venerdì 27 novembre 2015

Il Comune di Cinisello Balsamo contro i padri.

Il comune di Cinisello Balsamo contro i padri. Esposto di ADIANTUM al Governo



Il 25 Novembre si avvicina, e la macchina della propaganda "donnista" scalda i motori. Nel sacco della disinformazione di genere, tesa da un paio di decenni dalle organizzazioni femminili attente esclusivamente ai finanziamenti di Stato, cadono in tanti: politici-ragazzini in vena di apparire, deputati e senatori a caccia di "convergenze parallele" con le colleghe donne, e amministratori di piccoli e grandi comuni dell'Hinterland di capoluogo.
Parola d'ordine: chi se la sente, esageri pure. Tanto, dopo la kermesse del 25 Novembre l'incarico è terminato e i sicari torneranno nell'oblio.
E così, ad immolarsi per la causa donnista è toccato, tra gli altri, a Siria Trezzi, sindaco di Cinisello Balsamo (comune di 72.000 abitanti alle porte di Milano), passata al PD nel 2014 dopo essere stata in SEL. La Trezzi ha promosso una campagna sub-culturale contro i padri che, per quanto banale (e un tantino volgare), merita la nostra attenzione.
Secondo Papà Separati Lombardia, associazione storica nella tutela dei figli nella separazione, "denunciamo la nostra più profonda indignazione per quanto è stato realizzato. La discriminazione strumentale di genere che traspare dalla campagna di comunicazione è palesemente sullo stesso piano di quelle che viceversa le pari opportunità dovrebbero combattere. Viene offeso il genere maschile con tutti i genitori maschi, come se tutti coloro che oltre ad essere cittadini Italiani maschi e genitori dovessero - in quanto tali - ritenersi responsabili per singoli individui violenti, ovvero giustificarsi per qualche colpa derivante dal genere o dalle scelte procreative, ma quel che è peggio, vengono utilizzate frasi attribuibili a figli in età minore e quindi la comunicazione si pone di fatto come alienazione strumentale e istituzionale sui minori. Chiediamo al Comune di Cinisello Balsamo di ritirare immediatamente tale campagna di comunicazione e di diffondere con lo stesso e con ogni altro mezzo una comunicazione correttiva, che contribuisca a ripristinare la dignità (e la parità) tra le persone e i sessi, nonché il valore costituzionalmente tutelato della famiglia, che la vostra campagna ha gravemente violato, coinvolgendo anche minori.
ADIANTUM rincara la dose, e annuncia un esposto che verrà inviato al Governo e al dicastero delle Politiche Sociali già da domani. 
Secondo Giacomo Rotoli, Presidente di ADIANTUM, "quello del comune di Cinesello Balsamo è solo l'ultimo di una lunga serie di letterali aggressioni verso la paternità, dovute ad analisi superficiali e sbagliate del fenomeno della violenza nella coppia. Bisogna ribadire per l'ennesima volta che l'essere violenti riguarda solo una minoranza di uomini e di donne, e che di questa minoranza una frazione ancora più piccola riguarda i padri. In quanto associazione per la tutela dei minori, deprechiamo ogni forma di violenza e di aggressione che incanalano i bambini in un pensiero pre-ordinato, che finisce per violare l'equilibrio tra i genitori presentandone uno come violento a priori. Grazie a contenuti così sub-culturali e strumentali, la nostra diventa sempre di più l'epoca della scomparsa del padre, ancora oggi additato fantasiosamente come protagonista di un inesistente patriarcato. La misura è colma, e di questa iniziative del comune di Cinisello Balsamo interesseremo, con un esposto, le massime cariche dello Stato".
"Il messaggio divulgato attraverso la vignetta è di cattivo gusto", afferma Francesco D'Auria, Segretario Nazionale di ADIANTUM, "ambiguo e per nulla educativo nei confronti dei bambini e della Società Civile in generale, e mette gratuitamente in cattiva luce la figura del padre, raffigurato come un genitore incoerente e violento nei confronti della madre. A mio avviso questi tipi di messaggio contribuiscono a creare nei bambini, anzichè un costrutto evolutivo, un pregiudizio generalizzato. Pertanto, chi ha ideato questa odiosa campagna lo ha fatto per altri scopi, che qui sfuggono ma che inviteremo a chiarire nelle sedi opportune".  

