mercoledì 27 agosto 2014

ADIANTUM sulla proposta di riforma del Condiviso

 (da sin.) Nestola, Poma e Rotoli



Roma. Lo scorso 4 Agosto, presso il Ministero di Giustizia, una delegazione di ADIANTUM – Associazione di Associazioni per la Tutela del Minore - formata dal presidente Giacomo Rotoli, dal coordinatore Andrea Poma e dal consigliere Fabio Nestola ha incontrato alcuni membri dell'entourage del ministro della Giustizia Andrea Orlando. 

Si è discusso della proposta, redatta nei mesi scorsi dal comitato legislativo dell'associazione, di riforma del condiviso già consegnata all'On.le Morani nel primo incontro del 3 Luglio c.a..
Entrambe le parti hanno convenuto sulla necessità di una profonda revisione della legge 54/2006, sopratutto in relazione all'attuazione del diritto dei minori ad avere eque frequentazioni con ambedue i genitori. Ad oggi, infatti, a ben otto anni dalla riforma, queste misure giacciono quasi del tutto inapplicate nei tribunali, dove le esigenze delle famiglie separate italiane si scontrano quotidianamente con le prassi dell'affidamento esclusivo.
ADIANTUM ha indicato i capisaldi del suo progetto di riforma, fondato sulla centralità del minore:
 
- introduzione dei piani/progetti educativo/familiari quale condizione di procedibilità,
- nomina dell'avvocato del minore,
- Mediazione Familiare obbligatoria,
- riduzione del contenzioso tramite ricorso sistematico al mantenimento diretto,
- determinazione del calcolo oggettivo del mantenimento basato sui consumi delle famiglie.
 
Gli esperti del ministero hanno definito buona l'idea di una separazione "mite" o “guidata”, da svolgersi maggiormnete al di fuori delle aule di tribunale, pur sottolineando che va studiato un sistema efficace per accompagnare i genitori a separarsi nel modo migliore rispettando i diritti del propri figli.

L'importanza del confronto con le associazioni di settore è stata ribadita da tutti i convenuti, anche per la grandissima esperienza accumulata negli anni col lavoro sul campo. Le parti si sono lasciate stabilendo di rivedersi a settembre per continuare la discussione alfine di pervenire ad un progetto organico sul condiviso che costituisca un elemento importante nel percorso verso il tribunale della famiglia auspicato dal ministro. 

Fonte: http://www.adiantum.it/public/3562-roma,-ministero-di-giustizia--adiantum-sulla-proposta-di-riforma-del-condiviso.asp

lunedì 25 agosto 2014

A Roma il giudice non conosce bene il diritto

fonte: antum.it/public/3569-al-tribunale-di-roma-il-giudice-tutelare-non-conosce-bene-il-diritto-di-famiglia....asp

Al tribunale di Roma il giudice tutelare non conosce bene il Diritto di Famiglia...
Fabio Nestola

