Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/se-l8-marzo-diventa-festa-dellodio-1502967.html
Autore: Barbara Benedettelli
Ieri, 8 marzo 2018 (non 1968), invece
delle mimose abbiamo il «Piano». Il movimento femminista «Non Una di
Meno» sciopera contro ogni discriminazione di genere (tranne quello
maschile) e ogni forma di violenza sulle donne.
Battaglia nobile, ma oggi, Giornata Internazionale della Donna,
sono milioni quelle (e quelli) alle prese con problemi concreti. I
malati - e tra questi c'è anche chi è in fase terminale - sono costretti
a fare a meno dei loro familiari; chi aspettava da mesi un'importante
visita medica finalmente assegnata, deve rimandarla a chissà quando; chi
aveva un colloquio di lavoro decisivo, o una riunione che poteva valere
un avanzamento di carriera, potrebbe perdere l'occasione. La conta dei
disagi è lunga. Lo è ancora di più per chi non può permettersi un taxi,
un autista, un'automobile. Per chi, al di là del sesso, ha un lavoro
precario o non ce l'ha affatto.
È quanto meno singolare battersi perché
le donne abbiano un'autonomia economica e un lavoro sicuro,
costringendole a perdere una possibilità.
E perché? Per presentare il
«Piano femminista contro la violenza maschile». I sindacati che
supportano questo gruppo politico estremista di donne in gran parte
appartenenti alla comunità LGBT (Lesbiche Gay Bisex Transgender), che
hanno idee diverse sui due sessi dalla maggior parte dei comuni mortali
etero, lo hanno letto? Una visione del mondo da rispettare, sia chiaro.
Ma che non può essere imposta all'intero paese.
«Sovvertiamo» è una
delle parole che emergono nel sito del movimento, secondo il quale il
patriarcato in Italia è ancora vigente: ogni donna è oppressa, dominata,
costretta dal maschio dentro le mura di casa; il capitalismo è un
demone, però chiedono «il reddito di autodeterminazione, un salario
minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile». E
niente precariato per le donne.
Un problema, quello del lavoro a spot,
che non riguarda solo loro, siamo tutti precari in una società satura e
liquida, per dirla con Bauman. Ma chissenefrega, bisogna «sovvertire»: i
diritti civili come la natura. Conta solo un genere, quello femminile.
La mascolinità è un insulto e ai generali problemi produttivi, si
aggiungono quelli ri-produttivi: fare figli è ormai un ostacolo a una
libertà che non si sa più neanche da cosa.
Ma tolto di mezzo un padrone
se ne fa un altro. Oggi in piazza a gridare contro l'uomo nero ci sono
femmine contro maschi, dunque anche contro i padri, i fratelli, i figli,
i compagni. Perché se la contemporaneità è sregolata, indefinita,
caotica, frammentata è colpa loro, in quanto maschi. Non sarebbe stato
più utile aprire un tavolo per discutere i problemi reciproci? Un invito
da parte delle donne nella giornata a noi dedicata per sconfiggere il
vero demone della modernità: l'assenza di dialogo, l'isolamento
progressivo nella sfera individuale e nel delirio collettivo paranoico
che si mangia la realtà sostituendosi a essa. Invece odio è la parola
d'ordine. Potrebbe cristallizzarsi in qualsiasi banalità, in qualsiasi
pignoleria, in qualsiasi cifra. Ecco perché oggi avrei preferito vedere
la nascita di un'alleanza di ferro tra maschi e femmine, in una società
post-fallica, certo. Ma anche post-uterina.
Noi, cittadini italiani e uomini perbene, riteniamo che recenti
iniziative legislative e culturali orientate all’ossessiva demolizione
della figura maschile e paterna si configurino come attacchi al nostro
ordinamento costituzionale e al nostro Stato di Diritto, e per questo
siano causa di diffuse iniquità verso un intero genere e, cosa ancora
più grave, verso le nuove generazioni rappresentate dai nostri figli.
Noi, cittadini italiani e uomini perbene, nella convinzione che non
vi siano democrazia e libertà senza giustizia, riteniamo che sia non più
rimandabile un riequilibrio rispetto all’eccesso di disposizioni
legislative e prassi giurisprudenziali ostili e discriminatorie verso il
genere maschile, nonché un corrispondente adeguamento che ponga
l’ordinamento del nostro paese conforme ai diversi impegni
internazionali assunti.
