lunedì 30 marzo 2015

Roma: basta festa del papà e della mamma

Fonte: http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/03/30/news/_all_asilo_basta_feste_del_papa_e_della_mamma_-110791296/

La decisione della scuola comunale Ferrini scatena la polemica Diffidato il Collegio dei docenti. "Faccia subito dietrofront". "Ci hanno spiegato che la famiglia sta cambiando e che intendono concentrarsi su altre ricorrenze: una scelta fuori legge"
  di FLAMINIA SAVELLI




Cancellate dal calendario la festa della mamma e del papà. Niente disegni, niente filastrocche, niente regalino da portare ai genitori all'uscita. Succede nella scuola dell'infanzia comunale Contardo Ferrini, in via di Villa Chigi, nel quartiere Trieste. La decisione è stata presa con una delibera del 14 ottobre, in cui si legge testualmente: "Il collegio dei docenti decide di non festeggiare la festa della mamma né del papà a causa dei continui cambiamenti della famiglia, ma di evidenziare altre feste". Ma la novità non è indolore. Anche perché, fino a pochi giorni fa, nessuno dei genitori ne era stato messo al corrente. Peggio: i papà si sono accorti di essere stati espunti dal calendario solo all'uscita di scuola il 19 marzo scorso, la festività di San Giuseppe appunto.

Indignati e infuriati, infatti i genitori delle 9 sezioni dell'istituto hanno dapprima chiesto spiegazioni alla coordinatrice scolastica. Poi sono passati alle vie legali. E mercoledì scorso hanno inviato una diffida per chiedere l'immediato annullamento della delibera: "Vogliamo che i nostri bambini possano riavere almeno la festa della mamma", argomenta Guido Rinaldi, l'avvocato (e genitore interessato) che ha avviato le procedure. E verso la dirigenza dell'istituto è subito polemica. "Contestiamo le modalità con cui la scuola ha agito, senza metterci al corrente  -  spiega Roberta Giudici, mamma di uno dei piccoli  -  Quando abbiamo chiesto spiegazioni, ci hanno risposto che la decisione era stata presa nel rispetto delle famiglie allargate e dei bimbi rimasti orfani di un genitore. Nessuno è contrario a questo principio, ma così la scuola così azzera la nostra tradizione, e non troviamo giusto che bambini tra i 3 e i 5 anni vivano in questo clima". "Vogliamo solo capire l'indirizzo educativo e decidere di conseguenza  -  aggiunge Rosa Lavini, un'altra mamma  -  Nessuno di noi è contro le famiglie allargate, ciò non toglie che vogliamo che i nostri figli crescano con la consapevolezza dei ruoli".

E non è tutto. Stando alle informazioni in possesso dei genitori, un'insegnante che aveva comunque permesso ai suoi bimbi di realizzare un disegno per la festa del papà sarebbe stata, per questo, rimproverata dalle colleghe. Attacca il consigliere regionale Fabrizio Santori: "Spero che il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, intervenga per stralciare la delibera del consiglio dei docenti, e permettere ai bimbi di celebrare almeno la festa della mamma". Ma quello del Contardo Ferrini non è un caso isolato: già nel 2013, alla materna Ugo Bartolomei, nel quartiere Africano, i docenti cancellarono la festa del papà per non mettere in difficoltà un bambino che aveva due mamme. Allora la proposta era partita da una psicologa ma, dopo le proteste dei genitori, la ricorrenza fu ripristinata e festeggiata regolarmente.

martedì 24 marzo 2015

Quella violenza psicologica sui padri separati







Roma, 20 mar – I padri sono quelli che escono maggiormente indeboliti dalla scissione della coppia e dalla conseguente involuzione del tenore di vita. Con la separazione, spesso, si vedono portare via la casa, i figli e lo stipendio. Spesso, non potendo provvedere a una nuova casa, si trovano costretti, nella migliore delle ipotesi, a tornare nella casa di origine con i propri genitori, mentre altri finiscono direttamente in macchina o nei centri di accoglienza.
 
Come se non bastasse, con la separazione, il diritto alla genitorialità viene trasformato in un “diritto di visita” limitato, nella maggior parte dei casi a due pomeriggi a settimana e a due weekend al mese: i rapporti con i figli vengono così privati di qualsiasi spontaneità, gravemente limitati nei tempi e nei modi imposti per sentenza e tutto ciò costituisce una inibizione violenta tanto dei più forti istinti naturali quanto delle sovrastrutture culturali. 