Ci troviamo ancora una volta a commentare provvedimenti surreali. Non avendo gli strumenti per modificare atti che gridano vendetta, rivendichiamo almeno il diritto di rendere note le bestialità.
Tribunale di Roma: stavolta analizziamo il provvedimento di un giudice tutelare, dopo aver dato spazio alle perle di giudici ordinari e minorili. Provando a sintetizzare una vicenda estremamente complessa, diremo solo che una coppia prova per circa due anni ad avere un figlio che non arriva, poi al momento della tanto attesa gravidanza la signora scarica il compagno. Ciao, ora non mi servi più.
Su queste pagine non hanno alcuna rilevanza i motivi all’origine della decisione, non ci interessa sostituirci al Tribunale e decidere chi ha torto e chi ragione.
Resta un dato oggettivo: il sig. S.S. è stato da subito tenuto lontano dal figlio, da prima ancora della nascita.
Aspre lotte in tribunale per poter riconoscere il bimbo, poi lotte ancora più aspre per iscriverlo all’anagrafe e potergli dare il cognome: l’opposizione della madre ha ceduto solo di fronte alla prova del DNA,  ma la signora continua ad ostacolare la paternità con ogni stratagemma: prova ne sia che, nonostante tutto, dopo quasi due anni il bimbo ha ancora solo il cognome materno.
Nel gennaio 2014 il Giudice Tutelare emette un decreto che dovrebbe regolare le frequentazioni, ove si legge che la madre consente gli incontri in un bar, un’ora e mezza in un pomeriggio infrasettimanale, non oltre tre ore a domeniche alterne.
Forse il Giudice tutelare si è distratto un attimo, probabilmente non ricorda che le frequentazioni con entrambi i genitori sono un diritto del minore e non la “concessione” di un adulto.
Quanto al bar … com’è noto a migliaia di pediatri, pedagogisti e psicologi dell’età evolutiva, una corposa letteratura scientifica identifica i locali pubblici in generale, ed i bar in particolare, come i luoghi più idonei in cui i bambini possano sviluppare solidi legami genitoriali.
Perché i figli dovrebbero perdere tempo a sviluppare familiarità con entrambi i genitori, le rispettive abitazioni ed i rispettivi ambiti parentali ? Meglio che sviluppino  relazioni significative con uno solo, per l’altro un’oretta al bar è più che sufficiente.
Bambini come minatori gallesi dell’800 a fine turno: la birra al pub, la partita a freccette, le lamentele sulla paga, un’altra birretta e poi tutti a casa. 
La domenica si festeggia: tre ore invece di un’ora e mezza.
Tre ore tutte insieme, che lusso! Ma perché specificare “non oltre tre ore”?
Non è per caso un’aggiunta superflua, una leggerezza che potrebbe lasciare spazio a chi non aspetta altro che inasprire il conflitto con scuse pretestuose? 
Infatti il sig. S.S. inciampa immediatamente nell’ostracismo della ex, che contesta le tre ore e si aggrappa ad un equivoco.  Non oltre potrebbe voler dire 2 ore e 30’, 2 ore, anche solo un’ora … il Giudice Tutelare ha commesso l’errore di specificare il tetto massimo ma non il minimo, lasciandolo a discrezione di chi non vuole altro che costruire ostacoli.
In pratica cosa significa?
È necessario tornare dal Giudice e perdere altro tempo per far correggere la svista:
altri incontri saltati … tanto il figlio mica è del Giudice
altro denaro al vento … tanto gli avvocati mica li paga il Giudice.
 
Non è finita.
Il bar oltre al caos, alla mancanza di privacy,  all’impossibilità oggettiva di identificare spazi che possano essere percepiti come propri  e/o familiari e/o paterni, ha anche un altro difettuccio: può chiudere.
Per ferie, per ristrutturazione, per fallimento.
E quando il proprietario decide di chiudere, per un periodo o per sempre, nessuno può imporgli di non farlo  altrimenti padre e figlio non potranno più vedersi.
Quindi è necessario tornare ancora una volta dal Giudice per chiedere nuove misure: solito tempo perso, soliti incontri saltati, solito denaro al vento.
Stavolta però il Giudice Tutelare ha un colpo di genio e cambia strategia: evita di stabilire incontri in un luogo diverso dal bar e si dichiara incompetente.
 
Perché è improvvisamente diventato incompetente?
Ma è ovvio: perché, dice il Giudice, ormai la competenza è dei Servizi Sociali incaricati dal Tribunale per i Minorenni di organizzare incontri tra padre e figlio.
Peccato che entrambi i provvedimenti del Giudice Tutelare (decreto del gennaio 2014, correzione di febbraio 2014) nascano quando già i Servizi Sociali erano stati incaricati da mesi,  senza che per questo venisse invocata alcuna incompetenza.
Peccato che i Servizi abbiano ricevuto mandato di valutare la relazione padre-figlio mediante una serie di incontri da stabilire, senza però sostituire il calendario vigente che quindi va mantenuto.
Peccato che i Servizi siano stati incaricati nel novembre 2013 e ad agosto 2014 non abbiano ancora organizzato un solo incontro padre-figlio, accumulando oltre 10 mesi di inerzia totale.
In conclusione, quando la faccenda si complica è buona regola rispolverare il vecchio ma sempre valido Gran Maestro della burocrazia italiana: Ponzio Pilato
Non è compito mio, l’ancora di salvezza sempre a portata di mano.
Non è un caso se invochiamo da anni l’urgenza di un Tribunale Unico per la Famiglia, evitando così che la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra, e nessuna delle due sappia dove stanno andando le gambe.
In questo caso come in altri simili, hanno avuto un ruolo il Tribunale Ordinario, il Tribunale per i Minorenni, la Procura, il Giudice Tutelare, i Servizi Sociali, senza che nessuno  sia riuscito ad individuare uno straccio di soluzione
Non è facile spiegare ai nostri figli che ‘sta baracca è il Sistema che dovrebbe tutelare i loro diritti, ma la forza delle parole e delle idee sono le nostre sole armi, a differenza di alcuni improvvisati guerriglieri che credono di terrorizzare il Sistema urlando proclami minacciosi.
Non è lo stile Adiantum, non è lo stile FeNBi, non è lo stile di chi ha qualcos’altro oltre la rabbia da mettere sul piatto della bilancia.
L’analisi, la dialettica, la logica ed un pizzico d’ironia possono essere armi estremamente utili se sorrette dalla potenza della verità,  e comunque sono le uniche che sappiamo usare.
 
