lunedì 10 marzo 2014
"Il padre dov'era" - Giancarlo Ricci
Fonte: http://cdn.tempi.it/wp-content/uploads/2014/02/il-padre-dovera.jpg
(http://bit.ly/1ivZHsS)
lI 33 per cento dei giovani italiani, tra i 18 ai 30 anni, rispondendo alle domande del questionario dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha risposto che il loro punto di riferimento primario è la madre. La ricerca, presentata in occasione del XIII Congresso della Cei per la pastorale giovanile, mette al secondo posto i ragazzi che si affidano agli amici (26 per cento), al terzo quelli che confidano nei partner (14). Mentre solo il 9 per cento pensa che la figura di riferimento sia il padre. Per lo psicanalista Giancarlo Ricci, autore del libro Il padre dov’era, lo spaccato che emerge è «più allarmante di quanto sembri: oggi la figura del padre è venuta meno e di conseguenza anche quella della madre e del figlio. Senza padri che siano tali, i figli non imparano la strada per raggiungere il massimo a cui ogni essere umano aspira. Non a caso, siamo pieni di giovani stanchi che si accontentano di soddisfare compulsivamente voglie parziali». Con un esito terribile: «Il godimento senza limiti ci porta alla morte».
Ricci, da dove nasce questo attaccamento prevalente alla madre?
Dall’imbroglio del femminismo: per sfuggire ai famosi padri padroni, anziché cercare il vero volto del padre, lo si è cancellato. Nella nostra epoca si assiste infatti a un indebolimento crescente della figura paterna. Non è un assenza solo fisica, ma della natura maschile svilita e quindi incapace di porre dei limiti, innanzitutto al rapporto tra il figlio e la madre altrimenti simbiotico: questa la funzione normativa necessaria nella struttura di sviluppo edipica del bambino. Per descrivere cosa intendo uso la figura sapienziale dell’Eden in cui Dio, padre buono, dice ai suoi figli: «Potete mangiare tutti i frutti tranne uno». Non perché quell’albero abbia le mele più buone ma perché se la creatura cerca di farsi creatore, se non dipende da ciò per cui è fatta, si snatura e si fa del male. Allo stesso modo senza limiti paterni che vietino la simbiosi, il rapporto madre e figlio diventa incestuso. Il bambino sarà dipendente da lei e, ricattato, sarà incapace di allontanarsi da chi lo ha cresciuto per riempire il suo vuoto. Un figlio così crescerà incapace di amare un’altra donna. Ecco l’omosessualità dilagante. Pasolini in una poesia intitolata “Supplica a mia madre” scrisse: «Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:/è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia./ Sei insostituibile. Per questo è dannata/ alla solitudine la vita che mi hai dato./ E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame/d’amore, dell’amore di corpi senza anima».
Questa assenza di limiti quali conseguenze patologiche genera?
Il godimento mortifero compulsivo, come la dipendenza dalla droga, dal cibo, dal sesso e dalla pornografia. Se nella vita psichica oltre al piacere non si accetta il dispiacere, la frustrazione e l’attesa si cerca di soddisfare tutto subito. Ma, siccome non è possibile appagare il desiderio umano in un istante, si finisce per accontentarsi di qualcosa che non basta. Si pensi alla pornografia. È facilissimo trovare giovani depressi e demotivati che cercano una soluzione immediata nella pornografia. Mi dicono: «Qualsiasi fantasia mi venga la inseguo: mi metto in chat e il mio desiderio si realizza subito, ma poi mi sento a terra e vorrei sprofondare in un abisso». Evitano il rapporto più faticoso, ma veramente appagante, con una donna reale. Ma i danni sono anche civili: dalla riduzione del desiderio sessuale ai soli atti sessuali dipende anche la mancanza di bellezza e creatività che si riscontrano nella nostra società. Non sappiamo più costruire cattedrali, comporre musica, dipingere opere d’arte perché non sublimiamo più la sessualità con ogni attività.
Cosa pensa di quello che potrebbe accadere se fosse legalizzata l’adozione da parte di coppie dello steso sesso?
L’assenza del padre che guarda al figlio come maschio capace di guidare e proteggere e della madre che guarda la figlia come femmina capace di accogliere, toglie al bambino la possibilità di avere un’identità precisa e limitata. Ecco perché abbiamo gente sempre più fragile, con poco amor proprio, con una bassa stima di sé, incapace di accettare rimproveri, fatiche e quindi di ottenere risultati appaganti. I sentimenti amorevoli non bastano a crescere figli sani.
Sostituire il padre e la madre con l’espressione “genitore 1” e “genitore 2” che conseguenze comporta?
Il padre come simbolo di tradizione, autorità e discendenza è sempre stato centrale nella nostra civiltà. Noi portiamo il nome del padre a fianco del nostro. Il diritto romano, perno dell’edificio della grande civiltà europea, è tutto incentrato sulla figura paterna. Ecco perché le nuove ideologie nate dal rifiuto dal padre, come quella femminista e quella del gender che da essa discende, cercano di smantellare il diritto romano. La conseguenza è la dittatura del desiderio senza limiti e dagli effetti mortiferi che sono sotto gli occhi di tutti.
Abbiamo parlato di una madre che vuole possedere il figlio. Ma è questa la vera madre?
Senza veri padri non esistono madri vere e quindi neppure figli veri. Anche per la donna sono guai senza un terzo: allontanando l’uomo maschio, non solo fisicamente ma simbolicamente, rimane sola e quindi cerca un sostituto in altro, nei figli. Sono molte le mamme che li mettono al mondo come oggetti utili a colmare le proprie mancanze. È qui che si rivela l’inganno del femminismo. La madre non è più colei che, amando il padre, accoglie il figlio per poi separarsene e lasciarlo vivere, ma è una madre divorante. Come si vede in tante separazioni, in cui le mogli tengono i figli stretti a sé come oggetti e li mettono contro i loro padri.
I figli come oggetti. Complice il consumismo?
Il consumismo è una conseguenza della perdita del padre, del senso, della meta e quindi della strada per raggiungerla: l’unico scopo rimane quello di soddisfare le piccole voglie di cui dicevo prima. Ecco, ad esempio, il surrogato della fecondazione assistita con cui una donna fa i figli per sé anche senza l’uomo. Il problema è che questo rapporto di simbiosi incestuosa e di possesso oltre alla diffusione dell’omosessualità, genera anche la pedofilia: un rapporto d’amore morboso con il bambino che non implica per forza il sesso, di cui quello sessuale non è l’unica forma.
Lei sostiene che, oltre che di attenzione, il figlio ha bisogno di crescere con una madre e un padre che si sostengono. Può spiegare perché?
Sono tante le persone in terapia che soffrono perché non non vedono una figura maschile e una femminile diversi e complici. Questo è triste perché l’uomo e la donna sono fatti per completarsi. Non c’è nulla da fare: la donna è felice se accoglie, se ama, l’uomo se protegge e guida ponendo i limiti. Solo con una madre e un padre che accettano e amano ciò che sono il figlio può essere sereno e, guardandoli, imparerà a fare al altrettanto. Ecco perché l’educazione gender ora nelle scuole, che insegna ai bambini l’indifferenza fra sessi, li condannerà all’infelicita e al dolore. Negandogli di conoscere e accedere alla via per realizzarsi.
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