venerdì 26 aprile 2013

Coppie omosessuali e eterosessuali spiegate a mio figlio



keith_haring_opera3
(un reply a un post apparso su internet al sito:  http://costanzamiriano.com/2013/04/26/le-nozze-omosessuali-spiegate-ai-miei-figli-eta-media-9-anni/)

Caro figliolo, come sai nella casa in cui trascorri sì e no due giorni a settimana non si parla male delle persone. Non ne abbiamo il tempo. Il fine settimana (alterno) non si parla male di nessuno, ma si vive nella gioia. Chi ha fatto stupidaggini e ha preso decisioni che hanno condizionato la vita propria e altrui, si è già condannato/a da sé. Le conseguenze per sé e, pessime,  per gli altri sono una croce da portare ogni giorno, con dignità. Sopporta con dignità anche l’ipocrisia degli altri.

C’è un solo caso in cui del male degli altri bisogna proprio per forza parlare, anche a costo di prendere un palo in testa, ed è quando rischia di andarci di mezzo qualcuno più debole, che non può difendersi da solo.

Lo sai, che me la sono presa, di fronte a chi, negando i fatti, si occupa di altro.
Di chi filtra il moscerino e ingoia il cammello.

Quindi, di cosa facciano gli omosessuali nel privato, non mi occupo proprio, non è una cosa che mi riguarda. Non so cosa ne pensi mamma. Lo sai, non è facile ricostruire un rapporto verbale, iniziato con un processo penale a mio carico che, come sai, figliolo, ha separato me e te  per un anno e si è concluso dopo che l’ill.mo sig. Giudice del Foro si è accorta di “Non essere competente” e ha chiuso il fascicolo. E dopo quell’altro procedimento penale poi archiviato. Non so cosa lei ne pensi, ma proprio non mi interessa. Molti hanno chiuso gli occhi.

No, neanche del matrimonio omosessuale, proprio non mi interesso.
Farei il gioco di chi ha tutto l'interesse acchè, di quello eterosessuale, non se ne parli.
Il problema che mi preoccupa tanto però è quello dei bambini e delle famiglie. Io credo che le leggi, come vietano alle persone di ammazzare, rubare, ma anche di parcheggiare sulle strisce pedonali o mettere la musica altissima alle tre di notte, cioè di fare quello che può danneggiare gli altri, debbano impedire assolutamente che si alzi la mannaia contro l’innocente. Che si lasci in mutande (in senso figurato) chi non ha colpe alcune, se non il fatto di aver subito una separazione. Che si imponga specialmente, a te e a tanti altri bambini, di vivere in modo disequilibrato il rapporto con i genitori. Lo sai, figliolo, che ogni giorno in Italia 250 genitori si separano? E che circa 350 bambini al giorno rimarranno orfani di padri in vita? Fai il conto, ora che sei alle elementari: 90.000 separazioni all'anno e 1,4 figli per coppia. Calcola: 90.000 diviso 365 giorni per 1.4, fa circa 350 bambini al giorno !!

Un babbo e una mamma sono la condizione minima per i bambini per crescere bene. Riformulo il Principio: vivere metà del tempo con papà e metà con mamma è la condizione minima.
Dicono che questo principio non sia rispettato per le coppie omosessuali. Tu sai che non lo è nemmeno per le coppie eterosessuali!

A parole, ASL, NPI, Psico-astrologhe, tribunali, avvocati, esperti, familiaristi, politici confermano il principio di bigenitorialità, ma si inventano poi di tutto, pur di derogare dal Principio. Lo sai. Lo hai provato. Lo abbiamo provato. Tre perizia civili, un "supporto" all'ASL, una perizia penale. Tutti concordi a dire che tuo papà è un bravo papà e tua mamma una brava mamma. Poi, tanti dottori che studiano le teste delle persone dicono che è normale vivere di più con mamma e meno con papà. Circa l'85% contro il 15%. Ma è il mantra del momento. Poi tra qualche decennio, qualcuno suonerà un altro mantra.