Fonte: ADIANTUM http://www.adiantum.it/public/3693-25-novembre,-il-comune-di-cinisello-balsamo-contro-i-padri.-esposto-di-adiantum--al-governo.asp

lunedì 9 novembre 2015

Cassazione: la donna va mantenuta anche se lavora

La magistratura prosegue la sua opera di ingegneria sociale femminista, espropriando gli uomini del frutto del loro lavoro, sentenziando in base ad una prassi che non corrisponde a nessuna legge democraticamente votata, tentando le donne avide a distruggere le famiglie, causando MariaAntonietticidi:
«Lei lavora ma con il suo reddito non può certo mantenersi l’alto “stile” di vita goduto durante il matrimonio, con tanto di shopping sfrenato, cene e viaggi di piacere. Per cui lui, è tenuto a versarle un assegno di divorzio di mille euro al mese. A stabilirlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 21670/2015»
Fonte: http://it.avoiceformen.com/allnews/cassazione-la-donna-va-mantenuta-anche-se-lavora/

lunedì 2 novembre 2015

Bergoglio sulla donna: unti e bisunti

papa francesco bergoglio e le donne


 
Nella comunicazione di massa ormai è diventato quasi più soltanto un esercizio dialettico, tra chi della donna si erge più a difensore.

Con il suo ciclo sulla catechesi della famiglia, il Bergoglio si è adattato. In materia di donna, i titoli delle testate e dei blog sono alquanto espliciti nell'indicare quale sia la posizione del  politically correct, e tutti vanno nella stessa direzione: la tutela della donna, principio declinato da Bergoglio come tutela-della-donna-madre, e da un certo femminismo stantio come tutela-della-donna-vittima-di-violenza.
Allora Repubblica fa l'occhiolino a Bergoglio, con la sua catechesi sinodale, con "Papa Bergoglio: Donna tentatrice è luogo comune (link)" il Corriere della sera fa eco: "Troppe volte le donne licenziate perchè incinte" (link), e ancora il Giornale sfodera un esplicito riferimento al maschilismo biblico "La crociata di Bergolgio: Adamo? Un maschilista incolpò Eva per la mela"  (link). Si passa poi al capitolo retribuzioni mensili,  che "Bergoglio: Puro scandalo che le donne guadagnino meno che gli uomini" (link). Ma anche per il recente scaldalo della Chaouqui, che sarebbe stata accusata di fuga di notizie e  divulgazione di documenti riservati,  ritona la stessa solfa e su Libero si legge: "La papessa di origine marocchina che dava consigli a Renzi" (link) e Avvenire rincalza: la papessa è in realtà Francesca Immacolata, non è un corvo, non ha tradito (link).E il capolavoro dell'Espresso, che riporta nientepopodimenoche  "La versione dell'unica donna chiamata a riformare la finanza della Santa Sede" (link), unica donna che per  l'ANSA diventa una "giovane promessa" (link). In blocco, ritorna il mantra donna-vittima-eroismo-coraggio-santa-madre.


Sarà forse perchè l'organizzazione ecclesiastica (romana e non) deve farsi perdonare qualche trascorso non proprio decoroso,  il motivo per cui il Bergoglio si è deciso a seguire il mainstream delle dichiarazioni, unendosi al coro di chi recita il mantra delle donne-vittime-di-violenza, vera o presunta. Violenza di luoghi comuni, violenza economica, violenza maschilista, violenza domestica. Salvo poi scoprire che in tema di violenza i termini sono, nella realtà, invertiti (link), che sul femminicidio sono state dette numerose scempiaggini (link), che un recente rapporto Caritas indica i padri divorziati come nuovi poveri (link) (link) e che il divario salariale è una bufala (link).