I padri subiscono, in questo senso, una violenza psicologico-relazionale generata sia dall’interruzione giuridica delle relazioni e dei legami genitoriali che dalla campagna denigratoria che un genitore compie, tramite i figli, ai danni dell’altro genitore. Nello specifico, non si prende mai in considerazione la disperazione originata dalla perdita e/o dalla mutilazione della relazione genitori-figli, l’impossibilità di condividere i compiti di cura e educazione e l’esclusione forzata da una partecipazione concreta al processo di crescita. La violenza psicologico-relazionale si aggrava quando il già limitante “diritto di visita” viene subordinato al volere del genitore che esercita un reale potere sulla prole, quando cioè il genitore affidatario (che nella quasi totalità dei casi è la madre) ostacola o impedisce gli incontri dell’altro con i figli. 

Questa esclusione, la cronica limitazione a un ruolo subalterno rispetto all’altro genitore, la mortificazione, l’inefficacia delle contromisure giuridiche e lo status di “intruso” che ne derivano sono le molle che innescano una spirale di disperazione nel padre che il nostro sistema non è in grado né di prevenire né di contenere.
C’è un paradosso di fondo perché un genitore non separato che volesse trascorrere con il proprio figlio un week end ogni 15 giorni, 6 ore nei pomeriggi infrasettimanali e una settimana l’inverno e due l’estate, sarebbe considerato da psicologi, avvocati, assistenti sociali e dai periti, un genitore trascurante.

Un genitore separato che non si accontenta di trascorrere con il proprio figlio un week end ogni 15 giorni, 6 ore nei pomeriggi infrasettimanali e una settimana l’inverno e due l’estate, è considerato un genitore che non vuole adempiere a quanto stabilito dal giudice, dunque conflittuale, potenzialmente abusante e inadempiente. Siamo di fronte a un sistema paradossale e schizofrenico che ci obbliga a concepire l’essere padre in modi paradossali e criminalizzanti. Il ruolo del padre è spesso circoscritto all’erogazione di fondi dunque, secondo questa visione, basterebbe una “giocata” fortunata e i bambini potrebbero anche diventare orfani tanto la tranquillità economica è garantita e all’educazione provvede il genitore superstite. 

Inoltre, durante la separazione, sono molto frequenti accuse strumentali di maltrattamenti e false denunce di abusi sessuali nei confronti delle stesse ex mogli o ancora peggio sui figli che segneranno per sempre la vita dell’ex coniuge che dovrà convivere con una delle accuse più infamanti come quella dell’abuso sessuale sui minori. Tramite queste false accuse le donne hanno la garanzia di ottenere l’interruzione immediata dei rapporti con i figli, che avviene spesso attraverso la fuga nei centri Anti-violenza. Questi ultimi, per quanto siano una conquista di civiltà e un punto di riferimento per la lotta contro la violenza sulle donne si basano però su una convinzione illogica: come può un’istituzione di così grande civiltà non contemplare in sé la possibilità di essere soggetto/oggetto di errori? Spesso questi centri sono strumentalizzati, ne viene fatto un uso fraudolento e vengono ridotti a un mero strumento per ottenere benefici di carattere patrimoniale e/o relazionale.

E i padri? Come verranno risarciti per questa afflizione ingiustamente subita? Chi sosterrà il loro percorso relazionale con i figli? Chi provvederà al loro sostegno psicologico ed economico? Nessuno. L’uomo è a prescindere cattivo per non essere stato un buon marito e questo si trasforma automaticamente in non essere un buon padre. Una possibile soluzione al problema sarebbe superare la logica sterile del castigo perché in questo ambito particolare, non solo il castigo priverebbe i figli del genitore ma coinvolgerebbe anche loro nella violenza psicologica relazionale.

La lotta tra sessi, e il continuo antagonismo tra generi e ruoli ha alterato l’equilibrio sociale, dinamico e giuridico tra maschile e femminile provocando inevitabilmente un disagio che coinvolge più aspetti. La logica giuridica, sotto la spinta del femminismo, ha ecceduto nella protezione dei cosiddetti “soggetti deboli”, capovolgendo il problema senza però risolverlo. La necessità di attribuire più diritti ad uno rispetto che a un altro individuo, e gruppi di individui, ha eliminato la condizione di soggetto debole sostituendola però con altri soggetti deboli.
Marta Stentella

Fonte: 
http://www.ilprimatonazionale.it/editoriale/quella-violenza-psicologica-sui-padri-separati-19401/
 

mercoledì 11 marzo 2015

Festa del papà

 

 

 

Il mese di marzo ci regala la Festa dei papà.
Sarebbe imperdonabile lasciar passare l'occasione, senza parlare di una presenza fondamentale nell'educazione dei figli. Una cosa è certa: se non rivalutiamo la figura paterna, faremo poca strada.

