Caro Adinolfi,
leggo con un certo smarrimento l’ articolo di Omar Ottonelli, apparso sul web della CROCE,
“Se il padre viene chiamato zio”(link), che racconta la disavventura del figlio di
Melanine, ex moglie e madre di due figli avuti dal marito e che, scopertasi
lesbica, si lega ad una nuova compagna, dal cui fratello prende gli spermatozoi
utili alla propria fecondazione. Uno dei risultati di questo intreccio è che il padre biologico viene chiamato
“zio”.
Avrai notato che l’articolo racconta una realtà voluta da
donne, tutta al femminile, voluta dal mondo femminile, che ha estinto, nei fatti, la presenza del “padre “, riducendolo a un portatore di sperma e negando nei
fatti la sua funzione nella crescita ed educazione dei figli.
Ci siamo già
abituati. I padri separati italiani si sono abituati
Siamo ormai consci che ormai la denigrazione della figura
del padre ha raggiunto, specie nelle aule dei tribunali, livelli parossistici. Livelli
che non fanno notizia nel quotidiano bombardamento mediatico, ma ben nota e diffusa (ci si fanno addirittura i film-qui). Oggi la
strategia dei falsi abusi e delle false accuse strumentali mosse dalla
madri-mogli-donne(presunte)-vittime-di-violenza è la strategia emergente, da parte di cristianissime
madri, per escludere un genitore dalla
vita dei figli In teoria ci sarebbe l’affido condiviso, quindi il “nemico” si
elimina utilizzando il penale. Il nuovo nemico del popolo è il padre di
famiglia.
Siamo ormai consci che l’unica attenzione mass-meditica è la
figura del padre, nuovo povero, obbligato a recarsi alla Caritas diocesana per
metter insieme il pranzo con la cena, e per il quale si mobilitano
associazioni, osservatori, psicologi, neuropsichiatri, pronti all’ascolto, al
dialogo e a quanto di più ipocrita esista per "aiutare" a lenire le ferite senza
uno sguardo alle cause. Dicono di aiutare, ma nascondono sistematicamente le
cause, negando la verità. E la carità senza verità è pappetta.
Ci siamo abituati. Anche a vedere, sulla pagina di
cristianissimi giornali, una Sacra Famiglia mutilata, in quanto spesso la
figura del bambino o bambina è associata alla sola figura femminile.
E sappiamo che anche
la società si è abituata. Del resto raccontare o mostrare ogni giorno la
(presunta) esclusività femminile nella cura filiale “è il modo migliore per
veicolarne la presunta normalità. Come
ogni buon vaccino, si tratta di abituare lentamente un organismo a misurarsi
con qualcosa che per natura gli è estraneo; all’orizzonte qualcuno intravede il
miraggio di chissà quale immunità", come dice l’articolo di Ottonelli.
Può essere di aiuto ricordare che i figli, oltre a "voglio la mamma", dicono, in maniera statisticamente equivalente, "voglio papà".