and her brothers were born before the Human Fertilisation and Embryology Authority was established in 1991, meaning that she could not trace the donor.
But she joined the National DNA database, which will link her with her donor if he ever comes forward, or with half siblings, conceived from the same sperm, if they, too, provide their DNA. Those born after 1991 can find out some information about donors, while those born since 2005 can find out a donor’s identity once they are 18.
“I was quite intrigued by the fact I might have half siblings,” she says. “Whoever my donor is might be quite an interesting person.”
As well as searching for her biological relatives, however, she decided to distance herself from the man she had always thought of as her father. They are now estranged and she changed her surname to her mother’s maiden name within six months of his disclosure.
“I questioned myself as to who I was,” she says. “I had thought I was one person for so long and then I found out that a whole side of that wasn’t true. So I changed my name to represent who I actually was.”
But there was still one anomaly: her birth certificate, which she needed to produce for job applications. Her brothers did not mind that Mr Faint was named as their father, but she found it odd.

Emma's new birth certificate, where her father's name is left blank and her surname has been changed from Faint to Cresswell (Christopher Jones)
“Each time I looked at it, I just thought: this is a lie, this isn’t me. I wanted something that represented the truth.”
She contacted solicitors to inquire about changing the form, with no success. Eventually, however, she was introduced to Dr Marilyn Crawshaw, an academic with an interest in assisted reproduction, and Julia Feast, a research consultant at the British Association for Adoption and Fostering. Together, they sought legal advice and helped her prepare her case.
All assumed that it would be a long battle, and that, because the BAAF believes it is unprecedented, the case would be referred to the High Court. In the end, it was “easy”, says Miss Cresswell. Her mother and Mr Faint submitted documents to Bristol county court – close to her home in North Somerset – confirming that she was conceived by artificial insemination. Last June, a district judge declared that Mr Faint’s name could be removed from the certificate and three months later the new document arrived.
“My friends know I’ve changed it, and that’s enough,” she says. “I am quite proud to have done it and hope anyone else in a similar position will realise it can be done.”
But she thinks it would be much better if children were instead issued with a two-page birth certificate: the first showing the “parents” who are legally responsible for them, and the second disclosing whether they were conceived naturally or not.
“It shouldn’t have been needed at all,” she says.
Emma with her old and new birth certifcates (Christopher Jones)
Together with Dr Crawshaw and Ms Feast, she is a member of the Birth Registration Campaign, which claims that the current system breaches children’s legal right to a family life because they cannot contact their genetic family unless their “social” parents tell them they are donor-conceived.
Children conceived since 2005 are entitled to contact their donor, but would not know to do so unless they are informed of their origins.
“If my birth certificate was a true reflection of the situation, there would never have been a question of 'when shall we tell her?’” says Miss Cresswell. “They would have been encouraged to tell the truth earlier and maybe I wouldn’t have found out in an argument.”
Ms Feast claims that many donor-conceived children are never told about their background, or only discover the truth from a third party or by finding records after their parents have died.
“The birth certificate at the moment gives you nothing to go on,” says Dr Crawshaw. “I know of people who believed they were at risk of genetically transmittable diseases because they thought the parents named on their birth certificate were their biological parents.”
Miss Cresswell accepts that some parents will worry that disclosing this information could disrupt an otherwise good relationship with the non-biological parent, but thinks this is unlikely.
“If you tell them from the beginning, that can be a part of a stable family relationship,” she says.
Looking back, she wishes she had been told earlier.
“I sometimes wonder why I can’t just have a simple life,” she says. But there are advantages in learning the lengths to which her mother went to give birth. “I wasn’t an accident, I wasn’t a mistake,” she says. “I was wanted.”

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Una donna che ha scoperto che di essere è stata concepito da un donatore di sperma ha vinto una battaglia di sei anni per rimuovere il nome di un uomo, che pensava fosse suo padre, dal suo certificato di nascita.

Emma Cresswell, 26, ancora non conosce l'identità del suo padre biologico. E sul suo nuovo certificato di nascita, dove nome, la professione e la data di nascita del padre dovrebbero figurare, ci sono spazi vuoti. Il suo cognome, anche, è stato modificato.

"Non è esattamente un pezzo  di carta che dica granchè a nessuno", ammette lei, e lo posa delicatamente sul tavolino nel suo salotto. «Ma per me, lo è. E ' la verità. E ' quello che sono. "

Fino all'anno scorso, il documento ha dimostrato che il partner della madre al momento della sua nascita è stato il suo "padre" - anche se lui non ha legami genetici a lei.