Papà
medaglia d'oro

Basta con i papà di carta, descritti dai libri! È mille volte preferibile mostrarli in diretta, in carne e ossa. Sono questi i veri Trattati dell'arte della paternità. Ecco, dunque, una splendida rassegna di papà che ci insegnano ben più di quanto raccontano cento pedagogisti nei loro volumi.

Il papà di Madre Teresa di Calcutta
«Era un uomo severo e da noi pretendeva molto. Ma era anche molto generoso. Donava a tutti cibo e denaro, senza farsi notare né vantarsi. Diceva sempre: "Dovete essere generosi con tutti come Dio è stato generoso con noi: ci ha dato tanto, tanto, per cui fate del bene a tutti".
Una volta mi ha detto: "Figlia mia, non prendere mai né accettare mai un boccone di pane, se non è diviso con gli altri". Un'altra volta mi disse: "L'egoismo è una malattia spirituale"».
Il papà di Enzo Biagi, scrittore
«Di mio padre ricordo la grandissima generosità, l'apertura e la disponibilità verso tutti. Non è mai passato un Natale - e il nostro era un Natale modesto - senza che alla nostra tavola non sedesse qualcuno che se la passava peggio di noi. Non è mai arrivato in ritardo allo stabilimento. E io ho imparato che bisogna fare ogni giorno la propria parte».
Il papà di san Giovanni Paolo II, papa
«Mio padre è stato meraviglioso e quasi tutti i miei ricordi d'infanzia e di adolescenza si riferiscono a lui. Era così esigente con se stesso da non aver bisogno di mostrarsi esigente con suo figlio. Il suo esempio era sufficiente a insegnare la disciplina e il senso del dovere. Era un uomo eccezionale!».
Il papà di Goffredo Parise, scrittore
«Severo, di poche parole, alto e magro, mio padre con la sua presenza fisica ha influito su di me trasmettendomi la capacità di non scompormi mai!».
Il papà di Giovanni Spadolini, politico
«Il suo amore per i libri e la biblioteca fornitissima in cui passava le giornate hanno avuto un'importanza decisiva nella mia formazione. Era un uomo di grande probità morale e di grande dedizione al lavoro. Nel 1942 e 1943 salvò molti beni di Israeliti. E non solo beni. Nel 1944 rimase ucciso sotto i bombardamenti mentre soccorreva i feriti».
Il papà di Francesca D'Acquino, attrice
«Non potrò mai dimenticare mio padre: se penso al passato, vedo soltanto lui. È stato un uomo che ha sofferto moltissimo. Ha sopportato tredici anni di malattia prima di spegnersi. Una lunga agonia. Era una persona stupenda, eccezionale. Quando studiavo all'Accademia d'arte drammatica a Roma, mi veniva sempre a prendere la sera tardi o mi aspettava alla fermata dell'autobus e, una volta a casa, anche se erano le due di notte, mi preparava la cena. Da mio padre ho imparato tanto: gli vorrò sempre bene».
Il papà di Claudio, diciannove anni
«Mio padre è stato bocciato una volta alle Medie e a scuola non era uno dei migliori. Ora, con tutto quello che ha dovuto affrontare nel lavoro, si è come illuminato. Lui è sempre lì a correggerti, ad aiutarti. Quando stai facendo un lavoro, lui ti mostra sempre un'altra possibilità di fare quella cosa. In famiglia è come una fonte di salvezza».
Il papà di Flavio Insinna, attore
«Molto severo, ma di grandissimo cuore. Un esempio da seguire nella vita di tutti i giorni. È stato il medico degli ultimi, dei più disperati, dei malati di mente, dei tossicodipendenti, dei diversamente abili. Mi ha insegnato che nella vita ci vogliono sempre generosità e la voglia di tendere la mano a chi ne ha bisogno».
Eccoli i nostri meravigliosi papà: che cosa aspetta l'Unesco a dichiararli "Patrimonio dell'Umanità"?
HANNO DETTO
• "Credo che i padri non si rendano conto di quanto i ragazzi hanno bisogno di loro" (Alessandro D'Avenia, insegnante-scrittore).
• "Oggi ne sappiamo quanto basta per comprendere che il bambino per evolversi in modo armonioso, deve poter interagire con entrambi i genitori" (Norberto Galli, pedagogista).
• "Se non rivalutiamo con equilibrio tutte e due le figure dei genitori faremo poca strada" (Antonio Miotto, psicologo).
• "È difficile pensare a Dio padre se non si è fatta l'esperienza di un padre terrestre affettuoso e provvidente" (André Godin, pedagogista).
• "I vostri figli vogliono qualcuno da rispettare! Forse non hanno il coraggio di dirvelo, ma non c'è dubbio su quello che pensano: 'Comportatevi da genitori, non da coetanei!'" (Charles Galea, pedagogista americano).
• "Le parole che un padre dice ai figli nell'intimità della casa, nessun estraneo al momento le sente, ma alla fine la loro eco raggiungerà i posteri" (J.P. Richter, scrittore tedesco).
I PROVERBI DEL PAPÀ
• In casa non c'è pace se la gallina canta e il gallo tace.
• Come canta l'abate, così risponde il frate.
• Il leopardo non perde le chiazze del padre (dal Marocco).
• Se il padre fa carnevale, ai figli tocca fare quaresima.
• Marito innamorato sa fare anche il bucato.
• Chi vuole essere capo deve fare da ponte (dall'Inghilterra).
• Prima di dirigere l'orchestra, bisogna conoscere la musica.
• Albero carico di frutti si china verso tutti.
• I passi del padre fanno l'andatura del figlio.
MEGLIO PADRE CHE GENERALE!
Douglas MacArthur era un generale americano duro, dalla tempra d'acciaio. Sorprese tutti quando si scoprì che un giorno aveva scritto: "Per professione io faccio il soldato e ne sono orgoglioso. Ma sono infinitamente più orgoglioso d'essere padre. Un soldato distrugge per poter costruire. Il padre costruisce sempre senza distruggere mai. Uno ha la potenzialità della morte, l'altro incarna la creazione e la vita. La mia speranza è che mio figlio, quando me ne sarò andato, mi ricordi non in battaglia, ma in casa, mentre recito con lui la mia preghiera quotidiana".

