Brutta fama, quella dei Servizi Sociali. Ladri di bambini, il braccio
armato del sequestrificio, sequestri di stato, bambini venduti, bambini
come merce di scambio …, queste sono alcune delle definizioni che la
stampa riporta in occasione di inchieste che talvolta sollevano quel
coperchio che non deve essere sollevato.
A Napoli, in azione gli agenti della polizia municipale del comandante
Sementa: sequestrati atti negli uffici comunali. L'assegnazione dei
minori veniva pilotata dai funzionari pubblici a favore di alcune
strutture che lucravano sui finanziamenti Bambini usati come merce di
scambio per lucrare sui fondi del Comune di Napoli destinati
all'accoglienza residenziale dei minori.
Questo il sistema criminale che emerge dalle
indagini della polizia municipale, coinvolti funzionari del Comune, impiegati delle Politiche Sociali, titolari di case famiglia della città.
Sono anche le teorie che serpeggiano in rete su centinaia di siti, bolg
e pagine FB, vengono ripetute nei convegni e nelle manifestazioni,
ricorrono nei libri e negli articoli sull’argomento.
Forse non è sempre così, forse gli interessi economici non sempre
prevalgono sugli interessi delle famiglie e dei minori, forse esistono
anche buone prassi, forse esistono casi risolti positivamente, forse
quella dei Servizi è una fama immeritata.
Forse.
Resta il fatto che decine di migliaia di bambini ogni anno finiscono
nel tritacarne, strappati ad uno o entrambi i genitori per alimentare il
mercato delle strutture di accoglienza. Perché di mercato si tratta:
sia chiaro che un bambino non entra in casa famiglia a titolo gratuito.
Di contro c’è la difesa dei Servizi stessi, secondo la quale il Sistema
lavora sempre al meglio, le operatrici sono sottopagate ed oberate di
lavoro a causa della carenza di organico, l’unico focus è l’interesse
dei minori, togliere i bambini alle famiglie è solo l’estrema ratio quando null’altro è possibile.
Ok, ma questa estrema ratio riguarda decine di migliaia di
famiglie ogni anno, centinaia di migliaia negli ultimi anni. Il tipico
genitore italiano è maltrattante per DNA e non ce ne siamo accorti?
In altra data abbiamo affrontato, sempre sulle pagine di Adiantum, il
tema della trasparenza sui criteri di collocazione dei minori in
istituto, il peso determinante dei Servizi per togliere i bambini alle
famiglie, l’opposizione dei servizi alle videoregistrazioni degli
incontri con adulti e minori presi in carico.
Ora vediamo come un caso concreto, uno dei tanti, solleva legittimi
dubbi sulle dinamiche che trascinano i bambini fuori dalla famiglia.
Agosto 2013, litorale tirrenico. Un bambino che chiameremo Mario viene
accompagnato al Pronto Soccorso di un piccolo centro poiché ha
incautamente stuzzicato un alveare ed è pieno di punture.
Il PS non è attrezzato al meglio e suggerisce il trasferimento ad altro
ospedale. Il bambino viene accompagnato dal 118 in una cittadina più
grande, con un ospedale migliore, ove viene confermata la diagnosi
(dermatosi infiammatoria), trattata con Bentelan.
Il mese successivo Mario è stato tolto alla madre, che chiameremo Anna, con la motivazione di percosse da persona nota.
Collocato in una struttura protetta, potestà sospesa alla madre,
vietato qualsiasi tipo di incontro anche in modalità protetta.
Come si è potuti arrivare a tanto?
Semplice, basta costruire una versione distorta dei fatti. Il
provvedimento del TdM motiva la misura protettiva col fatto che si
sarebbe presentata spontaneamente l’assistente sociale di un Comune nel
quale la famiglia non vive più, sostenendo di “aver saputo” che:
-
il bimbo era andato in ospedale per curare i sintomi di percosse (falso 1)
-
il convivente della madre, che chiameremo Giovanni, non aveva accettato la diagnosi (falso 2)
-
Giovanni aveva portato via il bimbo per condurlo in un altro ospedale ( falso 3) e farlo refertare diversamente.
Falso 1 - il referto del PS smentisce la versione dell’assistente
sociale, sia la prima che la seconda struttura sanitaria hanno
riscontrato sul bambino esiti di punture d’insetto e non di schiaffi,
calci, cinghiate etc.
Falso 2 – Giovanni non si è opposto a nulla ne’ avrebbe potuto farlo,
semplicemente perché era altrove. Aveva accompagnato la madre di Mario -
guardacaso - proprio nello stesso ospedale ove il bambino è stato
trasferito in ambulanza. Infatti, non essendoci ne’ la madre ne’ il
convivente, Mario dopo l’assalto delle api è stato accompagnato al PS da
un’amica di famiglia.
Falso 3 - per lo stesso motivo (non era fisicamente presente) Giovanni
non ha condotto Mario nel secondo ospedale, ove il bimbo è giunto
tramite 118 come da referto.
Come mai tali e tante falsità? Basta leggere i referti che smentiscono
clamorosamente l’assistente sociale, non li ha visti prima di partire a
testa bassa col suo maldestro “ho saputo che”?
E soprattutto, non li ha letti nemmeno il giudice che ha accettato acriticamente la versione della testimone spontanea?