Noi, cittadini italiani e uomini perbene, assumiamo questa iniziativa
con l’obiettivo primario di promuovere un totale superamento dei
conflitti di genere artificiosamente generati dalle politiche messe in
atto finora, e al fine di impostare un nuovo terreno di riconciliazione
che ponga le basi per nuove modalità di relazione proiettate nel futuro,
dunque primariamente nella tutela dei bambini, dei minori, dei figli.
Noi, cittadini italiani e uomini perbene, alla luce di tutto ciò, qui
rinunciamo volontariamente a ogni nostra convinzione, a ogni nostro
ideale o ideologia, a ogni riferimento culturale territoriale,
religioso, razziale o di qualsivoglia altra natura, e ci rendiamo
disponibili a concedere il nostro voto, e a invitare chi ci è vicino a
concedere il proprio, al partito o movimento politico che si impegni
pubblicamente e ufficialmente, tramite il proprio leader, segretario o
portavoce, ad acquisire nel proprio programma elettorale e poi a
realizzare i punti programmatici qui di seguito illustrati.
SEZIONE 1 – AFFIDO CONDIVISO 1)Riconoscimento giuridico dello status di
soggetto debole e di importanza nazionale per i minori di 18 anni e
conseguente assunzione da parte dello Stato di misure atte a prevenire
ogni privazione o abuso su di essi, assumendo e rispettando le varie
convenzioni e dichiarazioni internazionali sulla salute del fanciullo
ratificate dal nostro paese, e riconoscendo tale status come priorità
nazionale; i bambini sono il futuro e in quanto tali vanno protetti e
cresciuti sani da ogni punto di vista. È una necessità nazionale di
altissima importanza.
2) Riconoscimento del ruolo dei due genitori
come prioritario, insostituibile e necessario, perseguendo penalmente
ogni comportamento teso ad escludere uno dei genitori dalla cura del
figlio e dal di lui diritto affettivo e di cura quotidiana, riconoscendo
come necessaria la frequentazione paritaria ed effettiva dei due
genitori. Inoltre, ogni sostituzione dei ruoli e delle possibilità di
cura materiale dei figli da parte delle istituzioni deve avvenire solo
per comprovati e gravi motivi che ne escludano la valenza di abuso su
minorenne. In tutti gli altri casi lo Stato deve assumere ogni misura
atta a sostenere, recuperare o rafforzare la capacità genitoriale o la
possibilità del suo svolgimento, destinando ogni risorsa finanziaria non
già alla sostituzione delle figure genitoriali ma al loro rafforzamento
ed al miglioramento della vita familiare (ad esempio sussidi alla
famiglia in difficoltà economica invece della collocazione dei bambini
in case famiglia), reperendo le risorse da una riarticolazione degli
stanziamenti destinati alle politiche familiari e delle pari
opportunità, come delineato dalla seguente SEZIONE 2.
3) Modifica dell’Articolo 30 della Costituzione
(attualmente così formulato: “è dovere e diritto dei genitori
mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che
siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del
matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti
dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti
per la ricerca della paternità”) in “è dovere e diritto dei genitori
FREQUENTARE, mantenere, istruire ed educare i figli, IN MODO DIRETTO,
EQUILIBRATO E CONTINUATIVO, anche se nati fuori del matrimonio ED ANCHE
IN CASO DI SCIOGLIMENTO DELLA FAMIGLIA. Nei casi di incapacità dei
genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti,
PREDILIGENDO COMUNQUE STRUMENTI DI AIUTO E DI TUTELA DELLA GENITORIALITÀ
NATURALE. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni
tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima. La legge detta le norme PER AGEVOLARE la ricerca
della paternità”.
4)Modifica dell’articolo 31 della
Costituzione, (attualmente così formulato: “La Repubblica agevola con
misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle
famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù,
favorendo gli istituti necessari a tale scopo”) in “La Repubblica
agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione E CURA
della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare
riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità E LA PATERNITÀ,
l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale
scopo”.
5) Riconoscimento della necessità di risolvere
le questioni relative ai minori in tempi immediati, tramite istituzione
di corsie preferenziali nei Tribunali, procedure urgenti e brevissime,
completamento dei procedimenti in tempi straordinari, a protezione della
loro salute. I tempi attuali della giustizia sono gravemente dannosi
per i bambini ed i conseguenti danni sono irrecuperabili.
