mercoledì 27 dicembre 2017

Morte dei padri separati a Natale


Solitudine di Natale, morte dei padri separati


Ci sono morti silenziose che distruggono solo il cuore di chi vive questo dramma di solitudine.
Non voglio essere politicamente corretta, francamente oggi me ne infischio.
Dopo anni di costante osservazione nel mondo dell’associazionismo separativo, storie ascoltate, migliaia di atti letti, abbiamo evidenziato un elenco di soggetti coinvolti, con in capo una qualsiasi responsabilità, in questo circolo vizioso
Genitori vigliacchi e vendicativi
Avvocati senza professionalità e senza scrupoli
Giudici indegni
Servizi sociali parziali e indottrinati all’inquantomammismo
Assessori ai Servizi Sociali “disattenti”
Un popolino ignorante e gretto….
…In questo panorama troppi padri si tolgono la vita….
No, ma “loro” pensano ai femminicidi… quelli sì salgono alla ribalta.
Non si vuole mettere in contrapposizione un episodio piuttosto che un altro, si chiede pari dignità almeno nella morte.
Anche questo è un omicidio, ancorché questo PADRE si è suicidato.
È ora di dire BASTA A TUTTO QUESTO.
Questo episodio è solo l’ultimo in ordine cronologico, molti altri prima di lui durante il periodo natalizio non hanno retto alla solitudine.
“Perdonatemi”

“Perdonatemi”, l’ultimo straziante messaggio prima della morte: addio al papà di Quartu
 
Fonte: http://www.laurabesana.it/2017/12/27/solitudine-di-natale-morte-dei-padri-separati/

lunedì 4 dicembre 2017

Centri antiviolenza: una bolla speculativa


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MILANO - ANNUNCI OFFERTE DI LAVORO - AGENZIA LAVORO INTERINALE 

Negli anni ’90 ci fu il boom della new economy e di concetti correlati quali la mobilità e flessibilità del lavoro. In tutto il mondo i governi colsero l’occasione per riformare gli ordinamenti giuslavoristici ereditati dal passato industriale, adattandoli alla nuova eterogenea e cangiante realtà economica ancorata ai servizi. I mitici “Uffici di collocamento” passarono quindi la mano ai più fragili “Centri per l’impiego” pubblici, ma soprattutto si diede una delega in bianco alle “Agenzie di lavoro”, imprese private che commerciavano in risorse umane, assecondando un processo verso cui non mancarono fortissime resistenze.
Fu per superare proprio quelle resistenze che sul piano culturale le élite globali e nazionali spinsero e spesero grandi risorse per affermare il ruolo di questi soggetti privati, che finirono per proliferare. Legioni di giovani registrarono i loro Curriculum Vitae e sperarono in una chiamata. Molti di loro, va detto, trovarono la via per un inserimento nel mondo del lavoro, che magari dura ancora oggi, ma non è l’efficacia di questi soggetti a interessare. Piuttosto è il fatto che in quel periodo le città erano invase di pubblicità delle diverse agenzie di lavoro, che pullulavano a piano strada in una proporzione pari oggi ai negozi dei cinesi. La spinta istituzionale alla nouvelle vague del mercato del lavoro, testimoniata dai pochi vincoli imposti per aprire un’agenzia di lavoro, era sotto gli occhi di tutti. Oggi di quella pletora rimane un 10%. Imbattersi casualmente in un’agenzia di lavoro è quasi impossibile. Bisogna cercarle, e il loro numero è nettamente calato.
Crisi-agricola-immagine-simbolica-300x279Più o meno nello stesso periodo l’ingresso dell’Italia a pieno titolo nell’UE comportava, tra le prime conseguenze, la rinuncia della sovranità sulle politiche agricole. Il pallino, su quella tematica, passava a Bruxelles, dove gli interessi francesi la facevano da padrone. Risultato: l’agricoltura italiana conosce una crisi pesantissima. Nasce così, per sostenere un settore in crisi, l’idea dell’agriturismo. Le aziende agricole messe in ginocchio dalle politiche comunitarie potevano trasformare la loro attività di produzione mescolandola a un’attività di servizi per il turismo. Anche in questo caso vincoli pochi, pubblicità tanta, spinta culturale fortissima, e fu il boom.
Per un lungo periodo gli agriturismi sorsero come funghi. In ogni regione, anche nelle più piccole, se ne contavano tantissimi, c’era oggettivamente l’imbarazzo della scelta. Chiunque fosse in possesso di un appezzamento, un paio di caprette annoiate, una mucca smunta, qualche gallina spelacchiata e un orticello poteva spacciarsi per agriturismo. Sulle pagine dei giornali, autorevoli e meno autorevoli, si sprecavano i redazionali con personaggi noti e meno noti che testimoniavano la loro favolosa vacanza in agriturismo. Oggi quel mercato è ancora prospero, per fortuna, ma è dovuto passare, dopo un po’, sotto le forche caudine sia della crisi, sia di un eccesso di offerta rispetto alla domanda, sia di una legislazione più sensata e restrittiva per accedere all’apertura di questo tipo di impresa.