Ora, lei è diventato il primo britannico, concepito con eterologa, ad avere il nome "padre" radiato dal certificato. Ha convinto un giudice di ordinare una nuova forma perché lei non condivide alcuna  parentela con l'uomo chiamato come suo padre.

Ci sono voluti sei anni per Miss Cresswell, un paramedico, per avere il certificato è cambiato, ed è stata una decisione molto personale. Ma ha importanti implicazioni per i circa 70.000 Britanni concepiti con lo sperma o uova, che la signorina Cresswell spera ora possono essere ispirati a seguire il suo esempio.

La sentenza è anche probabile che riaccenda il dibattito sul se, e quando, i bambini dovrebbero essere detto che erano concepiti artificialmente. Accademici e professionisti che studiano bambini donatori concepiti hanno colto sul caso per sollecitare il governo a cambiare i certificati di nascita e di includere dettagli di parentela genetica e legale del bambino per incoraggiare i genitori ad essere aperti con i loro bambini circa le loro origini.

La signorina Cresswell è una dei tre bimbi,  nati a Northampton nel mese di aprile 1988 Sua madre, Susan, e il suo partner, Geoffrey Faint, erano in grado di concepire naturalmente, ma sua madre era disperata di non avere figli. La coppia ha deciso di sottoporsi a fecondazione artificiale, un trattamento in cui lo sperma donato viene inserito nell'utero.

Dopo otto mesi di trattamento senza successo, la madre rimase incinta;  Emma ei suoi due fratelli, Ben e Daniel, sono nati. Un mese dopo, la madre e il signor Faint sono stati elencati sul suo certificato di nascita, ma la loro relazione si è deteriorata. Dal momento in cui erano bambini fino all'età di 13 anni, ha avuto pochi contatti con il signor Faint ed è stato allevata da sua madre.

La signorina Cresswell credeva che lui era il suo padre biologico, ha cominciato a vederlo di nuovo come un adolescente e si trasferì con lui più tardi per essere più vicino al suo college. Poi, una sera, ha scoperto la verità. "Nel bel mezzo di una discussione, Geoff ha deciso di raccontare uno dei miei fratelli e me che eravamo in realtà concepiti con eterologa e che non era nostro padre," dice. "E 'venuto come uno shock per tutti e tre di noi. Non avevamo idea o sentore di come siamo cresciuti. "

I tempi della comunicazione - dopo il suo primo giorno a studiare la scienza paramedico presso l'Università di Coventry - è stato "non ideale". " 

I suoi fratelli appresero la notizia, ma lei voleva sapere l'identità del donatore, se l'uomo che aveva pensato a suo padre stava dicendo la verità e perché non avesse detto loro in precedenza.

La signorina Cresswell ei suoi fratelli sono nati prima che l'Autorità Human Fertilisation and Embryology fosse fondata nel 1991, il che significa che lei non riusciva a rintracciare il donatore.

Ma lei ha contattato il database nazionale del DNA, che la collegherà con il suo donatore, se mai si fa avanti, con o fratellastri, concepiti dallo stesso sperma, se anche loro, forniscono il loro DNA. I nati dopo il 1991 possono trovare alcune informazioni su donatori, mentre i nati dal 2005 può scoprire l'identità di un donatore una volta che sono 18.

"Ero molto incuriosita dal fatto che potrei avere fratellastri," dice. "Chi è il mio donatore potrebbe essere una persona molto interessante."

Oltre a ricercare i suoi parenti biologici, tuttavia, ha deciso di allontanarsi dall'uomo che aveva sempre pensato fosse suo padre. Essi sono ora separati e lei cambiato il suo cognome al nome da nubile di sua madre, in sei mesi dell'aver saputo il fatto.

"Mi sono interrogata su chi ero," dice. "Avevo pensato che ero una persona per tanto tempo e poi ho scoperto che un intero lato di che non era vero. Così ho cambiato il mio nome per rappresentare che io in realtà ero. "

Ma c'era ancora una anomalia: il suo certificato di nascita, che aveva bisogno di produrre per domande di lavoro. I suoi fratelli non importava che il sig Faint è stato chiamato come il padre, ma lei lo trovava stupido.