FABIO NESTOLA

giovedì 14 agosto 2014

Fields medal a ricercatrice iraniana: non c'è da stare allegri!






Fields medal a una ricercatrice iraniana.
 Pronti i commenti della nostra delegata - Elisabetta Strickland (http://www.lescienze.it/lanci/2014/08/13/news/medaglie_fields_maryam_mirzakhani_la_prima_donna_a_vincere_il_prestigioso_riconoscimento-2250545/) che, badate bene, canta vittoria:
 

Sfugge, ai commenti della nostra delegata (ma anche a quelli del quotidiano La Stampa e dell'ex-ministro all'Istruzione Carrozza):

  • che la prof. Maryam Mirzakhani, pur essendo di origini iraniane, ha avuta una formazione post-universitaria negli STATI UNITI d’America, in cui si è trasferita e dove la spesa per la ricerca, rispetto al PIL è significativamente più elevata rispetto all’Italia;


  • che la prof. Maryam Mirzakhani  ha conseguito il suo Ph.D. negli Stati Uniti d’America; Ph.D. è il Philosophiæ Doctor, titolo che dovrebbe equivalere al nostro italico dottorato di ricerca, titolo introdotto nell’ordinamento nel 1980 e praticamente disconosciuto in Italia (vi sono concorsi in cui è citato genericamente un “master post universitario o titolo equipollente”) e del quale sinceramente non ci si fa un granchè in Italia, visto come funziona il mercato del lavoro;

  • che alla prof. Maryam Mirzakhani  è stato riconosciuta la Fields Medal mentre lavorava negli USA, come è accaduto per la maggior parte dei beneficiari del premio (vedere http://it.wikipedia.org/wiki/Medaglia_Fields); dal 1936, anno della sua istituzione,  ad oggi,  nella lista dei quattro beneficiari a cui cui ogni anno viene conferita la medaglia Fields Medal compare UN SOLO ITALIANO (Enrico Bombieri, classe 1940, conferimento nel 1974 - quaranta anni fa!);

  • che la Maryam Mirzakhani (classe 1977) è diventata full professor nel 2008 alla Stanford University, all’età di 31 anni, età significativamente più bassa rispetto alle statistiche italiane dei docenti;




  • che negli Stati Uniti d’America la percentuale di popolazione con istruzione del terzo livello è il quasi il quadruplo di quella Italiana;


  • e che, a riprova del fatto che Maryam Mirzakhani sia approdata dall'Iran negli USA,   "l’Italia [similmente alla patria d’origine della prof. Maryam Mirzakhani ] costituisce un centro di attrazione relativamente debole e presenta un’incidenza di studenti stranieri di circa la metà rispetto ai livelli OCSE” (Fonte: rapporto ALMALAUREA: https://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/comunicati/2014/sintesi-2013.pdf)


Maryam Mirzakhani è anche donna, e da qui i commenti sperticati (e scontati) di chi canta vittoria, come la nostra delegata. Penso però che l’onorificienza conferita  dovrebbe farci riflettere di più sul sistema universitario Italiano, anzichè scatenare lo starnazzo sul tema delle pari-opportunità, uguaglianza di genere (si veda l'editoriale "Cade il teorema del maschio" -  La Stampa) o presenza femmminile nelle università (Ex-ministro Carrozza; http://www.lastampa.it/2014/08/13/scienza/per-la-prima-volta-a-una-donna-il-nobel-per-la-matematica-vvh9P1ARA3NgsFD991ZJBM/pagina.html).