6) Equiparazione TOTALE delle due figure
genitoriali, equamente necessarie e fondamentali per la salute del
bambino. Ogni privazione o indebolimento della presenza di uno dei due
genitori naturali è da considerarsi privazione grave su soggetto debole.
Così come la scomparsa di un genitore è unanimemente riconosciuta come
fonte di sofferenza, altrettanto lo è il suo allontanamento dal minore e
la privazione del godimento della sua presenza.
7) Riconoscimento della bigenitorialità
effettiva e del completo bilanciamento delle due figure come emergenza
nazionale e priorità per la salute dei cittadini, con conseguente
adozione di ogni misura atta a proteggere tale principio.
8) Modifica della Legge 54/2006 e del D.Lgs 154 28/12/2013, secondo le seguenti direttrici:
a) eliminazione di ogni discrezionalità del giudice su tempi di
frequentazione e modalità economiche ed ogni differenza tra i due
genitori (prioritaria l’eliminazione della figura del genitore
“collocatario”), in applicazione dei tempi paritari, con un massimo di
asimmetria del 10% annuo di presenza con un genitore;
b) eliminazione di ogni assegno perequativo, in favore del
mantenimento diretto: ogni genitore provvede per il figlio mentre si
trova con lui;
c) istituzione di un conto comune per ogni figlio, per le spese
straordinarie da concordare e per quelle irrinunciabili, quali
emergenze sanitarie (stabilite per legge da apposita tabella nazionale)
fatto salvo ogni altro obbligo di ulteriore provvidenza in caso non vi
fosse adeguata disponibilità sul suddetto conto, da rendicontare
reciprocamente, con obbligo di versamento mensile da parte dei due
genitori in proporzione al loro reddito ed in misura percentuale (3%)
sul reddito stabilita per legge su scala nazionale. Tali importi non
possono essere utilizzati per spese non presenti nella suddetta tabella
(ogni abuso dovrà essere perseguito penalmente) e al compimento del
diciottesimo anno le somme rimanenti saranno devolute al figlio ed il
conto comune verrà cessato;
d) automatismo, al compimento del diciottesimo anno di età,
della cessazione di ogni vincolo economico e di qualsiasi provvedimento
inerente, tra i genitori nei riguardi della gestione del figlio e
conseguente adozione degli impegni reciproci tra genitori e prole
direttamente tra i soggetti interessati, come stabilito dalla legge sul
reciproco sostegno tra genitori e figli;
e) scelta, in fase di separazione, tra le seguenti opzioni di gestione della casa comune:
– Se di proprietà:
i. vendita e conseguente distribuzione del ricavato in
proporzione alle quote di proprietà. Tale opzione prioritaria deve
essere applicata anche nel caso di volontà di un solo genitore, e
prevede sempre la prelazione sull’acquisto da parte dell’altro;
ii. utilizzo da parte di uno dei due genitori con relativo
contributo all’altro genitore in proporzione all’altrui quota di
proprietà nella misura del valore di affitto sul mercato. Il genitore
con la quota di proprietà più alta ha la facoltà prioritaria nel
rimanere nella casa;
iii. alternanza dei genitori nella casa comune (nei propri tempi
di frequentazione) fino al diciottesimo anno, che diviene residenza
solo del figlio ma resta in proprietà dei genitori nelle proporzioni
originarie. In caso di disaccordo sulle tre opzioni proposte, si applica
per legge la opzione i.
– Se in affitto:
iv. cessazione della locazione;
v. assunzione del contratto di affitto da parte di uno dei due genitori che provvederà in toto al relativo pagamento;
vi. alternanza dei genitori (nei propri tempi di frequentazione)
e la casa diviene residenza del figlio, con assunzione delle rate di
affitto e delle spese al 50% tra i genitori. In nessun caso è previsto
alcun contributo di affitto tra i genitori. In caso di disaccordo tra le
opzioni, verrà applicata per legge l’opzione i.