Tratto da: http://biesseonline.sdb.org/editoriale.aspx?a=2015&m=3&doc=9089
bit.ly/1U0k9Eo

E Dio creò il padre

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E Dio creò il padre

Quando il buon Dio decise di creare il padre, cominciò con una struttura piuttosto alta e robusta. Allora un angelo che era lì vicino gli chiese: «Ma che razza di padre è questo? Se i bambini li farai alti come un soldo di cacio, perché hai fatto il padre così grande? Non potrà giocare con le biglie senza mettersi in ginocchio, rimboccare le coperte al suo bambino senza chinarsi e nemmeno baciarlo senza quasi piegarsi in due!».
Dio sorrise e rispose: «È vero, ma se lo faccio piccolo come un bambino, i bambini non avranno nessuno su cui alzare lo sguardo».
Quando poi fece le mani del padre, Dio le modellò abbastanza grandi e muscolose.
L'angelo scosse la testa e disse: «Ma... mani così grandi non possono aprire e chiudere spille da balia, abbottonare e sbottonare bottoncini e nemmeno legare treccine o togliere una scheggia da un dito». Dio sorrise e disse: «Lo so, ma sono abbastanza grandi per contenere tutto quello che c'è nelle tasche di un bambino e abbastanza piccole per poter stringere nel palmo il suo visetto».
Dio stava creando i due più grossi piedi che si fossero mai visti, quando l'angelo sbottò: «Non è giusto. Credi davvero che queste due barcacce riuscirebbero a saltar fuori dal letto la mattina presto quando il bebè piange? O a passare fra un nugolo di bambini che giocano, senza schiacciarne per lo meno due?».
Dio sorrise e rispose: «Sta' tranquillo, andranno benissimo. Vedrai: serviranno a tenere in bilico un bambino che vuol giocare a cavalluccio o a scacciare i topi nella casa di campagna oppure a sfoggiare scarpe che non andrebbero bene a nessun altro».
Dio lavorò tutta la notte, dando al padre poche parole ma una voce ferma e autorevole; occhi che vedevano tutto, eppure rimanevano calmi e tolleranti.
Infine, dopo essere rimasto un po' soprappensiero, aggiunse un ultimo tocco: le lacrime.
Poi si volse all'angelo e domandò: «E adesso sei convinto che un padre possa amare quanto una madre?».
Una signora confidò: «È qualche anno che è morto mio padre e ancora sento fortemente il rimorso di non avergli mai detto: "Papà, ti voglio bene"».
Oggi è il giorno giusto.
Ovunque sia tuo padre, diglielo!



http://biesseonline.sdb.org/editoriale.aspx?a=2015&m=3&doc=9089 

Linea rosa: "Papà oggi sei buono o cattivo?"