"Ogni volta che lo guardavo, ho solo pensato: questa è una bugia, questo non sono io. Volevo qualcosa che rappresentava la verità. "

Ha contattato avvocati per informarsi su come cambiare la forma, senza successo. Alla fine, comunque, è stata introdotta al dottor Marilyn Crawshaw, un accademico con un interesse per la riproduzione assistita, e Julia Festa, consulente di ricerca presso la British Association per adozione e affido. Insieme, hanno cercato la consulenza legale e l'aiutò a preparare il suo caso.

Tutto presume che sarebbe una lunga battaglia, e che, poiché il Baaf ritiene che sia senza precedenti, il caso sarebbe stato deferito alla Corte Suprema. Alla fine, è stato "facile", dice la signorina Cresswell. La madre e il signor Faint presentato documenti al tribunale di contea Bristol - vicino alla sua casa in North Somerset - conferma che lei è stato concepito con l'inseminazione artificiale. Lo scorso giugno, un giudice distrettuale ha dichiarato che il nome del sig Faint potrebbe essere rimosso dal certificato e tre mesi dopo il nuovo documento è arrivato.

"I miei amici sanno che ho cambiato, e questo è abbastanza", dice. "Sono molto orgogliosa di averlo fatto e spero che chiunque altro in una posizione simile si renderà conto che si può fare."

Ma lei pensa che sarebbe molto meglio se ai bambini fosse invece rilasciato un certificato di nascita di due pagine: la prima mostra i "genitori" che sono legalmente responsabile per loro, e la seconda rivelare se sono stati concepiti naturalmente o non.

"Non avrebbe mai dovuto accadere"  dice.

Insieme con il dottor Crawshaw e la signora Festa, lei è un membro della Campagna registrazione delle nascite, che sostiene che l'attuale sistema viola il diritto legale dei bambini ad una vita di famiglia perché non possono contattare le loro famiglie genetico meno che i loro genitori "sociali" dicono loro che sono concepiti con eterologia.

I bambini concepiti dal 2005 hanno diritto a contattare il proprio donatore, ma non saprebbero farlo a meno che non siano informati delle loro origini.

"Se il mio certificato di nascita era un vero riflesso della situazione, non ci sarebbe mai stata una questione di 'quando dobbiamo dirle?'", Dice la signorina Cresswell. "Sarebbero stati incoraggiati a dire la verità prima e forse non avrebbero scoperto in un argomento."

La sig.ra Festa sostiene che a molti bambini concepiti con eterologa non vengo mai raccontato il loro background, o scoprano solo la verità da un terzo o trovano documenti dopo che i loro genitori sono morti.

"Il certificato di nascita al momento in cui si nulla per andare avanti", spiega Crawshaw. "Io so di persone che hanno creduto erano a rischio di malattie geneticamente trasmissibili perché hanno pensato i genitori chiamati sul loro certificato di nascita erano i loro genitori biologici."

La signorina Cresswell ammette che alcuni genitori si preoccupi che la divulgazione di tali informazioni potrebbe disturbare un altrimenti buon rapporto con il genitore non biologico, ma pensa che questo è improbabile.

"Se dite loro fin dall'inizio, che può essere una parte di un rapporto stabile di famiglia," dice.

"A volte mi chiedo perché non posso avere una vita semplice," dice. Ma ci sono vantaggi nell'imparare le lunghezze affrontate dalla madre per averla. "Non sono stata un incidente, non sono stata  un errore", dice. "So che ero voluta."


A cento anni dalla morte di Péguy: il padre di famiglia, «il vero avventuriero»

Fonte: http://www.tempi.it/a-cento-anni-dalla-morte-di-charles-peguy-rileggetevi-cosa-scriveva-sul-padre-di-famiglia-il-vero-avventuriero#.VAmv11ON7To



Oggi è l’anniversario della morte dello scrittore francese Charles Péguy (Orléans, 7 gennaio 1873 – Villeroy, 5 settembre 1914), cui l’ultimo Meeting di Rimini ha dedicato un’importante mostra e un’intervista al filosofo francese Alain Finkielkraut
Qui di seguito vi proponiamo la lettura di un brano appartenente a Véronique. Dialogo della storia e dell’anima carnale, dedicata al padre, il vero avventuriero.

 
C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moder­no: è il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventu­rieri non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto. Non corrono assolutamente alcun perico­lo, al suo confronto. Tutto nel mondo moderno, e so­prattutto il disprezzo, è organizzato contro lo stolto, contro l’imprudente, contro il temerario,
Chi sarà tanto prode, o tanto temerario?

