giovedì 13 giugno 2013

Basta menzogne sul “femminicidio”: atteniamoci ai dati ufficiali

 

 

Basta menzogne sul “femminicidio”: atteniamoci ai dati ufficiali

Dato che i giornalisti di professione non fanno il loro mestiere, cercherò di farlo io al posto loro. Inoltre, vorrei dimostrare – dati ufficiali alla mano – che il fenomeno del femminicidio non esiste, è pura retorica politica e femminista.
Non è più tollerabile assistere al massacro politico, mediatico e giornalistico del genere maschile e della figura dell’uomo in generale. In quanto uomo mi sento offeso e indignato dalle continue sparate femministe dell’attuale presidente della Camera. Sono un uomo felicemente sposato, a mia moglie devo molto, moltissimo, ma questo non mi impedisce di ricercare sempre la verità dei fatti, non favole retoriche e pretestuose per saziare la frustrazione di alcune donne contro il genere maschile in quanto tale. Credo che sia una forma di discriminazione violenta e inaccettabile. Mi auguro che gli uomini e le donne che ragionano con la propria testa si ribellino a questa propaganda falsa, pericolosa e distruttiva della dignità di milioni di persone. Probabilmente ci sono associazioni che chiedono denaro e la Task Force che si sta approntando sul femminicidio va proprio in quella direzione. Ed è sempre un buono argomento per distogliere l’attenzione sui più gravi problemi economici e sociali che l’Italia sta vivendo. E constato con tristezza e indignazione che i bambini, gli anziani e gli uomini in generale sono scomparsi totalmente dalle cronache di violenza sui media, sia televisivi che cartacei. I bambini, soprattutto, andrebbero tutelati e protetti.
Nel Rapporto sulla criminalità in Italia del Ministero dell’Interno si trovano le tabelle degli omicidi commessi in Italia fino al 2006. E’ possibile scaricare tutto in formato pdf.
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf
Ebbene, si evince dal capitolo IV, riguardante Gli omicidi volontari e nel capitolo V, Le violenze contro le donne, che gli omicidi in Italia sono passati da 1441 del 1992 a 621 nel 2006. Gli omicidi di stampo criminale sono calati fino a 121 nel 2006 a fronte di 340 nel 1992; contemporaneamente gli omicidi familiari sono arrivati a 192 nel 2006 contro i 97 del 1992 (pag. 118). Gli omicidi familiari sono aumentati, questo è vero e provato.
Vediamo le percentuali per genere e rapporti familiari. Nel periodo 2001-2006 gli omicidi familiari sono suddivisi in questo modo: femmine 62,9 %; maschi 26,0 % ; padri uccisi 25,1 %, madri 7,4 %; figli maschi 18,2 %, femmine 14,5 %; nonni, zii, fratello/sorella, cugini, nipoti maschi 17,2 %, femmine 5,6 % (pag. 119).
Esiste un rapporto di 2-3 a 1 di omicidi di donne rispetto agli uomini in famiglia, ma un padre ha la probabilità di essere ammazzato tre volte tanto rispetto a una madre e lo stesso vale per nonni, fratelli, zii e nipoti.
Passiamo adesso ad analizzare le vittime di violenza nel periodo 2004-2006. I maschi sono il 73,4 %, le donne il 26,6 %. Nel periodo 1992-1994 i numeri sono: maschi 84,7 %, femmine 15,3 %. La violenza contro il genere femminile è aumentata dell’11,3 % in 14 anni (pag. 123). C’è un dato interessante che viene sempre ignorato quando si parla di violenza contro le donne. Sotto la voce Autori di omicidi, si scopre che la percentuale degli omicidi commessi da donne è passata dal 5,1 % del 1992-94 all’8,3 % del 2004-06 (pag. 126). Sono quasi raddoppiati in 14 anni.
A pagina 132-33 si parla di quasi 7 milioni di donne, tra i 16 -70 anni di età, che si presume abbiano subito un qualche tipo di violenza fisica o sessuale nell’arco della vita. Purtroppo, in questo caso,non viene citata alcuna fonte. Questo dato non può essere preso in considerazione perché manca totalmente qualsiasi tipo di registrazione documentale che attesti simili cifre.
Andiamo avanti. Si scopre – cosa incredibile anche per me – che l’uomo violento ha subito nel corso dell’infanzia violenza fisica o sessuale in percentuali maggiori da parte della madre: madre violenta verso il figlio maschio 42,4 % sì, 6,5 % no; padre violento verso il figlio maschio 34,8 % sì, 6,2 % no (pag. 139).
Prendendo un’altra fonte su internet si scopre che le donne sono responsabili del 15,1 % del totale degli omicidi nel 2010, quindi il triplo rispetto al 1992-94. Nello stesso articolo, dati Eurispes, scopriamo che gli infanticidi sono aumentati di quasi cinque volte in due anni. Infatti dai 4 del 2008 passiamo ai 18 del 2010.
http://unimarconi.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10426770
Confronto con gli altri Stati europei
Riprendendo in mano il Rapporto sulla criminalità del Ministero dell’Interno abbiamo questo quadro: la percentuale di omicidi di donne ogni 100.000 mila abitanti in Italia è di 0,5 %; in Svezia è di 0,6 %; in Finlandia è di 1,8 % e infine nel Regno Unito è di 0,4 %, quest’ultimo è il dato più basso in Europa. Questi dati sono del 2001 (pag. 160). Quindi, si evince che le donne italiane sono più sicure rispetto alle tanto invidiate donne svedesi, per non parlare delle finlandesi.
Secondo gli ultimi dati ufficiali dell’ONU sulla violenza contro le donne, aggiornati al 2012, indicano che l’Italia è il Paese più sicuro d’Europa per le donne, dopo la Grecia. Vediamo i dati. Sempre con le percentuali di omicidi di donne ogni 100.000 mila abitanti: Italia 0,5 %; Svezia 0,6 %; Regno Unito 0,8 %; Germania 0,8 % e infine Francia, per prendere solo i Paesi più rappresentativi, 0,9 %. Questi dati indicano in maniera inequivocabile che l’Italia è all’avanguardia in Europa ed è attrezzata benissimo contro la violenza sulle donne e che le leggi, che spesso non vengono applicate, sono più che sufficienti per limitare il fenomeno. Eliminarlo è impossibile, come qualsiasi tipo di violenza. Per visualizzare i dati da me riproposti potete selezionare il riquadro Homicides by sex sul sito dell’ONU:
http://www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/homicide.html
Il sito Bollettino di Guerra indica la cifra di 124 donne uccise nel 2012, ma in realtà la cifra non corrisponde al vero perché nel conto delle 124 vittime vengono calcolati gli omicidi collaterali,cioè: se un uomo stermina la sua intera famiglia in cui vi sono presenti oltre alla moglie anche, per esempio, due figli maschi e il suocero, anche quest’ultimi vengono considerati femminicidi. Un conteggio reale, tolte le vittime maschili, conta l’omicidio di 75 donne, mentre il Corriere della Sera ne conta solo 67:
http://bollettino-di-guerra.noblogs.org/
Anche Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Femminicidio
Last but not least, gli omicidi per stalking dall’inizio del 2013 sono 50: 35 procurati da uomini e 10 da donne (questo delle donne è un vero record). Tra il 2002 e il 2009 l’omicidio di uomini procurato da donne è aumentato dal 5 % al 9 %, quasi il doppio in appena sette anni. Gli omicidi femminili sono passati dal 16 % al 22 %, un incremento certamente più modesto anche se inquietante.
http://www.stalking.it/?p=3598
Finalmente concludo. Non ho scritto questo articolo contro le donne, ma per evitare che si faccia scempio di un termine completamente abusato e avulso dalla realtà italiana: femminicidio. Il termine è diventato popolare per indicare le uccisioni di ragazze e donne nella città messicana, in mano ai narcos, di Ciudad Juarez, in cui sono state uccise migliaia di donne in pochissimi anni. Sarebbe utile leggersi il libro di Sergio Gonzales Rodriguez Ossa nel deserto (editore Adelphi, 2002): descrizione agghiacciante e spaventosa della violenza esplosa nello Stato di Chihuahua, di cui Ciudad Juarez ne è la capitale, all’inizio degli anni ’90 (e che dura fino ad oggi). Le vittime più indifese sono sicuramente le donne, uccise e a volte violentate da bande di scellerati in odore di onnipotenza. Ma questa è un’altra storia.
Sento parlare di leggi speciali per la protezione delle donne, come se si volesse porre la donna al di sopra degli uomini di fronte alla legge. Questo, se mai avvenisse, sarebbe un passo gravissimo e immorale. Le leggi per proteggere la donna ci sono già, ma bisogna farle applicare. Io vorrei ricordare a tutti cosa recita la nostra Costituzione, che spesso si ignora quando fa comodo, all’articolo numero tre:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Al di là del genere