Quelli sopra riportati sono solo due esempi di “bolle speculative”, volute e create dal sistema per spingere sul piano culturale ed economico realtà commerciali specifiche, per imporre una narrazione diffusa e, alla fine dei conti, per mutare una mentalità. Dietro vi è in minima parte una strategia economica complessiva, ma soprattutto un calcolo per orientare l’opinione pubblica verso determinate direzioni, avvantaggiando agglomerati di interessi a loro volta collegati con interessi politici. Il tutto con i media a pieno supporto. L’esito, in tutti i casi, è sempre un boom di ciò che viene imposto, sia che si tratti di agenzie di lavoro, di agriturismi o di altro. Che si configura come bolla speculativa perché, non avendo uno sbocco reale o non rispondendo a una domanda reale, di fatto non ha fondamento. E’ un boom “drogato”, sostenuto solo da strategie e investimenti politici e mediatici.

Meccanismi che si ripetono periodicamente, coinvolgendo di volta in volta settori diversi, e che seguono uno schema più o meno sempre uguale: battage per imporre all’opinione pubblica un’emergenza o la necessità di un’evoluzione (il più delle volte presunte quando non inesistenti), risposta all’emergenza con l’individuazione e pubblicizzazione ossessiva di soggetti teoricamente capaci di risolvere l’emergenza, libertà d’azione e assenza di vincoli per questi soggetti in modo che proliferino senza freni. Quando la “bolla” così creata esaurisce i suoi compiti, consolidandosi (come nel caso degli agriturismi) o sfruttando al massimo le opportunità (come le agenzie di lavoro), il passaggio successivo è quello di dare regole più stringenti, che consentono alla bolla di sgonfiarsi gradualmente, invece di esplodere. Un altro esempio calzante è l’emergenza ecologica del risparmio energetico immobiliare, risolta con l’obbligo di un’inutile certificazione a carico di chi vende casa, che ha fatto e sta facendo la fortuna di un gran numero di geometri, senza che il problema del risparmio energetico venga risolto.
cav-guidoniaSe si usa la chiave di lettura della bolla speculativa, si riesce oggi a dare una spiegazione all’isteria dilagante relativa alle violenze di genere (intese naturalmente solo come “contro le donne”), con tanto di supporto di statistiche pubbliche e ufficiali piegate a scopi ideologici e propagandistici, e un esercito di media impegnati come non mai a manipolare l’informazione. La “bolla” oggi è imporre la necessità di un numero imprecisato di nuove imprese che vadano sotto la specie di “centri antiviolenza” o “case rifugio” o similari, con tutto l’indotto occupazionale che esse innescano. Anche grazie alla pressoché totale assenza di regolamentazione (come da schema usuale) di requisiti di legge. Si impone dunque un’emergenza che non c’è, o non c’è nelle proporzioni con cui viene rappresentata, e si dà come risposta la distribuzione a pioggia di denaro pubblico a soggetti pressoché privi di ogni regolamentazione. Che però non trattano forza lavoro, non commerciano servizi turistici, ma si occupano di casi umani spesso in situazioni gravissime.