Contro lo sregolato, contro l’audace, contro l’uomo che ha tale audacia, avere moglie e bambini, contro l’uomo che osa fondare una famiglia. Tutto è contro di lui. Tutto è sapientemente organizzato contro di lui. Tutto si rivolta e congiura contro di lui. Gli uomini, i fatti; l’accadere, la società; tutto il congegno automatico delle leggi economiche. E infine il resto. Tutto è contro il capo famiglia, contro il padre di famiglia; e di conse­guenza contro la famiglia stessa, contro la vita di fami­glia. Solo lui è letteralmente coinvolto nel mondo, nel secolo. Solo lui è letteralmente un avventuriero, corre un’avventura. Perché gli altri, al maximum, vi sono coinvolti solo con la testa, che non è niente. Lui invece ci è coinvolto con tutte le sue membra. Gli altri, al maximum, si giocano solo la loro testa, il che non è niente. Lui invece mette in gioco tutte le membra. Gli altri soffrono solo per se stessi. Ipsi. Al primo grado. Lui solo soffre per altri. Alii patitur. Al secondo, al ven­tesimo grado. Fa soffrire altri, ne è responsabile. Lui solo ha degli ostaggi, la moglie, il bambino, e la malattia e la morte possono colpirlo in tutte le sue membra. Gli altri navigano a secco di vele. Lui solo, qualunque sia la forza del vento, è obbligato a navigare a piene vele. Tutti hanno vantaggio su di lui e lui non ha vantaggio su nes­suno. Si muove continuamente con i suoi ostaggi, in lungo e in largo tra quei terribili fortunali. Le cose che accadono, i guai, la malattia, la morte, tutto ciò che accade, tutti i guai hanno vantaggio su di lui, sempre; è sempre esposto a tutto, in pieno, di fronte, perché navi­ga su una larghezza immensa. Gli altri scantonano. So­no corsari. Sono a secco di vele.

Ma lui, che naviga, che è obbligato a governare la nave su questa rotta immen­samente larga, lui solo non può assolutamente passare senza che la fatalità si accorga di lui. E allora è lui che è coin­volto nel mondo, e lui solo. Tutti gli altri possono infi­schiarsene. Lui solo paga per tutti. Capo e padre di ostaggi, anche lui stesso è sempre ostaggio. Che impor­ta agli altri di guerre e rivoluzioni, guerre civili e guer­re straniere, l’avvenire di una società, ciò che accade alla città, la decadenza di tutto un popolo. Non rischia­no mai altro che la testa. Niente, meno di niente. Lui invece non solo è coinvolto dappertutto nella città pre­sente. Dalla famiglia, dalla sua razza, dalla sua discen­denza da quei bambini è coinvolto dappertutto nella citta futura, nello sviluppo ulteriore, in tutto il tempo­rale accadere della città. Si gioca la razza, si gioca il popolo, si gioca la società, mette come posta la società. Si gioca (tutta) la città, presente, passata, a venire. Tale è la sua posta in gioco. Gli altri scantonano sempre. Sono carene leggere, sotti­li come lame di coltello. Lui è la nave grossa, pesante bastimento da carico. È il luogo d’appuntamento di tutte le tempeste. Tutti i venti del cielo congiurano e si mettono d’accordo, si abbattono da tutti gli angoli del cielo, accorrono e si intersecano da tutti i punti del­l’orizzonte per assalirlo. Lui scopre alla sorte, alla for­tuna, alla sfortuna che vigila, alla fatalità una larghezza (di spalle) (su cui abbattersi), una superficie, un vo­lume incredibile. Non è coinvolto solo nella cit­tà presente.

È coinvolto dappertutto nell’avvenire del mondo. E anche in tutto il passato, nella memoria, in tutta la storia. È assalito dagli scrupoli, straziato dai rimorsi, a priori, (di sapere) in che città di domani, in quale ulteriore società, in quale dissoluzione di tutta una società, in quale miserabile città, in quale deca­denza, in quale decadenza di tutto un popolo lasceran­no, consegneranno, domani, stanno per lasciare, entro qualche anno, il giorno della morte, quei bambini di cui i padri  si sentono così pienamente, così assoluta­mente responsabili, di cui sono temporalmente i pieni autori. Quindi per loro nulla è indifferente.

