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http://www.tempi.it/adozioni-gay-si-parla-sempre-dei-diritti-degli-adulti-mai-del-bisogno-dei-bambini-di-avere-un-papa-e-una-mamma#.USUBWfKtsW8
«Si parla sempre e solo di “diritti” degli adulti». Non alle esigenze
dei bambini. A proposito delle recenti sentenze sulle adozioni per le
coppie gay da parte della Corte europea dei diritti umani e della Corte costituzionale tedesca, Lucia Bellaspiga, su Avvenire, intervista
Guido Crocetti, professore di Psicologia clinica alla Sapienza di Roma e
direttore del Centro italiano di Psicoterapia psicoanalitica per
l’Infanzia e l’Adolescenza. Se si considerassero i bisogni dei bambini,
spiega il professor Crocetti attaccando i giudici europei, «le sentenze
sarebbero opposte».
BAMBINI SENZA MADRI O PADRI. «Oggi viviamo in una
cultura che tende ad azzerare sempre più le diversità, persino quelle
biologiche, fisiche, incontestabili: l’essere maschio e femmina»,
creando un blob omogeneo e caotico. «La nostra cultura da ambivalente», fondata sul binomio maschio e femmina, spiega il professore all’Avvenire, «sta
diventando ambigua, a tutti i livelli: nelle relazioni uomo/donna, ma
anche padre/madre e figli». «Questa continua ambiguità confonde i ruoli,
le funzioni, i codici comportamentali», getta «nel caos» «soprattutto i
più fragili, quei bambini che invece chiedono» «un papà e una mamma».
I BAMBINI VOGLIONO GENITORI “DIVERSI”. Secondo i
giudici di Strasburgo non esisterebbe una differenza, per i bambini, tra
una coppia omosessuali e una coppia dove c’è una madre e un padre. Il
professor Crocetti non è d’accordo: «Da trent’anni lavoro sui disagi
psichici dei bambini e do voce ai loro bisogni». I bambini vogliono una
mamma e un papà. Una coppia “maschio e femmina”, che «vogliono insieme,
unita». «I bambini sopravvivono sempre, anche alle guerre, alle
carestie, agli abusi e alle violenze, ma questo – appunto – è
sopravvivere, non vivere nel pieno dei loro diritti».
DIRITTI, MA NON PER TUTTI. Queste sentenze tutelano i
diritti delle coppie di adulti omosessuali, a scapito di quelli
naturali dei bambini. Secondo il professor Crocetti, tantissimi «parlano
senza competenza, sempre e solo nell’ottica dell’adulto». «Chi oggi dà
una legittimazione legale al bambino? », si chiede. «Tutte le
combinazioni sono a misura delle esigenze» degli adulti, che piegano la
realtà del bambino «alle proprie aspettative narcisistiche». Usandolo
per tutelare i diritti all’uguaglianza non degli omosessuali ma delle
coppie omosessuali con quelle eterosessuali «non gli diamo ciò di cui ha
naturalmente bisogno per crescere, è lui che deve adattarsi alle
condotte degli adulti».
BAMBINI DISTURBATI. «Tutti i processi di
orientamento e identificazione psicosessuale prevedono le due figure
distinte: la loro assenza dà adito a un disorientamento sull’identità»,
avverte il professore. «O recuperiamo regole e limiti strettamente
correlati ai valori, o la psicopatologia infantile avrà sempre più
piccoli pazienti da curare. Già oggi stanno aumentando in modo
esponenziale».
LO STUDIO DI REGNERUS. A sostegno della tesi del professor Guido Crocetti, c’è anche lo studio di Mark Regnerus,
professore all’Università del Texas, che dimostrò l’esistenza di
problematicità gravi per i bambini allevati dalle famiglie omosessuali.
Lo studio venne criticato dalle lobby gay americane, le quali fecero
pressioni per fare espellere Regnerus dall’Università, non riuscendoci.
LA BUFALA PRO-COPPIE GAY. I sostenitori della tesi
dell’assenza di complicazioni per i bambini adottati dalle coppie gay si
affidano invece a un altro studio, prodotto dall’American Phsycological
Association nel 2005. Ma il documento, ricorda l’Avvenire, è
stato confutato da Loren Marks, una ricercatrice dell’Università statale
della Luisiana. Marks ha dimostrato che delle 59 pubblicazioni citate
dallo studio dell’Apa, 26 si limitano ad analizzare come sia vivere con
genitori dello stesso sesso senza fare un confronto con le coppie
eterosessuali, mentre le altre o non specificano o considerano come
famiglie eterosessuali anche madri single, ragazze madri, divorziati.
Inoltre, spiega la Marks, è determinante per squalificare lo studio «il
fatto che le coppie omosessuali esaminate sono soprattutto composte da
lesbiche, principalmente bianche, istruite e della classe media», e «non
così le famiglie eterosessuali, per lo più monogenitoriali e
monoreddito».
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