Perché sull’aborto il padre non deve mai avere voce in capitolo?
La cultura femminista che ha portato all’approvazione della varie legislazioni abortiste, come la nostra in Italia, si fonda tutta sullo slogan “noi partoriamo e noi decidiamo“.
Peccato però che i figli si fanno sempre
in due. E se è vero che molte volte le donne vengono lasciate sole e
abbandonate da uomini irresponsabili e vigliacchi che prima si divertono
e poi scappano, è altrettanto vero che vi sono situazioni in cui il padre vuole tenere il bambino e la madre no.
È quanto accaduto in Uruguay, dove nei giorni scorsi, per
la prima volta, un tribunale ha emesso una sentenza storica a favore
del diritto alla vita e, potremmo dire, della paternità.
Si è infatti verificato il caso di una donna che, rimasta incinta, voleva sbarazzarsi del bambino, ritenuto evidentemente un grumo di cellule, un’escrescenza del proprio corpo e non – come invece la scienza stessa dimostra – un’altra persona, con una vita sua.
Ebbene, di fronte all’imminente aborto, il padre del piccolo si è
opposto. E per convincere la compagna le ha promesso che si sarebbe
preso cura di lei e del bambino e, se proprio non avesse voluto saperne,
avrebbe provveduto da solo al figlio. L’importante era non ucciderlo:
l’aborto infatti, oltre ad eliminare un bambino, comporta gravi problemi
non solo alla mamma, ma pure ai padri, anche se questo non viene mai ricordato.
La donna non ha cambiato idea e allora l’uomo è ricorso alla giustizia. E, incredibile a dirsi in questi tempi, il giudice (una donna, Pura Book, della città di Mercedes) gli ha dato ragione. Le motivazioni della sentenza sono davvero piene di buon senso e ci rincuorano.
Si dice ad esempio che il bene supremo è la protezione dell’inalienabile diritto alla vita, superiore
a qualsiasi altro diritto, anche di soggetti terzi. Per questo motivo
nessuno può esserne privato arbitrariamente. E se la donna ha diritto
a decidere sul suo corpo e sulla sua attività sessuale e riproduttiva,
questo vale fintanto che non rimane incinta. Con la gravidanza infatti
siamo di fronte a un nuovo essere umano, con i suoi propri diritti.
Essendo un omicidio, perpetrato
oltretutto su un innocente del tutto indifeso, l’aborto va invece a
colpire il bene fondamentale della vita.
Ricordiamo che in Uruguay l’aborto è legale fino alla 12 settimana e da quando la legge è stata approvata, nel 2012, sono stati ammazzati 38.000 bambini: praticamente uno all’ora.
In tale contesto la sentenza è dunque
davvero di portata storica, come ha fatto notare il militante provita e
deputato Carlos Iafigliola. Ia figliola ha spiegato che per la
prima volta il padre è stato considerato soggetto di diritto davanti ad
un bambino ancora nel ventre materno. E ha anticipato che per il 25 marzo sta organizzando una grande manifestazione a difesa del diritto alla vita.
Inutile dire che la decisione del giudice ha diviso l’opinione pubblica del Paese
ed è stata duramente contestata dalle associazioni femministe e
paladine dell’aborto. La donna ha fatto ricorso, ma a quanto pare sul
caso specifico ormai la questione sembra chiusa, perché si sta avvicinando il termine ultimo per poter uccidere i nascituri.
Questa volta ha vinto la vita. E finalmente un padre ha visto riconosciuto il diritto di essere tale.
Federico Catani
Fonte: El Pais
Anche in Italia il termine è la 12 settimana: 90 giorni.
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