Niente di quello che succede, niente di storico è per loro indiffe­rente. Soffrono di tutto. Soffrono dappertutto. Solo loro hanno esaurito la sofferenza temporale, tutto il dolore di chi vive nel tempo. Chi non ha mai avuto un bam­bino malato non sa cosa sia la malattia. Chi non ha perso un bambino, chi non ha visto morto il suo bambino non sa cosa sia il dolore. E non sa cosa sia la morte. E, coinvolti da ogni parte nelle sof­ferenze, nelle miserie, in tutte le responsabilità, sono tutti  ingolfati nell’esistenza, sono pesanti e impacciati, sono goffi, impediti nelle manovre; sembrano deboli e vili; non solo lo sembrano; sono deboli, sono vili, sono codardi. Nella manovra. Capi responsabili e appesanti­ti, carichi e responsabili di una banda di prigionieri, prigionieri essi stessi, carichi, responsabili di una banda di ostaggi, ostaggi essi stessi, non fanno un passo che non sia vigliacco, sembrano, sono circospetti, sono prudenti, non fanno una mossa che non sia sconcertante. E tutti li disprez­zano e, quel che è peggio, hanno ragione a disprezzarli. Gli altri scantonano sempre. Non hanno bagagli. Vili, scantonano con districamenti politici. Coraggiosi scan­tonano con districamenti eroici, con districamenti d’au­dacia. Temporali, scantonano verso la carriera e le domi­nazioni temporali. Spirituali, scantonano, si defilano verso le osservanze della regola. Storici, scantonano verso le carriere della gloria. Riescono sempre, sia nella regola, sia nel secolo.

II padre di famiglia è solo, e condannato a non riuscire affatto. Non può mai scanto­nare. Deve sempre passare in tutta la sua larghezza. Ed è molto semplice, non ci passa. Non ci passa mai. Non passa da nessuna parte. Non riesce né nella regola né nel secolo. Non riesce nella regola, la regola si oppone. Prima di cominciare. Non riesce nel secolo. Il secolo si oppone prima, durante, dopo. Non riesce nella poli­tica e non riesce nell’audacia… È troppo grosso. Ha tutta la famiglia attorno al corpo. È come la donnola di La Fontaine, ma dopo che è ingrassata. Ha socialmente un grasso, un tessuto adiposo sociale, che lo rende inadatto alla corsa. Ora, temporalmente tutto non è altro che corsa, non è altro che concorso e con­correnza. Gli altri corrono, intanto, gli altri arrivano, quelli magri, fini, sottili, socialmente scarichi, sgombri di bagagli. Così tutti lo disprezzano; in sua presenza, tra di loro, lo schermi­scono; sordamente, involontariamente congiurano con­tro di lui. Più di tutti gli altri, lo disprezzano i preti. Perché hanno questo (di bello), quando si accaniscono su qualcuno, ci si riaccaniscono di preferenza. Prefe­renzialmente. E quello che chiamano la carità.

Bisogna sottolineare attentamente che la vita di famiglia è la vita più impegnata nel secolo, la vita meno conforme, la meno simpatica, la meno affine alla regola. Vuol dire lasciarsi prendere, lasciarsi ab­bindolare dalle apparenze più grossolane, commettere l’errore più smaccato, e anche naturalmente il più co­mune, l’errore più frequente, quello di dire che la vita pubblica è vivace, e la vita di famiglia è silen­ziosa, e la regola, la vita regolare è anche lei silenziosa; e quindi la vita pubblica è non ritirata, e la vita di fa­miglia è ritirata, e la regola, la vita regolare è anche lei ritirata; e concluderne, credere, che sia la vita di famiglia che è vicina alla vita di regola, apparentata alla vita di regola, e che sia la vita pubblica che se ne è allontanata. Questo è lasciarsi prendere dalle più grossolane apparenze. È diame­tralmente il contrario.