 Forse è il caso che anche il giornalismo Italiano riporti le conclusioni del  rapporto ALMALAUREA, sul sistema universitario italiano:

Se l’Italia non investe di più in istruzione superiore e ricerca,
 rischia concretamente di non avere futuro”

 E ciò varrà per uomini e donne. E non c'è da stare allegri!

La ministra della Famiglia francese che vuol togliere i figli alle famiglie

Fonte: http://www.ilfoglio.it/articoli/v/90952/rubriche/la-ministra-della-famiglia-francese-che-vuol-togliere-i-figli-alle-famiglie.htm



Tutta la filosofia della nuova responsabile francese per la Famiglia, Laurence Rossignol, è contenuta in un vecchio libretto che la senatrice femminista scrisse qualche anno fa, “La Femme, le fou et le colonisé”.

Rossignol, che partecipò alla fondazione di Sos Racisme e che fu una pioniera della prima ora del diritto all’aborto nell’èra di Simone Weil, vi spiegava che “le donne sono come i discendenti dei colonizzati”, vittime di stereotipi. Da qui auspicava una liberazione radicale e intransigente che facesse tabula rasa.
Di questa concezione fa parte uno dei disegni di legge elaborati dalla Rossignol, l’orwelliana “abolizione della prostituzione”, approvato a dicembre con grandi polemiche nell’opinione pubblica francese. In un articolo per il quotidiano Libération, dal titolo “Prostitution: cherchez le client”, la Rossignol paragonava l’abolizione della prostituzione a quella della schiavitù dall’Africa. La legge voluta dalla Rossignol prevede, per i clienti delle prostitute, uno “stage di sensibilizzazione alla lotta contro l’acquisto di atti sessuali”, una sorta di rieducazione. Una norma osteggiata dalla filosofa femminista Elisabeth Badinter e della sociologa specialista della prostituzione Françoise Gil. C’è da capire perché la Manif pour Tous con Ludovine de la Rochère e le organizzazioni cattoliche abbiano reagito scandalizzate di fronte alla nomina della Rossignol da parte del presidente François Hollande, una femminista oltranzista e militante in un dicastero chiave come quello alla Famiglia. “La guerre contre la Famille relancée”, dicono gli oppositori delle politiche familiari del presidente.


La Rossignol è a favore dell’utero in affitto per le coppie omosessuali, che ha definito “un po’ di generosità nel regno dell’individualismo”. E che dire della donna ridotta a incubatrice? La femminista della gauche Rossignol parla chiaro: “La funzione della donna è di trasportare”, è un “vettore”. D’altronde questa è proprio la posizione del nuovo premier socialista Valls, che ha detto: “Se l’utero in affitto venisse regolato, sarebbe accettabile. A chi è di principio ostile perché teme la commercializzazione del corpo dico che questa è una evoluzione inevitabile. Sono favorevole a una evoluzione legislativa”.

Da senatrice, la Rossignol si è fatta promotrice di leggi liberticide, come quella che ha criminalizzato le attività pro life. Si chiama “reato di intralcio all’aborto”, délit d’entrave. Un nuovo reato di opinione, un nuovo delitto ideologico. Secondo una legge del 1993 era già vietato “ostacolare l’aborto fisicamente”. Con la legge Rossignol, è diventato vietato anche ostacolarlo “psicologicamente”, ovvero interferire – così recita l’emendamento – con “il diritto della donna a ottenere informazioni sull’aborto”. Nel mirino della legislazione draconiana della Rossignol ci sono i pro life che negli ospedali forniscono informazioni di aiuto alla vita, e che fuori e nei dintorni degli ospedali organizzano proteste dove si offrono alle donne informazioni favorevoli alla vita. La legge Rossignol criminalizza le marce per la vita e altre manifestazioni generiche anti abortiste, e perfino chi gestisce siti pro vita rischia il carcere. La pena prevista dalla norma della neo segretaria alla Famiglia? Due anni di prigione e trentamila euro di sanzione.