FOnte: http://www.adiantum.it/public/3627-ravenna,-anche-il-patrocinio-della-presidenza-del-consiglio-al-convegno-sessista-di-linea-rosa.asp?nuovo=true

"Papà, oggi sei buono o cattivo ?". E' il titolo di un convegno organizzato da "Linea Rosa" e in calendario a Ravenna per il 5 marzo. Sottotitolo: "La violenza familiare davanti ai bambini: riconoscimento e strategie possibili".
Non sorprende l'intento discriminatorio di "Linea Rosa", noto centro antiviolenza facente parte di una rete nazionale che ha come attività quella di "..accoglienza e ospitalità di donne con o senza bambini che subiscono maltrattamenti o violenze", svolta tramite "2 case rifugio ad indirizzo segreto e 1 per ospitalità di donne in situazione di disagio sociale". Le pagine del loro sito web, al pari di tanti altri dello stesso tipo, è un autentico concentrato di odio e luoghi comuni sugli uomini e sulla "violenza maschile contro le donne" che tanti contributi - milioni di euro, non spiccioli - attrae ogni anno dalle casse dello Stato per giungere a quelle della rete nazionale A.V..
Sorprende che anche autorevoli "sponsor" abbiamo frettolosamente abbinato la propria immagine a quella di un "incontro pubblico" di chiaro stampo sessista contro il genere maschile e, segnatamente, contro i "genitori che non partoriscono". Dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ai Lions, passando per la Fondazione Movimento Bambino (...), gli sponsor fioccano.
Fa scandalizzare, però, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - in buona compagnia di Provincia e Comune di Ravenna - abbia patrocinato moralmente un simile evento che, in tutta evidenza, fin dal titolo si mostra contro i padri.
I buoni conoscitori dei processi decisionali dell'Ufficio di Presidenza affermano che la locandina, probabilmente, non sia stata trasmessa (a Comune e Provincia, però, pare sia regolarmente arrivata) o trasmessa in bozza, ben prima della sua stesura definitiva. Non si spiega, altrimenti, come i dirigenti renziani non abbiamo levato gli scudi di fronte al chiarissimo indirizzo discriminatorio dei contenuti. 
Per questo motivo, tutti gli sponsor - e in special modo l'ufficio di Presidenza - stanno ricevendo in queste ore una lettera formale di protesta indirizzata dal Presidente di ADIANTUM, prof. Giacomo Rotoli, inviata per conoscenza anche al titolare del Dipartimento delle Pari Opportunità, sebbene quest'ultimo rechi, in bella evidenza nella home page, il numero antistalking 1522 dedicato solo alle vittime femminili (al 30% di vittime maschili nisba) e il link alla rete dei centri antiviolenza di cui, ovviamente, Linea Rosa fa parte.
Peccato che, secondo lo studio quinquennale di Telefono Azzurro (2008 - 2013) il responsabile dell’abuso in famiglia è di sesso femminile nel 46,6% dei casi (e maschile nel 53,4%). Nei casi di abuso sessuale il responsabile è frequentemente un soggetto di sesso maschile (88,1% - 11,9% di sesso femminile), mentre nei casi di trascuratezza è più spesso coinvolto un responsabile di sesso femminile (64,1%), frequentemente la madre.
Questo, l'ufficio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, deve averlo dimenticato.
Vorrà dire che glielo ricorderemo.
Nel frattempo, a Ravenna saranno presenti osservatori di ADIANTUM, al fine di documentare la correttezza (o meno) dell'informazione che verrà fornita agli intervenuti. Trattandosi di un incontro pubblico, riteniamo di non aver bisogno dell'invito.

Fonte: Redazione







Vezzetti: meglio l'affido condiviso



L'esposizione del Dott. Vittorio Vezzetti, raccoglie ciò che viene
indicata come la raccolta informativa di evidenze a livello mondiale
sull'Affido materialmente Condiviso.
Le valutazioni di tipo psicologico e
medico che vengono evidenziate da alcuni scienziati e medici specializzati
in età evolutiva e analisi comportamentale dell'infanzia,  rappresentano il
cuore dell'analisi ed il punto di vista da cui si possono guardare alcuni
eventi con occhio professionale ma soprattutto clinico.