Schierarsi dalla parte della donna è una garanzia di vincere facile, del guadagnarsi la simpatia delle masse, del sottrarre argomenti agli avversari. Ergendosi a paladino della donna e gettandosi nel mainstream, paradossalmente, il Vaticano ha potuto così riconfermare nel Sinodo la teoria della famiglia naturale (relazione finale link), suscitando qualche borbottio da parte di chi lo aveva prima incensato (link) (link) (Scalfari: Cari Cattolici, la vostra famiglia non c'è più link), ma senza poter essere tacciato di non essere al passo con i tempi. Il tema della difesa della donna è trendy, chi lo supporta non può essere criticato dai media.

Stessa minestra, trita e ritrita, unta e bisunta. E il pubblico se la trangugia, a sacre dosi.

E poi, dopo la chiusura del Sinodo,  l'ultimo atto: si dia inizio all'anno Giubilare della "misericordia" , che per i Cattolici è  frutto della carità (link).Un altro Papa, molto meno amato dal mainstream, aveva scritto (Benedetto XVI, Enciclica Caritas in veritate) "Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività."

Per molti padri italiani, che dalla falsa applicazione italiana della legge sull'affido condiviso devono fare i conti con cristianissime-ex-mogli sempre indaffarate a ostacolare un naturale esercizio della paternità, l'anno giubilare misericordia suona  come un funereo  "chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto". Scordiamoci il passato, siamo e siate misericordiosi. Ma non c'è pace senza giustizia.

Nel mondo moderno, la compassione scivola facilmente nel sentimentalismo e nella viltà morale. La maggiore viltà consiste nel tacere la verità per il solo gusto di non uscire dal mainstream e rischiare di perdere consensi.

Mi chiedo cosa pensi della misericordia  (link) il padre falsamente accusato di abusi, per 15 anni in galera e i cui figli hanno ritrattato rivelando che fosse la loro madre ad averli spinti a mentire.

Mi chiedo cosa pensino della misericordia (link) coloro che frequentano le case create ad hoc per i padri sfrattati dalle cattolicissime mogli-madri-vittime (presunte)-di-violenza, ove gli sfortunatissimi ex-mariti possono contare su un soggiorno "ad ore" in cui prendersi cura della prole. Semprechè la malavita, la cattiva gestione pubblica, il politico di turno  glielo consenta. In barba a tanti Sinodi, a tante catechesi, a tante relazioni generali e alla invocata misericodia.





lunedì 19 ottobre 2015

ALICE SUPERIORE. Continua il calvario di Mimmo Zardo


Fonte: http://12alle12.it/alice-superiore-continua-il-calvario-di-mimmo-zardo-173176
Shorten: http://bit.ly/1W0bUUD

Lunedì il piccolo Erik Zardo avrebbe frequentato la classe prima elementare. Iscritto regolarmente. Ma non vi ha messo piede. Il bimbo si trova ancora in Ucraina, sequestrato, portato via, dalla madre, Tetyana Gordiyenko.
Il Tribunale di Ivrea ha disposto il rimpatrio, ma questo non è avvenuto. “Per noncuranza delle autorità italiane” denuncia il padre, Mimmo Zardo, residente ad Aliuce Superiore. Da anni dura la sua battaglia legale per riabbracciare il figlio. Oggi Erik ha sei anni, ma manca da casa dal 12 maggio del 2013.

