La prudenza, la phronesis
dei greci, suggerirebbe maggiore cautela, ma l'allegra e gaia nave dei
folli sulla quale siamo tutti imbarcati sembra ostracizzare e condannare
qualsiasi perplessità. Padre e madre naturali – ci assicurano i
colleghi assertori dell'ultima deriva costruttivista – sono funzioni
meramente culturali: le loro figure possono essere serenamente
sostituite da padri e madri acquisiti e una tale assenza non desterà
alcun problema.
Ci si separa così, in modo definitivo, da
una dimensione della paternità costitutiva del nostro processo di
civilizzazione. L'immagine virgiliana di Enea, con il vecchio padre
sulle spalle e il figlio per mano diventa sempre più incomprensibile:
questi cercava un luogo per fondare una nuova città, erede di quella che
gli era stata distrutta. Ma per farlo, cioè per superare il dolore
della fine del mondo che gli era caro, aveva bisogno di un'eredità
vivente (il proprio padre) e di una promessa di esistenza (il proprio
figlio). Il padre era il legame forte che gli garantiva un nome ed una
memoria, il figlio era la vita che avrebbe assicurato la trasmissione di
quanto avrebbe realizzato.
Siamo tutti Enea immaginari e chi tra noi
non può più portare il proprio Anchise sulle spalle, desidererebbe
volentieri poterlo fare. Ma per i bambini provenienti dal "caritatevole
donatore di sperma" non ci sarà nessun Anchise, avranno solo il vuoto di
una figura che non c'è per il semplice motivo che non c'è mai stata.
Potranno realmente farne a meno? Attendiamo l'inventario dei danni fatti
e sarà comunque già tardi per i 98 nuovi nati senza padre.
Salvatore Abbruzzese
FOnte: http://www.ilsussidiario.net/mobile/Editoriale/2014/3/25/Figli-senza-genitori/2/484768/
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