Nel complesso e sofferto universo delle separazioni coniugali e della
frequente conflittualità genitoriale che si riverbera sull’affidamento
dei figli minori, si assiste in questi ultimi anni, anche a seguito
della Legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso della prole, al
progressivo incremento di due opposti fenomeni che affondano le loro
radici nei mutamenti di ordine sociale e legislativo che hanno investito
la famiglia e i suoi componenti.
Da una parte si registra l’aumento dei padri separati che, consapevoli
del ruolo fondamentale che anche la figura paterna riveste nella vita
dei figli e sinceramente interessati al loro armonico sviluppo, lottano
per ottenerne l’affido condiviso, per esercitare cioè il diritto/dovere
di frequentare con assiduità la prole con la concreta possibilità di
attivare il proprio ruolo genitoriale pienamente ed efficacemente e non
“col contagocce”. Dall’altro si assiste a una epidemia di denunce sporte
da moglie separande nei confronti di ex mariti e padri dipinti come
degeneri, accusati, fra l’altro, di maltrattamenti ed abusi sessuali sui
loro stessi figli.
Una minima parte di queste accuse sono, purtroppo, fondate ma la
maggior parte di esse, spesso le più infamanti, si dimostrano, dopo un
iter doloroso, certamente non breve e grandemente nocivo soprattutto per
i figli, false o inattendibili.
Le denunce “false” si fondano su un’ampia gamma di resoconti non
corrispondenti alla verità/realtà dei fatti, che vanno dalle
dichiarazioni menzognere sostenute con la precisa volontà e finalità di
danneggiare l’ex marito-padre, alle dichiarazioni erronee a causa
dell’interpretazione distorta dei messaggi e/o dei comportamenti del
minore, in alcuni casi corroborata da pareri molto superficiali forniti
dagli esperti consultati.
A tale proposito, come ben indicato dalla SINPIA (Società Italiana di
Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), occorre precisare
che non esistono indicatori comportamentali assolutamente specifici
dell’abuso sessuale, ma che le liste presenti nella letteratura
specialistica o divulgativa sull’argomento vanno intese unicamente come
segnali di possibile abuso. Questi indicatori, inoltre, sono presenti e
rintracciabili in numerose situazioni a carattere traumatico che il
minore può trovarsi a vivere, come ad esempio una grave conflittualità
familiare, la recente separazione dei genitori con la “scomparsa” di uno
di essi, la morte o la grave malattia di un membro della famiglia,
l’esperienza di un grave incidente stradale o di un disastro naturale
come un terremoto.
Per quanto riguarda quegli indicatori ritenuti in passato più
“pesanti”, come i comportamenti sessualizzati e le conoscenze sulla
sessualità non adeguati all’età, le ricerche attuali inducono a grande
cautela nella loro valutazione come sicuri effetti di un abuso, in
quanto esse hanno dimostrato come il minore si relazioni con la sua
sessualità in graduale sviluppo in modo molto più attivo e precoce di
quanto si credesse fino a pochi anni fa, anche grazie ai numerosi e
spesso incongrui stimoli e messaggi che i media o la navigazione in Rete
veicolano, e a cui il bambino/a si trova esposto.
La maggior parte delle false denunce origina nel contesto della
conflittualità collegata alle vicende legali della separazione, e vede
un genitore che si sente ferito, oltraggiato o rifiutato dall’ex partner
intenzionato a vendicarsi attraverso la costruzione dell’accusa più
infamante: l’abuso sessuale nei confronti dei figli, con l’obiettivo di
alienarglieli ed eliminarlo dalla loro vita, senza tener conto dei gravi
danni che anche ai minori ne deriveranno. Questi ultimi vengono spesso
resi “complici” di questo progetto, vuoi esercitando su di loro inaudite
pressioni psicologiche per affermare cose non vere o, forse peggio,
inducendo in quelli più piccoli falsi elementi di memoria relativi ad
abusi sessuali subiti.