La vita di famiglia è agli antipodi della vita della regola. Nessun uomo al mondo è coin­volto nel mondo, nella storia e nel destino del mon­do quanto l’uomo di famiglia, tanto quanto il padre di famiglia, così pienamente, così carnalmente. L’uomo pubblico invece, il vir politicus, non è affatto coinvolto nel mondo, non è affatto coinvolto nella storia e nel destino del mondo. Cosa importa all’uomo politico, al demagogo, al tribuno, all’oratore, al legislatore, all’eloquente, anche all’uomo politico serio, all’uomo pubblico, all’uomo di Stato, all’uomo di governo, (e a maggior ragione) al capo di partito (come tali), cosa importa al militare e al giudice, al generale e al presidente di corte e al presidente di camera, (come tali, come tali), che importa come tali al funzionario e al magistrato, al generale, al deputato, al senatore, al giornalista, al pubblici­sta, all’esattore, e all’usciere del ministero, cosa importa al signor sindaco; cosa importa come tale a ogni uomo pubbli­co delle sorti della città presente, le sorti ulteriori, la destinazione e il destino; cosa gli importa di cosa sarà di questo popolo, cosa faremo di questo popolo; vi sono coinvolti solo con la testa e qualcuno con la gloria; al massimo con l’onore, quando ne hanno: niente, meno di niente. Non ci rischiano che la testa, al più, al maximum; al meno, di solito l’avanzamento, la carriera, al più del meno l’apice; miserie. Gloria tem­porale, onore temporale; niente, meno di niente. Avan­zamento temporale, carriera temporale, apice temporale, testa temporale; miserie. E le gioie e le miserie del dominio. E le gioie e le miserie del denaro. Ecco tutto quello che si giocano. Come tali. Se intanto, se insieme sono padri di famiglia, cosa estremamente rara, l’ope­razione è tutta diversa, il comportamento e l’azione pubblica è tutta diversa, tutta diversa la situazione anche per così dire topografica, geografica, demogra­fica. Cosa importa loro, come tali, una rivoluzione, una guerra civile o straniera, un sabotaggio di tutto un po­polo. Una diminuzione, una decrescita; una perdita, forse irrimediabile; una decadenza, forse irreparabile, irrevocabile. Tutt’al più si giocano, nel temporale, una gloria del loro nome, la gloria, ulteriore, l’onore o il discredito sul loro nome. Di solito questo tipo di con­siderazione li lascia abbastanza freddi. Sono abba­stanza poco sensibili a considerazioni di questo tipo. Di solito.

Solo il padre di famiglia mette in gioco, rischia, impegna infinitamente di più nella destinazione del mondo, nel secolo, nella destinazione di tutto un popolo; nel futuro di una razza. Nel destino di tutto questo popolo, nell’avvenire di questa razza impegna tutto, mette tutto, la sua carne e di più; si gioca la razza, si gioca davvero il popolo, si gioca la sua discendenza. II solo padre di famiglia, il padre di famiglia da solo. Ed è un pover’uomo. Tormentato da scrupoli, assalito, invaso, tormentato da rimorsi, per crimini che non ha affatto commesso, che non commetterà mai, che altri mille, che tutti gli altri commetteranno, sente oscura­mente, molto profondamente, che è lui, in effetti, che è lui davvero il responsabile. Perché è padre di famiglia. È uno dei casi più significativi che ci siano di responsa­bilità senza colpa, di colpevolezza senza colpa. Eppure di responsabilità reale, di colpevolezza reale; comune; misteriosa; di fatalità, anche; infinitamente più profonda; segreta; in comunità, in comunione; con la crea­zione con (tutto) il mondo; infinitamente più grave delle nostre proprie responsabilità, personali, particola­ri, limitate, note, individuali e collettive; infinitamente più profonda; infinitamente più vicina alla creazione stessa; e quasi (oscuramente ce ne accorgiamo), quasi infinitamente più giusta, attinente alla creazio­ne stessa, al mistero, al segreto della creazione; una col­pevolezza, allora, infinitamente più seria delle nostre colpevolezze propriamente criminali.

Per il padre di famiglia (questo è lo stato, costante, uno stato situazionale; è la sua stessa patente, la sua condizione ab urbe condita, una volta fondata la famiglia. È la sua stessa definizione, il pane di tutti i (suoi) giorni, il cruccio delle sue notti. È il midol­lo, stesso, della sua vita, il segreto della sua esistenza, la sua regola interiore, la sua regola esteriore, la regola del suo secolo, la sua regola di secolo. Ed è un pover’uomo; innocente criminale; innocente responsabile; innocente colpevole; innocente assalito da scrupoli; innocente tormentato dai rimorsi; legato, incatenato da ogni parte, mani, piedi, da tutti i lacci, da tutte le catene, è lui, amico mio, è lui, e lui solo, che ha le relazioni peri­colose; confuso, prigioniero, ostaggio, manette alle ma­ni, ganasce ai piedi, capo, responsabile dei prigionieri, capo, responsabile degli ostaggi, fa pena, è esposto a tutto, ai quodlibet, alle ingiurie, al peggio di tutto: a una sorta di riprovazione, di malevolenza universale, di presa in giro, di tacita ingiuria, (peggiore, infinitamen­te più grave di quella formale), perché se è così tacita, se può essere così sottintesa, come se andasse da sé, per così dire; non vale la pena di parlarne, perché tutti lo sanno bene; è una cosa intesa, senza che ci si pensi, una cosa alla quale tutti consentono, a cui tutti danno la mano. È infinitamente peggio di una cosa infinitamen­te concertata, che una cosa universalmente concertata. È una cosa universalmente non concertata. Così è infi­nitamente meno demolibile. Una cosa che va da sé. Che si sappia. Allora tutti ci calpestano sopra.