A me dispiace tanto se le persone dello stesso sesso che si vogliono bene non possono avere bambini, e rispetto e capisco la loro tristezza. Sono discriminate dalla Natura.
Ma mi dispiace ancora di più quando le persone di due sessi diversi che si sono amate, che si sono volute bene, siano poste, dalla prassi, dal mantra del momento, dallo Zeitgeist, dal pregiudizio, dai tribunali, in una diversa condizione. Sono "discriminate" dal diritto.

Gli omosessuali sentono di essere discriminati. Ma anche noi eterosessuali non stiamo meglio.
Ci sono molti che sostengono il principio per cui un padre e una madre siano una condizione minima per una buna crescita di un bambino. Ma è un principio che nei fatti non è rispettato neanche per le coppie eterosessuali! Coloro che oggi si stracciano le vesti e riscoprono timidamente  la formula della famiglia tradizionale, della necessità di una padre e una madre, si sono dimenticati per anni (decenni) di difenderla. 


Oggi c’è chi si straccia le vesti, di fronte a nuove leggi di Francia o ai gaypride, pieno di indignazione. Ma chiude gli occhi di fronte alla prassi Italica, che costringe te e altri figli ad avere l'affetto di tuo padre in modo centellinato, a gocce!
Caro figliolo, abbi la forza di sostenere e sopravvivere a tanta ipocrisia! 
Vivi la Verità! La realtà avrà la meglio!

mercoledì 24 aprile 2013

PAS, il SINPIA si pronuncia sulla sentenza 7041 della Cassazione - Associazione di Associazioni Nazionali per la tutela dei Minori

PAS, il SINPIA si pronuncia sulla sentenza 7041 della Cassazione




















PAS, il SINPIA si pronuncia sulla sentenza 7041 della Cassazione - Associazione di Associazioni Nazionali per la tutela dei Minori


La Societa' Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza ritiene opportuno esprimere il proprio parere in merito all'eco destata dalla recente sentenza n. 7041 del 20.03.2013 della Corte di Cassazione e dalle affermazioni ivi contenute circa la nozione di PAS (Parental Alienation Syndrome).
In primo luogo, al di la' dell'opportunita che l'autorità giudiziaria si sostituisca alla comunita' scientifica nel rilasciare giudizi su argomenti altamente specialistici , si ritiene che il problema relativo allesistenza o meno di una "sindrome" legata all'alienazione di una figura genitoriale venga posto in modo incongruo. Fenomeni come il mobbing, lo stalking ed il maltrattamento esistono ed assumono valenze giuridiche a prescindere dal riconoscimento di disturbi identificabili come sintomatici.
La comunità scientifica e' concorde nel ritenere che la alienazione di un genitore non rappresenti di per se' un disturbo individuale a carico del figlio ma piuttosto un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del minore stesso. Tale nozione compare gia' nel DSM IV nel'Asse V tra i Problemi Relazionali Genitore - Figlio; e' previsto il suo inserimento nella prosdima edizione del DSM V all'interno della nuova categoria dei Disturbi Relazionali, in quanto il fenomeno origina da una patologia della relazione che include il bambino ed entrambi i genitori, ognuno dei quali porta il proprio contributo.
In secondo luogo, colpisce come la Suprema Corte abbia espresso il proprio parere senza fare riferimento ai criteri enunciati nella sentenza Cozzini (Cass. Pen. 17.09.10, n. 43786) la quale ha dettato i criteri per stabilire i criteri di scientificità di una teoria tra cui la "generale accettazione" della teoria stessa da parte della comunità di esperti. Sotto questo profilo, si sottolinea come esista una vasta letteratura nazionale ed internazionale che conferma la scientificità del fenomeno della Parental Alienation, termine questo da preferirsi a quello di PAS; negli Stati Uniti ad esempio tale costrutto ha superato i criteri fissati dai Frye e Daubert Rules per essere riconosciuti come scientificamente validi dalle competenti autorità giudiziarie.
La nozione di Alienazione Parentale e' inoltre riconosciuta come possibile causa di maltrattamento psicologico dalle Linee Guida in tema di abuso sui minori della SINPIA (2007).
La SINPIA ribadisce come sia importante adottare le precauzioni e le misure necessarie, come impongono le recenti sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, per garantire il diritto del minore alla bigenitorialita' e tutelarlo dagli ostacoli che lo possono minacciare .