Questa volta la bolla speculativa si macchia quindi di un cinismo atroce, che fa proliferare un business ingiustificato, a danno di chi davvero avrebbe bisogno di un sostegno (e centri davvero specializzati sarebbero una manna in questo senso) e di chi finisce incastrato in meccanismi distorti, capaci di rovinare un’intera esistenza. Come un tempo si trovava un’agenzia di lavoro in ogni via, o un agriturismo ogni tre chilometri in campagna, oggi c’è l’imbarazzo della scelta sui centri antiviolenza. Che però vivono di contributi pubblici, con un bassissimo accesso di utenza reale (e un altissimo accesso di utenza fittizia). Le statistiche sulla creazione di nuove imprese migliorano, così come quelle sull’occupazione, voti e consensi elettorali fluiscono liberamente, lobby e holding collegate prosperano. E fra qualche tempo, quando questo doping esaurirà la sua spinta, per fare l’operatore di un centro antiviolenza serviranno requisiti specifici, così come aprirne uno laddove già ce ne siano molti. Tutto insomma sarà riportato alla giusta proporzione. Ma a che prezzo, intanto?


beauty_jpg_363x200_crop_q85Un prezzo alto, molto alto, pagato essenzialmente da chi avrebbe bisogno davvero di un supporto professionale, e nell’inflazione dilagante non lo trova, o lo trova nella mera spinta a sporgere una denuncia purchessia, e da chi oggi si trova suo malgrado a sostenere una narrazione diffusa distorta a supporto di queste attività, facendosi 42 giorni ai domiciliari per un bacio denunciato falsamente come molestia.


Fonte: https://stalkersaraitu.com/2017/11/30/i-centri-antiviolenza-sono-lennesima-bolla-speculativa/

venerdì 29 settembre 2017

Turiste USA con polizza anti violenza: di 200 denunce, il 90% (180) sono inventate


Turiste Usa in Italia con polizza anti-violenza: 200 denunce l’anno, il 90% sono inventate


NEW YORK Non esiste una polizza assicurativa specifica contro lo stupro: né per un cittadino americano in patria, né per chi viaggia all’estero. Esistono polizze che assicurano sui danni provocati da violenza (rapine, scippi, omicidi, infortuni vari) sia in patria che all’estero. E le ragazze di Firenze ne avevano una di questo tipo, stipulata dal college con cui sono arrivate in Italia. Ci sono comunque delle cifre che fanno riflettere: ogni anno, solo a Firenze, vengono presentate da ragazze americane dalle 150 alle 200 denunce per stupro. di queste il 90% risulta completamente inventate.

Gli studenti americani che partono a frotte ogni anno per un semestre di studi all’estero hanno la scelta, come ogni viaggiatore, di acquistare appunto una assicurazione temporanea contro gli infortuni. Le università statunitensi raccomandano vivamente l’acquisto, e i genitori sono ben felici di sapere che i loro figli saranno protetti, a dispetto delle differenti normative locali. «I contratti sono generici, molto meno articolati di una polizza sulla salute che viene offerta negli Usa ci ha detto Ashley McCornick, responsabile della Cultural Insurance Services International, un’agenzia che fa da ombrello per queste speciali polizze a molte società di assicurazioni statunitensi. Nessuna polizza contempla in modo specifico la violenza sessuale. In tema di sesso, è molto più frequente vedere clausole che declinano la copertura assicurativa in caso di contagio di una malattia trasmessa durante un rapporto. Una disposizione questa che tende a scoraggiare il turismo sessuale».

