lunedì 13 luglio 2015

Cassazione: no imposizioni di psicoterapie ai separati




 Fonte:
https://capitandaddy.wordpress.com/2015/07/07/no-alle-imposizioni-delle-psicoterapie-ai-separati/

Sentenza della Corte di Cassazione 13506/2015
Ma è possibile arrivare in Cassazione per una roba del genere? Evidentemente si.
Affidare un figlio ad un padre è ancora una cosa così rara e considerata talmente strana che quando succede il giudice ti obbliga a percorsi psicoterapeuti (singoli e di coppia) per ristabilire un equilibrio emotivo della genitorialità.

Siccome non ho mai sentito di percorsi di psicoterapia quando nella “loro normalità” il figlio viene affidato alla madre dopo due minuti di dibattimento e usando moduli precompilati, in un certo senso, nel caso in esame riscontro un atteggiamento da parte di chi dovrebbe giudicare e scegliere per altri che manifesta la volontà di ripristinare l’ordine delle cose per come le intendono solo loro.

Ovvero che la mamma è sempre la mamma ed è quindi inconcepibile che non si possa affidarle un figlio.
Invece, giustamente, il padre ha fatto ricorso contro questa imposizione e ha avuto ragione. NON SI PUO’ IMPORRE LA PSICOTERAPIA SE UNO NON LA VUOLE FARE.  Addirittura la sentenza dice:“tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l’art. 32 della Costituzione”.

E mi pare pure il minimo; allo stesso modo io vedo la mediazione familiare: un imposizione a dir poco inutile. L’ho provata e mi ha fatto incazzare ancora di più. Se prima del tentativo di mediazione sbattevo contro un muro di gomma, dopo sbattevo contro DUE MURI DI GOMMA (la ex e la mediatrice, unite nella solita becera sorellanza).
Fidatevi, la mediazione o psicoterapia serve solo a farvi ammorbidire nell’accettare le condizioni imposte dagli avvocati e dalle controparti. Non cedete! Loro non cedono mai e non capisco perché dobbiamo farlo noi.

Perché non cedono? Perché hanno tutele e garanzie che noi manco ci sogniamo! Magari non scritte ma dettate da secolari consuetudini. Colpa anche nostra che abbiamo lasciato correre e non ci siamo ribellati. Ma i tempi cambiano quindi è ora di cambiare. Visto che è diventato normale pensare che i gay possano sposarsi, allora per i padri separati deve diventare normale che possano ottenere il collocamento dei propri figli. O forse qualcuno non è d’accordo sul concetto?
qua la sentenza completa:

Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 1 luglio 2015, n. 13506
Rilevato che
  1. Il 30 luglio 2009 L.M. ha depositato ricorso al Tribunale per i minorenni di Firenze con il quale ha chiesto l’affidamento del figlio F.E.C. M., nato a Siena il 26 giugno 2006 dall’unione con G.B., esponendo i seguenti fatti.
  2. Già dal 2007 erano insorti fra i genitori gravi conflitti che avevano portato alla rottura dell’unione e alla proposizione di una serie di azioni giudiziali per ottenere l’affidamento del piccolo F.. Nel 2008 G.B. e L.M. avevano sottoscritto un accordo che prevedeva l’affidamento condiviso del figlio, l’impegno di partecipare a un percorso di mediazione familiare e la possibilità per G.B. di vivere con il minore presso l’abitazione di proprietà di L.M.. Tale accordo però non aveva avuto una piena esecuzione e si dimostrava impossibile una sua modifica consensuale che lo rendesse pienamente attuabile.
  3. Si è costituita G.B. che ha chiesto l’affidamento condiviso del figlio con collocazione presso di lei, assegnazione della casa familiare, regolamentazione del diritto di visita e determinazione del contributo del padre al mantenimento.
  4. Il Tribunale per i minorenni di Firenze ha disposto consulenza tecnica affidata al servizio sociale e all’esito, con decreto del 15 marzo 2011, ha disposto l’affidamento condiviso di F. con collocamento presso il padre, dando facoltà a G.B. di tenere con sé il figlio secondo la disciplina descritta nella motivazione del decreto, prescrivendo ai genitori di rivolgersi al servizio sociale per ricevere informazioni e farsi indirizzare verso un percorso di mediazione familiare, dando mandato al servizio sociale e alla U.O.P. di Siena di seguire la situazione del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo mirati alla diminuzione del conflitto genitoriale e alla ricerca di ulteriori accordi che terranno conto della crescita del minore.
  5. Avverso il decreto hanno proposto separati ricorsi la B. e il M.. Quest’ultimo ha richiesto l’affidamento esclusivo del figlio.
  6. La Corte di appello, riuniti i procedimenti, ha disposto nuova CTU. Il 3 luglio 2012 è stata depositata la relazione del consulente tecnico cui è stata allegata una bozza di accordo sottoscritto dalle parti in cui viene previsto l’affidamento condiviso con collocamento presso il padre, percorso di mediazione a sostegno della genitorialità, organizzazione del regime di visita, previsione di un periodo di monitoraggio da parte della Corte di appello. La Corte di appello ha affidato al CTU il compito di depositare una relazione sull’esito del monitoraggio. La nuova relazione del CTU ha dato atto dell’esito negativo del percorso di mediazione a causa della immaturità della coppia genitoriale, ancora troppo coinvolta nel conflitto personale che rende impossibile un confronto autonomo tra i due genitori e necessario un percorso di sostegno e cura per entrambi, al fine di giungere a un reciproco rispetto dei ruoli, essenziale per garantire la loro collaborazione necessaria per la cura e l’educazione del figlio. Per altro verso la relazione del consulente ha dato atto del rispetto degli accordi assunti dalle parti e della mancanza di disagi da parte del minore ascrivibili alla collocazione prevalente presso il padre.
  7. La Corte di appello, con decreto del 18 aprile 2013, ha confermato le statuizioni del T.M. relative all’affidamento condiviso e alla collocazione e domiciliazione prevalente presso il padre ribadendo la indicazione per cui, laddove, il pomeriggio, il padre sia impegnato nell’attività lavorativa e non possa occuparsi personalmente del figlio, si rivolga prioritariamente alla madre, verificandone la disponibilità, prima di chiedere l’ausilio di altri familiari o di terzi estranei. E’ stato confermato anche il mandato ai servizi sociali di monitorare il rispetto delle statuizioni e la condizione del minore.
  8. Ricorre per cassazione L.M. affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 155 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 13, 32, 111 della Costituzione e dell’art. 155 sexies c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
  9. Si difende con controricorso G.B. che propone a sua volta ricorso incidentale basato su due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 155 c.c., 111 Cost., 8 C.E.D.U. nonché vizio di motivazione comportante la violazione di legge del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost.; b) violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e dell’art. 195 c.p.c.
  10. L.M. replica con controricorso al ricorso incidentale.
  11. Con il primo motivo del ricorso principale L.M. contesta la statuizione che lo obbliga a contattare preventivamente la B. per verificare la disponibilità ad occuparsi del figlio qualora egli sia impegnato nell’attività lavorativa senza poterlo tenere con sé, seppure coadiuvato dalla nonna o dalla baby-sitter.
  12. Con il secondo motivo del ricorso principale contesta la legittimità della statuizione che obbliga i genitori a sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale.
  13. Con il primo motivo del ricorso incidentale G.B. rileva che il collocamento del figlio F. Emanuele presso il padre è, a tutt’oggi, sfornito di una motivazione logico-giuridica definibile come tale. Inoltre lamenta che alla dichiarazione della Corte di parziale accoglimento del suo reclamo corrisponda in realtà una sostanziale conferma degli spazi di tempo del figlio riservati alla madre. Il provvedimento che la preferisce rispetto ad altri soggetti, nel caso in cui il padre collocatario sia impedito a stare con il figlio, perché impegnato in attività lavorativa, è del tutto inattuabile, secondo la ricorrente incidentale, data la forte conflittualità dei genitori e la volontà del M. di allontanare il figlio da lei cosicché tale regolamentazione inattuabile si trasforma in un sostanziale affido esclusivo al padre il quale limita ai soli giorni rigorosamente indicati nel provvedimento il diritto di visita della madre.
  14. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo in quanto il consulente, dopo aver prospettato nella relazione una volontà delle parti di definire consensualmente il conflitto e dopo essersi reso conto del fallimento della mediazione, avrebbe dovuto rispettare il diritto di difesa e consentire alle parti di formulare le proprie osservazioni come esplicitamente richiesto dalla consulente di parte.
Ritenuto che
Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto investe una disposizione non decisoria né definitiva e, pertanto, non ricorribile per cassazione. La prescrizione impugnata, infatti, è sottoponibile in qualsiasi momento dalle parti al riesame del giudice competente, il quale ben potrà revocarla o modificarla nel corso e all’esito del mandato conferito al Servizio Sociale e all’UOP di Siena. Inoltre, la disposizione che si ritiene violata con il motivo in esame, è volta prioritariamente alla tutela dell’interesse del minore. È dunque chiaro che, in base a questa necessaria lettura dell’art. 155 c.c., con la prescrizione impugnata – che peraltro si autodefinisce come indicazione – si chiede esclusivamente ai genitori una collaborazione, volta al superamento della persistente conflittualità che contraddistingue il loro rapporto, al solo fine di assicurare al minore la possibilità di crescere con un rapporto sereno e costante con entrambi i genitori, specificamente con riguardo alle situazioni in cui la possibilità per il genitore non collocatario di occuparsi del figlio è facilmente realizzabile. Né può ritenersi che la indicazione della Corte di appello debba essere interpretata come una rigida imposizione di un obbligo di consultazione, volta per volta, a carico del genitore collocatario come è stato prospettato dal ricorrente ovvero come una inutile previsione rimessa alla volontà del genitore collocatario, come è stato rilevato dalla ricorrente incidentale, proprio perché l’indicazione della Corte di appello si inquadra nel mandato conferito al Servizio sociale e all’UOP di Siena, finalizzato al rispetto delle disposizioni in materia di frequentazione madre-figlio e all’osservazione delle condizioni del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo, mirati alla riduzione del conflitto. Evidente pertanto che il rispetto della disposizione presuppone una cooperazione fra i genitori da realizzare con l’ausilio e il controllo del Servizio sociale e che in questa prospettiva solo una reciproca programmazione dell’attività professionale e del tempo aggiuntivo da dedicare al figlio potrà consentire l’operatività di una indicazione finalizzata a garantire un’ampia frequentazione fra la madre e il figlio e la piena fruizione da parte del minore del suo diritto alla bi-genitorialità. Infine il motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi perché la Corte di appello ha determinato con precisione il tempo di permanenza del minore con i suoi genitori e non ha affatto escluso che il genitore collocatario possa rivolgersi a terzi per essere coadiuvato nella cura del figlio quando è impegnato nella sua attività professionale ma ha prescritto, come si è detto, a entrambi i genitori una cooperazione finalizzata all’interesse del minore e affidata al controllo e al sostegno del Servizio sociale.