Fonte: Redazione - SINPIA comunicato stampa

giovedì 18 aprile 2013

La pasionaria antimolestie cambia idea«Nei processi troppe tutele alle donne»

Femminismo

 

 

 

 

 

 

La pasionaria antimolestie cambia idea
«Nei processi troppe tutele alle donne»



Judith Grossman è procuratore a New York. Femminista da sempre, ha marciato ai cortei e ha bussato di porta in porta per sostenere ogni candidato progressista che si battesse per le donne. Le sue certezze sulle battaglie di genere sono però crollate un mese fa, quando suo figlio, studente dell’ultimo anno in un piccolo college del New England, è stato accusato ingiustamente di abusi sessuali dalla sua ex fidanzata.
Sul Wall Street Journal la mamma racconta la vicenda come un incubo e si domanda se la conquista dei diritti delle donne a tutti i costi non mini istituti preziosi, come la garanzia di un processo equo. Conclude: «L’ortodossia femminista più spinta non è una risposta migliore di quanto non lo siano gli atteggiamenti e le politiche che vittimizzano la vittima».

Cosa è successo? «Mio figlio è stato convocato davanti alla commissione interna di Title IX, garante dell’uguaglianza tra i sessi nelle università, senza alcuna indagine preliminare. Nessuno ha preso in considerazione la possibilità che la ragazza avesse agito spinta dalla gelosia o dal desiderio di vendetta, non è stata contemplata la presunzione di innocenza». Perché l’accusa fosse formulata, era sufficiente un margine di verosimiglianza tra il 50,1 e il 49,9 per cento.
Lo studente ha dovuto affrontare il «tribunale interno» senza un avvocato, rispondendo a dichiarazioni vaghe e non circostanziate, mentre la documentazione scritta da lui presentata è stata liquidata come non rilevante. Finché la mamma non è intervenuta, smontando ogni accusa. Ma non è stato un lieto fine. Judith Grossman ora lancia l’allarme sulla minaccia di altri tipi di ingiustizia, gli stessi, al contrario, per i quali il movimento femminista si è battuto.
Una possibilità lontana dall’Italia, secondo il giudice del Tribunale di Milano Annamaria Gatto. Dice: «Il nostro sistema non è come quello americano. Non si fa niente alle spalle dell’imputato e comunque nel momento in cui viene presentata una querela si procede prima con gli accertamenti. A Milano c’è un’ulteriore garanzia: un dipartimento della Procura della Repubblica specializzato nella materia, e so per certo che nel 50 per cento dei casi le denunce vengono archiviate». L’altro elemento di discontinuità tra i due sistemi riguarda l’università. «Non è ammissibile che si facciano indagini interne su una simile ipotesi di reato. I presidi o il rettore sono dei pubblici ufficiali e in questi casi sono tenuti a informare l’autorità giudiziaria».
Tuttavia un eccesso di giustizialismo talvolta si rischia anche da noi. Lo dichiara Lorenzo Puglisi, fondatore dell’associazione Sos Stalking che riceve 32 segnalazioni alla settimana, un terzo delle quali procedibili dal punto di vista tecnico. Nel libro Con te ho chiuso sul diritto di famiglia, che uscirà nei prossimi mesi per Feltrinelli, si occupa anche di quel fenomeno, per fortuna residuale, che riguarda «le scorrettezze processuali».
Anticipa: «Un’analisi della Procura di Bergamo del 2009 ha dimostrato che su centomila abitanti arrivano in media 400 denunce di violenza e solo due casi su dieci sono veri e propri maltrattamenti, gli altri sono querele enfatizzate ad arte per scopi prettamente economici o legati a problematiche familiari». Ricorda poi quella donna che si era messa a urlare davanti al muro chiedendo aiuto. «Il marito, però, senza che lei se ne accorgesse, l’aveva filmata. Quando arrivarono i carabinieri, la signora fu denunciata per calunnia».
«Forse non servono più i toni contrappositivi che hanno caratterizzato gli inizi del femminismo, quando le donne venivano sottoposte a processi umilianti con un aggravio di violenza per il modo in cui si dubitava di loro», interviene la storica attivista Lea Melandri. E, con coraggio, ammette: «Non voglio dare la colpa alle donne per un asservimento all’uomo avvenuto a livello profondo, perché è stato necessario per la sopravvivenza. Oggi i diritti sono acquisiti. Bisognerebbe affrontare l’ambiguità dell’intreccio perverso di amore e dominio, amore e potere. Abbondano ormai i racconti di donne maltrattate e la parola amore non si nomina mai».