Tutto è stato vano, finora. La vittoria sulla carta. I giudici, non senza fargli patire le pene dell’inferno, gli han riconosciuto, dopo una dura battaglia, l’affidamento esclusivo, giudicando decaduta la patria potestà della donna. Nei fatti, però, la distanza di migliaia di miglia. E la beffa: è in corso infatti, a carico di Mimmo Zardo, il processo penale per maltrattamenti aperto dal Tribunale di Ivrea in seguito alla denuncia, sporta da Tetyana Gordiyenko, nell’ambito di un matrimonio che nel 2011 stava già giungendo al capolinea.

Venerdì scorso il giudice, nonché presidente del polo della giustizia eporediese, Carlomaria Garbellotto ha disposto la terza, l’ennesima, rogatoria internazionale, in modo da ottenere la trasmissione delle dichiarazioni della donna direttamente dall’Ucraina, in base al contradditorio richiesto dalla difesa. La richiesta, finora, è caduta nel vuoto. Sia perché Gordiyenko continua a sostenere di non poter tornare in Italia, e non è possibile disporne l’accompagnamento coattivo. Ma anche perché le autorità estere latitano e tutelano la connazionale. Non arrivano la documentazione e le traduzioni.

Mimmo Zardo non ne può più. E lo ha detto, con franchezza, sedendosi al microfono, in aula. “Tutto questo processo – ha sottolineato – si sta celebrando con presunzione di colpevolezza nei miei confronti, che lede gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana. Ritengo che i servizi sociali abbiano operato con abuso di potere. Tutelando mia moglie, ne hanno favorito la fuga in Ucraina. Mi è stato riconosciuto l’affidamento, ma mia moglie continua a non farmi vedere mio figlio”. Zardo, nonostante le rimostranze del suo stesso avvocato difensore, Giancarlo Bertone, ha definito Garbellotto “incompatibile”, essendosi già occupato del ramo civile della vicenda. Ha prodotto poi l’ordinanza emessa il 27 settembre 2014 dal giudice Stefania Cugge del Tribunale di Ivrea che gli riconosce l’affido esclusivo. E avrebbe voluto produrre, ma Garbellotto non ha acconsentito, le copie del rinvio a giudizio della moglie per il reato di sottrazione internzionale di minore.

E non è tutto. Perché Garbellotto ha rinviato il processo al marzo 2016. Col rischio che il processo ricominci daccapo, davanti ad un nuovo giudice, poiché per lui si prospetta il pensionamento proprio nel febbraio precedente.

Riuscire a sentire davvero, di nuovo, la voce di Erik, e poterlo stringere a sè, superando i 2700 Km che li dividono e la pesantezza degli intoppi burocratici, resta un sogno. Ora Zardo può recarsi in Ucraina ma non può portarlo via con sè né chiedere un attimo in più rispetto a quello “elemosinato” alla madre. Ma non si dà per vinto. Ha iscritto Erik all’Istituto Comprensivo di Vistrorio. Lunedì si è nuovamente recato dai Carabinieri, e poi presso la Dirigenza Scolastica, per giustificare l’assenza. “E purtroppo – dice – nemmeno in Ucraina Erik risulta iscritto all’asilo o alla scuola elementare. E’ irreperibile”

I numeri delle sottrazioni internazionali?

Si parla di centinaia di casi all’anno. Circa 600 quelli aperti attualmente, di cui quasi un terzi irrisolti comunque. Fra il 75 e l’85 per cento sono perpetuati da donne, per lo più madri, che sottraggono i figli ai padri. La maggiore percentuale in Ucraina, paese dal quale non risultano rimpatri.
Più in generale i casi si verificano in Europa, soprattutto nell’Est, secondo i dati in possesso del Ministero di Giustizia. Mentre, nei Paesi arabi avviene il contrario: tipico è l’uomo che porta via i figli per crescerli laggiù. Precedente interessante è la vicenda di Sara Fardella, tornata in Italia solo a seguito delle incessanti battaglie che la madre ha intrapreso persino in loco, in Egitto, ottenendo che le autorità italiane facessero eseguire la sentenza di rimpatrio da loro emessa.
“Mi chiedo perché la sentenza di rimpatrio di Erik non venga eseguita – racconta Mimmo Zardo – Sono personalmente in contatto con altri sei padri che hanno figli totalmente sequestrati in Ucraina. Altri, di cui sono a conoscenza, hanno gettato la spugna, per l’impossibilità di far fronte ai costi”.