Allora, rin­galluzzito, anche il prete ci calpesta sopra. Clericus. Il sacerdote se ne accorge bene, un istinto di casta lo av­verte, uno degli avvertimenti, uno degli istinti più si­curi, uno degli istinti più infallibili, un segreto orgo­glio infallibile lo avverte che è lui il nemico, il più lontano, il più straniero, che l’uomo di famiglia, che il padre di famiglia è l’uomo più lontano dalla regola e dalla clericatura, l’uomo del mondo più coinvolto nel mondo, un istinto segreto lo avverte che lui è infinita­mente più vicino al pubblico peccatore; e reciproca­mente; che il tribuno, l’oratore, l’eloquente, l’uomo della tribuna è infinitamente più vicino all’uomo del pulpito, infinitamente più imparentato all’uomo del pulpito, che l’uomo del meeting, della pubblica riunio­ne è infinitamente più vicino all’uomo della predica e all’uomo del sermone; più pronto, per l’uno e per l’al­tro, sia per diventarlo, sia per subirne l’effetto, sia insie­me l’uno e l’altro, che sono dello stesso genere, che si passa comodamente e quasi continuamente dall’uno all’altro, che c’è tra loro un’intesa, interna, un accordo segreto, una somiglianza, almeno di modo, e in più che appartengono allo stesso mondo; e per la regola che il celibe, l’uomo libero, il non prigioniero, il non ostag­gio, lo slegato, il non legato, l’inlegato, il mai legato, lo scantonatore, il pié leggero, il corridore, il bombarolo, il festaiolo, l’uomo all’erta è infinitamente più vicino; e più pronto, più disponibile; che lui piace di più; che con lui ci si capirà meglio, ci si intenderà sempre. E poi è lui che è un personaggio gradevole. Il padre di fami­glia è un povero essere. Tirar su solo tre bambini, pensa un po’. Che grottesco, che ridicolo. Tutte le forze della società sono congiurate, si congiurano contro una cosa del genere. Ora, il sacerdote è una forza della società, fa parte delle forze della società. Allora tutti calpestano il padre di famiglia. Allora il sacerdote, ardi­to, lo calpesta. Non ha che indulgenza, e che indulgenze, per tutti gli altri. Si crede di solito che il celibe, l’uomo senza famiglia è un uomo di fortuna(e), un avven­turiero, che vive di avventure.

Invece è l’uomo di fami­glia che è un avventuriero, che vive non solo alcune avventure, ma una sola, una grande, un’immensa, una totale avventura; l’avventura più terribile, la più costan­temente tragica; la cui vita stessa è un’avventura, il tes­suto stesso della vita, la trama e l’ordito, il pane quoti­diano. Ecco l’avventuriero, il vero, il reale avventuriero.

mercoledì 3 settembre 2014

In Italia prima adozione a coppia di donne. La chiamano gay, ma si dice lesbica



In Italia prima adozione a coppia di donne. La chiamano gay, ma si dice lesbica



Fonte: http://www.adiantum.it/public/3573-in-italia-prima-adozione-a-coppia-di-donne.-la-chiamano-gay,-ma-si-dice-lesbica.asp

 Il tribunale per i minorenni di Roma, ben conosciuto anche per alcuni decreti ammazza-famiglia, concede l'adozione - la prima in Italia - ad una coppia di donne. Cori di giubilo e versetti giornalistici accomodanti (siamo nell'era di sinistra, c'è poco da fare signori..) danno il provvedimento come una conquista per la società civile, un vero e proprio segno dei tempi.
Sarà anche il segno dei tempi vagheggiato dall'Huffington Post/Repubblica, ma si tratta comunque di una porcata sia dal punto di vista normativo, sia da quello sociale. 