Il secondo motivo del ricorso principale è invece fondato in quanto la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l’art. 32 della Costituzione. Inoltre non tiene conto del penetrante intervento, affidato dallo stesso giudice di merito, al Servizio sociale che si giustifica in quanto strettamente collegato all’osservazione del minore e al sostegno dei genitori nel concreto esercizio della responsabilità genitoriale.

Laddove la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno alla genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull’affidamento dei minori anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione, rilevata dal CTU, di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli. Mentre infatti la previsione del mandato conferito al Servizio sociale resta collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore, la prescrizione di un percorso terapeutico ai genitori è connotata da una finalità estranea al giudizio quale quella di realizzare una maturazione personale dei genitori che non può che rimanere affidata al loro diritto di auto-determinazione.

Il ricorso incidentale è infondato in quanto la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Firenze di confermare la collocazione del minore presso il padre dipende dall’esito positivo che il CTU ha riferito circa il periodo di monitoraggio relativamente a detto collocamento, che peraltro era stato oggetto di uno specifico accordo tra le parti. Tale decisione, pertanto, non implica un giudizio negativo circa l’adeguatezza genitoriale della madre o circa la possibilità di collocare il minore presso la stessa, bensì afferma – con una motivazione per relationem al decreto emesso in primo grado nonché fondata sull’esito della CTU disposta in secondo grado – che non sussistono i presupposti per una modifica della previsione del collocamento del minore presso il padre, tenuto conto delle informazioni positive sul periodo trascorso con domiciliazione prevalente presso il padre durante il quale non risultano essere stati ostacolati in alcun modo gli incontri con la madre. Inoltre non sussiste la dedotta indeterminatezza del rinvio alla regolamentazione degli incontri madre-minore così come indicata in motivazione.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato sia perché dalla stessa esposizione della ricorrente non risulta la concessione di un termine ex art. 195 c.p.c. con specifico riferimento all’elaborato peritale finale. Per altro verso non risulta contestata l’affermazione della difesa del M. per cui non è stata tempestivamente sollevata alcuna eccezione di nullità della C.T.U. da parte della B. che conseguentemente in ipotesi deve ritenersi comunque sanata (cfr. Cass. Civ. sezione II n. 1744 del 24 gennaio 2013 e Cass. Civ. sezione I, n. 24966 del 10 dicembre 2010, secondo cui l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l’udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l’esame della relazione, poiché la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione).
Va pertanto dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accolto il secondo motivo dello stesso ricorso con conseguente cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito di revoca della prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psico-terapeutico individuale oltre a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme. Va infine respinto il ricorso incidentale.
In considerazione dell’oggetto e dell’esito del giudizio le spese processuali devono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo e decidendo nel merito, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

giovedì 21 maggio 2015

Papa Francesco ai genitori separati: "Non usate i figli come ostaggi"


Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-ai-genitori-separati-non-usate-i-figli-ostagg-1130880.html

Nell'udienza generale Bergoglio critica "i cosiddetti esperti, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione"



Papa Francesco torna a occuparsi della famiglia nell'udienza generale dedicata al rapporto tra genitori e figli.
Il Santo padre esorta i genitori separati a non usare i figli come ostaggio contro il coniuge, e che i "figli non siano costretti a portare il peso di questa separazione. È molto importante, è molto difficile - ha detto - ma potete farcela".