9) Considerando prioritaria per la sua salute
psicofisica la frequentazione del figlio con entrambi i genitori
naturali ed i due rami parentali, il figlio rimane residente ove si
trovava prima della separazione dei genitori o in un raggio di 5 km (a
meno di accordi tra le parti), e chi si allontana da tale luogo
volontariamente ne assume i costi di trasferimento andata e ritorno per
sé e per il figlio nei giorni di propria frequentazione. Lo Stato assume
ogni misura atta a favorire e supportare la presenza di entrambi i
genitori entro una distanza di 30 km dal figlio. Nel caso eventuali
trasferimenti a distanze maggiori siano imposti per motivi di lavoro o
personali, si avranno due scelte:
a. se imposti dal datore di lavoro, lo Stato assume ogni forma
di possibile incentivo all’avvicinamento (ad esempio priorità in
graduatoria per dipendenti pubblici, misure di limitazione
all’allontanamento nel caso di impresa non pubblica o agevolazioni per
il riavvicinamento, cambio mansioni), oppure assume ogni possibile forma
di supporto ai trasferimenti (sussidi per spostamenti e case popolari
quando si trova fuori sede), reperendo le risorse da una riarticolazione
degli stanziamenti destinati alle politiche familiari e delle pari
opportunità, come delineato dalla seguente SEZIONE 2;
b. se scelti dal genitori per comprovati motivi di oggettiva
necessità, lo Stato assume le forme sopradette di sussidio. Se non
comprovati, il genitore si assume ogni onere necessario ad essere
presente nel luogo di origine nei tempi di frequentazione del figlio.
10)Revisione della figura dell’assistente sociale
e dei Servizi Sociali alla famiglia, dove il principio di prevenzione
(tramite aiuto e sostegno anche economico) deve essere prioritario a
quello di intervento sui disagi, considerando virtuose non già le
Regioni con alte risoluzioni di situazioni sociali ma quelle con basse
necessità di intervento post-evento. In tale luce, le case-famiglia o le
comunità di accoglienza devono divenire l’ultima possibilità,
residuale, da applicare dopo aver fatto ogni altro tentativo e devono
avere carattere temporaneo (non più di 15 giorni per ogni provvedimento
di allontanamento da uno o due genitori). L’accoglienza di un minorenne
in tali strutture deve essere prima vagliata da apposita Commissione
Nazionale composta da esperti psicologici, psichiatri, sanitari e
giuridici, con procedure urgenti.
11) Le disposizioni sopra esplicitate dovranno
avere effetto retroattivo, ovvero ci dovrà essere la possibilità per gli
interessati di chiedere la revisione di un precedente processo di
separazione che si ritenga sia stato gestito e risolto de facto non
in ottemperanza con i principi esposti e non in conformità con le
convenzioni, i trattati e le dichiarazioni internazionali ratificate
dall’Italia per la difesa e l’interesse dell’infanzia, stanti tutte le
conseguenze riparatorie derivanti, la cui definizione viene delegata al
giudice revisore.
SEZIONE 2 – QUALIFICA E REGOLAMENTAZIONE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA E AFFINI
1) Fissazione di qualifiche specializzate per
l’apertura, la gestione e l’attività interna a entità territoriali cui
venga affidata l’assistenza ai casi critici legati alla violenza
domestica e similari, ovvero regolamentazione del settore dei centri
anti-violenza, case-famiglia, case-rifugio e affini. L’apertura e
gestione di una di queste strutture sarà possibile, per legge, solo se i
promotori sono in possesso di qualifiche riconosciute quali lauree di
secondo livello in psicologia, medicina, sociologia, criminologia,
pedagogia (a seconda degli indirizzi delle strutture), integrate da
comprovate esperienze professionali qualificanti nel settore di almeno
cinque anni. L’impiego operativo in queste strutture dovrà essere
affidato solo a operatori socio sanitari o socio assistenziali o
comunque in possesso di una qualifica specifica riconosciuta dallo
Stato.
2) I soggetti giuridici cui potranno essere
affidate attività di assistenza ai casi critici legati alla violenza
domestica e affini, con le relative risorse, per legge non potranno
configurarsi come associazioni, ma dovranno avere una forma giuridica
d’impresa a scelta tra quelle disponibili nell’ordinamento italiano.
Esse e gli accessi da esse gestiti dovranno venire registrati in un
database unico afferente al Ministero dell’Interno atto a evitare la
duplicazione nella registrazione degli accessi, e riceveranno fondi
pubblici sulla base del numero di prestazioni effettuate e della qualità
e risolutività degli interventi, pur mantenendo libertà di erogare
servizi privati a pagamento. Nel caso di acquisizione di fondi di natura
pubblica, esse saranno obbligate a presentare agli enti erogatori,
sotto la vigilanza della Corte dei Conti, rendiconti annuali delle spese
sostenute con relative evidenze. La qualità e trasparenza del servizio
dovrà essere per tutte asseverata dall’ottenimento e mantenimento della
Certificazione ISO 9001:2015.