Infatti, in Italia La legge 4 maggio 1983, n. 184, poi modificata dalla 149/2001, prevede che la dichiarazione di disponibilità all'adozione debba essere effettuata da una coppia coniugata da almeno tre anni. Il periodo di convivenza more uxorio è considerato alla stessa stregua di quello del matrimonio, fermo restando il fatto che la coppia deve comunque essere coniugata al momento della presentazione della disponibilità.
L'art. 44 prevede, tuttavia, deroghe per alcuni casi specifici:
- quando gli adottandi sono uniti al minore - orfano di padre e di madre - da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori,
- quando un coniuge adotta il figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge,
- quando il minore è portatore di handicap e orfano di entrambi i genitori,
- quando non sia possibile l'affidamento preadottivo.
Quindi, salvo i rari casi anzi detti, non è possibile l'adozione da parte di una coppia non sposata e, dal momento che non è consentito il matrimonio di persone dello stesso sesso, l'adozione da parte di coppie omosessuali non è possibile, e poco importa che Renzi abbia indicato Settembre come il mese in cui si sarebbe trattato il tema al CDM: la legge non c'è, e la giustizia non ha il potere di colmare - ammesso che ci sia - un vuoto normativo. 

L'articolo dell'Huffington Post scrive "...Le due mamme hanno dapprima intrapreso e portato a termine un percorso di procreazione eterologa all'estero, e poi...".
Le due mamme ? Ma di cosa stiamo parlando ? 
 
Le due donne (dal momento che, delle due, la mamma è una sola) sono andate all'estero perchè - guarda caso - in Italia ciò che hanno fatto non è permesso dalla legge. Hanno ricevuto il seme di 2-3 donatori, lo hanno mischiato per bene in modo da non individuare di primo acchitto la provenienza genetica, e una delle due si è ingravidata.
Non è la tanto sognata (dalle femministe) Partenogenesi, e non ci siamo ancora: il semino dell'uomo, care lesbiche, serve ancora.
Dal punto di vista squisitamente normativo, contrariamente all'opinione schierata dell'Huff., il Tribunale per i Minorenni di Roma ha interpretato troppo estensivamente la norma di apertura contenuta nella legge sull'adozione, ed ha concesso un diritto ex novo, ovvero creato una situazione prima inesistente, e garantito nel c.d. interesse del minore la copertura giuridica a una situazione di fatto già consolidata e generata in barba alle leggi italiane. 

La scusa di dover "riconoscere diritti e tutela a quei cambiamenti sociali e di costume che il legislatore ancora fatica a considerare" non se la beve nessuno.
Da oggi la lobby lesbica (potentissima e piena di soldi, da sempre affiliata alla cosca vetero-femminista) può cantare vittoria. Il precedente è creato, e niente ormai ostacolerà "il progresso".  

Curioso, poi, vedere i media di sinistra ripetere ossessivamente il termine "coppia gay", pur di non dire "coppia lesbica". Eh sì, anche queste sottogliezze, per chi ha un pò di esperienza nella comunicazione/disinformazione di massa, non passano inosservate. I gay, infatti, sono quelli con il pene, e per loro la possibilità di adottare - per la quale si esprime identica perplessità - è ancora una chimera.
Loro non hanno la vagina e gli ovuli, tutto qui. Ma avrebbero il seme, e spesso lo regalano (insieme ad un frullatore, per fare il "miscuglio politicamente corretto") alle amiche lesbiche che promettono loro, in cambio, eterna riconoscenza e qualche foto del bambino ogni tanto. 

Triste vedere come la vicenda venga enfatizzata come una conquista di civiltà giuridica e sociale, quando ancora oggi centinaia di migliaia di papà vengono quotidianamente discriminati nelle aule di tribunale, dove le leggi esistenti (vedi la L.54/2006), invece, vengono interpretate restrittivamente, svuotate di significato e, quindi, boicottate dalla magistratura con arroganza e dolo diffusi.
Una rondine non fa primavera, e certamente i tribunali italiani non possono vantarsi di essere all'avanguardia, quando nelle loro aule continuano a perpetrarsi abusi ai danni di tante famiglie cui vengono allontanati i figli senza gravi motivi.
Questa sentenza puzza di omaggio alle lobbies che fanno capo alla sinistra, niente e nessuno potrà toglierne l'olezzo aprendo semplicemente le finestre di casa per "far cambiare l'aria".

Fonte: Redazione