L'obiettivo è educare i figli "senza esasperarli". Uno sforzo che richiede "saggezza ed equilibrio" e che i genitori non chiedano ai figli le cose che non possono fare. Ciò è assai difficile, ha riconosciuto, per esempio quando i genitori tornano a casa stanchi dal lavoro e per i genitori separati. "È ancora più difficile - ha osservato il Pontefice - per i genitori separati che sono appesantiti da questa condizione; poverini hanno avuto difficoltà, si sono separati e tante volte il figlio è preso come ostaggio: il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male. Dirò a voi che vivete matrimoni separati- ha proseguito - mai, mai, mai, prendere il figlio come ostaggio, voi siete separati per tante difficoltà e motivi, la vita vi ha dato questa prova, ma che i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione". 

"Che i figli - ha aggiunto sempre a braccio - non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, che i figli crescano sentendo che la mamma parla bene del papà anche se non sono più insieme, e che il papà parla bene della mamma; questo è molto importante e molto difficile, ma potete farcela".

Genitori meglio degli "esperti"

Si è rotto "il patto educativo" tra famiglia e scuola e altre agenzie educative - spiega Papa Francesco - i genitori sono stati soppiantati dai "cosiddetti esperti" e esclusi dalla educazione dei figli. E questo per "preservare una generazione dai danni veri o
presunti della educazione familiare, accusata di conformismo, autoritarismo, repressione affettiva che genera conflitti". Il Santo padre ha ricordato ai genitori che solo loro sono in grado di capire "dove è l’anima" dei loro figli.




Fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-genitori-non-consegnate-i-vostri-figli-agli-esperti-12714.htm
«Genitori, non consegnate i vostri figli agli esperti» di Massimo Introvigne

All'udienza generale del 20 maggio 2015, proseguendo le sue catechesi sulla famiglia, Papa Francesco ha dedicato la sua meditazione al ruolo educativo dei genitori, troppo spesso soppiantato da un nuovo potere forte, quello degli «esperti» che suggeriscono o anche impongono un'educazione ideologica. Certo, ha detto il Papa, oggi «è difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi di lavorare. Quelli che hanno la fortuna di avere lavoro!». Ed è «ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione». Purtroppo, nei tempi che precedono e seguono la separazione, spesso i figli sono trattati come ostaggi». «Mai, mai, mai», grida Francesco ai genitori separati, «prendere il figlio come ostaggio! Voi siete separati per tante difficoltà e motivi. La vita vi ha dato questa prova: ma che i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, che i figli non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma».

Ma più in generale oggi si è «aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola». «L’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca». E Francesco individua una causa, non l'unica ma nemmeno la meno importante di questa crisi: il ruolo invadente di un nuovo potere forte, gli “esperti” che pretendono di insegnare ai genitori il loro mestiere sulla base delle ideologie moderne. «Intellettuali “critici” di ogni genere» hanno «zittito» i genitori in mille modi, arrivando alla fine a sostenere che l'educazione in famiglia fa male ai bambini. La famiglia è stata aggredita da tutte le parti, accusata «di autoritarismo, di favoritismo, di conformismo, di repressione affettiva che genera conflitti». Una vera dittatura ha costretto i genitori ad «ascoltare, imparare e adeguarsi ai cosiddetti esperti», che «hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione». In particolare, i genitori «appesantiti» dagli esperti hanno paura di correggere e punire i figli quando sbagliano. Tanti padri e madri, intimiditi, «tendono ad affidare i figli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli». 

Il Papa ha ricordato che quando, da bambino, una volta rispose male alla maestra, la mamma chiamata a scuola lo invito a chiedere subito scusa all'insegnante. «Oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli “esperti” dicono che i bambini non si devono rimproverare così». Ma i genitori devono reagire, «non devono autoescludersi dall’educazione dei figli». La dittatura degli «esperti» crea una situazione che «non è armonica, non è dialogica e invece di favorire la collaborazione tra la famiglia e le altre agenzie educative» le mette una contro l'altra. È vero che alcuni «modelli educativi del passato» inducevano i genitori a sbagliare per eccesso di autoritarismo. Ma è anche vero che «ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare perché possono compensarli con l’amore». Gli «esperti» dominano perché i genitori non hanno tempo per occuparsi dei figli. Ai giorni nostri «la vita è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi».  «Sequestrati dal lavoro», i genitori sono anche «imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale». Si trovano come «paralizzati dal timore di sbagliare».


A questi genitori il Papa dice che non sono soli né in balia degli «esperti». Anzitutto, sono in due, e possono sostenersi a vicenda. «Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza! Tanta pazienza per sopportarsi. Ma è così la vita! La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà. Lo stesso Gesù è passato attraverso l’educazione familiare». Ma non sono soli anche perché intorno a loro c'è la comunità cristiana, e con loro c'è Gesù. E Francesco ha concluso invitando i genitori cristiani a farsi ispirare dall'esempio dei nuovi martiri che oggi danno la vita per la fede.  Papa Francesco ha lodato l'iniziativa della Conferenza episcopale italiana di dedicare la Veglia di Pentecoste alla preghiera per quei «tanti fratelli e sorelle esiliati o uccisi per il solo fatto di essere cristiani». «Sono martiri», ha ribadito. «Auspico che tale momento di preghiera accresca la consapevolezza che la libertà religiosa è un diritto umano inalienabile, aumenti la sensibilizzazione sul dramma dei cristiani perseguitati nel nostro tempo e che si ponga fine a questo inaccettabile crimine».

