Ci sono donne,
consigliate spesso dagli avvocati, che sulle False Accuse ci campano, ne fanno uno stile di vita, delirano.
Oggigiorno, il giochetto però è presto svelato, addirittura c’è una
recente sentenza della Cassazione Penale che ha assolto un marito dalle
accuse di maltrattamenti, accuse che erano volutamente “gonfiate” e che
avevano portato all’allontanamento dell’uomo dalla casa coniugale, tanto
che non poteva proprio avvicinarsi e naturalmente non poteva ne vedere
ne sentire i figli.
Purtroppo le false accuse sono un fenomeno in crescita e largamente
utilizzato per poter ottenere dei vantaggi patrimoniali in fase di
separazione soprattutto quando si ha torto in partenza e si ha paura: di
perdere la casa e di perdere il mantenimento.
Perchè succede? perchè si sa che il “sesso debole” in queste
circostanze è più forte che mai!!! si legge che viviamo in un paese
maschilista ma vien da dire magari fosse così! se due padri su tre
vengono palesemente discriminati dai giudici,
vedono peggiorare i loro
rapporti con i figli, vedono peggiorare il loro tenore di vita, il terzo
che rimane deve solo sperare di mantenere invariata la propria
posizione sociale non di certo migliorarla.
L’ulteriore beffa è rappresentata dalle lungaggini burocratiche che
fanno diventare anni i tempi di attesa per ottenere giustizia… e chi
pagherà? chi ridarà il tempo perduto a questi padri?
“Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all’art. 572 c.p. richiede, per la sua configurazione, una serie abituale di condotte
che possono estrinsecarsi in atti lesivi dell’integrità psico – fisica,
dell’onore, del decoro o di mero disprezzo e prevaricazione del
soggetto passivo, attuati anche in un arco temporale ampio, ma entro il
quale possono agevolmente essere individuati come espressione di un costante atteggiamento dell’agente di maltrattare o denigrare il soggetto passivo.
Invece, fatti occasionali ed episodici,
pur penalmente rilevanti in relazione ad altre figure di reato
(ingiurie, minacce, lesioni) determinati da situazioni contingenti (ad
es. rapporti interpersonali connotati da permanente conflittualità) e
come tali insuscettibili di essere inquadrati un una cornice unitaria,
non possono assurgere alla definizione normativa di cui all’art. 572
c.p. (1)
(*) Riferimenti normativi: art. 572 c.p.
(1) Cfr. Cass. Pen., sez. VI, sentenza 2 dicembre 2010, n. 45037.”
(da http://www.altalex.com/index.php?idstr=84&idnot_84=22774)
questa la sentenza per intero:
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 8 – 20 gennaio 2014, n. 2326
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
(OMISSIS)
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.F., n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 1805/13 Tribunale di Roma, Sez. per il Riesame dell’8/07/2013;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. (OMISSIS);
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dott. (OMISSIS) che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale
di Roma, sezione per il Riesame, adito ai sensi dell’art. 309 cod.
proc. pen., confermava l’ordinanza del 19/06/2013 con cui il GIP del
locale Tribunale aveva disposto la misura dell’allontanamento dalla casa
familiare a carico di B.F., ravvisando a suo carico gravi indizi di
colpevolezza in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia compiuto
ai danni della coniuge convivente L.L. e del figlio E. a partire
dell’anno 2011 e la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati
della stessa specie.
Rispondendo alle doglianze formulate dalla
difesa dell’indagato, il Tribunale evidenziava il deterioramento del
rapporto coniugale insorto a partire dal 2011; le violenze contro il
figlio minore manifestatesi anche in precedenza (2010) e ripropostesi
nel 2012, quali attestate da dichiarazioni di testimoni e referti
medici; i maltrattamenti compiuti ai danni della moglie, anche essi
attestati dalle dichiarazioni di testimoni oltre che dalle denunzie
dell’interessata; i comportamenti da stalker attuati dall’indagato,
acuitisi nell’apprendere di una relazione extraconiugale intrapresa
dalla moglie; la sussistenza in definitiva di una pluralità di fonti
indiziarie atte a fungere da elementi di riscontro alle denunzie
presentate dalla L.; la sussistenza di concrete esigenze di tutela
dell’incolumità personale dei denunzianti a fondamento dell’adottata
misura coercitiva.
2. Avverso detta ordinanza ha presentato
ricorso l’indagato B. F., con atto sottoscritto dal suo difensore, con
cui deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione risultante dal testo del provvedimento e di altri atti del
procedimento specificamente indicati ai sensi dell’art. 606 c.p.p.,
lett. e) nonchè inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
ex art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 572 cod. pen. e art.
274 cod. proc. pen.
Deduce il ricorrente che il Tribunale ha solo
apparentemente motivato in ordine alle specifiche doglianze della
difesa, omettendo di soffermarsi su una nutrita serie di profili che, a
suo dire, dimostrerebbero l’assoluta non veridicità delle prospettazioni
provenienti dalla denunziante, alludendo in particolare al tenore dei
colloqui intercorsi tra l’indagato e la coniuge dal gennaio 2009 al
giugno 2013 su canali telematici chat a dimostrazione del mantenimento
di un rapporto paritario ed ispirato a civile confronto;
all’inverosimiglianza della ricostruzione in
facto della pretesa aggressione subita dalla L. nel settembre 2011;
all’assenza di qualsivoglia certificazione medica riferibile alla parte
offesa; alla mancata audizione del figlio minorenne E. in ordine alle
presunte violenze subite dal padre; alla decisione autonomamente
adottata di volersi separare legalmente a causa della scoperta della
relazione extraconiugale della moglie; alla mancata audizione di
testimoni più vicini alla figura dell’indagato.