Sono state identificate alcune tipologie genitoriali “costruttrici” di
false denunce, che anche gli operatori di polizia che si occupano di
reati contro i minori dovrebbero conoscere per meglio orientare le loro
attività di indagine e di ricerca degli elementi probanti un’accusa di
abuso, con l’avvertenza di evitare pericolose generalizzazioni e
semplificazioni di una realtà molto complessa e difficile da catalogare
in schemi esaustivi.
Una prima tipologia è costituita da individui con veri e propri
disturbi psichici – più frequentemente disturbi di personalità di tipo
isterico o borderline – che interferiscono con la capacità di
interpretare correttamente la realtà, distinguendola dalla propria
fantasia o dai propri esagerati timori.
Una seconda tipologia è rappresentata da soggetti che, di fronte a
manifestazioni del minore che possono prestarsi a diverse
interpretazioni, e quindi ambigue (ad esempio un rossore in area
genitale al ritorno da una visita al padre), si rivolgono ad un esperto
che in maniera avventata propende per l’abuso sessuale, determinando di
fatto, con la sua autorevolezza, la conseguente denuncia.
Un terzo gruppo raccoglie persone che vivono con la costante ossessione
che il proprio figlio/a possa essere oggetto di abuso sessuale. Questa
idea “fissa” li determina ad interrogare ripetutamente il bambino
sull’argomento, ad esaminare e controllare costantemente i genitali
quando torna a casa, e specialmente se è stato dall’ex partner, a
sottoporlo a continue visite mediche per la stessa verifica, fino a
quando un rilievo interpretato in modo distorto, magari per l’incauto
commento di qualche professionista, non giunge a confermare il sospetto
determinando così la denuncia. Il motore dell’ossessione in questi casi
può condurre nel tempo a reiterate denunce di abuso.
La quarta tipologia, la più frequente, annovera soggetti – che possono
essere o meno portatori di disagio psichiatrico – pervasi dall’odio e
dal desiderio di vendetta nei confronti dell’ex partner, tanto da
disporsi a strumentalizzare il minore pur di distruggere il ‘nemico’,
senza chiedersi se la prima vittima di questa guerra totale non sia
proprio quella più indifesa: loro figlio.
In tutti questi casi, anche quando la falsa denuncia viene finalmente
ad essere dichiarata infondata, si determina la vittimizzazione di figli
e padre, a causa del tempo – spesso lungo – in cui non è stato permesso
loro di frequentarsi, della vergogna e dell’imbarazzo di entrambi che
consegue ai casi in cui il minore è stato manipolato per rivelare abusi
mai subìti, della stigmatizzazione subìta dal genitore ad opera dei
media e che nessuna sentenza di assoluzione potrà mai completamente
cancellare, del terribile effetto confusivo sullo sviluppo psicologico
del minore che l’induzione di falsi ricordi determina.
Tutto ciò richiede che l’operatore (psicologico, di polizia, legale,
ecc.) si disponga in modo emotivamente neutro di fronte ad una denuncia
di abuso sessuale, senza ipotesi pregiudiziali che orientino in modo
distorto, in un senso o nell’altro, l’approccio con l’indagine e con il
minore in particolare, nel più rigoroso rispetto di una metodologia
comunicativa e relazionale garante della massima possibilità di
raccogliere dalle presunte vittime resoconti veritieri, grazie a
modalità di conduzione del colloquio rigorose e scientificamente
fondate.
Pertanto il fenomeno delle false denunce impone agli operatori che si
occupano di abuso ai minori un ulteriore incremento di professionalità,
nella consapevolezza della gravità delle conseguenze sia di un abuso non
riconosciuto, che di un abuso erroneamente convalidato, perché le
tracce che resteranno nella psiche dei minori saranno comunque
indelebili.
La Dott.ssa Marisa Nicolini è psicologa e
psicoterapeuta, abilitata all’insegnamento della Psicologia Sociale e
Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale di Viterbo. www.marisanicolinipsicologaviterbo.freshcreator.com
Fonte: Redazione - Marisa Nicolini
http://www.adiantum.it/public/3435-false-denunce-di-abuso-sessuale.-tipologie-di-costruzione-della-calunnia.asp
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