La pasionaria antimolestie cambia ideabr /«Nei processi troppe tutele alle donne»

giovedì 4 aprile 2013

Madri sante e padri criminali

Ripristinato l’ordine “naturale” delle cose. Le madri sono tutte sante, martiri, i padri sono orchi, cattivi, egoisti, criminali. Quando le madri parlano dei padri tanto cattivi davanti ai figli lo fanno per metterli in guardia, difenderli. Se i padri fanno la stessa cosa è certamente per mettere in cattiva luce le mamme. Quando le madri coadiuvano i figli affinché si nascondano per sfuggire al padre, lo fanno per il loro bene. Se un padre facesse la stessa cosa è sicuramente un mostro che vuole tenere lontani la mamma dal proprio cucciolo.

I figli devono stare con le madri e se i padri vogliono stare con i figli significa che hanno un secondo fine. Vuol dire sicuramente che sono molesti, vogliono picchiarli dalla mattina alla sera, vogliono stuprarli abitualmente ogni notte, vogliono percuoterli psicologicamente, vogliono poter avere uno strumento in più affinché le loro ex mogli, tutte innocenti, patiscano.
Se le madri combattono per ottenere l’affido di quei figli sicuramente vogliono salvarli dalle brutalità di un padre violento, vogliono restituirli alla propria vita, vogliono fargli vivere una infanzia perfetta, vogliono proteggerli dal mondo.

I padri mentono sempre. Le madri non mentono mai. Quando i padri dicono che le mamme sono moleste sono sicuramente vendicativi e nascondono qualcosa. Quando le mamme dicono che i padri sono abusanti significa che sono delle sante donne e dicono certamente la verità. I padri, si sa, sono tutti criminali. Le mamme invece no. I padri restano con i figli sotto sorveglianza speciale delle mamme perché quando le mamme non sono presenti chissà cosa potrebbero fare. Le mamme possono restare da sole con i figli perché anche in solitaria compiono sempre tante buone azioni.

Quando la mamma dice che il papà ha usato la Pas per toglierLE il figlio, ha ragione. Quando papà dice che la mamma ha usato la Pas per togliergli il figlio, invece, ha torto.
Quando la mamma dice che il papà usa la Pas per strappare via il figlio alla “sua vita” va in televisione. Quando il padre dice che la mamma ha fatto la stessa cosa, se parla troppo, ci sta che finisca pure in galera.
Se la mamma insiste per avere il figlio o la figlia vicini allora compie quel che è naturale fare. I figli, come cultura patriarcale impone, devono stare con la madre, d’altronde. No?

Se il padre insiste per ottenere più visite, più affido, momenti, per stare con un figlio o una figlia può ricevere, per tanto amore e tanta attenzione, nell’ordine: una denuncia per stalking, una denuncia per molestia, una denuncia per violenze, una denuncia per abusi. Se tenta di difendersi gli piovono addosso denunce per diffamazione, calunnia, con il pignoratore sempre sotto casa perché anche se è un molestatore, secondo le accuse della ex moglie, però si esige da lui che paghi ogni mese il mantenimento di quei figli che si dice abbia molestato o di quella ex moglie che si dice abbia maltrattato.