Al di la' del genere


Padre e figlio 

Fonte: http://apocalisselaica.net/focus/diritti-umani-eutanasia-omofobia-e-sessismo/al-di-la-del-genere?utm_source=feedburner&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+ApocalisseLaicaPrimaPagina+%28Apocalisse+Laica%29

 
Di Francesco Bilotta -
La ''compassione'' che Dio prova per ''la miseria umana'' è paragonabile alla reazione di una madre ''di fronte al dolore dei figli'', così Papa Francesco all’ Angelus di domenica 9 giugno.

Il pensiero è corso subito ad Albino Luciani e al suo “Dio è papà e più ancora è madre”.
Ratzinger, dal canto suo, non è affatto d’ accordo con queste concessioni al polimorfismo divino: Dio nei vangeli è solo padre.
Immagino già alati discorsi teologici alla ricerca di una tradizione che confermi le funzioni materne di Dio. A me sembra evidente che una tale questione possa solo confermare che Dio, in quanto creazione della mente umana, può essere tutto ciò che vogliamo o che ci consola in un certo momento. Ma non è questo che mi interessa.
Piuttosto, nel sottolineare l’ uso mellifluo dell’ accostamento alla madre da parte del Capo di un’ organizzazione che, fedele alla tradizione, pone la donna in una condizione di assoluta irrilevanza nella gestione del potere reale, vorrei notare l’ uso ideologico del femminile da parte del Pontefice.

Di solito, siamo abituati a leggere il contrario: non si contano le volte che il Papa emerito ha tacciato i gender studies di essere ideologici, di voler imporre cioè una visione del mondo lontana da quella naturale, in cui ci sono il maschio e la femmina, così chiaramente distinguibili senza alcun tentennamento. Se per ideologia, in senso non spregiativo, si indica una visione del mondo, la Chiesa cattolica e i gender studies ci offrono due diverse e incompatibili ideologie.

Nell’ introduzione al bel libro di Lia Viola “Al di là del genere”, appena uscito per i tipi della Mimesis, Francesco Remotti propone una sintesi delle tre prospettive a cui si può ricondurre la dicotomia maschile/femminile: una naturalistica, adottata dal senso comune che si avvale di argomentazioni proprie delle scienze naturali, in base alla quale le categorie di genere non sono frutto di un qualche intervento culturale, ma sono già date in natura; una teologica, che riconduce a un intervento divino la distinzione maschile/femminile a partire da un’ originaria androginia e infine una umanistica, che condividendo con quella teologica la visione di un’ androginia delle origini, assegna il gesto del separare alla società in cui viviamo. La sottolineatura interessante di Francesco Remotti sta nell’ evidenziare come il punto di vista naturalistico e quello teologico si possano ben armonizzare in un’ ottica creazionista, sicché la divinità che ha creato la natura, ha creato anche il maschile e il femminile.

Assodato, dunque, che le parole del Pontefice esprimono una ben precisa ideologia, chiediamoci se ci sia qualcosa che non vada nel dire che Dio è madre. Sia chiaro, per me non ha senso nemmeno dire che Dio è padre, quindi la mia critica non investe la femminilizzazione del concetto di Dio. Quello che secondo me non va è l’ essenzialismo che si cela dietro la rappresentazione di Dio-madre-compassionevole, in cui la madre sembra essere l’ unica capace di provare un sentimento di compassione per il dolore dei figli. Ma perché l’ uomo non potrebbe provare compassione verso il dolore dei figli? O l’ esperienza della genitorialità dipende dai cromosomi di cui ciascuno è portatrice/portatore? E se – come capita – ci trovassimo dinanzi persone che cromosomicamente sono sia maschi che femmine? Sono meno persone o meno capaci di compassione? O, al contrario, partecipando delle “due” essenze sono più compassionevoli di tutte/i le/gli altre/i?

Sostenere la sussistenza di un’ essenza del maschile e del femminile non è (come sembra) una mera descrizione della “natura” del soggetto osservato. È, invece, la premessa culturale della costruzione di una norma di genere, che – per usare le parole di Judith Butler – produce nuove forme di esclusione e di gerarchizzazione. Riflettiamoci: quante volte abbiamo sentito l’ espressione “si comporta peggio di un uomo”, con riferimento a una donna di potere? O quante volte ci hanno spiegato che il modo di “gestire” il potere al femminile è inclusivo, al contrario di quello maschile fatto di violenza e di prevaricazione.

Nella mia esperienza mi trovo spesso ad avere a che fare con donne spietatissime, tanto quanto gli uomini. Ad un certo punto mi ero convinto di avere un pregiudizio nei confronti delle donne in carriera, perché non riuscivo a distinguerle dagli uomini nella loro capacità di sopraffazione. Il punto è che mi ero completamente lasciato irretire dalla norma di genere in base alla quale le donne, storicamente escluse dal potere, sanno saggiamente amministrarlo in modo diverso dagli uomini. La loro “essenza” le porterebbe spontaneamente a esercitare una “sorellanza” che gli uomini ignorano, abituati come sono ad andare in guerra (chissà se varrà anche per chi come me ha fatto l’ obiettore di coscienza!). Il mio non era un pregiudizio. Ero semplicemente vittima dell’ essenzialismo. Mi ero dimenticato che siamo tutte/i esseri umani.

La solidarietà, la compassione, la misericordia, la fortezza, e ogni altra virtù che ci venga in mente può essere fortunatamente esercitata da chiunque a prescindere dalla composizione dei propri cromosomi. Questo riguarda anche la genitorialità? Certamente. La cura e l’ amore verso i figli non sono prerogative femminili, anche se storicamente – almeno nella società occidentale – la dicotomia sociale di genere ha fatto sì che fossero le donne a esercitare nella quotidianità tali attitudini nei confronti dei figli. Negare una tale evidenza è contraddittorio rispetto agli sforzi verso una piena equiparazione sociale e giuridica tra le persone. Non tra gli uomini e le donne, ma tra le persone.

