Sempre più sardi si rivolgono alla Caritas
Pensionati e separati tra i nuovi poveri
Il
2013 si chiude in un contesto di sofferenza e fragilità. Con la povertà
che avanza fino a tradursi nella mancanza dei beni primari.
In
Sardegna l'emergenza ha il volto del disoccupato, del padre separato,
dell’anziano con una pensione minima. E’ una povertà che si articola in
forme diverse, quelle legate alle nuove “dipendenze” come i giochi
d’azzardo. Situazione descritta nelle 260 pagine del Dossier Caritas
2013 presentato nella sala Universo del Planetario de L'Unione Sarda.
Nel
corso dell’anno, l’utenza complessiva nei servizi Caritas è stimata in
2.905 unità rispetto ai 2.123 dell’anno precedente con un incremento del
37% degli assistiti. Basterebbe questo dato per descrivere la
drammaticità del momento. E guai a pensare che tocchi solo agli
stranieri: cresce, infatti, la quota dei cittadini italiani che
frequentano i centri della Caritas, passati dal 74,2% del 2012 all’80,1%
del 2013. Oltre ai problemi economici (37%) e occupazionali (26%), che
costituiscono le prime due categorie dei bisogni manifestati, tra gli
altri si segnalano problemi legati all’abitazione (10%), alla famiglia
(8,5%) e alla salute (5%).
L’EMERGENZA E’ NELLA
QUOTIDIANITA’ - Ma sono tanti gli elementi che contribuiscono a
tratteggiare il quadro della situazione nell’Isola. Nella mensa della
Caritas diocesana di Cagliari, da gennaio 2013 a ottobre sono stati
distribuiti 131.606 pasti, con una media di circa 500 pasti al giorno
tra colazione, pranzo e cena. Per quanto riguarda l’attività della
fondazione anti-usura, nel 2013 le pratiche erogate (gennaio-settembre)
sono state 61 per un totale di circa 900mila euro. Il numero è quasi
raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno. La differenza, si
spiega nel dossier, è dovuta alla crescente richiesta di finanziamento
da parte di famiglie e piccoli imprenditori che non hanno più
possibilità di accesso al credito “istituzionali” poiché fortemente
indebitati o segnalati nelle varie centrali-rischi.
I
DATI - Per quanto riguarda gli stranieri cambia anche il peso delle
diverse nazionalità che richiedono assistenza. Nel 2013 la nazionalità
prevalente è quella del Marocco mentre nel 2012 erano i rumeni, che si
posizionano al secondo posto. Massiccia è la scalata di nigeriani che
passano dall’ottava posizione alla quarta. E’ in aumento anche il numero
di bosniaci di origine rom. Nel complesso, l’attuale crisi oltre alla
componente nazionale, appare pesare maggiormente sull’emigrazione
preveniente dall’Africa.
La classe d’età
prevalente, tra coloro che chiedono un aiuto, rimane quella tra i 35 e i
55 anni così come nel 2012. I coniugati costituiscono la maggioranza
seguiti dai celibi o nubili (importante è la componente femminile) e dai
divorziarti o separati. Con una particolarità molto importante:
quest’ultima categoria è tra quelle a maggior rischio povertà. Anche
loro sono tra i "nuovi poveri". Ancora un dato: l’assoluta maggioranza
degli utenti risulta avere un domicilio (01,8%), la maggioranza degli
utenti vive in nucleo familiare (76%).
LA POVERTA’
AVANZA - Non esiste una definizione univoca del concetto di povertà ma
per poter quantificare i poveri si può partire dal concetto che la
condizione di un individuo può essere definita solo se paragonata
all’ambiente nel quale vive. E secondo quest’ultima definizione che
l’Istat definisce “povertà relativa”, in Sardegna ci sono 147mila
famiglie povere, il 20,7% del totale delle famiglie residenti nell’Isola
(dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila
sardi poveri. Si tratta di una dimensione in crescita e più alta
rispetto alla emdia nazionale, ferma al 12,7%. Nel 2003 la percentuale
delle famiglie sarde povere era simile a quella nazionale:
rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale. Oggi,
invece, c’è un divario evidente di circa 10 punti percentuali. In
Sardegna il reddito pro-capite è più basso e c’è minor concentrazione
della ricchezza: il livello dei consumi delle famiglie sarde è di
conseguenza costantemente più basso rispetto alla media nazionale.
DISPERSIONE E DISOCCUPAZIONE - Senza
formazione specialistica è difficile trovare lavoro. I giovani sardi
con un basso livello di istruzione e senza esperienze hanno maggiori
probabilità di rimanere fuori dal mercato del lavoro. E in Sardegna un
quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni dopo aver conseguito la licenza
media ha abbandonato gli studi. Attualmente si sta cercando di rimediare
all’abbandono scolastico attraverso quella tipologia di corsi (biennali
per ottenere una qualifica) che per tanti anni sono stati erogati in
maniera ridotta, ma anche se con tali interventi si riesce a ridurre
statisticamente l’indicatore di ESL, non è detto che poi tali giovani
riescano effettivamente a entrare nel mercato del lavoro, contribuendo
cosi a ridurre anche il tasso di disoccupazione giovanile.
Redazione Online
Nessun commento:
Posta un commento