martedì 24 febbraio 2015

Se il padre viene chiama zio.





Caro Adinolfi,
leggo con un certo smarrimento l’ articolo di Omar Ottonelli, apparso sul web della CROCE,  “Se il padre viene chiamato zio”(link), che racconta la disavventura del figlio di Melanine, ex moglie e madre di due figli avuti dal marito e che, scopertasi lesbica, si lega ad una nuova compagna, dal cui fratello prende gli spermatozoi utili alla propria fecondazione. Uno dei risultati di questo intreccio è che il padre biologico viene chiamato “zio”.

Avrai notato che l’articolo racconta una realtà voluta da donne, tutta al femminile, voluta dal mondo femminile, che ha estinto, nei fatti, la presenza del “padre “, riducendolo a un portatore di sperma e negando nei fatti la sua funzione nella crescita ed educazione dei figli.

Ci siamo già abituati. I padri separati italiani si sono abituati
Siamo ormai consci che ormai la denigrazione della figura del padre ha raggiunto, specie nelle aule dei tribunali, livelli parossistici. Livelli che non fanno notizia nel quotidiano bombardamento mediatico, ma ben nota e diffusa (ci si fanno addirittura i film-qui).  Oggi  la strategia dei falsi abusi e delle false accuse strumentali mosse dalla madri-mogli-donne(presunte)-vittime-di-violenza è la strategia  emergente, da parte di cristianissime madri,  per escludere un genitore dalla vita dei figli   In teoria ci sarebbe l’affido condiviso, quindi il “nemico” si elimina utilizzando il penale. Il nuovo nemico del popolo è il padre di famiglia.

Siamo ormai consci che l’unica attenzione mass-meditica è la figura del padre, nuovo povero, obbligato a recarsi alla Caritas diocesana per metter insieme il pranzo con la cena, e per il quale si mobilitano associazioni, osservatori, psicologi, neuropsichiatri, pronti all’ascolto, al dialogo e a quanto di più ipocrita esista per "aiutare" a lenire le ferite senza uno sguardo alle cause. Dicono  di aiutare, ma nascondono sistematicamente le cause, negando la verità. E la carità senza verità è pappetta.

Ci siamo abituati. Anche a vedere, sulla pagina di cristianissimi giornali, una Sacra Famiglia mutilata, in quanto spesso la figura del bambino o bambina è associata alla sola figura femminile.

 E sappiamo che anche la società si è abituata. Del resto raccontare o mostrare ogni giorno la (presunta) esclusività femminile nella cura filiale “è il modo migliore per veicolarne la  presunta normalità. Come ogni buon vaccino, si tratta di abituare lentamente un organismo a misurarsi con qualcosa che per natura gli è estraneo; all’orizzonte qualcuno intravede il miraggio di chissà quale immunità", come dice l’articolo di Ottonelli.

Mi auguro davvero che il tuo giornale, contrariamente ad altre testate e partendo da articoli simili a quello citato, non taccia che l’origine di certe storture nasce proprio dall’ aver eliminato o evitato attentamente di raccontare della figura positiva del “padre” nella crescita dei figli e dalla ostentazione, quale celeste panacea ai mali che affliggono la famiglia, della immagine della sola madre insieme ai figli. 

Può essere di aiuto ricordare che i figli, oltre a "voglio la mamma", dicono, in maniera statisticamente equivalente,  "voglio papà".

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