Etichettare gli esseri umani nel tentativo di dare ordine alla realtà significa creare identità potenzialmente in conflitto. Immaginare un’ altra persona come completamente diversa da sé blocca ogni tentativo di comunicazione empatica e in casi estremi volge verso la sua reificazione. Privata della sua umanità, ridotta a cosa, quella persona può essere distrutta, proprio come si distrugge una cosa: bruciata, sfigurata con l’ acido, impiccata. Sarà una donna o un uomo, una persona trans, una lesbica o un gay, un ragazzo o una ragazza che vengono prostituiti, una tossicodipendente, di volta in volta sarà un soggetto diverso, ma tutti potenzialmente riducibili a cose, a bersagli di quel videogioco tridimensionale che sta diventando la vita.

Non basteranno le parole femminicidio, transfobia, omofobia, violenza di genere, emarginazione sociale né le commissioni o gli esperti governativi (più o meno qualificati) a descriverci la realtà di questi nostri anni, aiutandoci a comprenderla e ad affrontarla. Prima di ricorrere al codice penale, simbolicamente necessario, ma strutturalmente inefficace nel rimuovere alla radice le più diverse forme di violenza, occorrerebbe ricordare ogni giorno a noi stessi – prendendo a prestito le parole di Simone Weil – che “in ogni essere umano vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. E neppure la persona umana. È semplicemente lui, quell’ essere umano” che si senta uomo o donna o nessuno dei due.

giovedì 6 giugno 2013

Vogliono levare i bambini ai papà: follia femminista



 

 

Fonte: http://www.activism.com/it_IT/petizione/fermiamo-i-partiti-che-vogliono-imporci-la-convenzione-di-istanbul-follia-femminista-per-levare-ai-bambini-i-loro-papa/43750#.UbB2jNfBoHw.twitter

 

Fermiamo i partiti che vogliono imporci la convenzione di ISTANBUL, follia femminista per levare ai bambini i loro papà 



I partiti, i loro giornali, le loro TV, i loro organi stanno cercando di far passare una grave porcata: usando come copertura la violenza sulle donne vogliono imporci una convenzione femminista che calunnia gli uomini per privarli dei loro diritti, fra cui quello di accudire i propri figli, che darebbe palate di fondi pubblici a sedicenti centri anti-violenza ed avvocate femministe ripetutamente coinvolte in false accuse.  A tal fine stanno montando il falso allarme sociale "femminicidio".

I DATI REALI SULLA SITUAZIONE ATTUALE ITALIANA
• Omicidi di donne: 5 per milione all'anno (dati ONU, uno dei tassi più bassi al mondo).
• Omicidi di uomini: 16 per milione all'anno (ma nessuno parla di “maschicidio”).
• Suicidi di uomini separati: 248 per milione all'anno (il tasso si quadruplica con la separazione).
• False l'80% delle accuse di violenza ed il 92.4% delle accuse di abusi quando fatte in sede di separazione.   Calunniare l'ex marito è già oggi il metodo per impadronirsi di casa, mantenimenti, figli.

 La violenza domestica è un problema causato da una piccola percentuale di persone, il 5% circa, uomini e donne in egual misura.  Tutte le ricerche pervengono a tale conclusione, ma i loro autori ricevono minacce di morte ad opera di femministe, che vogliono diffamare gli uomini come violenti, e che a tal fine hanno costruito colossali e criminali falsità quali “la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne” (dati falsificati gonfiandoli del 200000%).  

COSA VORREBBERO IMPORCI CON LA CONVENZIONE DI ISTANBUL
Appoggiata dall' ex-maoista José Manuel Barroso e dalla Marxista-femminista Viviane Reding, qualora ratificata da 10 stati, obbligherebbe tutti ad aderire alla calunniosa ideologia femminista ed a varare leggi sessiste contro gli uomini.    Dal 2011 ad oggi la hanno ratificata solo Albania, Montenegro, Portogallo e Turchia.   Hanno detto no Danimarca, Irlanda, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Cirpo, Estonia, Lettonia, Lituania.    In Italia è stata firmata dalla  Fornero ed è appoggiata dalla  Boldrini, femministe messe dai partiti in poltrone di potere pur essendo state votate rispettivamente solo dallo 0% e dal 3% degli italiani.   La convenzione ci obbligherebbe a prendere per vere le seguenti falsità femministe:
“Riconoscere che la violenza sulle donne è una manifestazioni di relazioni di potere, che hanno portato al dominio ed alla discriminazione degli uomini sulle donne”. “Riconoscere la natura strutturale della violenza sulle donne come basata sul genere” “Dovranno essere prese tutte le misure per incoraggiare tutti i membri della società, specialmente i maschi ed i ragazzi, a contribuire attivamente”.   “Agenti, autorità, ufficiali, istituzioni ed ogni attore dovranno astenersi da ogni atto di violenza contro una donna”: una donna che picchia o aliena un bambino non potrà essere fermata con la forza, che verrà invece usata contro uomini innocenti.
Infatti molti articoli sono finalizzati ad incentivare il sistema delle false accuse, che già oggi colpiscono un numero enorme di papà separati:

ARTICOLO 31 Gli stati dovranno imporre leggi che assicurino che, nella determinazione dell'affido e dei diritti di visita dei bambini, siano tenute in conto le accuse di violenza mosse dalle madri e per assicurare che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia non metta a rischio le donne vittime o i bambini.   

