mercoledì 16 luglio 2014

Interrogazione M5S- allontanamenti/affidi facili



 fonte. http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0240&tipo=atti_indirizzo_controllo

CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
  
 il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia; la legge 4 maggio 1983, n. 184, «Diritto del minore ad una famiglia» e successive modificazioni, prevede l'affidamento del minore ad una famiglia o ad una persona singola in grado di garantirgli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno nel caso in cui il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo o, qualora questo non sia possibile, l'inserimento in una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza pubblico e privato;
   il diritto del minore alla famiglia si atteggia in maniera particolarmente delicata soprattutto con riferimento alla condizione dei minori allontanati dalla famiglia di origine con provvedimento di una autorità giudiziaria;
   in una risoluzione del 2009 (Linee guida relative all'accoglienza eterofamiliare dei minori, adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2009, A/RES/64/142, pubblicata il 24 febbraio 2010), le Nazioni Unite impegnano gli Stati con ogni mezzo (finanziario, psicologico e organizzativo) a preservare il rapporto del minore con la sua famiglia di origine e ad impedire che il bambino ne debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro, dettando criteri ben precisi sull'affidamento temporaneo, quali: che il minore sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza abituale; che si ponga attenzione a che il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento; che l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famiglia al più presto possibile; che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allontanamento del minore; che i motivi d'ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori dalla famiglia; che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente familiare rispetto all'istituto (soprattutto sotto i tre anni di età);
   tuttavia, sono sempre più numerosi i fatti di cronaca giudiziaria che dimostrano come giudici e pubblici ministeri fanno sempre più affidamento a opinioni, relazioni e conclusioni di psicologi, psichiatri e assistenti sociali del servizio sociale o dei consultori familiari con l'assunto che, grazie alla loro conoscenza, sia possibile determinare la responsabilità di una persona (paradigmatico è, ad esempio, il caso di Rignano Flaminio) senza che queste relazioni o perizie – a parere dell'interrogante – possano considerarsi prove concrete come dovrebbe accadere in un giusto processo;
   in data 19 dicembre 2011 nasceva prematuramente all'età prenatale di 27 settimane la minore G. dall'unione dei genitori M.D. e F.G.;
   la minore veniva ricoverata per quattro mesi in ospedale fino alla dimissione avvenuta in data 12 aprile 2012 e dunque affidata ai genitori con la seguente diagnosi: «prematurità d'alto grado, neonata piccola per l'EG, bronco displasia di grado lieve, persistenza dotto di Botallo, ittero trattato con fototerapia, anemia della prematurità. All'encefalo 19 dicembre 2011 sospetta GNH-IVH bilaterale e all'ecoencefalo 15 gennaio 2012 ipercogenicità parenchimale da ricontrollare»;
   la mattina del 16 luglio 2012 la minore presentava un forte malessere e, trasportata all'ospedale cittadino, la TAC evidenziava ematoma subdurale e occipitale con successivo ricovero della stessa in data 17 luglio 2012;
   in prossimità delle dimissioni della bimba, che sarebbe stata affidata ai genitori, la commissione di unità di Crisi dell'ospedale eleva un sospetto maltrattamento sulla base dell'incongruenza delle spiegazioni fornite dalla madre della minore sulle modalità dell'infortunio occorsole e, dopo aver acquisito informazioni da «colleghe del territorio», veniva effettuata la segnalazione agli organi competenti;
   veniva aperta una indagine penale dalla procura della Repubblica di Ascoli Piceno per l'ipotesi di reato di cui agli articoli 81, 572, 582, 583 codice penale a danno della minore G.;
   in seguito ad un esposto anonimo, in data 3 agosto 2012 il pubblico ministero presso la procura per i minorenni di Ancona ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 184 del 1983 iscritto al R.G.A.C. n. 904/12 chiedeva al tribunale per i minorenni di Ancona «la dichiarazione dello stato di adottabilità di G. nata ad Ascoli Piceno il 19 dicembre 2011 con collocamento della stessa presso una idonea coppia ed ogni ulteriore conseguente statuizione. Con la dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà parentale». Il pubblico ministero minorile fondava la propria richiesta sulla base di «un esposto anonimo diretto al Servizio Sociale del Comune di Ascoli Piceno in cui è evidenziato che i genitori della minore assumono reiteratamente nei confronti della stessa atteggiamenti incongrui»; che «le informazioni fornite sono precise e circostanziate tanto da apparire raccolte da persona che ha avuto modo di frequentare la minore e la sua famiglia prima della nascita»;
