FEMMINICIDIO, INVENZIONE DI REGIME: GLI UOMINI UCCISI SONO IL QUADRUPLO
Ormai il nemico del popolo additato da tv e giornali è il padre di famiglia
di Roberto Marchesini
In Polonia c'è un piccolo paese sconosciuto al mondo, ma che i polacchi
conoscono molto bene. Si chiama Manieczki, e tutti i polacchi, almeno
quelli sopra una certa età, lo conoscono bene per averlo visto in
televisione migliaia di volte durante il regime comunista. Ogni volta
che la televisione di stato parlava degli splendidi successi ottenuti
dal piano agricolo quinquennale, ogni volta che cantava le lodi del
sistema dei kołchoz (cooperative agricole collettivistiche), le immagini
trasmesse erano quelle di Manieczki.
Sarebbe bastato girare le riprese in uno qualsiasi dei tantissimi kołchoz polacchi per vedere una realtà diversa: miseria, degrado, fame. Ma la televisione proponeva solo e soltanto le immagini di Manieczki, delle sue meravigliose feste del raccolto, danze, canti, abbondanza. I contadini di Manieczki erano più bravi degli altri? No. Era semplicemente una messinscena ideologica per nascondere la triste realtà del tragico fallimento del comunismo.
Ogni regime si inventa una realtà, le sue lotte, i suoi successi. È la lezione del romanzo orwelliano 1984 nel quale i cittadini si radunavano "spontaneamente" davanti a enormi schermi sui quali passavano le immagini dei successi militari ottenuti dalla patria; dopo di che cominciavano i "due minuti d'odio", durante i quali i cittadini – sempre in modo spontaneo – mostravano tutto il loro odio contro il nemico pubblico numero uno, Emmanuel Goldstein. Anche in questo caso: trionfi fasulli e nemici fasulli per nascondere la triste realtà di un intero continente trasformato in lager.
Sarebbe bastato girare le riprese in uno qualsiasi dei tantissimi kołchoz polacchi per vedere una realtà diversa: miseria, degrado, fame. Ma la televisione proponeva solo e soltanto le immagini di Manieczki, delle sue meravigliose feste del raccolto, danze, canti, abbondanza. I contadini di Manieczki erano più bravi degli altri? No. Era semplicemente una messinscena ideologica per nascondere la triste realtà del tragico fallimento del comunismo.
Ogni regime si inventa una realtà, le sue lotte, i suoi successi. È la lezione del romanzo orwelliano 1984 nel quale i cittadini si radunavano "spontaneamente" davanti a enormi schermi sui quali passavano le immagini dei successi militari ottenuti dalla patria; dopo di che cominciavano i "due minuti d'odio", durante i quali i cittadini – sempre in modo spontaneo – mostravano tutto il loro odio contro il nemico pubblico numero uno, Emmanuel Goldstein. Anche in questo caso: trionfi fasulli e nemici fasulli per nascondere la triste realtà di un intero continente trasformato in lager.
Questo è quanto mi è venuto in mente quando, dopo una rapida scorsa ai quotidiani on line, ho seguito la conferenza stampa del consiglio dei ministri che presentavano il Decreto Legge "contro il femminicidio", l'emergenza che da qualche anno sta affliggendo l'Italia. Come è cominciato l'allarme "femminicidio"?
Nel marzo del 2012 ha fatto molto scalpore un dato rivelato da Ritanna Armeni, secondo la quale la violenza sulle donne "è la prima causa di morte in tutta Europa per le donne tra i 16 e i 44 anni". Un paio di mesi dopo Barbara Spinelli, sul Corriere della Sera, aveva fatto una rivelazione simile: "La prima causa di uccisione [morte] nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l'omicidio (da parte di persone conosciute)". Nel giugno dello stesso anno è intervenuta sul tema Rashida Manjoo, special rapporteur dell'ONU sulla violenza contro le donne, secondo la quale "[...] in Italia la violenza domestica è la prima causa di morte per le donne fra i 16 e i 44 anni di età".
Peccato che tutte queste dichiarazioni (ovviamente riprese con grande enfasi da tutti i media) siano false. È falsa la dichiarazione riguardante l'Europa (pp.168ss.); è falsa la dichiarazione sulla popolazione femminile mondiale; è falsa la dichiarazione sull'Italia.
Il Rapporto Criminalità Italia del Ministero dell'Interno recita a pagina 125: "È condivisa l'idea che determinate condizioni di "debolezza", dovute al sesso femminile o all'età avanzata, aumentino la vulnerabilità e quindi la probabilità di essere vittima di un reato violento come l'omicidio. Al contrario, dai dati emerge che più frequentemente le vittime di omicidio sono maschi, fino ad un massimo di 8 soggetti su 10 tra il 1992 e il 1997"; e a pagina 128: "Le donne commettono omicidio soprattutto verso maschi e la quota percentuale rimane abbastanza costante per tutto il periodo considerato. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che gli omicidi da parte di autore di sesso femminile sono una minima parte di quelli commessi e solitamente avvengono nei confronti del proprio partner, in ambienti quindi familiari".