3) Tutte le entità di questo tipo, con
speciale riguardo per le case-famiglia e le case-rifugio, dovranno
essere per legge attrezzate paritariamente per l’accoglienza e
assistenza di uomini e donne.
SEZIONE 3 – REVISIONE DEL CODICE PENALE DISINCENTIVANTE GLI ABUSI E LE FALSE ACCUSE
1) Abolizione DDL S 2719, cosiddetto “sostegno
agli orfani di crimini domestici”, e sua riformulazione in termini
garantisti, ovvero – prevedendo provvisionali finanziate dallo
Stato, coperte dai beni mobili e immobili degli accusati solo quando
dichiarati colpevoli dopo tutti i gradi di giudizio previsti
dall’ordinamento; – affidando risorse e ruoli primari alle sole
strutture di assistenza pubbliche per l’accompagnamento e il sostegno
dei minori in condizioni di disagio. L’affido di risorse e ruoli a
soggetti territoriali in delega (case famiglia, case rifugio, eccetera)
deve avvenire solo in caso di reale indisponibilità o inadeguatezza di
strutture pubbliche, purché tali soggetti siano rispettosi dei
requisiti precedentemente descritti nella SEZIONE 2.
2) Abolizione dell’art.612bis Codice Penale,
ripenalizzazione dell’art.660 Codice Penale, aggravio di pena per
l’art.612 Codice Penale, rimozione dei casi di atti persecutori dal
Codice Antimafia, riformulazione di una legge ad hoc contro gli atti
persecutori che preveda:
– procedimenti preliminari di natura clinica per il riconoscimento dei profili caratterizzanti la fattispecie;
– procedimenti di verifica e assistenza clinica, se del caso anche coatta, preliminari a procedimenti giudiziari;
– presenza di evidenze oggettivanti il reato come condicio sine qua non per la procedibilità giudiziaria;
– abolizione dell’istituto dell’ammonimento amministrativo
del Questore e annullamento di tutti gli ammonimenti amministrativi
irrogati ad oggi. Gli effetti dell’annullamento su ogni singolo caso
potranno essere impugnati tramite ordinario procedimento amministrativo
presso il TAR di competenza o con ricorso presso la Presidenza della
Repubblica.
3) Disincentivi alle false accuse:
– obbligo di deposito cauzionale, sotto forma di imposta
(con garanzia pubblica in caso di indigenza ex dichiarazione ISEE), alla
presentazione di querela o denuncia penale per i reati di diffamazione,
lesioni, molestie, minacce, violenza sessuale, stalking, violenza
domestica, e per tutti gli altri reati denunciabili per querela
archiviati in fase pre-dibattimentale almeno nel 30% dei casi, come da
statistiche del Ministero della Giustizia;
– in caso di accertamento di false accuse l’amministrazione
giudiziaria trattiene la cauzione e condanna automaticamente il
querelante/denunciante al massimo della pena prevista dall’art.368
Codice Penale (se la denuncia risulta comprovata, la cauzione viene
restituita al querelante/denunciante in fase di dichiarazione dei
redditi);
– la cauzione viene raddoppiata se presentata contro il
coniuge o convivente o persona legata da rapporto affettivo, in fasi
precedenti o concomitanti a una separazione; in caso di accertamento di
false accuse, l’amministrazione giudiziaria trattiene la cauzione,
condanna automaticamente il querelante/denunciante al massimo della pena
prevista dall’art.368 Codice Penale, con sospensione, in presenza di
prole minorenne, della responsabilità genitoriale ma in permanenza della
frequentazione, da attuarsi sotto il controllo dell’altro genitore e
dei servizi sociali (se la denuncia risulta comprovata e vera la
cauzione viene restituita al querelante/denunciante in fase di
dichiarazione dei redditi).
4) Assorbimento dell’art.574 CP (“Sottrazione
di persone incapaci”) come aggravante (aumento di metà della pena)
dell’art.605 Codice Penale (“Sequestro di persona”) quando si tratti di
minori di 14 anni.