ARTICOLO 18 Le misure dovranno essere basate sull'ideologia della violenza come basata sul genere, avere come scopo il dare potere e soldi alle donne [che dicono di essere] vittime di di violenza.  Le misure non devono dipendere dalla volontà della vittima di accusare o di testimoniare.  

ARTICOLO 55 I processi continueranno anche se la vittima ammette di aver mentito.   Gli stati garantiranno ad associazioni non governative che si interessano di violenza di intervenire nei processi.  

In sostanza ciò significa imporre per legge che le accuse siano vere, purché mosse da donne.  Una follia sessista che non ha niente a che fare con la protezione delle persone e dei bambini vittima di violenza, e che serve invece a spietate avvocate femministe d'assalto.   Potranno incoraggiare donne separate a far partire calunnie contro i loro ex, e verranno pagate dallo stato per portare i processi all'infinito (art. 55) anche quanto la donna cambia idea, magari per proteggere i figli dalle devastanti conseguenze della conflittualità che arricchisce gli avvocati ma devasta i bambini.  La rete italiana dei centri anti-violenza gestiti da femministe chiede esplicitamente il divieto di mediazione familiare e che venga impedito ai magistrati di proteggere i bambini dall'abuso noto come (sindrome di) Alienazione Genitoriale.  La degenerazione dei centri anti-violenza è così descritta da Erin Pizzey, la donna che li fondò per aiutare sia uomini che donne, dopo aver per prima sollevato il problema della violenza domestica:
«Sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi. [...]    Vidi le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e far loro credere che i mariti fossero nemici da sradicare. Vidi che i padri ed i bambini venivano perseguitati negando i loro diritti. »
La guerra femminista contro gli uomini, appoggiata da partiti ex-comunisti, già oggi ha portato ad un aumento del numero di omicidi di donne, ma soprattutto ad un enorme incremento delle calunnie e dei suicidi di papà separati.  Paradossalmente, questa convenzione femminista, se approvata in barba all'art. 3 della Costituzione che proibisce le discriminazioni basate sul genere, rischierebbe di rendere il “femminicidio” non punibilie, qualora compiuto ai sensi dell'art. 54 del codice penale come unico mezzo per salvare un figlio dal grave danno recato da una madre calunniatrice.

FONTE DEI DATI
ONU (http://www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/homicide.html) come riportati in  http://violenza-donne.blogspot.it/2013/04/femminicidio-2012-confermata-finalita_30.html
EURES:  http://www.eures.it/upload/doc_1305878239.pdf
Erin Pizzey:  http://www.centriantiviolenza.eu/centriantiviolenza/info http://violenza-donne.blogspot.it/2013/04/femminicidio-2012-confermata-finalita_30.html
La convenzione: http://www.conventions.coe.int/Treaty/EN/Treaties/Html/210.htm e http://istanbulconvention.wordpress.com  

 

martedì 4 giugno 2013

Tirannia governativa: guerra agli uomini italiani

 Convenzione di Istanbul: guerra agli uomini italiani (Italy declares war against Italian men)

















Convenzione di Istanbul: guerra agli uomini italiani (Italy declares war against Italian men) - Associazione di Associazioni Nazionali per la tutela dei Minori