Se la madre esige che il figlio resti in casa con lei, non c’è problema. Se lo esige lui, per qualche giorno a settimana, allora emerge la conflittualità e lo Stato lo ricatta e dice “se insisti, mando tuo figlio in una casa famiglia” e lui molla e resta lì a pietire un momento in più concesso dalla ex che brandisce il figlio come strumento di controllo affettivo e di potere.

Ho cominciato a occuparmi di Pas anni fa. So quasi tutto quel che c’è da sapere. Lo ritengo uno strumento autoritario, pessimo, che accelera la valutazione su quel che nei tribunali e in psicologia viene comunque giudicata una forma di maltrattamento del minore. Il punto è che nel trattare queste vicenda non c’è equilibrio. Ci sono solo tifoserie e di risolvere i problemi che originano questo casino c’è poca voglia perché pochi hanno voglia di rimettere in discussione una cultura intera che stabilisce l’innocenza della madre e la colpevolezza del padre a priori. Anche se è innocente fino a prova contraria. Anche se ha superato accuse e controaccuse e dopo aver speso un capitale e una vita per difendersi risulta essere innocente.
E non importa che questi padri vadano in giro con le sentenze di assoluzione attaccate in fronte. Sempre criminali restano.
Provate a dirlo alle madri che difendono i propri “cuccioli” nelle cause di separazione. Cosa ne pensano? Cosa dicono? Che i padri che vogliono l’affido dei figli sono violenti, tutti pedofili, anche se sono stati assolti, e che chi parla in loro favore sarebbe complice di quegli atti osceni.

Esistono genitori abusanti ed esistono persone violente. Esistono uomini che maltrattano figli e mogli, ma non brandite i numeri dei delitti che vedono le donne come vittime per ribadire la santità donnesca e materna. Non usate i cadaveri delle donne uccise per ribadire una teoria e per rafforzare una cultura in cui di donne in malafede, donne imperfette, donne incazzate, donne vendicative, donne umane, non si può parlare mai. Non strumentalizzate la lotta contro la violenza sulle donne per ripristinare l’ordine “naturale” e “patriarcale” delle cose, dove la madre resta a fare la madre e il padre al più guarda a distanza e sgancia un assegno di mantenimento.
Io voglio un futuro in cui ogni violenza sia riconosciuta tale, in cui si smetta di dire che i padri o le loro nuove compagne siano a favore della violenza sulle donne o addirittura dei bambini perché è una bugia. Voglio un futuro in cui non vi sia un pregiudizio di genere così grosso da far temere ad un padre di avanzare qualunque richiesta, pena l’esclusione dagli affetti, dalla vita, da ogni cosa. Voglio un futuro in cui non si brandiscano sindromi o psichiatrie varie per dimostrare l’inaffidabilità materna o paterna. Voglio  un futuro in cui le donne, le madri, devono poter e voler dividere il proprio ruolo di cura con l’altro genitore e il padre deve poter vivere un rapporto affettivo intenso e vero con i propri figli senza che esista una ex moglie che in fondo in fondo se lui vuole stare con suo figlio lo considera un po’ frocio e con giudizio omofobico annesso, dunque, anche pedofilo. Voglio un futuro in cui i figli non devono essere usati in queste battaglie in cui uomini e donne si contendono lo scettro della genitorialità perché sono genitori per scelta e sono ottimi riferimenti entrambi. Voglio un futuro in cui la psichiatria e nessuno strumento autoritario sia mai ritenuto utile per risolvere problemi irrisolvibili. Voglio che i figli non siano di “Stato” e che le donne smettano di chiedere tutela e rivolgersi allo “Stato”, al padre padrone per eccellenza, per farsi aiutare ad essere schiave di una cultura catto/fascista che le elegge Madonne e Martiri e le santifica Madri.