Ci sono morti silenziose che distruggono solo il cuore di chi vive questo dramma di solitudine.
Non voglio essere politicamente corretta, francamente oggi me ne infischio.
Dopo anni di costante osservazione nel mondo dell’associazionismo
separativo, storie ascoltate, migliaia di atti letti, abbiamo
evidenziato un elenco di soggetti coinvolti, con in capo una qualsiasi
responsabilità, in questo circolo vizioso
Genitori vigliacchi e vendicativi
Avvocati senza professionalità e senza scrupoli
Giudici indegni
Servizi sociali parziali e indottrinati all’inquantomammismo
Assessori ai Servizi Sociali “disattenti”
Un popolino ignorante e gretto….
…In questo panorama troppi padri si tolgono la vita….
No, ma “loro” pensano ai femminicidi… quelli sì salgono alla ribalta.
Non si vuole mettere in contrapposizione un episodio piuttosto che un altro, si chiede pari dignità almeno nella morte.
Anche questo è un omicidio, ancorché questo PADRE si è suicidato.
È ora di dire BASTA A TUTTO QUESTO.
Questo episodio è solo l’ultimo in ordine cronologico, molti altri
prima di lui durante il periodo natalizio non hanno retto alla
solitudine. “Perdonatemi”
“Perdonatemi”, l’ultimo straziante messaggio prima della morte: addio al papà di QuartuFonte: http://www.laurabesana.it/2017/12/27/solitudine-di-natale-morte-dei-padri-separati/
Negli anni ’90 ci fu il boom della new economye di concetti correlati quali la mobilità e flessibilità del lavoro. In
tutto il mondo i governi colsero l’occasione per riformare gli
ordinamenti giuslavoristici ereditati dal passato industriale,
adattandoli alla nuova eterogenea e cangiante realtà economica ancorata
ai servizi. I mitici “Uffici di collocamento” passarono quindi la mano
ai più fragili “Centri per l’impiego” pubblici, ma soprattutto si diede
una delega in bianco alle “Agenzie di lavoro”, imprese private che
commerciavano in risorse umane, assecondando un processo verso cui non
mancarono fortissime resistenze.
Fu per superare proprio quelle resistenze
che sul piano culturale le élite globali e nazionali spinsero e spesero
grandi risorse per affermare il ruolo di questi soggetti privati, che
finirono per proliferare. Legioni di giovani registrarono i loro
Curriculum Vitae e sperarono in una chiamata. Molti di loro, va detto,
trovarono la via per un inserimento nel mondo del lavoro, che magari
dura ancora oggi, ma non è l’efficacia di questi soggetti a interessare.
Piuttosto è il fatto che in quel periodo le città erano invase di
pubblicità delle diverse agenzie di lavoro, che pullulavano a piano
strada in una proporzione pari oggi ai negozi dei cinesi. La spinta
istituzionale alla nouvelle vague del mercato del lavoro,
testimoniata dai pochi vincoli imposti per aprire un’agenzia di lavoro,
era sotto gli occhi di tutti. Oggi di quella pletora rimane un 10%.
Imbattersi casualmente in un’agenzia di lavoro è quasi impossibile.
Bisogna cercarle, e il loro numero è nettamente calato.
Più
o meno nello stesso periodo l’ingresso dell’Italia a pieno titolo
nell’UE comportava, tra le prime conseguenze, la rinuncia della
sovranità sulle politiche agricole. Il pallino, su quella tematica,
passava a Bruxelles, dove gli interessi francesi la facevano da padrone.
Risultato: l’agricoltura italiana conosce una crisi pesantissima. Nasce
così, per sostenere un settore in crisi, l’idea dell’agriturismo.
Le aziende agricole messe in ginocchio dalle politiche comunitarie
potevano trasformare la loro attività di produzione mescolandola a
un’attività di servizi per il turismo. Anche in questo caso vincoli
pochi, pubblicità tanta, spinta culturale fortissima, e fu il boom.
Per un lungo periodo gli agriturismi
sorsero come funghi. In ogni regione, anche nelle più piccole, se ne
contavano tantissimi, c’era oggettivamente l’imbarazzo della scelta.
Chiunque fosse in possesso di un appezzamento, un paio di caprette
annoiate, una mucca smunta, qualche gallina spelacchiata e un orticello
poteva spacciarsi per agriturismo. Sulle pagine dei giornali, autorevoli
e meno autorevoli, si sprecavano i redazionali con personaggi noti e
meno noti che testimoniavano la loro favolosa vacanza in agriturismo.