I diritti degli uomini sono sotto attacco in Italia: da più parti è in atto una violenta campagna di stampa diffamatoria anti-maschio con l'obiettivo di far passare nuove leggi di stampo femminista (1) e, sopratutto, di far riconoscere 85 milioni di € di fondi pubblici alle organizzazioni femministe che attaccano ideologicamente gli uomini fingendo di proteggere le donne da quella che chiamano "violenza di genere".
Suona familiare?
I Media continuano, ancora oggi, a ripetere che la cosiddetta "violenza maschile è la prima causa di morte per le donne". La verità, in questo caso, è che il tasso di morti femminili è solo lo 0,056% (cioè 0,56 per 100.000 abitanti), e le donne rappresentano solo il 23% degli italiani che, ogni anno, vengono uccisi.
I media continua a ripetere che 7 milioni di donne italiane sono vittime della violenza maschile. Questa falsa affermazione si basa su un sondaggio telefonico, in cui le donne italiane ricevono domande come "Il tuo partner critica il vostro abbigliamento?" Le donne che hanno risposto "sì" sono state contate, senza saperlo, come vittime di violenza psicologica dagli intervistatori. La frode statistica divenne evidente quando alcuni ricercatori hanno fatto, nell'ambito di un nuovo studio scientifico-universitario, le stesse domande agli uomini, ricevendo lo stesso tasso di risposte "sì", e raggiungendo il risultato di 6.000.000 di vittime maschili.
I Media, poi, da alcuni mesi vanno ripetendo all'infinito che l'Italia è il paese del "femminicidio". Le lobbies che sostengono la teoria del femminicidio vogliono che l'uccisione di una donna venga considerata un crimine più grave dell'omicidio di un uomo. Nonostante questi atti vengano commessi da uomini che seguono le loro azioni con il proprio suicidio, anche così l'Italia è uno dei paesi più sicuri al mondo per le donne: 5 donne uccise ogni milione di abitanti ogni anno [2].
Questa invenzione del "femminicidio" non è nuova. La lobby femminista globale è riuscito a passare questo in Argentina [3] - in cui l'omicidio di una donna (ma solo se l'autore è maschio) porta una condanna a vita, mentre ogni altro omicidio (donna contro uomo o uomo contro uomo) comporta una pena di 8 fino a 25 anni di reclusione. In sostanza, la legge letteralmente afferma che la vita di un uomo è meno rilevante per la società.
I media italiani ignorano anche problemi molto più grandi, come ad esempio che il tasso di suicidi tra i padri separati è 284 all'anno per milione. Il tasso di suicidi diventa 4 volte più elevato con la separazione, quando uomini e bambini hanno a che fare con un sistema giudiziario sessista e con false accuse [4]. Come si è raggiunta questa situazione nel Bel Paese, dato che le leggi sessiste che sono più espliciti in diversi paesi europei non esistono in Italia perché l'articolo 3 della Costituzione è finora riuscita a bloccarle? L'articolo in questione dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione .... [5].
L'Italia è uno strano paese, in cui ciò che si vede nelle leggi non è quello che poi si ottiene quando ci si rivolge alle Istituzioni. Il femminismo non ha mai avuto grande popolarità tra gli italiani. Tuttavia, è diventato politicamente potente. In effetti, le principali organizzazioni femministe, come UDI (Unione Donne Italiane), sono state fondate dal PCI (Partito Comunista Italiano) e hanno ancora un potere forte, soprattutto nei partiti di sinistra. Attraverso la politica, il femminismo italiano ha una forte influenza artificiale sui media e nello Stato.
Ancora non suona familiare? Quasi tutti i quotidiani italiani sono finanziati dallo Stato e ospitano un blog femminista. Ad esempio, il giornale comunista "il manifesto" ospita un blog che reca nel titolo la frase "Prima donne e bambine". Qui i commenti dei lettori sono spesso censurati, e anche quelli che superano la censura sono per lo più negativi.
Il potere politico, tuttavia, è il problema più grande. Gli italiani possono votare per i partiti, ma non per i politici. Una volta eletti, i politici possono fare quello che vogliono. I politici hanno deciso di mettere nella terza posizione più importante dello stato (la Camera dei deputati) una femminista che proviene da un partito di estrema sinistra che ha ottenuto solo il 3% dei voti alle recenti elezioni.