IL VENDITORE
Per Dominick Serrano, venditore della polizza Geo Blue che accompagna molti degli studenti della New York University in visita a Firenze «un caso come quello delle due vittime fiorentine rientrerebbe nell’ipotesi generale di infortunio, e le spese sostenute verrebbero rimborsate al 100%».
L’idea di una assicurazione contro lo stupro è stata discussa seriamente dal parlamento in India nel 1999, ma la proposta è stata affossata dalle critiche del movimento femminista che la considerava colpevolizzante per le donne e per gli uomini che avrebbero dovuto accettare l’identità di vittime predestinate, e pagare il costo monetario relativo a tale etichetta. Breve vita ha avuto anche l’idea dell’australiana CGU, che in Sud Africa aveva iniziato ad offrire la polizza Rape Survival per garantire l’accesso ai medicinali nel caso di sieropositività di una persona che aveva subito violenza.

LE PROMESSE
La società ha scoperto di non essere in grado di mantenere la promessa in una società nella quale una donna su quattro sperimenta lo stupro, e dove il 25% della popolazione è portatore del HIV. Il rischio che alcuni tra i 320.000 studenti possano essere vittime di stupro mentre sono all’estero è ben conosciuto dai college e dalle università americane. L’ipotesi è discussa apertamente nei siti web delle scuole, e dai consulenti chiamati ad orientare gli allievi nel campo minato della crescita sessuale. Non esistono «paesi a rischio», almeno nella cinta europea, e soprattutto non esistono dati affidabili, in Europa come nel resto del mondo. Le denunce di violenze da parte delle vittime sono il 16% di quelle perpetrate, secondo le proiezioni elaborate dall’Onu.

Nuova Zelanda: l'infanticidio è diverso da assassinio (per le madri)

venerdì 25 agosto 2017

Il tramonto del Padre è il tramonto dell'Occidente


Sicuramente i padri, quelli separati, assistono con un certo disincanto a quanto sta avvenendo sul fronte immigrazione e jus soli.
Da più parti, dalla politica, alle ONG, allo stesso Vaticano è tutto un fermento di difese: difese dei diritti, difesa della legalità, difesa della Nazione, difesa delle persone, difesa degli Italiani, difesa dello straniero, delle donne e dei bambini vittime della guerra e della persecuzione, jus soli e jus culturae.

I padri italiani, vittime delle prassi delle ingiuste separazioni coniugali, assistono con disincanto nel vedere un film già visto, un déja vu, per intenderci quello fatto di titoloni sulle testate giornalistiche dove molti sedicenti benefattori corrono "in aiuto di", "in difesa di", aiuto fatto sulla carta di buone intenzioni e declinato nel modo più miserevole. Il déja vu  del business dell'aiuto.

La febbre dell'aiuto sembra il leitmotiv del tempo attuale, che ha sostituito la febbre dell'oro.
Salvo constatare che poi è la stessa cosa.

Le ONG umanitarie in aiuto dei gommoni, le cooperative in aiuto dei migranti, la Caritas in aiuto degli sbarcati, le Amministrazioni Comunali consenzienti in aiuto dei rifugiati, lo stato in aiuto economico delle organizzazioni in aiuto dei rifugiati. Salvo poi constatare che tutto questo fermento, tutto questa dedizione alla difesa del debole è ben remunerata, ha i suoi vantaggi e, "sorprendentemente" non consegue gli esiti desiderati.





Vantaggi assicurati per chi gestisce il soccorso umanitario: COOP, Caritas, ONG, centro di accoglinza. Salvo poi constatare che, dietro l'aiuto, si nasconde la truffa, il falso e i maltrattamenti, magari a danno degli stessi soggetti che si intendeva aiutare. Senza parlare dei problemi di convivenza e di legalità (vedere i fatti di Roma nello sgombero dei rifugiati a Piazza indipendenza)




Salvo poi entrare in un giro vizioso. Con l' "accoglienza ad ogni costo" si incentiva l'immigrazione (volontaria e imposta dagli "scafisti"), con l'immigrazione si incentivano i trasferimenti in denaro dello Stato e il gioco è fatto. Il business dell'accoglienza, alcuni giornali lo hanno titolato. 