Lui si è ostinato, si è indebitato, sta sopportando. Forse accadrà in futuro. “Ma un giorno voglio che sappia che io ho fatto di tutto per rivederlo” ci racconta, con l’amaro nel cuore e la disillusione negli occhi.
Zardo è iscritto a tantissime Associazioni: CrescoaCasa Torino, GeSeFi Onlus Torino (GEnitori SEparati e Figli), Penelope(S)comparsi & ViteSospese (di cui è referente per il Piemonte), FLAGe nazionale (si cui è referente per la Valle d’Aosta), Genitori Sottratti di Bologna, FigliPerSempre, Figli Sottratti di Vicenza, Adiantum.

“Siamo in un momento di grande cambiamento – constata Zardo – : i padri (questi genitori estromessi) hanno capito che tutto ciò è profondamente ingiusto e danneggia atrocemente i figli; sentono che devono far qualcosa per il bene dei figli, che consiste nella tutela del rapporto paritetico con entrambi i rami genitoriali, specie in situazioni post separazioni. Noi chiediamo soltanto questo. Le vicende sono dolorose, sia a livello nazionale che internazionale, con la differenza che nel primo caso, essendo sotto giurisdizione italiana, c’è qualche piccola speranza di ripristinare il rapporto”.

lunedì 12 ottobre 2015

Bergoglio: contro femminismo e gender

Papa Francesco invita a lottare contro il gender, ovvero contro il femminismo

«Lottate contro corruzione, narcotraffico, riciclaggio del denaro, usura, armi nucleari, gender, aborto, eutanasia, commercio di organi, sfruttamento sessuale di minori e prostituzione».
Così Papa Francesco ha chiarito il suo pensiero, dopo che una lesbo-femminista aveva reso pubblica una lettera privata che il Papa le aveva scritto, facendo credere che fosse un appoggio al gender, tanto che il Vaticano aveva puntualizzato “È del tutto fuori luogo una strumentalizzazione del contenuto della lettera”.
Il Papa ha parlato all’ONU.  Ma l’ONU è infestato da femministe che lo usano per propagandare il gender: gli aiuti ai paesi del terzo mondo sono spesso assegnati solo alle donne, e talvolta a condizione che distruggano le famiglie.
Il gender e la sua falsa «parità di genere» è uno dei cavalli di Troia del femminismo.  In un mondo ideale la lotta contro il femminismo dovrebbe conseguire questi risultati:

  • Chiusura delle agenzie ONU femministe: CEDAW, GEAR, DAW, OSAGI, UN WOMEN.  In particolare Rashida Manjoo, relatrice CEDAW, aveva così diffamato l’Italia: «Femicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni  …  Ulteriore violenza perpetuata contro le donne è il regime dell’affidamento condiviso in seguito alla dissoluzione del matrimonio» arrivando addirittura a opporsi alla protezione dei bambini dall’abuso della PAS.   La Coalizione per i Bambini e le Famiglie aveva presentato questa richiesta di impeachment nei confronti della delegata  CEDAW israeliana:  «lavora […] per privare i bambini dei loro papà, ridurre i papà a visitatori un’ora a settimana […] è una delle più vocali oppositrici dell’affido condiviso.  Attivamente invita ad  usare i bambini per estorcere denaro dai padri. […] Non ha problemi ad invitare le donne ad impedire i contatti con i papà come ricatto per ottenere più mantenimenti.  […] Incoraggia le donne a fare false accuse di violenza domestica».
  • Annullamento della ratifica della Convenzione di Istanbul, che apoditticamente enuncia l’ideologia razzista secondo cui le donne sono vittime e gli uomini violenti, e assegna alle femministe il potere di entrare nelle scuole per indottrinare i bambini all’ideologia gender.   All’art. 4 la Convenzione legalizza la discriminazione contro gli uomini: «Le leggi speciali necessarie per prevenire e proteggere le donne dalla violenza di genere non sono considerate discriminatorie».
  • Chiusura di tutti i centri anti-violenza per sole donne.  Come dice la loro stessa fondatrice, Erin Pizzey, le femministe si sono impadronite dei centri anti-violenza, le hanno convertite in centri per sole donne che propagandano l’ideologia secondo cui il maschio è colpevole a precindere e la donna vittima a prescindere: come risultato molti bambini sono stati privati dei loro papà vittime di false accuse.