Come in molti paesi, gli uomini italiani lavorano e guadagnano di più, anche perché molte donne preferiscono il ruolo femminile tradizionale piuttosto che fare carriera. Ma in Italia questo è il momento del divorzio. Il femminismo italiano è diventato una sorta di "mammismo", che va contro anche il femminismo internazionale. Questo dimostra ancora una volta che il femminismo è esclusivamente una questione di potere politico. Ad esempio, le femministe svedesi, nell'ottica di supportare le madri che lavorano, sostengono l'affidamento congiunto in modo che le donne possono intraprendere una carriera. Il femminismo italiano, invece, fa esattamente il contrario ed ha assunto il ruolo di nemico dei padri che si desiderano prendersi cura dei bambini, portando avanti falsi principi secondo cui i bambini dovrebbero rimanere con la madre fino a quando hanno 3 o 6 (... o 18) anni di età.
Quando il Parlamento ha approvato l legge sull'affidamento condiviso, nel 2006, il femminismo ha preso l'unica strada possibile in un paese dove le leggi sono buone, ma rispettarle è facoltativo: quella dell'illegalità. Le false accuse sono molto efficaci nel paese con il sistema giudiziario più lento d'Europa. I risultati di questi atti criminali sono stati descritti da molti giudici. Il giudice Carmen Pugliese ha detto [5] "Solo 2 su 10 accuse di violenza sono vere. Gli altri sono usati come ricatto contro i mariti". Gian Ettore Gassani, presidente dell'AMI (una delle principali associazioni di avvocati) dice: "E 'una situazione di emergenza, i giudici di Roma hanno stabilito che il 75% delle accuse contro l'ex-coniugi sono false, fatto con lo scopo di ottenere vantaggi". Il giudice Barbara Bresci ha aggiunto: "Molto spesso le accuse vengono utilizzate per ottenere i bambini e gli alimenti". Il giudice Monica Magi ha detto: "Potrebbe sembrare incredibile che si usano false accuse di abusi sessuali e del bambino ... quasi sempre fatto da donne che tentano di rimuovere i padri".
Lo psicologo Sara Pezzuolo dice: "Le false accuse di violenza e di abusi sessuali costruiti per eliminare l'ex-partner sono tra il 70% e il 95%". Luca Steffenoni, esperto di crimine, ha calcolato in un libro che le false accuse sono utilizzate nell'86% dei divorzi. Una ricerca del Prof. Camerini et al. ha mostrato che in Italia l'80% delle persone accusate di pedofilia sono padri, ed essi risultano essere innocenti nel 92,4% dei casi.
Anche quando false accuse non sono utilizzate, i padri italiani soffrono momenti difficili, come descritto dal New York Times [6]
La legge sull'affidamento condiviso democraticamente votata dal Parlamento italiano non viene applicata dai giudici: Adiantum (associazione per i diritti dei bambini) ha lanciato una class action contro il sistema giudiziario italiano, con un procedimento collettivo in corso presso la Corte Europea per i Diritti Umani, un tribunale che ha già sanzionato Italia, in molti casi [7].
Intanto i giudici fanno il contrario e, a volte si applica il principio (che non è mai stato democraticamente votato, intendiamoci) adottato dalla Cassazione (Corte suprema italiana), che ha inventato il "diritto a mantenere lo stile di vita adottato durante il matrimonio". Il risultato è stato definito dal New York Times: gli uomini diventano schiavi che lavorano con un buon stipendio, ma hanno spesso bisogno di trovare una camera da letto e il cibo.
Ancora non suona familiare?
Due recenti sentenze esemplificano il funzionamento del sistema giudiziario. L'8 marzo 2013, la Cassazione ha stabilito che i bambini devono essere protetti dalla sindrome di alienazione genitoriale (PAS): l'alienante è stato un padre. Il 20 marzo 2013, nello stesso mese, la Corte ha dichiarato, in un caso in cui l'alienante è una madre, che la PAS non ha il supporto scientifico sufficiente. Quindi, in pratica, secondo la Corte di Cassazione italiana, PAS esiste solo quando la madre può trarre beneficio. Il presidente della Cassazione era in entrambi i casi, Maria Gabriella Luccioli, già criticato in passato per altre frasi. Il principale quotidiano italiano Corriere della Sera, ha scritto nel 2008 [8]: "Lei ha riscritto il diritto di famiglia. Tutto e sempre a favore delle donne". Il secondo giornale principale, la Repubblica, ha scritto nel 1997 [9]: "La Cassazione sta diventando femminista".
Adesso il Parlamento italiano ha ratificato all'unanimità la Convenzione di Istanbul [10]. E' quasi un "game over". Con la Convenzione di Istanbul ratificata, la Costituzione è niente se l'interesse femminile è in gioco.
 