E’ la stessa Rossignol che alla trasmissione di France 2, “Ce soir ou jamais”, ha dichiarato: “I bambini non appartengono ai loro genitori, appartengono allo stato”. E’ la ripresa di un vecchio motto illuminista di Danton (“les enfants n’appartiennent pas à leurs parents, ils appartiennent à l’Etat”), usato dalla Rossignol per spiegare che la “teoria del genere”, immessa nelle scuole francesi, fa parte di un progetto per togliere i bambini dall’influsso delle famiglie e per fare dello stato un ente di educazione morale. Un progetto sovietico. Un ritorno alle origini per la Rossignol, militante della prima ora nella Ligue communiste révolutionnaire.




Laurence Rossignol (PS): "Les Enfants n'appartiennent pas a leur Parents"

mercoledì 13 agosto 2014

Robin Williams morto: “Preoccupato da bancarotta e da alimenti alle ex”

Negli ultimi tempi, secondo quanto riferiscono gli amici a media americani e inglesi, l'attore era tormentato da difficoltà economiche. Aveva messo in vendita la sua villa in California, ma non si è presentato nessun acquirente. In più accettava ruoli che riteneva frustranti per recuperare liquidità

Fonte: http://apocalisselaica.net/fuori-tema/spettacolo/robin-williams-morto-preoccupato-da-bancarotta-e-da-alimenti-alle-ex?utm_source=feedburner&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+ApocalisseLaicaPrimaPagina+%28Apocalisse+Laica%29

Robin Williams morto: “Preoccupato da bancarotta e da alimenti alle ex”


Quello che affliggeva Robin Williams non era soltanto la depressione. Perché oltre alla malattia c’erano problemi economici e il rischio bancarotta. Agli amici più stretti, l’attore americano – morto suicida nella sua casa di Tiburon in California – aveva confidato la preoccupazione per il suo patrimonio, “risucchiato” dal pagamento degli alimenti alle due ex mogli Valerie Velardi, dalla quale si era separato nel 1988, e Marsha Garces, che lasciò nel 2008. Due divorzi che, fino al 2011, gli avevano lasciato un conto da 20 milioni di dollari. Per questo aveva cercato anche di cedere la sua proprietà da 600 acri in California. “Ho messo in vendita il ranch a Napa“, aveva detto della sua casa da 35 milioni di dollari, Villa Sorriso. “Non posso più permettermela”. Nelle ultime settimane gli amici lo descrivono come “dimagrito e provato”. Una delle sue immagini  più recenti è stata postata il 30 giugno sulla pagina Facebook di un ristorante di Dairy Chain in Minnesota, dove l’attore posa accanto a un membro dello staff (foto sopra). In quel periodo Williams era in cura presso una clinica nella vicina città di Center City.

I costi della separazione dalle moglie erano al centro dei suoi pensieri negli ultimi anni. In un’intervista pubblicata dal Telegraph nel 2011 aveva spiegato che divorziare è dispendioso ed è come “strappare i genitali di un uomo usando il suo portafoglio”. Una fonte vicina a Williams ha spiegato al sito RadarOnline che, per guadagnare di più, l’attore aveva accettato anche di interpretare ruoli poco pagati e che non lo entusiasmavano, incluso il sequel di Mrs. Doubtfire. Scelte che riteneva inevitabili dal punto di vista economico, ma frustranti per la sua carriera. Il motivo? “Ci sono conti da pagare”. Ma Villa Sorriso è rimasta invenduta, nonostante avesse fatto scendere il prezzo a 29 milioni di dollari. Pur di racimolare liquidità, aveva anche tentato di mettere all’asta la sua collezione di biciclette, circa 50. 


Il ricordo di Apple – Apple dedica all’attore una pagina sul sito e una raccolta dei lavori dell’artista su iTunes. Accanto a una foto in bianco e nero di Williams – come già avvenuto per la morte di Steve Jobs e, nel dicembre scorso, di Nelson Mandela – la compagnia scrive di essere “profondamente addolorata per la scomparsa. Ci ha ispirato con la sua passione, la sua generosità e il dono della risata”. In una pagina di iTunes sono invece raccolti i capolavori dell’attore insieme al ricordo delle sue qualità professionali e umane. A poche ore dalla notizia della morte di Williams, anche il Ceo di Apple Tim Cook aveva voluto ricordare la star. “Ho il cuore spezzato. È stato un talento incomparabile e una grande persona. Riposi in pace”, aveva scritto Cook su Twitter.