fonte. http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0240&tipo=atti_indirizzo_controllo
CIPRINI. —
Al
Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al
Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito
della propria famiglia; la legge 4 maggio 1983, n. 184, «Diritto del
minore ad una famiglia» e successive modificazioni, prevede
l'affidamento del minore ad una famiglia o ad una persona singola in
grado di garantirgli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le
relazioni affettive di cui ha bisogno nel caso in cui il minore sia
temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo o, qualora questo
non sia possibile, l'inserimento in una comunità di tipo familiare o in
un istituto di assistenza pubblico e privato;
il diritto del minore alla famiglia si atteggia in maniera
particolarmente delicata soprattutto con riferimento alla condizione dei
minori allontanati dalla famiglia di origine con provvedimento di una
autorità giudiziaria;
in una risoluzione del 2009 (Linee guida relative all'accoglienza
eterofamiliare dei minori, adottate dall'Assemblea generale delle
Nazioni Unite il 18 dicembre 2009, A/RES/64/142, pubblicata il 24
febbraio 2010), le
Nazioni Unite impegnano gli Stati con ogni mezzo
(finanziario, psicologico e organizzativo) a preservare il rapporto del
minore con la sua famiglia di origine e ad impedire che il bambino ne
debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro, dettando criteri
ben precisi sull'affidamento temporaneo, quali: che il minore sia tenuto
in luoghi vicini alla sua residenza abituale; che si ponga attenzione a
che il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento; che
l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il
rientro in famiglia al più presto possibile; che il dato della povertà
familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allontanamento
del minore; che i motivi d'ordine religioso, politico ed economico non
siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori dalla famiglia;
che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente
familiare rispetto all'istituto (soprattutto sotto i tre anni di età);
tuttavia, sono sempre più numerosi i fatti di cronaca giudiziaria
che dimostrano come giudici e pubblici ministeri fanno sempre più
affidamento a opinioni, relazioni e conclusioni di psicologi, psichiatri
e assistenti sociali del servizio sociale o dei consultori familiari
con l'assunto che, grazie alla loro conoscenza, sia possibile
determinare la responsabilità di una persona (paradigmatico è, ad
esempio, il caso di Rignano Flaminio) senza che queste relazioni o
perizie – a parere dell'interrogante – possano considerarsi prove
concrete come dovrebbe accadere in un giusto processo;
in data 19 dicembre 2011 nasceva prematuramente all'età prenatale
di 27 settimane la minore G. dall'unione dei genitori M.D. e F.G.;
la minore veniva ricoverata per quattro mesi in ospedale fino
alla dimissione avvenuta in data 12 aprile 2012 e dunque affidata ai
genitori con la seguente diagnosi: «prematurità d'alto grado, neonata
piccola per l'EG, bronco displasia di grado lieve, persistenza dotto di
Botallo, ittero trattato con fototerapia, anemia della prematurità.
All'encefalo 19 dicembre 2011 sospetta GNH-IVH bilaterale e
all'ecoencefalo 15 gennaio 2012 ipercogenicità parenchimale da
ricontrollare»;
la mattina del 16 luglio 2012 la minore presentava un forte
malessere e, trasportata all'ospedale cittadino, la TAC evidenziava
ematoma subdurale e occipitale con successivo ricovero della stessa in
data 17 luglio 2012;
in prossimità delle dimissioni della bimba, che sarebbe stata
affidata ai genitori, la commissione di unità di Crisi dell'ospedale
eleva un sospetto maltrattamento sulla base dell'incongruenza delle
spiegazioni fornite dalla madre della minore sulle modalità
dell'infortunio occorsole e, dopo aver acquisito informazioni da
«colleghe del territorio», veniva effettuata la segnalazione agli organi
competenti;
veniva aperta una indagine penale dalla procura della Repubblica
di Ascoli Piceno per l'ipotesi di reato di cui agli articoli 81, 572,
582, 583 codice penale a danno della minore G.;
in seguito ad un esposto anonimo, in data 3 agosto 2012 il
pubblico ministero presso la procura per i minorenni di Ancona ai sensi
dell'articolo 8 della legge n. 184 del 1983 iscritto al R.G.A.C.