References:
[1] http://www.avoiceformen.com/feminism/government-tyranny/the-great-danger-of-the-istambul-convention/
[2] http://www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/homicide.html – United Nations Office on Drugs and Crime – Homicide Statistics (in English) [
3] http://www.gandul.info/magazin/crimele-impotriva-femeilor-vor-fi-pedepsite-cu-inchisoare-pe-viata-in-argentina-10328839 – Murders against women shall be punished with life imprisonment in Argentina (in Romanian)
 
[4] http://www.eures.it/upload/doc_1305878239.pdf – EURES report on suicide rates in Italy (in Italian) [4] http://www.wipo.int/wipolex/en/text.jsp?file_id=230621 – Constitution of the Italian Republic (in English)
[5] http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm02/documenti_acquisiti/957%20FENBI%20-%20A.pdf – An expert report about the issue of false allegations in Italy (in Italian)
[6] http://www.nytimes.com/2012/05/26/world/europe/in-italy-economy-and-law-leave-many-single-fathers-broke-and-homeless.html?_r=0
[7] http://www.avoiceformen.com/men/mens-issues/italy-condemned-by-echr/
[8] http://archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/11/giudice_che_cambia_diritto_famiglia_co_9_080711106.shtml (in Italian)
[9] http://www.repubblica.it/www1/sessi_stili/cassazione/intervista/intervista.html (in Italian)
[10] http://www.agi.it/flash-news/articles/201305281812-pol-ren1092-italian_parliament_ratifies_istanbul_convention (in English)

Fonte: Redazione - http://www.avoiceformen.com/feminism/government-tyranny/italy-declares-war-against-italian-men/

Padre non vedrà la figlia per 13 anni!



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FOnte: http://www.f4e.com.au/blog/2013/04/11/dad-banned-from-seeing-child-for-13-years-because-of-malicious-mother/


The Family Court has banned the father of a five-year-old girl from seeing his daughter until she turns 18 by ruling that shared care would not work.
After a long legal battle, the court ruled it would be pointless to order shared care of the girl because the mother was determined to ignore court orders and destroy the daughter’s relationship with her father.
The court said while it was not in the best interests of the child, the only solution was to ban contact between father and daughter until she turned 18.
The case has been branded by legal experts as one of the most extreme since amendments to shared care legislation in the Family Law Act were introduced by the Howard government in 2006.