Oggi quel mercato è ancora prospero, per fortuna, ma è dovuto passare,
dopo un po’, sotto le forche caudine sia della crisi, sia di un eccesso
di offerta rispetto alla domanda, sia di una legislazione più sensata e
restrittiva per accedere all’apertura di questo tipo di impresa.
Quelli sopra riportati sono solo due esempi di “bolle speculative”, volute e create dal sistema per spingere
sul piano culturale ed economico realtà commerciali specifiche, per
imporre una narrazione diffusa e, alla fine dei conti, per mutare una
mentalità. Dietro vi è in minima parte una strategia economica
complessiva, ma soprattutto un calcolo per orientare l’opinione pubblica
verso determinate direzioni, avvantaggiando agglomerati di interessi a
loro volta collegati con interessi politici. Il tutto con i media a
pieno supporto. L’esito, in tutti i casi, è sempre un boom di ciò che
viene imposto, sia che si tratti di agenzie di lavoro, di agriturismi o
di altro. Che si configura come bolla speculativa perché, non avendo uno
sbocco reale o non rispondendo a una domanda reale, di fatto non ha
fondamento. E’ un boom “drogato”, sostenuto solo da strategie e
investimenti politici e mediatici.
Meccanismi che si ripetono
periodicamente, coinvolgendo di volta in volta settori diversi, e che
seguono uno schema più o meno sempre uguale: battage per imporre
all’opinione pubblica un’emergenza o la necessità di un’evoluzione (il
più delle volte presunte quando non inesistenti), risposta all’emergenza
con l’individuazione e pubblicizzazione ossessiva di soggetti
teoricamente capaci di risolvere l’emergenza, libertà d’azione e assenza
di vincoli per questi soggetti in modo che proliferino senza freni.
Quando la “bolla” così creata esaurisce i suoi compiti, consolidandosi
(come nel caso degli agriturismi) o sfruttando al massimo le opportunità
(come le agenzie di lavoro), il passaggio successivo è quello di dare
regole più stringenti, che consentono alla bolla di sgonfiarsi
gradualmente, invece di esplodere. Un altro esempio calzante è
l’emergenza ecologica del risparmio energetico immobiliare, risolta con
l’obbligo di un’inutile certificazione a carico di chi vende casa, che
ha fatto e sta facendo la fortuna di un gran numero di geometri, senza
che il problema del risparmio energetico venga risolto.
Se
si usa la chiave di lettura della bolla speculativa, si riesce oggi a
dare una spiegazione all’isteria dilagante relativa alle violenze di
genere (intese naturalmente solo come “contro le donne”), con tanto di
supporto di statistiche pubbliche e ufficiali piegate a scopi ideologici
e propagandistici, e un esercito di media impegnati come non mai a
manipolare l’informazione. La “bolla” oggi è imporre la necessità di un
numero imprecisato di nuove imprese che vadano sotto la specie di
“centri antiviolenza” o “case rifugio” o similari, con tutto l’indotto
occupazionale che esse innescano. Anche grazie alla pressoché totale
assenza di regolamentazione (come da schema usuale) di requisiti di
legge. Si impone dunque un’emergenza che non c’è, o non c’è nelle
proporzioni con cui viene rappresentata, e si dà come risposta la
distribuzione a pioggia di denaro pubblico a soggetti pressoché privi di
ogni regolamentazione. Che però non trattano forza lavoro, non
commerciano servizi turistici, ma si occupano di casi umani spesso in
situazioni gravissime.
Questa volta la bolla speculativa si
macchia quindi di un cinismo atroce, che fa proliferare un business
ingiustificato, a danno di chi davvero avrebbe bisogno di un sostegno (e
centri davvero specializzati sarebbero una manna in questo senso) e di
chi finisce incastrato in meccanismi distorti, capaci di rovinare
un’intera esistenza. Come un tempo si trovava un’agenzia di lavoro in
ogni via, o un agriturismo ogni tre chilometri in campagna, oggi c’è
l’imbarazzo della scelta sui centri antiviolenza. Che però vivono di
contributi pubblici, con un bassissimo accesso di utenza reale (e un
altissimo accesso di utenza fittizia). Le statistiche sulla creazione di
nuove imprese migliorano, così come quelle sull’occupazione, voti e
consensi elettorali fluiscono liberamente, lobby e holding collegate
prosperano. E fra qualche tempo, quando questo doping esaurirà la sua
spinta, per fare l’operatore di un centro antiviolenza serviranno
requisiti specifici, così come aprirne uno laddove già ce ne siano
molti. Tutto insomma sarà riportato alla giusta proporzione. Ma a che
prezzo, intanto?