n. 904/12 chiedeva al tribunale per i minorenni di Ancona «la
dichiarazione dello stato di adottabilità di G. nata ad Ascoli Piceno il
19 dicembre 2011 con collocamento della stessa presso una idonea coppia
ed ogni ulteriore conseguente statuizione. Con la dichiarazione di
decadenza dei genitori dalla potestà parentale». Il pubblico ministero
minorile fondava la propria richiesta sulla base di «un esposto anonimo
diretto al Servizio Sociale del Comune di Ascoli Piceno in cui è
evidenziato che i genitori della minore assumono reiteratamente nei
confronti della stessa atteggiamenti incongrui»; che «le informazioni
fornite sono precise e circostanziate tanto da apparire raccolte da
persona che ha avuto modo di frequentare la minore e la sua famiglia
prima della nascita»;
nella stessa data del 3 agosto 2012 il tribunale per i minorenni
di Ancona con decreto cron. 2131 (procedimento n. 13/12 ADS) disponeva
«L'apertura della procedura relativa all'abbandono di (............),
SOSPENDE entrambi i genitori dalla potestà sulla minore (...), AFFIDA la
minore al SS del Comune di Ascoli Piceno in collaborazione con l'ASUR
competente per l'adozione di tutte le iniziative opportune a tutela
della neonata ivi compreso il collocamento della minore in idonea
struttura, una volta giudicata dimissibile, con facoltà della madre di
seguirla, riferendo a questo Ufficio con relazione trimestrale, salvo
urgenze e salvo la prima immediata relazione, sulla situazione della
minore e sulle iniziative intraprese». In detto decreto si afferma che
«la descrizione della dinamica, a detta dell'Unità di Crisi del suddetto
presidio non appariva compatibile con la lesività riportata dalla
bambina; che in atti vi è lettera anonima contenente gravi e pesanti
accuse nei confronti dei genitori della minore, incolpati di condotte
incongrue, poco tutelanti e fonti di sicuro pregiudizio per la bimba»;
in esecuzione al predetto decreto, la minore veniva dimessa in
data 9 agosto 2012 dall'ospedale Salesi di Ancona e veniva affidata al
responsabile della comunità di Macerata designata dal tribunale, dove
faceva subito ingresso unitamente alla madre;
avverso tale decreto, in data 17 settembre 2012, i genitori della
minore proponevano reclamo alla corte d'appello delle Marche – Sezione
Minori –, chiedendone l'annullamento e l'affidamento della minore ai
genitori; la corte d'appello delle Marche con decreto cron. 347 del 14
novembre 2012 rigettava il reclamo, ritenendo al momento il decreto
adottato dal tribunale adeguato all'interesse della minore, in quanto
l'istruttoria non si era ancora conclusa, pur puntualizzando che una
lettera anonima non poteva costituire fondamento di un provvedimento
giudiziario;
in data 16 febbraio 2013 il difensore dei genitori della minore
faceva richiesta al tribunale per i minori di valutare l'opportunità di
trasferire la bimba e la mamma in altra comunità, più vicina alla città
di residenza dei genitori (Ascoli Piceno), per ridurre il disagio dei
viaggi quotidiani del padre tra Ascoli Piceno e Macerata; tale richiesta
era generata dalla necessità di ovviare al clima difficile che si era
creato intorno alla mamma all'interno della comunità stessa, anche a
seguito di alcune lesioni riscontrate nella bimba, che venivano
attribuite alla mamma come maltrattamenti;
a seguito di tali episodi – così come riferiti dalla comunità –
il tribunale per i minorenni con decreto cron. 1882 del 23 maggio 2013,
depositato il 21 giugno 2013,
disponeva l'allontanamento della madre
anche dalla comunità e la predisposizione di un ciclo di sei incontri
monitorati e garantiti a distanza di entrambi i genitori presso il
consultorio familiare; veniva altresì disposta una consulenza tecnica
d'ufficio sulle capacità vicarianti delle zie della minore e dei
rispettivi mariti, considerata la disponibilità in ordine a un eventuale
affido, e sull'attuale stato psichico-relazionale della minore;
la madre della minore veniva allontanata dalla comunità di Macerata il successivo 24 giugno 2013;
nel settembre 2013 la procura chiedeva l'archiviazione del procedimento penale a carico del padre;
all'udienza del 15 gennaio 2014 e con successiva richiesta del 24
febbraio 2014 il difensore dei genitori chiedeva e reiterava, anche