Jenni Millbank, a professor of law at the University of Technology in Sydney, says the Family Court needs to consider the relationship between the child and both parents.
The Family Court has to consider the benefit to a child of a meaningful relationship with both parents and, if they order shared parental responsibility between the parents, they must also then consider whether or not the child would benefit from so-called equal time or, if not equal time, substantial and significant time,” she said.
But Professor Millbank says certain circumstances mean some shared care arrangements do not work.
“If a parent is violent or abusive or if they have a very serious mental illness or an addiction, if they are not able to prioritise the child’s need over their own needs or if there is such extreme conflict between the parents that the benefit of the relationship is outweighed by the destructive impact of the conflict on the child,” she said.

‘Fraught issues’

The director of Canberra law firm Farrar Gesini and Dunn, Juliette Ford, says those circumstances existed in the current case.
“There are a number of extremely fraught issues between the parents,” Ms Ford said.
“There were allegations of violence between them; there are allegations of abuse in relation to the child; there is evidence of the father’s attitude towards the mother, which is negative.
“And then there is also a lot of evidence as to the mother’s attitude towards the father, which is also negative.”
“The courts have been very careful not to in any way be seen to be complementing, congratulating or condoning the actions and attitudes of each of the parents, and this isn’t a case where one should see that the mother has been vindicated in her actions.
“The court has very much made a decision as to what’s in the interests of this little five-year-old notwithstanding the actions of her mother in this particular case.”
Professor Millbank says the case should not set an unwanted precedent for shared care.
She says it just confirms that the case in question was extreme.
“As Tolstoy says, every family is unhappy in its own special way,” Professor Millbank said.
“So there’s no such thing really as the death of shared care or a precedent that binds other cases. This sounds like a very extreme and unusual sets of facts and so you’re going to get an unusual judgment.
“I think it’s very clear that the shared care legislation has set down a pattern of much more shared care. So you can’t just say because it didn’t happen in this one case that the quotes about the death of shared care, I thought, were just a bit extreme.”

High-stakes game

Professor Millbank says parents who simply refuse to deal with each other are playing a high-stakes game.
“There is absolutely that question of kind of thwarting the relationship but that is also a consideration in the legislation,” she said.
“The court has to consider the willingness of each parent to facilitate the relationship of the child with the other parent or with other important people.
“So if you just say ‘it’s over and I hate him now so I don’t want the child to see him’, then one of the possible outcomes is the child will actually go into the primary care of the other parent.”
Ms Ford says the laws have mostly had a positive impact.
“What’s happened since those amendments is there’s been a greater number of cases where people have been spending more time with their children,” she said.
“Some can see that as being a good thing. Some may point to some decisions where that necessarily hasn’t been a good thing.
“But what it has caused people to think about is well, my actions and who I am as a person is going to have some relevance towards what orders somebody makes which is in the best interests of my child and it’s not about me and what my rights are, it’s about what’s appropriate for my children.
“That’s really what this case struggled with.”

Divorzio breve e responsabilità civile dei giudici

Divorzio Breve e Responsabilita Civile dei giudici, Timperi: Battaglie sacrosante



Divorzio Breve e Responsabilita Civile dei giudici, Timperi: Battaglie sacrosante
Tiberio Timperi


Tiberio Timperi, noto giornalista e conduttore televisivo, è intervenuto ai microfoni di Radio Radicale, durante la consueta trasmissione serale condotta da Diego Sabatinelli e Alessandro Gerardi (Lega italiana Divorzio Breve - qui il link alla puntata integrale).
"Il divorzio breve da solo non è sufficiente", esordisce Timperi, "se non si lavora per formalizzare legislativamente i patti pre-matrimoniali. La battaglia di civiltà per il divorzio breve, già cominciata in altri paesi, è sacrosanta, l'importante è che si superino le resistenze del mondo cattolico e si preveda anche la cancellazione dell'istituto della separazione, senza il quale la nuova norma verrebbe aggirata".
"Relativamente alla responsabilità civile dei magistrati", aggiunge Timperi, "credo sia il caso di tornare sul referendum del 1988 e riprendere il cammino tracciato dagli italiani che avevano votato per una reponsabilità diretta dei giudici che sbagliano nel compimento delle proprie funzioni. Mai come in questo periodo sarebbe necessario rivedere questa grave questione".
La striscia radiofonica serale di Sabatinelli e Gerardi su Divorzio Breve e Responsabilità Civile dei magistrati continua ogni martedì dalle 22 alle 23

Fonte:
http://www.adiantum.it/public/3361-divorzio-breve-e-responsabilita-civile-dei-giudici,-timperi--battaglie-sacrosante.asp