FONTE:
http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2013/1/15/LETTURE-Quel-progetto-di-liberta-che-unisce-M-Sanger-i-nazisti-e-l-Onu/3/353573/
L’efferatezza dei progetti eugenetici
del nazismo (tra cui la famosa Aktion T4, il programma per l’eutanasia
di persone affette da inguaribili malattie genetiche o da gravi
malformazioni fisiche che tra il 1940-41 riuscì a eliminare circa
100mila tedeschi tra disabili fisici e mentali, tra cui molti bambini,
prima di essere fermata dall’aperta e coraggiosa denuncia del vescovo di
Munster, Clemens von Galen) ha portato molti a considerare il termine
eugenetica indissolubilmente legato ai progetti di miglioramento della
razza dei nazisti.
In realtà “l’eugenetica non è
un’invenzione nazista, ma qualcosa che nasce dalla scienza e come
progetto scientifico. L’eugenetica ha radici nell’illuminismo” (G.
Israel), e colui che ha introdotto i principi di sanità della razza è
uno scienziato inglese, Francis Galton, cugino di Darwin e sostenitore
del darwinismo sociale.
Il clima culturale che ha condotto al
successo dell’eugenetica alla fine dell’Ottocento in molti paesi
occidentali (specie in Usa, Inghilterra, Germania e Svezia) è stato
quello del laicismo scientista, di ispirazione positivistica, e
dell’ideale progressista dello sviluppo della civiltà.
Ce lo conferma un testo appena apparso di Francesco Tanzilli, Per la donna, contro le donne. Margaret Sanger e la fondazione del movimento per il controllo delle nascite, Studium, Roma 2012, dedicato alla femminista radicale statunitense, Margaret Sanger, che fu l’ideatrice del termine birth control nel 1914.
Con questo termine l’allora giovane
laicista progressista di orientamento anarchico (era nata nel 1879)
indicava la necessità di elaborare una politica eugenista di controllo
della natalità, considerato l’unico mezzo efficace per combattere la
povertà e per ottenere la reale emancipazione delle donne, poiché ne
stabiliva il controllo sull’attività sessuale e riproduttiva,
liberandole dai vincoli familiari e dalla morale cristiana. Il birth control
le appariva la chiave di volta della lotta a povertà, guerre e malattie
e condizione di quel profondo rivolgimento sociale, che avrebbe
realizzato l’autentico progresso dell’umanità. Va notato che l’impegno
profuso per questa causa ottenne alla Sanger l’appoggio di alcuni tra i
più noti propugnatori dell’eugenetica, che sostennero le istituzioni da
lei avviate (la più famosa è la Planned Parenthood, associazione per la
promozione dell’aborto e della maternità responsabile e pianificata,
oggi molto influente nell’ambito delle politiche familiari dell’Onu)
per diffondere la pianificazione delle nascite tramite la
contraccezione, l’aborto, la sterilizzazione, lo screening prenatale e
la fecondazione artificiale, nonché di eminenti personalità culturali e
politiche del mondo statunitense per cui nel secondo dopoguerra la sua
prospettiva eugenetica otterrà un impatto enorme sui costumi individuali
e sulle politiche relative alla natalità adottate sia in Occidente, sia
in paesi come India e Cina
Come è dunque possibile che questa
figura, ben nota nei paesi anglosassoni e la cui opera ha avuto e ha un
rilievo enorme a livello mondiale (il famoso H. G. Wells nel 1935 arrivò
ad affermare: “quando la storia della nostra civiltà verrà scritta,
sarà una storia biologica, e M. Sanger sarà la sua eroina”) sia ancora
oggi praticamente ignota in Italia, al punto che il testo di Tanzilli è
la prima monografia scientifica in lingua italiana?
Tra le tante ragioni che possono aver
condotto a stendere finora un velo di oblio sulla storia e le ragioni di
questa paladina dell’emancipazione delle donne e dei metodi eugenetici,
c’è sicuramente il fatto che la sua storia rivela qual è il vero humus
antropologico della campagna per l’emancipazione delle donne attraverso
il “libero riappropriarsi del proprio corpo” e quali ne sono le
inevitabili conseguenze.