Sotto il diverso profilo della violazione di
legge, deduce inoltre il carattere occasionale dei presunti
maltrattamenti; il timore mai palesato dalla denunziante nei confronti
del marito, quale evidenziato dal tenore dei colloqui intrattenutisi tra
gli stessi per via telematica; l’assenza totale di motivazione in
ordine alle esigenze cautelari ed alla pericolosità sociale
dell’indagato, ritenute sussistenti solo in ragione del clima coniugale
emerso dalla vicenda e dalle azioni di controllo, condotte mediante
apparecchiatura di registrazione, che il ricorrente avrebbe attuato
durante il periodo di maggiore tensione coniugale.
Motivi della decisione
3. Il ricorso appare fondato nei termini di cui in motivazione.
Nella ricostruzione dei momenti salienti della
vicenda descritta nella denunzia presentata da L.L. operata dal
Tribunale, rilievo preminente assumono due episodi di violenza fisica di
cui l’indagato si sarebbe reso protagonista ai danni del figlio minore
E., nonchè un episodio di maltrattamenti che la donna avrebbe subito nel
corso di un incontro avvenuto con il B. presso la sua azienda di
lavorazione marmi corrente in località (OMISSIS).
Il primo dei due episodi di violenza fisica
aveva luogo nel 2010, quando anche la madre della L. aveva assistito
personalmente al pugno sferrato dal B. al figlio, provocandogli un
vistoso ematoma; il secondo episodio appare più circostanziato, poichè
attestato anche da referto medico e da testimonianza di persona estranea
al contesto familiare, riguardando la brutale aggressione dell’indagato
al figlio, tale da provocargli tumefazione e sanguinamento del labbro,
mobilità di due denti e dolore alla mandibola, accaduta nel dicembre
2012.
Temporalmente nel mezzo e segnatamente nel
settembre 2011 si colloca l’episodio dell’incontro avvenuto tra i
coniugi L. – B. presso il luogo di lavoro di quest’ultimo e durante il
quale, secondo la prospettazione d’accusa, la denunziante sarebbe stata
aggredita sia verbalmente che fisicamente, pur non essendovi al riguardo
alcuna certificazione medica.
Ciò premesso, sembra di poter agevolmente
desumere come i comportamenti prevaricatori e/o violenti ascritti
all’indagato si riducono a tre nell’arco di un triennio, in un contesto
familiare e coniugale in costante deterioramento per via sia dei
rapporti di segno negativo tra padre e figlio, sia dell’allentamento del
vincolo coniugale determinante l’instaurazione di due relazioni
extraconiugali da parte della L.
Così fissati i termini fattuali della vicenda e
ferma restando la sussistenza di un sufficiente quadro di gravità
indiziaria ad essi riferita, non sembra però possibile poterli
complessivamente ricomprendere in un contesto unitario, normativamente
connotato dalla figura di reato di maltrattamenti contro familiari e
conviventi delineata dall’art. 572 cod. pen.
Il reato de quo richiede, infatti, per la sua
configurazione, una serie abituale di condotte che possono estrinsecarsi
in atti lesivi dell’integrità psico – fisica, dell’onore, del decoro o
di mero disprezzo e prevaricazione del soggetto passivo, attuati anche
in un arco temporale ampio, ma entro il quale possono agevolmente essere
individuati come espressione di un costante atteggiamento dell’agente
di maltrattare o denigrare il soggetto passivo.
Secondo la giurisprudenza elaborata da questa
Sezione, invece, fatti occasionali ed episodici, pur penalmente
rilevanti in relazione ad altre figure di reato (ingiurie, minacce,
lesioni) determinati da situazioni contingenti (ad es. rapporti
interpersonali connotati da permanente conflittualità) e come tali
insuscettibili di essere inquadrati un una cornice unitaria, non possono
assurgere alla definizione normativa di cui all’art. 572 cod. pen.
(Cass. pen. sez. 6 n. 37019 del 27/05/2003, Caruso, Rv. 226794; sez. 6
n. 45037 del 2/12/2010, Dibra Rv. 249036).
Nell’indicare ed apprezzare i fatti
costitutivi del reato provvisoriamente contestato al ricorrente ed alla
base della misura coercitiva di cui all’art. 282 bis cod. proc. pen.
impostagli, i giudici del riesame non hanno, dunque, assolto in maniera
adeguata all’onere di definire in concreto i termini della ritenuta
sussistenza dell’ipotesi accusatoria, incorrendo nella violazione di
legge determinata da una non corretta interpretazione dell’ambito
applicativo dell’art. 572 cod. pen., specie in un contesto familiare,
emergente anche dalle prospettazioni probatorie difensive,
caratterizzato dal progressivo indebolimento dei rapporti coniugali
(denunziante e indagato essendo oggi separati per iniziativa del
ricorrente) pur inframmezzato da tentativi più o meno concreti di
riavvicinamento affettivo degli interessati (v. l’aspetto delle
conversazioni telematiche intercorse su Facebook in un arco temporale
piuttosto ampio e la cui valenza è stata del tutto negletta in sede di
riesame).
L’ordinanza impugnata deve essere, dunque,
annullata, spettando al Tribunale competente argomentare in maniera più
esauriente circa la possibilità di ravvisare nei fatti e negli episodi
prospettati dall’accusa pubblica e privata il reato di maltrattamenti
oggetto di provvisoria contestazione.
4. All’accoglimento del ricorso consegue
l’annullamento dell’impugnata ordinanza ed il rinvio ai sensi dell’art.
623 c.p.p., comma 1, lett. a) al Tribunale di Roma per nuovo esame.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2014
Fonte: http://capitandaddy.wordpress.com/2014/04/14/le-false-accuse-gonfiate-sono-state-svelate/