 *Nello specifico*
 il problema dei figli di genitori separati rappresenta un'emergenza in
costante crescita non solo, come si pensa, sotto il profilo sociale e
giuridico ma anche - per quel che qui interessa - sotto il profilo
medico-sanitario
. La rottura del nucleo genitoriale porta in quasi tutto il
mondo occidentale alla frequente perdita della figura e del ruolo di un
genitore con conseguenti danni da "parental loss" e "childhood adversity".
 I danni sono chiari, sia da un punto di vista *medico scientifico *che
appunto* socio-sanitario*.
  Ricordiamo i danni bioumorali, ormonali e persino cromosomici derivanti
dalla *parental loss* e dalla *childhood adversity*. Alcune ricerche su
vasta scala hanno evidenziato seri danni alla salute di minori figli di
coppie separate che dopo il divorzio si sono trovati a vivere una
situazione di monogenitorialità, con riflessi legati all'uso di droghe,
tabacco, alcool, sulla vittimizzazione (intesa come bullismo e violenza
fisica agiti e subiti) e soprattutto sul *distress* mentale. insoddisfazione
scolastica, bassa qualità di vita e malattia psichica.

*Da Norimberga un autorevole contributo*
E' di recente pubblicazione il testo "Wechselmodell" nel quale la
professoressa dell'università di Norimberga Hildegunde Sunderhauf ha
selezionato gli unici 50 studi sulle modalità di affido dei minori,
pubblicati tra il 1977 e il 2014, su riviste internazionali
scientificamente riconosciute. Nella sua metanalisi l'autrice ha analizzato
in modo rigoroso le conclusioni dei singoli studi e le loro interazioni,
traendone una valutazione complessiva, le cui considerazioni finali
appaiono inequivocabili: 2 studi (4 per cento) hanno dato risultati
negativi rispetto all'affido materialmente condiviso; in 11 studi sono
stati segnalati effetti negativi neutralizzati da altri effetti positivi;
mentre 37 degli articoli presi in considerazione (74 per cento), hanno
prodotto inequivocabili risultati positivi per l'affido materialmente
condiviso;

sulla rivista dell'Associazione degli psicologi americani (APA) è stato
inoltre pubblicato recentemente un articolo scientifico che contiene una
revisione metanalitica dei più autorevoli studi mondiali sul tema
dell'affido condiviso di bambini sotto i 4 anni. L'articolo (che ha
ricevuto l'endorsement di 110 studiosi internazionali) conclude
testualmente: <<In generale i risultati degli studi rivisitati in questo
documento sono favorevoli ai piani genitoriali che bilanciano il tempo dei
bambini piccoli tra le due case in modo il più uguale possibile. Il
pernottamento dei bambini nella casa del papà non crea problemi, ma
favorisce nei bambini la consapevolezza che l'accudimento è compito di
entrambi i genitori e non di uno solo di loro. (Warshak, 2014)>>.

 *Cosa succede altrove*

Il vantaggio che parte dell' Europa e degli USA mostra nei confronti
dell'Italia è riconducibile ad un sostanziale confronto anticipato verso
leggi e fenomeni sociali manifestatisi prima rispetto a noi sia in ordine
di tempo che di conseguente organizzazione. Mentre il nostro paese mostra
una lentezza verso i temi che riguardano la società ed il costume
certamente preoccupante.
 L'attenzionalità verso i fenomeni sociali legati a separazioni e divorzi è
parte della storia dei paesi europei e americani che per primi si sono
adoperati per creare premesse di benessere, attraverso leggi e
modificazioni delle stesse, ma anche attraverso attente valutazioni
centrate su di un parametro essenziale per definire il benessere della
popolazione: *la valutazione medico scientifica*.

 Aspetto quello dell'*osservazione scientifica* avulso da concetti
ideologici ed inquadrabile nell'area del pragmatismo più assoluto. A
problema oppongo soluzione.
 Solamente l'*osservazione scientifica*, infatti, comprova sostanzialmente
l'efficacia di leggi ed intuizioni comuni, in sostanza se la prevenzione ha
da sempre mostrato quanto un fenomeno negativo possa essere letto,
contenuto e limitato è altrettanto merito di una seria attività valutativa
la misurazione della reale efficacia degli effetti prodotti degli *accorgimenti
istituzionali* adottati da un paese.

 *Nella pratica*

Non possiamo dunque prescindere dal compiere il passo numero uno, la
valutazione medico scientifica dopodichè la prevenzione è seconda nell'
analisi valutativa e a seguire si adottano gli strumenti frutto di queste
riflessioni.

 *Alcune strategie preventive*

 Così ecco che l'uso delle cinture di sicurezza nelle auto ha ridotto
drasticamente danni e decessi, lo stesso dicasi per l'uso del casco
destinato ai motociclisti. Davanti ad un fenomeno drammatico diviene
strategico adeguare strumenti e misure, apporre correttivi che impediscano
l'allargarsi del fenomeno al fine di ridurlo o annullarlo. In questo senso
si muove anche la medicina nella direzione dello sconfiggere la malattia e
debellarne le cause scatenanti, anche il vaccino antivaioloso, inventato da
Jenner, nacque dall'osservazione che chi faceva il vaiolo benigno delle
mucche non conseguiva quello mortale degli uomini.