Dall’analisi delle radici culturali
dell’ideologia sangeriana Tanzilli fa emergere che l’adesione alla
dottrina eugenista (che privilegerà nella seconda parte della sua vita
rispetto all’ideale rivoluzionario, cosa che ha portato molti a
sostenere l’esistenza di un’involuzione conservatrice ed autoritaria nel
suo pensiero rispetto alle giovanili premesse libertarie) è stata un
elemento comune agli intellettuali radicali dai quali la Sanger ha
tratto ispirazione per elaborare il principio del controllo delle
nascite, intellettuali con alcuni dei quali la femminista era in
rapporto, ancor prima di avviare la sua attività propagandistica a
favore della nuova causa. Ciò induce l’autore a sostenere con solide
argomentazioni che la sua adozione di una prospettiva eugenista
costituisca non tanto un tradimento degli ideali progressisti della
giovane Margaret, ma ne sia piuttosto il coerente svolgimento : “Il
nucleo ideologico comune alle diverse fonti impiegate da Margaret per
redigere i suoi scritti sembra consistere in un peculiare individualismo
radicale, imperniato su una concezione dell’uomo inteso come essere
totalmente autonomo, appartenente esclusivamente a se stesso, del tutto
indipendente da qualsiasi legame sociale o istituzionale, con piena
facoltà di decidere in merito a ogni aspetto della propria vita (dalle
relazioni affettive alla riproduzione) a prescindere da prescrizioni di
carattere etico o religioso”. [leggere anche al link ]
La prospettiva di edificare una «nuova
morale», in base alla quale la coscienza avrebbe dovuto coincidere con
la volontà individuale, costituiva quindi una sorta di fil rouge che attraversava gli scritti della Sanger e dei suoi amici progressisti di inizio Novecento.
Il progetto del birth control
era finalizzato all’edificazione di una «società pulita e intelligente»
cui bisognava consacrare, come a una sorta di «nuova religione»,
l’intera vita del singolo e della società: “Intendevo suggerire – dice
espressamente la Sanger − alle donne che nel ventesimo secolo dovevano
dare se stesse alla scienza così come in passato avevano consegnato la
propria vita alla religione”.
Ma se l’adozione di una prospettiva
scientista non contrastava, anzi corroborava la lotta per il
riconoscimento del diritto individuale alla regolamentazione
dell’attività sessuale e riproduttiva, come è possibile che la Sanger
sia diventata progressivamente paladina dell’intervento dello Stato
nella programmazione di una seria politica eugenetica? Come nota
Tanzilli questo accade per la contraddizione intrinseca della sua
prospettiva antropologica: “Infatti, nella visione antropologica alla
base del birth control movement ogni donna era al contempo sia
depositaria del diritto a una libertà totale, sia responsabile del
futuro dell’intera razza. Ogni scelta in merito alla sessualità e alla
riproduzione era di esclusiva competenza del singolo individuo, ma tale
scelta aveva un impatto enorme sulla popolazione futura e rendeva perciò
indispensabile l’intervento dell’autorità pubblica”.
E questo, conclude mestamente l’autore,
porta la paladina della donna moderna intesa come un “novello Prometeo”,
invitata a liberare se stessa e l’intera umanità dalle tenebre
dell’ignoranza e della superstizione propagate dalla religione, a
sostenere che il gender femminile è anche “Pandora, la figura
mitica inviata sulla Terra da Zeus insieme a un vaso all’interno del
quale erano contenuti tutti i mali del mondo. Da questo particolare
punto di vista, i controlli da parte delle autorità statali e
sovranazionali sulla riproduzione apparivano alla Sanger non tanto
rimedi necessari, quanto piuttosto strumenti di prevenzione per impedire
ulteriori danni futuri. In questa prospettiva, la donna diveniva
oggetto di programmi anti-natalisti presentati come interventi umanitari
che non ostacolavano lo «spirito femminino» in quanto garantivano
comunque un’assoluta libertà sessuale”.
Paradossalmente, proprio in nome della
«liberazione» individuale della donna “ideale”, la Sanger giunge così a
vincolare le donne “reali” ai dettami dell’eugenetica e all’autorità
delle istituzioni cui compete la verifica (!) della qualità della
popolazione e l’intervento (anche mediante procedure coercitive, Cina docet)
per predisporre la selezione degli individui «adatti» a vivere in
società. Per dirla con Del Noce: un’eterogenesi dei fini inevitabile in
una prospettiva antropologica senza trascendenza, che finisce per andare
contro le esigenze autentiche delle donne in carne ed ossa.
[Download "Woman and the new race"]
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