   nella stessa data del 3 agosto 2012 il tribunale per i minorenni di Ancona con decreto cron. 2131 (procedimento n. 13/12 ADS) disponeva «L'apertura della procedura relativa all'abbandono di (............), SOSPENDE entrambi i genitori dalla potestà sulla minore (...), AFFIDA la minore al SS del Comune di Ascoli Piceno in collaborazione con l'ASUR competente per l'adozione di tutte le iniziative opportune a tutela della neonata ivi compreso il collocamento della minore in idonea struttura, una volta giudicata dimissibile, con facoltà della madre di seguirla, riferendo a questo Ufficio con relazione trimestrale, salvo urgenze e salvo la prima immediata relazione, sulla situazione della minore e sulle iniziative intraprese». In detto decreto si afferma che «la descrizione della dinamica, a detta dell'Unità di Crisi del suddetto presidio non appariva compatibile con la lesività riportata dalla bambina; che in atti vi è lettera anonima contenente gravi e pesanti accuse nei confronti dei genitori della minore, incolpati di condotte incongrue, poco tutelanti e fonti di sicuro pregiudizio per la bimba»;
   in esecuzione al predetto decreto, la minore veniva dimessa in data 9 agosto 2012 dall'ospedale Salesi di Ancona e veniva affidata al responsabile della comunità di Macerata designata dal tribunale, dove faceva subito ingresso unitamente alla madre;
   avverso tale decreto, in data 17 settembre 2012, i genitori della minore proponevano reclamo alla corte d'appello delle Marche – Sezione Minori –, chiedendone l'annullamento e l'affidamento della minore ai genitori; la corte d'appello delle Marche con decreto cron. 347 del 14 novembre 2012 rigettava il reclamo, ritenendo al momento il decreto adottato dal tribunale adeguato all'interesse della minore, in quanto l'istruttoria non si era ancora conclusa, pur puntualizzando che una lettera anonima non poteva costituire fondamento di un provvedimento giudiziario;
   in data 16 febbraio 2013 il difensore dei genitori della minore faceva richiesta al tribunale per i minori di valutare l'opportunità di trasferire la bimba e la mamma in altra comunità, più vicina alla città di residenza dei genitori (Ascoli Piceno), per ridurre il disagio dei viaggi quotidiani del padre tra Ascoli Piceno e Macerata; tale richiesta era generata dalla necessità di ovviare al clima difficile che si era creato intorno alla mamma all'interno della comunità stessa, anche a seguito di alcune lesioni riscontrate nella bimba, che venivano attribuite alla mamma come maltrattamenti;
   a seguito di tali episodi – così come riferiti dalla comunità – il tribunale per i minorenni con decreto cron. 1882 del 23 maggio 2013, depositato il 21 giugno 2013, disponeva l'allontanamento della madre anche dalla comunità e la predisposizione di un ciclo di sei incontri monitorati e garantiti a distanza di entrambi i genitori presso il consultorio familiare; veniva altresì disposta una consulenza tecnica d'ufficio sulle capacità vicarianti delle zie della minore e dei rispettivi mariti, considerata la disponibilità in ordine a un eventuale affido, e sull'attuale stato psichico-relazionale della minore;
   la madre della minore veniva allontanata dalla comunità di Macerata il successivo 24 giugno 2013;
   nel settembre 2013 la procura chiedeva l'archiviazione del procedimento penale a carico del padre;
   all'udienza del 15 gennaio 2014 e con successiva richiesta del 24 febbraio 2014 il difensore dei genitori chiedeva e reiterava, anche alla luce dell'archiviazione del procedimento penale a carico del padre, l'immediata revoca della sospensione della potestà al padre ed il collocamento della minore presso lo stesso, richieste ad oggi non riscontrate;
   risulterebbe all'interrogante che la minore sia tutt'ora in comunità e che la madre sia stata allontanata sulla base di quanto riferito dagli operatori della comunità e dunque la minore non abbia contatto da diverso tempo con la madre;
   risulta che il procedimento penale a carico del padre è in fase di archiviazione e che il padre ha notevoli difficoltà nel ristabilire una relazione con la figlia anche a causa della distanza che lo separa dalla comunità in cui si trova la figlia; le istanze depositate dal legale dei genitori al fine di modificare il provvedimento suddetto sarebbero tuttora prive di riscontro;
   risulterebbe che la procedura di allontanamento della minore dal proprio nucleo familiare sia stata originata da un mero esposto anonimo poi posto alla base delle decisioni adottate dal tribunale;
   sulla base di questa e di altre storie di minori allontanati dal proprio nucleo familiare avvenute in passato appaiono drammaticamente fondate le conclusioni di una ricerca della regione Piemonte secondo cui «L'attuale sistema di sostegno e tutela dei minori sta rischiando di andare in corto circuito a causa del potere sproporzionato degli operatori sociali e della leggerezza con cui le decisioni di allontanamento vengono prese»;
   secondo giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, per un genitore ed il proprio figlio il fatto di essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare. Le misure interne che lo impediscono costituiscono un'ingerenza nel diritto tutelato dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo così laddove risulta provata l'esistenza di un legame familiare, lo Stato deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di svilupparsi, e deve dunque adottare misure idonee affinché il genitore possa riunirsi al proprio figlio –:



