Lunedì
il piccolo Erik Zardo avrebbe frequentato la classe prima elementare.
Iscritto regolarmente. Ma non vi ha messo piede. Il bimbo si trova
ancora in Ucraina, sequestrato, portato via, dalla madre, Tetyana
Gordiyenko.
Il
Tribunale di Ivrea ha disposto il rimpatrio, ma questo non è avvenuto.
“Per noncuranza delle autorità italiane” denuncia il padre, Mimmo Zardo,
residente ad Aliuce Superiore. Da anni dura la sua battaglia legale per
riabbracciare il figlio. Oggi Erik ha sei anni, ma manca da casa dal 12
maggio del 2013.
Tutto
è stato vano, finora. La vittoria sulla carta. I giudici, non senza
fargli patire le pene dell’inferno, gli han riconosciuto, dopo una dura
battaglia, l’affidamento esclusivo, giudicando decaduta la patria
potestà della donna. Nei fatti, però, la distanza di migliaia di miglia.
E la beffa: è in corso infatti, a carico di Mimmo Zardo, il processo
penale per maltrattamenti aperto dal Tribunale di Ivrea in seguito alla
denuncia, sporta da Tetyana Gordiyenko, nell’ambito di un matrimonio che
nel 2011 stava già giungendo al capolinea.
Venerdì
scorso il giudice, nonché presidente del polo della giustizia
eporediese, Carlomaria Garbellotto ha disposto la terza, l’ennesima,
rogatoria internazionale, in modo da ottenere la trasmissione delle
dichiarazioni della donna direttamente dall’Ucraina, in base al
contradditorio richiesto dalla difesa. La richiesta, finora, è caduta
nel vuoto. Sia perché Gordiyenko continua a sostenere di non poter
tornare in Italia, e non è possibile disporne l’accompagnamento
coattivo. Ma anche perché le autorità estere latitano e tutelano la
connazionale. Non arrivano la documentazione e le traduzioni.
Mimmo
Zardo non ne può più. E lo ha detto, con franchezza, sedendosi al
microfono, in aula. “Tutto questo processo – ha sottolineato – si sta
celebrando con presunzione di colpevolezza nei miei confronti, che lede
gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana. Ritengo che i servizi
sociali abbiano operato con abuso di potere. Tutelando mia moglie, ne
hanno favorito la fuga in Ucraina. Mi è stato riconosciuto
l’affidamento, ma mia moglie continua a non farmi vedere mio figlio”.
Zardo, nonostante le rimostranze del suo stesso avvocato difensore,
Giancarlo Bertone, ha definito Garbellotto “incompatibile”, essendosi
già occupato del ramo civile della vicenda. Ha prodotto poi l’ordinanza
emessa il 27 settembre 2014 dal giudice Stefania Cugge del Tribunale di
Ivrea che gli riconosce l’affido esclusivo. E avrebbe voluto produrre,
ma Garbellotto non ha acconsentito, le copie del rinvio a giudizio della
moglie per il reato di sottrazione internzionale di minore.
E
non è tutto. Perché Garbellotto ha rinviato il processo al marzo 2016.
Col rischio che il processo ricominci daccapo, davanti ad un nuovo
giudice, poiché per lui si prospetta il pensionamento proprio nel
febbraio precedente.
Riuscire
a sentire davvero, di nuovo, la voce di Erik, e poterlo stringere a sè,
superando i 2700 Km che li dividono e la pesantezza degli intoppi
burocratici, resta un sogno. Ora Zardo può recarsi in Ucraina ma non può
portarlo via con sè né chiedere un attimo in più rispetto a quello
“elemosinato” alla madre. Ma non si dà per vinto. Ha iscritto Erik
all’Istituto Comprensivo di Vistrorio. Lunedì si è nuovamente recato dai
Carabinieri, e poi presso la Dirigenza Scolastica, per giustificare
l’assenza. “E purtroppo – dice – nemmeno in Ucraina Erik risulta
iscritto all’asilo o alla scuola elementare. E’ irreperibile”
I numeri delle sottrazioni internazionali?
Si
parla di centinaia di casi all’anno. Circa 600 quelli aperti
attualmente, di cui quasi un terzi irrisolti comunque. Fra il 75 e l’85
per cento sono perpetuati da donne, per lo più madri, che sottraggono i
figli ai padri. La maggiore percentuale in Ucraina, paese dal quale non
risultano rimpatri.
Più
in generale i casi si verificano in Europa, soprattutto nell’Est,
secondo i dati in possesso del Ministero di Giustizia. Mentre, nei Paesi
arabi avviene il contrario: tipico è l’uomo che porta via i figli per
crescerli laggiù. Precedente interessante è la vicenda di Sara Fardella,
tornata in Italia solo a seguito delle incessanti battaglie che la
madre ha intrapreso persino in loco, in Egitto, ottenendo che le
autorità italiane facessero eseguire la sentenza di rimpatrio da loro
emessa.
“Mi chiedo perché la sentenza di rimpatrio di Erik non venga eseguita – racconta Mimmo Zardo – Sono
personalmente in contatto con altri sei padri che hanno figli
totalmente sequestrati in Ucraina. Altri, di cui sono a conoscenza,
hanno gettato la spugna, per l’impossibilità di far fronte ai costi”.
Lui
si è ostinato, si è indebitato, sta sopportando. Forse accadrà in
futuro. “Ma un giorno voglio che sappia che io ho fatto di tutto per
rivederlo” ci racconta, con l’amaro nel cuore e la disillusione negli
occhi.
Zardo
è iscritto a tantissime Associazioni: CrescoaCasa Torino, GeSeFi Onlus
Torino (GEnitori SEparati e Figli), Penelope(S)comparsi &
ViteSospese (di cui è referente per il Piemonte), FLAGe nazionale (si
cui è referente per la Valle d’Aosta), Genitori Sottratti di Bologna,
FigliPerSempre, Figli Sottratti di Vicenza, Adiantum.
“Siamo
in un momento di grande cambiamento – constata Zardo – : i padri
(questi genitori estromessi) hanno capito che tutto ciò è profondamente
ingiusto e danneggia atrocemente i figli; sentono che devono far
qualcosa per il bene dei figli, che consiste nella tutela del rapporto
paritetico con entrambi i rami genitoriali, specie in situazioni post
separazioni. Noi chiediamo soltanto questo. Le vicende sono dolorose,
sia a livello nazionale che internazionale, con la differenza che nel
primo caso, essendo sotto giurisdizione italiana, c’è qualche piccola
speranza di ripristinare il rapporto”.