Dunque al massimo si profila un "maschicidio", sia da parte di altri maschi, che da parte di femmine (soprattutto in ambienti familiari). Esattamente il contrario rispetto alla tesi del "femminicidio". Ma al di là di tutto questo: l'omicidio (al di là del sesso della vittima) non è già punito, e con severità, in Italia? Che bisogno c'è di parlare di "femminicidio" o "maschicidio"?
Secondo il ministro dell'interno Angelino Alfano: "Le norme hanno tre obiettivi: prevenire violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime". Il linguaggio è significativo, e rimanda ad un mondo ideologico, non necessariamente corrispondente con il mondo reale.
Ricordiamoci del kołchoz di Manieczki: questa è una grande vittoria del governo contro un nemico di paglia, il "femminicida"; al quale sono stati rivolti i "due minuti d'odio" al pari dell'evasore e dell'omofobo.
Il solito "nemico del popolo" da stanare ed eliminare. Il cui identikit (maschio, eterosessuale, marito e padre) si delinea con una chiarezza sempre maggiore: il padre di famiglia.
RISPOSTA ALLE CRITICHE SUL MIO ARTICOLO
Il mio articolo intitolato "Femminicidio, invenzione di regime" ha suscitato diverse reazioni; alcune positive, altre negative. Cercherò di rispondere alle seconde.
C'è chi ha ironicamente commentato: "E chi glielo dice adesso che, mentre lui pubblicava, altri parlavano di 99 donne uccise dall'inizio dell'anno? E che a darne la notizia non era un quotidiano di regime bolscevico, ma niente meno che «L'Avvenire»? Si tratta del vecchio trucco detto "dell'uomo di paglia": si crea una caricatura dell'avversario facendogli dire cose che in realtà non ha mai detto, in modo da segnare un punto facile che con l'avversario vero non si sarebbe riusciti a segnare. Io non ho mai scritto che in Italia non viene uccisa nessuna donna; né ho mai negato che in Italia, ogni anno, vengano uccise molte donne. Ho negato l'emergenza femminicidio. Fino al 31 luglio 2013 sono state uccise 99 donne: malissimo! È una tragedia. E quanti uomini sono stati uccisi nello stesso periodo? Avvenire non lo dice, né altri media riportano la cifra. Perché? Perché ci si prende la briga di contare le donne uccise mentre gli uomini uccisi non li conta nessuno? Sappiamo che il rapporto tra gli uomini e le donne uccisi in un anno è circa 4/1: perché 99 donne uccise fanno notizia e 400 uomini uccisi no? Perché le 99 donne uccise vengono contate e i 400 uomini uccisi no? Valgono forse meno?
C'è stato chi ha obiettato che l'emergenza femminicidio c'è, perché la percentuale di donne uccise sale di anno in anno. Invece l'emergenza femminicidio non c'è, perché il numero di donne uccise scende di anno in anno. Erano 192 nel 2003; 172 nel 2009; 156 nel 2010; 137 nel 2011, 124 nel 2012. E come mai, se il numero assoluto di donne uccise diminuisce di anno in anno, la percentuale sale? Perché il numero assoluto di omicidi compiuti nel nostro paese scende di anno in anno, ma scende più velocemente per gli uomini che per le donne (anche a causa della maggior diffusione degli omicidi con vittime maschili).
Infine c'è chi ha commentato: "I numeri dei delitti passionali parlano chiaro: il 60% delle vittime sono donne". È vero, ma riflettiamo. Più dell'80% degli omicidi ha come autore un uomo. In ambito familiare o affettivo abbiamo un uomo ed una donna, quindi in tale ambito dovremmo avere una percentuale di vittime femminili dell'80%. Invece la percentuale è più bassa. Come dice il Rapporto sulla Criminalità in Italia del Ministero dell'Interno, mentre gli uomini uccidono più uomini, e più fuori casa, le donne uccidono più uomini e più in casa. Ossia: sicuramente gli uomini hanno una tendenza omicida più marcata (come la spiegano, gli ideologi di genere?), ma sono più pericolosi fuori casa che in casa; mentre le donne sono più pericolose in casa che fuori. Esattamente il contrario di quanto afferma la vulgata del femminicidio.
Concludo constatando che, nell'anno del trionfo dell'ideologia di genere, vorrei che fossero rispettate le quote rosa anche per quanto riguarda la criminalità in Italia, cioè che il numero di uomini uccisi ogni anno nel nostro paese possa scendere fino a raggiungere il livello delle donne uccise. E mi piacerebbe molto vedere i fautori della parità indignarsi per il silenzio con il quale vengono dimenticate molte vittime di crimini violenti soltanto a causa del loro sesso (maschile).
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/08/2013 (e 12/08/2013) (link)
http://bit.ly/IJ3GSB
Ottantacinque milioni di euro per finanziare le "cooperative di donne" (ovvero i partiti) impediscono di cessare questa disinformazione/procurato allarme
RispondiEliminaIlluminante. Grazie.
RispondiElimina@superpapino