Volete una notizia? Lo schema di reazione di padri che tentano di opporsi alla santità materna non buca, non funziona, non è forte tanto quanto, perché regnano sovrani i pregiudizi, perché aleggia su di noi l’eterno fantasma di una inquisizione medioevale che ci fa stare pronti ad imbracciare forconi ogni volta che si demonizza un uomo. Non funziona perché c’è tutto il “bene” che lotta contro il “male” e perché in fondo loro stessi sono intrisi della stessa cultura con la quale siamo cresciute noi.
Se parlaste con loro, singolarmente, vi rendereste conto che sono arrabbiati, che pensano di dover giustificare ogni azione, ché tanto non gli crede mai nessuno, ché sono cresciuti con chi gli diceva che la violenza è male, toccare un bambino è una cosa sporca, toccare una donna idem, e non sono santi, non sono neppure eroi. Sono solo umani.

Le violenze stanno dappertutto e dipende anche cosa si intende per violenza. E’ chiaro che abusare una donna o una bambina è una gravissima violenza. Ma inventare una accusa e tenere alla sbarra un uomo per rovinargli la vita e tenerlo lontano da sua figlia è violenza oppure no?

Perché in fondo, si sa, in un sistema forcaiolo, dove perfino le compagne femministe sedicenti garantiste tifano per la pena di morte ad un uomo sulla base di una semplice accusa, prima ancora che qualunque processo sia svolto o finisca, se finisci in galera qualcosa devi pur aver commesso, no?
Lì vedrei bene, care, una discussione tra di noi sugli stereotipi sessisti (che non esistono solo a senso unico, evidentemente), sul carcere, il garantismo, cosa pensiamo noi del fatto che i contesti pro/mamme arresterebbero un uomo solo sulla base della parola di una moglie/madre. Davvero, si, apriamo questa discussione: cosa ne pensate della presunzione di innocenza?

Vedrei bene anche una sana discussione sulla genitorialità in senso queer giusto in quei contesti che ribadiscono che del “padre” si possa fare a meno ma della “madre” mai. Perché delle due l’una. O facciamo a meno di nominare le genitorialità per specificità di genere, ma intendo proprio che facciamo a meno di nominarle tutte, o diversamente se ne rafforza una e si risantifica la madre – modello etero-normativo e biologicamente riduzionista per eccellenza – semplicemente ad esclusione di altre figure genitoriali. E questo non è bene. Sicuramente non lo è per quelle come me che vogliono ruoli di cura in condivisione piena, ma piena in tutto. Non è così anche per voi?
Ps: per inciso, queste mie posizioni mi costano ostracismo, diffamazioni, calunnie, e tutto il repertorio riservato a chi accende un dubbio su questa materia.

mercoledì 3 aprile 2013

Carovigno (BR) - Lei non accetta la separazione: avvelena la figlia e si getta dal balcone

Carovigno (BR) - Lei non accetta la separazione: avvelena la figlia e si getta dal balcone


Una bambina di tre anni è morta in ospedale dopo essere stata trovata in fin di vita nella sua abitazione, in via Monteverdi, a Carovigno (Brindisi). La madre della piccola, Francesca Sbano, di 32 anni, è in coma dopo aver tentato il suicidio lanciandosi nel vuoto dal terrazzo dello stesso appartamento, al secondo piano della palazzina. Gli investigatori sospettano che la donna abbia avvelenato la figlia e poi abbia tentato il suicidio.
A quanto si è appreso, Francesca Sbano era separata dal marito. Madre e figlia vivevano da sole nell'appartamento. A dare l'allarme sarebbero stati dei vicini di casa. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il personale del 118.
La bambina, che si chiamava Benedetta, potrebbe essere stata avvelenata ma, al momento, sono in corso accertamenti. Nel bidone della spazzatura ispezionato dai carabinieri sarebbe stato rinvenuto un flacone vuoto di diserbante. Potrebbe essere stato utilizzato dalla donna per avvelenare la piccola. La donna avrebbe fatto ingerire il liquido alla figlia, tracce del diserbante sono state trovate anche vicino al corpicino.
Intanto il procuratore che si occupa del caso ha ordinato l'autopsia sul corpo della bambina.
Entrambi i genitori della piccola sono braccianti agricoli. Sembra che Francesca Sbano non abbia mai accettato la decisione del marito di separarsi da lei.