mercoledì 15 aprile 2015

«Differenza tra uomo e donna è per la comunione»


 Fonte: http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/udiensa-papa-famiglia-matrimonio.aspx?utm_content=buffer5d5c5&utm_medium=social&utm_source=twitter.com&utm_campaign=buffer
Il Papa ha dedicato la catechesi odierna durante l’udienza generale in Piazza San Pietro “a un aspetto centrale del tema della famiglia: quello del grande dono che Dio ha fatto all’umanità con la creazione dell’uomo e della donna e con il sacramento del matrimonio. Questa catechesi e la prossima riguardano la differenza e la complementarità tra l’uomo e la donna, che stanno al vertice della creazione divina”. Le due che seguiranno saranno sul Matrimonio.

Differenza tra uomo e donna è per la comunione
Papa Francesco ha iniziato con un breve commento al primo racconto della creazione, nel Libro della Genesi. “Qui leggiamo che Dio, dopo aver creato l’universo e tutti gli esseri viventi, creò il capolavoro, ossia l’essere umano, che fece a propria immagine: «a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Come tutti sappiamo – ha detto - la differenza sessuale è presente in tante forme di vita, nella lunga scala dei viventi. Ma solo nell’uomo e nella donna essa porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio: il testo biblico lo ripete per ben tre volte in due versetti (26-27): uomo e donna sono immagine e somiglianza di Dio. Questo ci dice che non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio”.

L’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna

“L’esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente l’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna. Quando ciò non avviene, se ne vedono le conseguenze. Siamo fatti per ascoltarci e aiutarci a vicenda. Possiamo dire che senza l’arricchimento reciproco in questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede – i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna”.

Teoria del gender, espressione di frustrazione: è passo indietro

“La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Eh, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita. Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, e lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”.

La voce della donna abbia peso reale nella società e nella Chiesa

“Dio ha affidato la terra all’alleanza dell’uomo e della donna: il suo fallimento inaridisce il mondo degli affetti e oscura il cielo della speranza. I segnali sono già preoccupanti, e li vediamo. Vorrei indicare, fra i molti, due punti che io credo debbono impegnarci con più urgenza. Il primo. E’ indubbio che dobbiamo fare molto di più in favore della donna, se vogliamo ridare più forza alla reciprocità fra uomini e donne. E’ necessario, infatti, che la donna non solo sia più ascoltata, ma che la sua voce abbia un peso reale, un’autorevolezza riconosciuta, nella società e nella Chiesa. Il modo stesso con cui Gesù ha considerato la donna, - ma diciamo che il Vangelo è così - in un contesto meno favorevole del nostro, perché in quei tempi la donna era proprio al secondo posto , no? E Gesù l’ha considerata in una maniera che dà una luce potente, che illumina una strada che porta lontano, della quale abbiamo percorso soltanto un pezzetto. Ancora non abbiamo capito in profondità quali sono le cose che ci può dare il genio femminile, le cose che la donna può dare alla società e anche a noi, che sa vedere le cose con altri occhi che completano il pensiero degli uomini. E’ una strada da percorrere con più creatività e audacia”.

Crisi di fiducia in Dio genera crisi alleanza uomo-donna

“Una seconda riflessione riguarda il tema dell’uomo e della donna creati a immagine di Dio. Mi chiedo se la crisi di fiducia collettiva in Dio, che ci fa tanto male, ci fa ammalare di rassegnazione all’incredulità e al cinismo, non sia anche connessa alla crisi dell’alleanza tra uomo e donna. In effetti il racconto biblico, con il grande affresco simbolico sul paradiso terrestre e il peccato originale, ci dice proprio che la comunione con Dio si riflette nella comunione della coppia umana e la perdita della fiducia nel Padre celeste genera divisione e conflitto tra uomo e donna. Da qui viene la grande responsabilità della Chiesa, di tutti i credenti, e anzitutto delle famiglie credenti, per riscoprire la bellezza del disegno creatore che inscrive l’immagine di Dio anche nell’alleanza tra l’uomo e la donna. La terra si riempie di armonia e di fiducia quando l’alleanza tra l’uomo e la donna è vissuta nel bene. E se l’uomo e la donna la cercano insieme tra loro e con Dio, senza dubbio la trovano. Gesù ci incoraggia esplicitamente alla testimonianza di questa bellezza che è l’immagine di Dio”.

