giovedì 18 aprile 2013

La pasionaria antimolestie cambia idea«Nei processi troppe tutele alle donne»

Femminismo

 

 

 

 

 

 

La pasionaria antimolestie cambia idea
«Nei processi troppe tutele alle donne»



Judith Grossman è procuratore a New York. Femminista da sempre, ha marciato ai cortei e ha bussato di porta in porta per sostenere ogni candidato progressista che si battesse per le donne. Le sue certezze sulle battaglie di genere sono però crollate un mese fa, quando suo figlio, studente dell’ultimo anno in un piccolo college del New England, è stato accusato ingiustamente di abusi sessuali dalla sua ex fidanzata.
Sul Wall Street Journal la mamma racconta la vicenda come un incubo e si domanda se la conquista dei diritti delle donne a tutti i costi non mini istituti preziosi, come la garanzia di un processo equo. Conclude: «L’ortodossia femminista più spinta non è una risposta migliore di quanto non lo siano gli atteggiamenti e le politiche che vittimizzano la vittima».

Cosa è successo? «Mio figlio è stato convocato davanti alla commissione interna di Title IX, garante dell’uguaglianza tra i sessi nelle università, senza alcuna indagine preliminare. Nessuno ha preso in considerazione la possibilità che la ragazza avesse agito spinta dalla gelosia o dal desiderio di vendetta, non è stata contemplata la presunzione di innocenza». Perché l’accusa fosse formulata, era sufficiente un margine di verosimiglianza tra il 50,1 e il 49,9 per cento.
Lo studente ha dovuto affrontare il «tribunale interno» senza un avvocato, rispondendo a dichiarazioni vaghe e non circostanziate, mentre la documentazione scritta da lui presentata è stata liquidata come non rilevante. Finché la mamma non è intervenuta, smontando ogni accusa. Ma non è stato un lieto fine. Judith Grossman ora lancia l’allarme sulla minaccia di altri tipi di ingiustizia, gli stessi, al contrario, per i quali il movimento femminista si è battuto.
Una possibilità lontana dall’Italia, secondo il giudice del Tribunale di Milano Annamaria Gatto. Dice: «Il nostro sistema non è come quello americano. Non si fa niente alle spalle dell’imputato e comunque nel momento in cui viene presentata una querela si procede prima con gli accertamenti. A Milano c’è un’ulteriore garanzia: un dipartimento della Procura della Repubblica specializzato nella materia, e so per certo che nel 50 per cento dei casi le denunce vengono archiviate». L’altro elemento di discontinuità tra i due sistemi riguarda l’università. «Non è ammissibile che si facciano indagini interne su una simile ipotesi di reato. I presidi o il rettore sono dei pubblici ufficiali e in questi casi sono tenuti a informare l’autorità giudiziaria».
Tuttavia un eccesso di giustizialismo talvolta si rischia anche da noi. Lo dichiara Lorenzo Puglisi, fondatore dell’associazione Sos Stalking che riceve 32 segnalazioni alla settimana, un terzo delle quali procedibili dal punto di vista tecnico. Nel libro Con te ho chiuso sul diritto di famiglia, che uscirà nei prossimi mesi per Feltrinelli, si occupa anche di quel fenomeno, per fortuna residuale, che riguarda «le scorrettezze processuali».
Anticipa: «Un’analisi della Procura di Bergamo del 2009 ha dimostrato che su centomila abitanti arrivano in media 400 denunce di violenza e solo due casi su dieci sono veri e propri maltrattamenti, gli altri sono querele enfatizzate ad arte per scopi prettamente economici o legati a problematiche familiari». Ricorda poi quella donna che si era messa a urlare davanti al muro chiedendo aiuto. «Il marito, però, senza che lei se ne accorgesse, l’aveva filmata. Quando arrivarono i carabinieri, la signora fu denunciata per calunnia».
«Forse non servono più i toni contrappositivi che hanno caratterizzato gli inizi del femminismo, quando le donne venivano sottoposte a processi umilianti con un aggravio di violenza per il modo in cui si dubitava di loro», interviene la storica attivista Lea Melandri. E, con coraggio, ammette: «Non voglio dare la colpa alle donne per un asservimento all’uomo avvenuto a livello profondo, perché è stato necessario per la sopravvivenza. Oggi i diritti sono acquisiti. Bisognerebbe affrontare l’ambiguità dell’intreccio perverso di amore e dominio, amore e potere. Abbondano ormai i racconti di donne maltrattate e la parola amore non si nomina mai».


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