Inoltre l’assistente sociale dichiara che il bambino ha un aspetto
trascurato, va a scuola con le scarpe rotte e generalmente malvestito,
sporco, malnutrito.
Curioso però che la solerte assistente sociale si preoccupi di
denunciare l’incuria quando ormai il bambino e la sua famiglia non
vivono più da 10 mesi nel Comune ove ella esercita. Presso quale scuola
avrebbe riscontrato le scarpe rotte e tutto il resto, visto che Mario da
mesi è altrove?
Torniamo ai referti di PS.
L’avvocato della famiglia voleva vedere come ci si fosse arrampicati
sugli specchi pur di togliere il bimbo alla madre, ma non ha avuto
accesso immediato agli atti. Passano i giorni, passano le settimane, il
fascicolo “è su dal PM”, poi “è sceso ma non si trova”, poi “provi a telefonare la prossima settimana” … intanto Mario langue in casa famiglia.
Si può sapere da dove salta fuori il referto di percosse citato nel provvedimento del TdM?
Alla fine il fascicolo si trova ed ecco la sorpresa degna di Carramba! Il referto di percosse esiste davvero! Peccato che la madre non ne sappia nulla, Mario è stato portato al PS a sua insaputa.
Da chi?
Ma è ovvio, dai Servizi Sociali del nuovo comune di residenza della
famiglia, che hanno organizzato un centro estivo ed ogni mattino prima
delle 8 prelevano Mario da casa e lo portano al mare con altri bambini.
Quindi esce dal cilindro un referto del mese di luglio, quando il
bambino alle 9,45 viene accompagnato al PS del solito piccolo centro. La
diagnosi è percosse, ma il piccolo PS invia il bambino presso una struttura pediatrica.
Curioso, ma nel fascicolo non c’è traccia del referto di questa fantomatica struttura pediatrica.
Conferma le percosse?
Ha diagnosticato qualcosa di diverso dalle percosse?
Che terapia ha somministrato? È compatibile con le percosse o serve a curare altro?
Oppure Mario non vi è mai stato accompagnato perché il primo referto era sufficiente?
Ancora: per quale motivo nessuno ha riscontrato segni di percosse alle
8, al momento di prelevare Mario da casa, mentre i segni sono comparsi
un’ora e mezza dopo?
Cosa è accaduto fra le 8 e le 9,45?
È stato picchiato da un adulto? Se si, da chi, visto che la madre ed il convivente erano altrove?
Una semplice zuffa tra bambini, con deficit di sorveglianza da parte di chi avrebbe dovuto farlo?
Per quale motivo il bambino è stato immediatamente dimesso e non è stato detto nulla alla madre?
Per quale motivo al rientro a casa i segni di percosse non c’erano più?
Oppure le percosse non ci sono mai state, Mario aveva i soliti gonfiori da punture d’insetto che spariscono in due ore?
Poi si verifica una coincidenza che le AASS non potevano prevedere: 4 giorni dopo la corsa in ospedale per percosse , è il compleanno di Mario.
C’è la festicciola, con tanto di torta e foto. È luglio, Mario nelle
foto appare senza maglietta e non c’è traccia (ne’ sul viso, ne’ sulle
braccia o sul corpo) degli evidenti segni di percosse che hanno
costretto le operatrici a precipitarsi in ospedale.
I lividi impiegano 8/10 gg a sparire, seguono un riassorbimento
naturale che fa cambiare colore all’edema (dal nero, al blu/verde, al
giallo), ma sicuramente dopo 4 gg nessun bambino può avere la pelle
rosea che Mario mostra in foto. Cosa significa?
La zelante assistente sociale, sempre colei che senza essere convocata
da nessuno si è spontaneamente presentata al TdM per far nascere
l’allarme, dichiara inoltre di “avere saputo” che sono intervenuti anche
i Carabinieri. Ulteriore dato: il verbale dei CC nel fascicolo non
esiste.
L’assistente sociale del vecchio Comune di residenza dice che Mario sta
malissimo con la madre, viene picchiato, va a scuola in condizioni
pessime senza peraltro vederlo a scuola da 10 mesi.
L’assistente sociale dell’attuale Comune di residenza porta il bambino
al PS senza dire nulla alla madre, ne’ prima ne’ dopo. Anche al centro
estivo dicono che Mario è picchiato, malnutrito, trascurato.
Che ci sia un disegno comune che collega le due iniziative?
Ma nooooo, non bisogna pensare male, i Servizi Sociali non avrebbero
alcun interesse a pilotare le decisioni del TdM verso la cancellazione
della figura materna a favore di un istituto prima e di una famiglia
affidataria poi.
Nemmeno se il provvedimento del TdM viene notificato, oltre che alla
madre di Mario, anche a due signori che si propongono come affidatari.
Non è che per caso, e dico per caso, questa vicenda finirà per
alimentare la teoria del “sequestro di stato”? Oppure Mario veniva
realmente pestato e - unica misura possibile - doveva essere sradicato
dalla famiglia?
Se ne stanno occupando medici legali ed avvocati, qualcuno dovrà dare
parecchie spiegazioni. Per ora la vicenda è in itinere, aggiorneremo i
lettori sugli sviluppi.
http://www.adiantum.it/public/3451-napoli,-bambini-in-cambio-di-fondi.-inchiesta-sulle-case-famiglia.-di-fabio-nestola.asp