Dare a uomo e donna stessa dignità e uguaglianza

Infine, salutando i fedeli di lingua araba, ‎il Papa ha detto:
“Dio creò l'uomo, maschio e femmina, a ‎sua ‎immagine, dando ad entrambi la stessa dignità e uguaglianza: ‎lavoriamo, nella ‎Chiesa e nella società, affinché tale uguaglianza ‎venga rispettata, rifiutando ogni ‎forma di‏ ‏sopruso o di ‎ingiustizia, in particolare contro le donne”.

giovedì 9 aprile 2015

Papa Francesco: bambini vittime di separazioni irresponsabili

L'appello di Papa Francesco per i bambini: il discorso integrale

L'appello di Papa Francesco per i bambini: il discorso integrale

L'udienza generale di oggi, mercoledì 8 aprile, in piazza San Pietro è stata interamente dedicata ai bambini. 

L'appello di Papa Francesco per i bambini: il discorso integrale
Papa Francesco davanti a oltre 25mila fedeli ha lanciato un duro monito verso coloro i quali pensano ai più piccoli come a degli errori, sottolineando come non si debbano far ricadere su di loro le colpe degli adulti. 

Parlando di "sistema", "diritti dell'uomo" e "violenza", Francesco ha così rivolto un appello al cuore della cristianità: la famiglia, i genitori, i figli. 

Il discorso integrale. 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nelle catechesi sulla famiglia completiamo oggi la riflessione sui bambini, che sono il frutto più bello della benedizione che il Creatore ha dato all’uomo e alla donna. Abbiamo già parlato del grande dono che sono i bambini, oggi dobbiamo purtroppo parlare delle “storie di passione” che vivono molti di loro.

Tanti bambini fin dall’inizio sono rifiutati, abbandonati, derubati della loro infanzia e del loro futuro. Qualcuno osa dire, quasi per giustificarsi, che è stato un errore farli venire al mondo. Questo è vergognoso! Non scarichiamo sui bambini le nostre colpe, per favore! I bambini non sono mai “un errore”. La loro fame non è un errore, come non lo è la loro povertà, la loro fragilità, il loro abbandono – tanti bambini abbandonati per le strade; e non lo è neppure la loro ignoranza o la loro incapacità – tanti bambini che non sanno cosa è una scuola. Semmai, questi sono motivi per amarli di più, con maggiore generosità. Che ne facciamo delle solenni dichiarazioni dei diritti dell’uomo e dei diritti del bambino, se poi puniamo i bambini per gli errori degli adulti?

Coloro che hanno il compito di governare, di educare, ma direi tutti gli adulti, siamo responsabili dei bambini e di fare ciascuno ciò che può per cambiare questa situazione. Mi riferisco alla “passione” dei bambini. Ogni bambino emarginato, abbandonato, che vive per strada mendicando e con ogni genere di espedienti, senza scuola, senza cure mediche, è un grido che sale a Dio e che accusa il sistema che noi adulti abbiamo costruito. E purtroppo questi bambini sono preda dei delinquenti, che li sfruttano per indegni traffici o commerci, o addestrandoli alla guerra e alla violenza. Ma anche nei Paesi cosiddetti ricchi tanti bambini vivono drammi che li segnano in modo pesante, a causa della crisi della famiglia, dei vuoti educativi e di condizioni di vita a volte disumane. In ogni caso sono infanzie violate nel corpo e nell’anima. Ma nessuno di questi bambini è dimenticato dal Padre che è nei cieli! Nessuna delle loro lacrime va perduta! Come neppure va perduta la nostra responsabilità, la responsabilità sociale delle persone, di ognuno di noi, e dei Paesi.
Una volta Gesù rimproverò i suoi discepoli perché allontanavano i bambini che i genitori gli portavano, perché li benedicesse. E’ commovente la narrazione evangelica: «Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: “Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli”. E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là» (Mt 19,13-15). Che bella questa fiducia dei genitori, e questa risposta di Gesù! Come vorrei che questa pagina diventasse la storia normale di tutti i bambini! E’ vero che grazie a Dio i bambini con gravi difficoltà trovano molto spesso genitori straordinari, pronti ad ogni sacrificio e ad ogni generosità. Ma questi genitori non dovrebbero essere lasciati soli! Dovremmo accompagnare la loro fatica, ma anche offrire loro momenti di gioia condivisa e di allegria spensierata, perché non siano presi solo dalla routine terapeutica.

Quando si tratta dei bambini, in ogni caso, non si dovrebbero sentire quelle formule da difesa legale d’ufficio, tipo: “dopo tutto, noi non siamo un ente di beneficenza”; oppure: “nel proprio privato, ognuno è libero di fare ciò che vuole”; o anche: “ci spiace, non possiamo farci nulla”. Queste parole non servono quando si tratta dei bambini.

Troppo spesso sui bambini ricadono gli effetti di vite logorate da un lavoro precario e malpagato, da orari insostenibili, da trasporti inefficienti… Ma i bambini pagano anche il prezzo di unioni immature e di separazioni irresponsabili: essi sono le prime vittime; subiscono gli esiti della cultura dei diritti soggettivi esasperati, e ne diventano poi i figli più precoci. Spesso assorbono violenza che non sono in grado di “smaltire”, e sotto gli occhi dei grandi sono costretti ad assuefarsi al degrado.