 Questa è anche la premessa ed il taglio dell'*interrogazione parlamentare*
che intendiamo sottoporre al Ministero della Salute affinchè ci si adegui a
standard europei, ma non solo, e ci si incammini verso soluzioni condivise
- condivisibili, volte ad accelerare la corsa del nostro paese per
raggiungere quelli che prima di lui hanno spianato la strada, che distano
ancora tanto ma non per questo sono irraggiungibili.
 Pur consapevoli che anche la velocità di reazione sarà il segnale di una
volontà di adeguamento, non possiamo che sperare che l'uragano Renzi sappia
cogliere questa opportunità.

martedì 10 marzo 2015

L'esilio di Dio



LA REPUBBLICA: La democrazia deve chiedere l’esilio di Dio

Articolo di Paolo Flores d’Arcais (Repubblica 9.3.15)

“”La laicità è diventata una questione di vita e di morte, alla lettera. Costituisce, non a caso, la questione cruciale della democrazia. Anche se lo avevamo dimenticato, se avevamo dato la laicità per acquisita, al punto che anche il pensiero “laico” prestigioso ne teorizzava il superamento come inveramento (l’immancabile Aufhebung hegeliano): la società post-secolare. Il 7 gennaio il terrorismo islamico ha riportato le democrazie alla realtà: la strage della redazione di Charlie Hebdo è una dichiarazione di guerra alla libertà d’espressione, alla laicità, al disincanto, alla modernità, cioè alle stratificazioni logiche e storiche via via più lontane e più profonde che fanno da fondamenta della democrazia. Che questa progressione di fondamenta fosse la posta in gioco lo ha capito la passione illuminista e repubblicana delle masse di Parigi e dell’intera Francia, con la più grande manifestazione di piazza mai registrata dai tempi eroici della Liberazione.
L’emozione popolare — ancora più significativamente se inconsciamente — ha rappresentato il massimo di lucidità e comprensione razionale dell’evento: i terroristi hanno voluto mirare al cuore delle libertà “occidentali” in quanto libertà tout court: la coerenza del disincanto. Uno scontro di civiltà che non contrappone islam a mondo giudaico-cristiano, ma che divide e mette in conflitto all’interno di entrambi e di ogni altra costellazione cultural-geo-politica. Non la guerra santa tra religioni, infatti, ma la guerra del Sacro contro l’autosnomos, il “darsi da sé la legge”, la sovranità di Homo sapiens su sé stesso, che sostituisce su questa terra l’eterosnomos, la sovranità di Dio, come fonte di legittimità nel dettare gli ordinamenti, i valori, i diritti e i doveri di ciascuno.
Una guerra che divide il laico intransigente dal laico accomodante assai più che il credente dal non credente, ed evidenzia i due grandi “partiti” storici che percorrono l’Occidente, quello della coerenza o dell’ipocrisia rispetto al disincanto e alla sua logica. La laicità è un corollario del disincanto, e la libertà fino all’irrisione di ogni potere è il corollario di entrambi, lo svolgimento pieno dell’ autosnomos, il cui culmine è dunque quello libertario (e libertino) che proclama: ni Dieu ni maître .

Se la religione nella sfera pubblica è addirittura un valore aggiunto, come ripete da anni Habermas in un crescendo, l’“argomento Dio” deve avere piena legittimità nella discussione politica, nei comizi elettorali, nei dibattiti televisivi.
Di conseguenza, questo stesso argomento ha pieno titolo per risuonare nelle aule parlamentari quale motivazione per avanzare, approvare, rifiutare una proposta di legge. Sarebbe paradossale e incongruo che una giustificazione valida per decidere, nel dialogos tra cittadini, chi scegliere quali rappresentanti della propria sovranità, fosse poi bandita dal confronto con cui i “deputati” di quella stessa sovranità arrivano a decretare la legge. Se però la volontà di Dio costituisce una buona ragione democratica per statuire le misure normative che vincolano tutti i cittadini, a maggior ragione varrà come motivo da invocare nelle aule dei tribunali e nelle relative sentenze, con cui si applica la norma generale e astratta alle fattispecie concrete dei casi singoli.
 