Alcuni vedono più in là e scorgono, nei fenomeni immigratori voluti e finanziati, nell'accoglienza ad ogni costo, un chiaro esempio di decadenza della società.

Ida Magli scriveva:

"Ogni sistema culturale integra comportamenti estranei soltanto se questi non sono in contraddizione con il modello di base, se non ne alterano la «forma» significativa".

"Ogni modello culturale possiede una forma, ...., e rigetta perciò gli elementi estranei non compatibili, in analogia con il sistema immunitario di sorveglianza e di identificazione con il quale li rigetta l'organismo biologico. Non appena, quindi, viene meno la reazione di rigetto e il sistema comincia a lasciarsi invadere da elementi appartenenti a sistemi diversi, inizia il suo itinerario verso l'estinzione e manda il tipico segnale che l'antropologo percepisce come «etnologico»: segnale di pseudovita, di «vita morta».



In ambito di diritto familiare, sembra di aver assistito a un fenomeno simile, anche qui basato sul business dell'aiuto. Gli assistenti sociali in aiuto dei bambini (presunti) maltrattati, gli avvocati familiaristi in aiuto delle madri (presunte) vittime di violenza, le Amministrazioni in aiuto, economico e legale, delle donne (presunte) vittime di violenza, lo Stato in aiuto dei centri di accoglienza delle donne vittime di violenza (presunta), i tribunali che "mettono il minore al centro", le case famiglie desiderose di aiutare i minori messi "al centro", e poi la schiera di psicologhette e di educatori che, biro e notes, fanno colloqui, aiutano, aiutano, stendono perizie per i tribunali, formulando evanescenti valutazioni  sulle "capacità genitoriali" dei padri italiani.
Una danza macabra con al centro i nostri figli.




Salvo poi constatare che i padri accusati delle più sperticate nefandezze non sono tali, che nella maggior parte dei casi le accuse si rivelano infondate (fenomeno quasi internazione che ha pure l'hastag: #falseallegation) e poi tutti a piangere lacrime di coccodrillo e a stracciarsi le vesti perchè, dopo aver forzatamente privato i nostri figli della figura paterna,  "a rimetterci sono sempre i minori, i bambini i più deboli".




 Ormai c'è stato il lavaggio del cervello.

Il provvedimento sul femminicidio è ottimo esempio anticostituzionale e sessista. Il crimine non ha sesso né posizione geografica. La violenza è violenza, sia se è un uomo a praticarla su una donna sia viceversa. E' un errore fare leggi inseguendo la psicologia popolare e l'ondata mediatica del crimine, nella speranza di prendere voti o di avere ragione. Ma le vittime maschi non esistono per i Boldriniani.  Un capolavoro di "fake news" a cui tutti si sono inchinati in perenne adorazione. Anche le prolusioni inamidate del card. Bagnasco indicavano come "emergenze" il femminicidio.

Dei padri italiani, di quelli "biologici", della "vis", della paternità, dell'autorevolezza paterna è stato sistematicamente coltivato il disprezzo, con la pretesa di "mettere il minore al centro",  così come si sta coltivano il disprezzo della società occidentale sotto le mentite spoglie dell'"accoglienza".
Un tempo le femministe sfilavano per le strade "contro la società patriarcale". Oggi quelle sfilate si sono trasformate "contro la società omofoba e patriarcale". E le similitudini tra il disprezzo della "vis" e il disprezzo nutrito verso il mondo Occidentale con i  principi di legalità, non si fermano qui.


E' una similitudine che diventa non solo formale, non solo fatto di parole, ma , secondo la Ida Magli, sostanziale.
Perchè per la Magli, la "vis" è la sostanza della società occidentale. Scrive in "Il tramonto dell'Occidente".