Anche in questa nostra epoca, come in passato, la Chiesa mette la sua maternità al servizio dei bambini e delle loro famiglie. Ai genitori e ai figli di questo nostro mondo porta la benedizione di Dio, la tenerezza materna, il rimprovero fermo e la condanna decisa. Con i bambini non si scherza!

Pensate che cosa sarebbe una società che decidesse, una volta per tutte, di stabilire questo principio: “E’ vero che non siamo perfetti e che facciamo molti errori. Ma quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso o troppo grande, pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio, di non valere niente e di essere abbandonato alle ferite della vita e alla prepotenza degli uomini”. Come sarebbe  bella una società così! Io dico che a questa società, molto sarebbe perdonato, dei suoi innumerevoli errori. Molto, davvero.

Il Signore giudica la nostra vita ascoltando quello che gli riferiscono gli angeli dei bambini, angeli che “vedono sempre il volto del Padre che è nei cieli” (cfr Mt 18,10). Domandiamoci sempre: che cosa racconteranno a Dio, di noi, questi angeli dei bambini?



FOnte: http://www.intelligonews.it/articoli/9-aprile-2015/25211/l-appello-di-papa-francesco-per-i-bambini-il-discorso-integrale

31 anni, disoccupata e vogliosa di rendite ? Tromba il giovane calciatore, e sarai accontentata !

31 anni, disoccupata e vogliosa di rendite ? Tromba il giovane calciatore, e sarai accontentata !

Fonte: http://www.adiantum.it/public/3634-31-anni,-disoccupata-e-vogliosa-di-rendite---tromba-il-giovane-calciatore,-e-sarai-accontentata-!.asp



31 anni, disoccupata e vogliosa di rendite ? Tromba il giovane calciatore, e sarai accontentata !
Anna Barranca e la figlia


Ex fiamma di Eto'o furiosa: «Non è stata fatta giustizia» L'attaccante della Samp dovrà pagare 450mila euro e 10mila euro al mese ad Anna Barranca per il mantenimento della figlia Annie. La donna si sfoga: «Lui potrebbe fare ancora altri ricorsi e se può non paga. Non ho fatto questa battaglia per i soldi. I miei avvocati mi avevano invitato a chiedere non dieci ma trenta mila euro al mese»
Indubbiamente colpisce la dichiarazione della signora, la solita che compare in tutte o quasi le vicende simili: “non lo faccio per i soldi”.
Beh, devo dire di non aver mai conosciuto donne meno interessate al denaro di quelle che restano incinte di un miliardario.
Di obiettivi venali neanche a parlarne, è sempre una questione di principio.
La storia - Samuel Eto’o nel 2000 è una giovane promessa del calcio camerunense, ha 19 anni e gioca in Spagna.
 
 
Ha una breve relazione con tale Anna Barranca, dalla quale nasce una figlia.
La breve relazione da altre fonti, viene descritta così “allora ragazzino (aveva solo 19 anni), durante una serata sulle isole Baleari (ai tempi giocava con la maglia del Maiorca), ebbe un’avventura di una notte con Anna, PR 31enne di una delle discoteche del posto e originaria di Iglesias (Sardegna). Dopo nove mesi nacque Annie: un tribunale spagnolo costrinse il calciatore a riconoscere la figlia e a versare un assegno da 3mila euro al mese per il suo mantenimento”.
Sembra che Eto’o non avesse alcuna intenzione di diventare padre a 19 anni, oltretutto tramite la storiella estiva con una donna molto più grande e pressoché sconosciuta.
Tuttavia il DNA è il suo e deve piegarsi all’immancabile luogo comune, cioè “assumersi le sue responsabilità” (leggi: mettere mano al portafogli), nonostante ci sarebbe molto da discutere se le “responsabilità” della gravidanza indesiderata non siano quantomeno da condividere, soprattutto nel rapporto fra una donna di 31 anni ed un pischelletto di 19.
Resta il fatto che all’epoca “assumersi le sue responsabilità” è stato tradotto in 3000 euro al mese.
Poi però la giovane promessa diventa una star e gli ingaggi crescono, quindi - chissà perché - lievitano anche le esigenze della bambina.
Se il padre gioca nell’Inter e nel Chelsea ci vogliono almeno 30.000 euro per sfamare la bimba, al di sotto di questa cifra proprio non si riesce a tirare avanti. La mamma non vuole niente, per carità, i 30 mila eurucci servono solo per la figlia.
Oggi la signora Barranca ha ottenuto “solo” 10.000 euro al mese e dichiara ai giornalisti di non essere nemmeno sfiorata dalla malsana aspirazione di aggredire il patrimonio del calciatore: “non ho fatto questa battaglia per i soldi, i miei avvocati mi avevano invitato a chiedere non dieci ma trenta mila euro al mese”. 
Perché fingere disinteresse per il denaro, sereno distacco e nobiltà d’animo, quando invece si combatte col coltello tra i denti per mettere le mani sui conti altrui ?
Mica parliamo di spicci, le richieste sono piene di zeri: 454.000 euro come arretrati, un milione e mezzo a garanzia dei pagamenti fino a quando la figlia compirà 18 anni, oltre due milioni perché la vita è dura e piena di imprevisti (adesso la Barranca chiede pure un assegno una tantum di 1,8 milioni di sterline - oltre 2,1 milioni di euro - come “polizza sul futuro” per la piccola Annie - scrivono in Inghilterra).
 