 Ma c’è qualcuno, che si proclami laico (e non importa con quali aggettivi limitativi), disposto ad ammettere che si condanni o assolva un imputato perché “Dio lo vuole”? Le pretese teocratiche ne sarebbero perfettamente soddisfatte. La sfera pubblica è una e indivisibile, anche e proprio per la ricchezza e la pluralità delle sue articolazioni, che la rendono una complessità circolare di ambiti comunicanti. Se il nomos di Dio è ammissibile in uno di essi non può essere escluso dagli altri. L’alternativa perciò è secca. O l’esilio di Dio dall’intera sfera pubblica, o l’irruzione del Suo volere sovrano — dettato come sharia o altrimenti decifrato — in ogni fibra della vita associata. Aut aut. Ecco perché è inerente alla democrazia l’ostracismo di Dio, della sua parola e dei suoi simboli, da ogni luogo dove protagonista sia il cittadino: scuola compresa, e anzi scuola innanzitutto, poiché ambito della sua formazione. Al fedele restano chiese, moschee, sinagoghe, e la sfera privata “in interiore homine”.

Il “darsi da sé la legge”, anziché obbedire a quella eterna di Dio, che fa di Homo sapiens il creatore e signore della norma, possiede una logica incontenibile. Una volta assunta, cioè scatenata dai ceppi dell’ eteros divino, deve incarnarsi progressivamente nelle successive conquiste storiche di universalizzazione dell’ autos umano: dalla laicità di “etsi Deus non daretur” per i sovrani, che per i sudditi suona “cuius regio, eius religio”, alla spartizione di sovranità con parlamenti rappresentativi censitari, alla “liberté” intrecciata a “égalité” e “fraternité” del primo suffragio “universale”, alla sua implementazione con il voto alle donne. Oppure regredire e dileguare nella restaurazione di eteronomia del Sacro. Fino alla feccia, eventualmente: la teocrazia.
Ma quale eteros, se l’Unico Dio è diventato plurale? Dopo che i monoteismi hanno soppiantato i tolleranti pantheon “pagani”, ibridabili e interscambiabili, la volontà di Dio, per funzionare da ordinatore sociale, deve essere Una. Il Nomos cui si deve obbedienza, per essere da tutti riconosciuto quale fonte tranquillizzante di senso e di sicurezza, deve essere incontrovertibile, dunque necessariamente Uno. L’eresia, se non viene cancellata sul nascere dal rogo e si afferma come interpretazione alternativa, lo mina irrimediabilmente. L’Altro e Alto, se non resta Uno, se ormai scisso, diventa polemos, consegnato a un’ordalia interminabile.
Ma il giudizio di Dio è visibile solo come verdetto del campo di battaglia. Per non distruggere nelle guerre di religione le società che deve governare, la sovranità del Nomos divino deve dunque essere neutralizzata. L’istinto di sopravvivenza ha forzato l’Europa dei sovrani ad accogliere l’empia invasione della laicità, che vedrà infine i barbari — terzo stato e sanculotti — impadronirsi della sovranità tagliando la testa ai Sovrani.

Una volta istituita la sfera pubblica in forma democratica, rilegittimarvi Dio vuole dire inocularvi il virus che rende incombente e in agguato l’intero percorso a ritroso, fino alla guerra civile di religione, potenziale e permanente. Perciò. La religione è compatibile con la democrazia solo se disponibile e assuefatta all’esilio di Dio dalle vicende e dai conflitti della cittadinanza, solo se pronta a praticare il primo comandamento della sovranità repubblicana: non pronunciare il nome di Dio in luogo pubblico.

La religione è compatibile con la democrazia solo se addomesticata, cioè convertita all’autonomia assoluta della norma civile rispetto alla legge religiosa. Solo se persuasa che la sanzione spirituale del peccato non può pretendere il soccorso del braccio secolare che lo renda reato. Di più, la religione deve accettare la libertà del peccato come diritto di ogni cittadino: il peccato mortale garantito e protetto dalla legge, se così ha deciso la sovranità dell’ autosnomos. Accettare e interiorizzare.
 
Le religioni compatibili con la democrazia sono dunque religioni docili, che hanno rinunciato a ogni fede militante (di sharia e martiri o di legionari di Cristo e altre comunioni e liberazioni) che intenda far valere nel secolo la morale religiosa. Sono religioni sottomesse, che hanno interiorizzato l’inferiorità della “legge di Dio” rispetto alla volontà sovrana degli uomini su questa terra. Sono religioni riformate, perché avvezzano il fedele a una vita serenamente scissa tra l’ordinamento della salvezza e l’ordinamento della convivenza, tra l’obbedienza personale ai comandamenti divini e la doverosa promozione della libertà di ciascun altro di violarli.””

Fonte: http://apocalisselaica.net/la-democrazia-deve-chiedere-lesilio-di-dio/