"Questo che manca all'Europa: l'aspirazione a un futuro. Manca perché la maggior parte dei suoi tratti culturali è esaurita. Manca perché una società priva di vis, dove non si sa più che cosa sia la «virilità», la potenza della virilità, e addirittura la si disprezza, non possiede più alcuna spinta aggressiva verso l'esterno e anzi si trova in stato di passività e di soggezione. Manca perché i suoi leader, governanti, clero, giornalisti l'hanno spinta e la spingono ogni giorno a perdere le proprie caratteristiche per unificarla e omologarla al resto del mondo. Laddove tutti sono «uguali» (o vengono costretti a sembrare uguali) la passività dei sudditi è assicurata, ma è assicurata anche l'assoluta debolezza della società."


Con un atto di orgoglio il Meeting di Rimini titola, come il Faus di Goethe: Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo coniugando, pericolosamente per i tempi odierni, l'immagine del padre (oggi blasfema) con l'eredità del passato.

Scrive la Magli, senza essere troppo politically correct e usando frequentemente il maschile:

L’ostinata opera di disprezzo, dell’odio e del tradimento da parte dei governanti è cominciata da lì, dallo sforzo per negare la grandezza e la bellezza di questi fattori eccezionali. Prima di tutto negando ostentatamente ogni valore ai fondatori di Roma e padri degli Italiani, malgrado l’evidente assurdità dell’impresa. Sì è cercato di calpestarne il genio giuridico..di passar sopra la grandezza della lingua latina..di far dimenticare la capacità ingegneristica dei Romani, rimasta tuttora ineguagliata, e si è parlato con disprezzo della saggezza di governo dell’Impero più grande che sia mai esistito, saggezza che uno dei maggiori storici della romanità, Pierre Grimal, ha definito come il primo Umanesimo che sia apparso nella storia del mondo

"L'Europa è diventata «femmina». Tutte le caratteristiche sociali e culturali dei «bianchi», quelle che erano implicite nella definizione stessa di «bianchi» come conquistatori, ma anche come portatori della civiltà più ricca e sviluppata in ogni campo, sono sparite. Certo, l'Europa appare ancora molto ricca in confronto all'Africa o all'India, ma si tratta di pura ricchezza materiale, una ricchezza che del resto si va anch'essa esaurendo rapidamente.
È sparita però la forza della società fondata sulla famiglia, sull'autorità del padre e dei maschi in generale, su una desiderata procreazione, sulla solidarietà dei legami di parentela. È sparito l'amore per la Patria, l'orgoglio per il patrimonio inestimabile del diritto, della letteratura, dell'arte, della musica, che caratterizza la storia d'Europa"

Probabilmente non viviamo nell'epoca della diffesa della verità. Anche il potere spirituale del Vaticano, più terzomondista che "cristiano" ha perso dignità. Sempre pieno di belle parole, che non rivoltano le coscienze. "Accompagnare, includere, discernere, accogliere, nuove sfide", per non parlare ancora di "ascolto, comprensione", "chi sono io per giudicare" e poi il capolavoro sulle labbra i tutti/e: l'Ammore. L'Ammore, l'Adonna, l'Ammadre.

Come diceva Montanelli, in italia ogni discussione va a finire in retorica, "inguaribile vizio italiano".