   se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative intendano adottare, anche di carattere normativo, per la tutela del benessere dei minori al fine di evitare che i minori possano essere sottratti alle famiglie in forza di decisioni adottate dall'autorità giudiziaria sulla base di esposti anonimi, relazioni di psicologi, assistenti sociali, consultori familiari, operatori sociali e psichiatri che valutino l'operato dei genitori in modo unilaterale e senza una verifica del grado di validità e di attendibilità e riscontro delle informazioni, dati, fonti e giudizi su cui si basano le conclusioni raggiunte da tali operatori;
   quali iniziative intendano adottare, anche di carattere normativo, affinché tutti i processi decisionali concernenti provvedimenti di allontanamento dei minori dal nucleo familiare vengano assunti nel rispetto delle garanzie e dei diritti costituzionalmente previsti del giusto processo, del contraddittorio delle parti sulle fonti di prova acquisite e dei diritti della difesa dei genitori coinvolti in tali processi garantendone in maniera effettiva la conoscenza e la partecipazione anche tramite i propri difensori e i consulenti di parte;
   quali iniziative – anche di tipo normativo – intendano adottare affinché il genitore possa riunirsi al proprio figlio in conformità alla normativa nazionale, europea ed internazionale e ai princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea in materia di affido temporaneo, favorendo programmi di supporto per il recupero della genitorialità con adeguati progetti e disincentivando la odiosa prassi degli «allontanamenti facili» e i continui scostamenti dei minori da una struttura all'altra;
   se il Ministro della giustizia non ritenga che sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il Tribunale dei minorenni di Ancona ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di propria competenza;
   se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano farsi promotori, con i modi e i mezzi che riterranno più opportuni, di un serio programma di supporto finalizzato al sostegno e al recupero della genitorialità. (4-05044)

Nessun commento:

Posta un commento