 
Infine c’è l’equivoco sull’importo del mantenimento mensile. “Solo” 10mila dice la signora, invece quei cattivoni dei suoi avvocati, avidi come pochi, le avrebbero addirittura suggerito di chiederne 30.
Poi non li ha ottenuti, ma ciò non significa che non ci avesse provato. 
Quindi la smetta, per favore, di fingere un nobile disinteresse che - dicono le cronache - non le appartiene affatto;  è riuscita ad incastrare il riccone, ora ne vuole godere i frutti.

A mio parere una mossa eticamente fin troppo discutibile anche se, bisogna ammetterlo, perfettamente lecita a termini di legge.
Al di la delle cifre credo che ci sia poco da dire ad Eto’o: sei caduto in trappola, potevi stare più attento (anche se a 19 anni non è facile immaginare i piani di una donna molto più esperta) ora, piaccia o meno, c’è chi tiene in ostaggio i tuoi guadagni.
Chi si deve offendere si offenda pure, questa è l’idea che in tanti ci siamo fatti attraverso la stampa.
Piuttosto mi piacerebbe approfondire cosa intenda la signora Barranca quando, restando seria, sostiene di non volere nulla per se e di aver fatto questa battaglia solo per sua figlia.
C’è un dato incontestabile: la relazione con un partner VIP (forse non ci aveva pensato?) ha l’effetto collaterale di far crescere parecchio il tenore di vita, una gravidanza lo garantisce alto anche dopo la fine della storia.
I cronisti dicono che la signora Barranca fino al 2011 lavorava part-time guadagnando circa 400 euro al mese, più i 3000 che versava il tizio al quale era stata imposta la paternità. Ora sembra che si sia trasferita nel nord Italia per lavoro, spero per lei meglio retribuito, ma un dubbio sorge spontaneo: con i 30mila richiesti, o anche con i miseri 10mila ottenuti, non intende compare un paio di scarpe per sé, una borsa, un tailleur, nemmeno un rossetto?
Il proclama “tutto per mia figlia, io non voglio niente” come si tradurrà nell’applicazione pratica?
La cifra di 10.000 euro al mese corrisponde più o meno a 5 stipendi medi con i quali in Italia vivono famiglie di 4 persone, c’è chi deve farcela anche con la metà. Di cosa avrà bisogno quella bambina, visto che mamma i soldi non li tocca?
Non è nemmeno invocabile il mantenimento del tenore di vita precedente alla separazione, la signora ha mollato il baby-amante ben prima del parto, la convivenza del nucleo familiare non è mai esistita.
Non scadiamo nell’ironia, per favore: nessuno dica che la bimba si ingozza di ostriche e caviale, si lava i denti col Bordeaux, va a scuola in taxi. 10 mila euro al mese sono oggettivamente troppo per le esigenze di ogni bambino, anche del figlio di Bill Gates, quindi ogni tanto non sarebbe male ricordare che i bisogni dei minori prescindono dall’avere o meno genitori facoltosi.
O anche, come in questo caso, un genitore facoltoso.
Quindi la misura economica non è affatto tarata sulle esigenze della bambina, ma su quanto un genitore può scucire all'altro.
Però non voglio mettere in dubbio le dichiarazioni della sig.ra Barranca, lei continuerà certamente a mantenere un tenore di vita proporzionato al reddito che ricava dal proprio lavoro, senza toccare un euro di ciò che arriva dal conto corrente di Eto’o.
7-800 euro, facciamo 1000, per mantenere agiatamente la figlia; tutto il resto in un fondo vincolato al quale la piccola Annie potrà accedere con la maggiore età. Non ho dubbi, andrà sicuramente così, perché malignare che forse, e dico forse, i benefici della figlia troveranno il modo si estendersi pure a mamma’ ...
Se non andasse così ne uscirebbe un messaggio vergognoso per tutte le donne italiane: non serve perdere tempo a formarsi faticosamente per costruire un futuro … frequentate discoteche e campi di calcio: se riuscite ad incastrare il pollo di turno, è fatta.
Un’ultima cosa direi ad Eto’o, se mai mi capitasse di incontrarlo: ok amico, t’ha fregato, ma quella ragazzina non c’entra niente. Capisco la tua rabbia, capisco che ti ha fatto pensare ad Annie non come frutto dell’amore ma come frutto di un inganno, ma è sempre tua figlia