mercoledì 2 agosto 2017

#femminicidio: dati a senso unico

Tutte in vacanza le Cassandre? In questo torrido giugno sembra che tacciano i cori della denigrazione antimaschile,  quelli secondo i quali la violenza dell’uomo sarebbe una tara culturale da cui nessuno è escluso.
Latitano le narrazioni gender oriented che hanno imperversato negli ultimi anni, per capirci: la mattanza rosa, una donna uccisa ogni due giorni, ogni donna fra 16 e 70 anni ha subito almeno una violenza nella vita, l’orco ha le chiavi di casa, ogni donna è a rischio violenza sul posto di lavoro, in strada, in casa, a scuola, etc.
La donna è vittima per definizione, l’uomo è carnefice per DNA, punto.
L’ha spiegato in sintesi il Re dell’ovvietà antimaschile, Oliviero Toscani.
La violenza a ruoli invertiti non esiste, e se esiste è legittimata. Non si deve ammettere che possano esistere anche donne violente, e quando non è possibile negare l’evidenza salta fuori che in fondo fanno bene perché dopo tanto subire qualche uomo ammazzato non guasta.
Non è uno scherzo, sui social la violenza femminile viene applaudita, incoraggiata, addirittura esaltata.
I media, bovinamente asserviti all’ideologia di genere, accendono prontamente i riflettori su ogni vittima femminile di violenza e stalking,  ma sono costantemente distratti quando la vittima è un uomo.
Ovvio, logica conseguenza di uno strisciante diktat istituzionale, da Grasso alla Boldrini, da Mattarella (e prima ancora Napolitano) alla Fedeli si celebra la vittima dell’acido  Lucia Annibali e si snobba la vittima dell’acido William Pezzulo, anche se William ha riportato danni enormemente più gravi di Lucia.
Perché notiamo l’assordante silenzio di giugno?
Perché in questo mese la controinformazione, quella cioè non piegata al vento prevalente, registra diversi casi che – a ruoli invertiti – avrebbero saturato le pagine dei giornali, i palinsesti televisivi, il dibattito politico.      
Giugno si chiude con una notizia allo stesso tempo drammatica e curiosa
Picchia il marito da anni, allontanata
Ma le strutture protezione, pensate per donne, non accolgono l'uomo
Redazione ANSA GENOVA
30 giugno 2017   17:05
Per anni ha subito botte e insulti tanto da finire almeno due volte in ospedale con mascella e denti rotti. Vittima un uomo la cui moglie ha picchiato e umiliato per anni, anche davanti alla figlia di 7 anni, e che per questo è stata allontanata da casa. (…)
La vittima maschile non può contare su alcuna forma di accoglienza poiché, come scriviamo da anni, tutto il welfare è pensato, strutturato e finanziato esclusivamente in funzione del genere femminile. Perché prevedere un minimo di supporto anche alle vittime maschili, se le vittime maschili non esistono?
Comunque la cronaca di giugno non si ferma a percosse, lesioni, maltrattamenti e violenza assistita, registra anche casi estremamente più gravi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Così, tanto per citare alcuni dei casi che chi studia il fenomeno della violenza a 360°, quindi anche femminile, riesce a scovare online.
Perché la stranezza di fondo è questa: le vittime maschili te le devi andare a cercare con meticolosità, non hanno mai la stessa eco delle vittime femminili. 
I lanci ANSA ci sono, perché non vengono ripresi da Repubblica, Corsera, La Stampa e poi da TG Uno, TG 5, TG La7 e tutti i network nazionali?
Perché le notizie con vittime maschili sono non-notizie?
Ho archiviato 2141 google alert (duemilacentoquarantuno) sul processo che a Rimini vede come parte  lesa Gessica Notaro, la donna sfregiata dall’ex Edson Tavares.
In assenza di femminicidi, stupri e violenze del branco, qualcosa contro il maschile bisognava pur trovare. 
Ma nessuno spazio sulle testate nazionali a cinque uomini uccisi da donne, una donna che ha ammazzato la madre, qualche infanticidio, e poi pestaggi, evasioni, stalking (parecchi) e gli immancabili maltrattamenti ai bambini dell’asilo.
Meglio non scrivere niente, è estate, fa caldo, tutti in spiaggia
Con la testa sotto la sabbia.
Ps
C’è un altro caso che merita attenzione, se non altro per monitorarne gli sviluppi.
In ogni caso, si tratta del sesto uomo ucciso a giugno da una donna, resta da capire se si tratta di omicidio preterintenzionale o volontario.