Un
prezzo alto, molto alto, pagato essenzialmente da chi avrebbe bisogno
davvero di un supporto professionale, e nell’inflazione dilagante non lo
trova, o lo trova nella mera spinta a sporgere una denuncia purchessia,
e da chi oggi si trova suo malgrado a sostenere una narrazione diffusa
distorta a supporto di queste attività, facendosi 42 giorni ai domiciliari per un bacio denunciato falsamente come molestia.
Turiste Usa in Italia con polizza anti-violenza: 200 denunce l’anno, il 90% sono inventate
NEW
YORK Non esiste una polizza assicurativa specifica contro lo stupro: né
per un cittadino americano in patria, né per chi viaggia all’estero.
Esistono polizze che assicurano sui danni provocati da violenza (rapine,
scippi, omicidi, infortuni vari) sia in patria che all’estero. E le
ragazze di Firenze ne avevano una di questo tipo, stipulata dal college
con cui sono arrivate in Italia. Ci sono comunque delle cifre che fanno
riflettere: ogni anno, solo a Firenze, vengono presentate da ragazze
americane dalle 150 alle 200 denunce per stupro. di queste il 90%
risulta completamente inventate.
Gli studenti americani che partono a
frotte ogni anno per un semestre di studi all’estero hanno la scelta,
come ogni viaggiatore, di acquistare appunto una assicurazione
temporanea contro gli infortuni. Le università statunitensi raccomandano
vivamente l’acquisto, e i genitori sono ben felici di sapere che i loro
figli saranno protetti, a dispetto delle differenti normative locali.
«I contratti sono generici, molto meno articolati di una polizza sulla
salute che viene offerta negli Usa ci ha detto Ashley McCornick,
responsabile della Cultural Insurance Services International, un’agenzia
che fa da ombrello per queste speciali polizze a molte società di
assicurazioni statunitensi. Nessuna polizza contempla in modo specifico
la violenza sessuale. In tema di sesso, è molto più frequente vedere
clausole che declinano la copertura assicurativa in caso di contagio di
una malattia trasmessa durante un rapporto. Una disposizione questa che
tende a scoraggiare il turismo sessuale».
IL VENDITORE
Per
Dominick Serrano, venditore della polizza Geo Blue che accompagna molti
degli studenti della New York University in visita a Firenze «un caso
come quello delle due vittime fiorentine rientrerebbe nell’ipotesi
generale di infortunio, e le spese sostenute verrebbero rimborsate al
100%».
L’idea di una assicurazione contro lo stupro è stata discussa
seriamente dal parlamento in India nel 1999, ma la proposta è stata
affossata dalle critiche del movimento femminista che la considerava
colpevolizzante per le donne e per gli uomini che avrebbero dovuto
accettare l’identità di vittime predestinate, e pagare il costo
monetario relativo a tale etichetta. Breve vita ha avuto anche l’idea
dell’australiana CGU, che in Sud Africa aveva iniziato ad offrire la
polizza Rape Survival per garantire l’accesso ai medicinali nel caso di
sieropositività di una persona che aveva subito violenza.
LE PROMESSE
La
società ha scoperto di non essere in grado di mantenere la promessa in
una società nella quale una donna su quattro sperimenta lo stupro, e
dove il 25% della popolazione è portatore del HIV. Il rischio che alcuni
tra i 320.000 studenti possano essere vittime di stupro mentre sono
all’estero è ben conosciuto dai college e dalle università americane.
L’ipotesi è discussa apertamente nei siti web delle scuole, e dai
consulenti chiamati ad orientare gli allievi nel campo minato della
crescita sessuale. Non esistono «paesi a rischio», almeno nella cinta
europea, e soprattutto non esistono dati affidabili, in Europa come nel
resto del mondo. Le denunce di violenze da parte delle vittime sono il
16% di quelle perpetrate, secondo le proiezioni elaborate dall’Onu.