alla luce dell'archiviazione del procedimento penale a carico del padre,
l'immediata revoca della sospensione della potestà al padre ed il
collocamento della minore presso lo stesso, richieste ad oggi non
riscontrate;
risulterebbe all'interrogante che la minore sia tutt'ora in
comunità e che la madre sia stata allontanata sulla base di quanto
riferito dagli operatori della comunità e dunque la minore non abbia
contatto da diverso tempo con la madre;
risulta che il procedimento penale a carico del padre è in fase
di archiviazione e che il padre ha notevoli difficoltà nel ristabilire
una relazione con la figlia anche a causa della distanza che lo separa
dalla comunità in cui si trova la figlia; le istanze depositate dal
legale dei genitori al fine di modificare il provvedimento suddetto
sarebbero tuttora prive di riscontro;
risulterebbe che la procedura di allontanamento della minore dal
proprio nucleo familiare sia stata originata da un mero esposto anonimo
poi posto alla base delle decisioni adottate dal tribunale;
sulla base di questa e di altre storie di minori allontanati dal
proprio nucleo familiare avvenute in passato appaiono drammaticamente
fondate le conclusioni di una ricerca della regione Piemonte secondo cui
«L'attuale sistema di sostegno e tutela dei minori sta rischiando di
andare in corto circuito a causa del potere sproporzionato degli
operatori sociali e della leggerezza con cui le decisioni di
allontanamento vengono prese»;
secondo giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, per
un genitore ed il proprio figlio il fatto di essere insieme rappresenta
un elemento fondamentale della vita familiare. Le misure interne che lo
impediscono costituiscono un'ingerenza nel diritto tutelato
dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo così
laddove risulta provata l'esistenza di un legame familiare, lo Stato
deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di
svilupparsi, e deve dunque adottare misure idonee affinché il genitore
possa riunirsi al proprio figlio –:
se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri
interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza dei
fatti esposti;
quali iniziative intendano adottare, anche di carattere
normativo, per la tutela del benessere dei minori al fine di evitare che
i minori possano essere sottratti alle famiglie in forza di decisioni
adottate dall'autorità giudiziaria sulla base di esposti anonimi,
relazioni di psicologi, assistenti sociali, consultori familiari,
operatori sociali e psichiatri che valutino l'operato dei genitori in
modo unilaterale e senza una verifica del grado di validità e di
attendibilità e riscontro delle informazioni, dati, fonti e giudizi su
cui si basano le conclusioni raggiunte da tali operatori;
quali iniziative intendano adottare, anche di carattere
normativo, affinché tutti i processi decisionali concernenti
provvedimenti di allontanamento dei minori dal nucleo familiare vengano
assunti nel rispetto delle garanzie e dei diritti costituzionalmente
previsti del giusto processo, del contraddittorio delle parti sulle
fonti di prova acquisite e dei diritti della difesa dei genitori
coinvolti in tali processi garantendone in maniera effettiva la
conoscenza e la partecipazione anche tramite i propri difensori e i
consulenti di parte;
quali iniziative – anche di tipo normativo – intendano adottare
affinché il genitore possa riunirsi al proprio figlio in conformità alla
normativa nazionale, europea ed internazionale e ai princìpi espressi
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea in materia di
affido temporaneo, favorendo programmi di supporto per il recupero della
genitorialità con adeguati progetti e disincentivando la odiosa prassi
degli «allontanamenti facili» e i continui scostamenti dei minori da una
struttura all'altra;
se il Ministro della giustizia non ritenga che sussistano i
presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il Tribunale dei
minorenni di Ancona ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri
di propria competenza;
se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano farsi
promotori, con i modi e i mezzi che riterranno più opportuni, di un
serio programma di supporto finalizzato al sostegno e al recupero della
genitorialità. (4-05044)