lunedì 28 settembre 2015

Separazioni: no all'affido alla madre

No all'affido alla madre che abbandona figlia e marito per andare a vivere con l'amante

Chiarimenti sulla scelta del genitore collocatario in una sentenza della Corte d'Appello di Lecce
Fonte: http://www.studiocataldi.it/articoli/19582-affidamento-rilevanti-le-consuetudini-di-vita-del-minore-nella-scelta-del-genitore-collocatario.asp
Volto di una bambina
di Lucia Izzo - In tema di affidamento del minore, nello scegliere il genitore collocatario più idoneo, tenendo in considerazione l'interesse preminente del minore, si deve avere riguardo anche alle consuetudini di vita già acquisite dal minore medesimo. 

Lo precisa la Corte d'Appello di Lecce, sezione civile, con la sentenza n. 171/2015 sul gravame proposto da una donna per rivendicare l'affidamento esclusivo della figlia convivente con il padre, nonché per contestare l'addebito della separazione nei suoi confronti. 
In aggiunta alla collocazione della figlia presso di lei, la donna ha richiesto ai giudici l'addebito della separazione al marito, l'assegnazione della casa coniugale e un congruo assegno di mantenimento

I giudici, tuttavia, negano alla donna le richieste avanzate, considerando che costei aveva abbandonato il marito e la figlia a causa di una relazione extraconiugale. 

È questa la vicenda che i giudici considerano determinante per la separazione, in quanto la ricorrente, ancora sposata e senza che vi fossero litigi tra lei e l'ex, aveva intrapreso una relazione fuori dal matrimonio culminata nella nascita di un figlio. 
Questo aveva inevitabilmente portato alla separazione e alla convivenza di lei con la nuova famiglia. 

All'epoca dei fatti, la figlia aveva sette anni e si è ritrovata a vivere con il padre, con il quale ha sempre intrattenuto un ottimo rapporto. 
Ancora, sono prive di fondamento le rimostranze della madre, che riteneva di aver incontrato spesso la bambina interessandosi a lei, mentre invece risultava che la piccola veniva costantemente affidata alle cure del padre e dei nonni materni. 

Rigettate, dunque, le richieste di parte attrice: gli anni trascorsi hanno segnato un solco nei rapporti tra lei e la figlia e decidere di affidare alla donna la bambina, ormai adolescente, finirebbe inevitabilmente per stravolgere i suoi consolidati equilibri di vita. 

lunedì 14 settembre 2015

Avvenire: "Il progetto di Babele edifica grattacieli senza vita".



​Fonte: http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/udienza-del-2-settembre-2015.aspx
​All’udienza generale in Piazza San Pietro, proseguendo la sua catechesi sulla famiglia, Papa Francesco ha affrontato la modalità in cui essa vive la responsabilità di comunicare la fede, di trasmettere la fede, sia al suo interno che all’esterno. ”In un primo momento – ha detto - ci possono venire alla mente alcune espressioni evangeliche che sembrano contrapporre i legami della famiglia e il seguire Gesù.
Per esempio, quelle parole forti che tutti conosciamo e abbiamo sentito: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Mt 10,37-38)”.

"Naturalmente, Gesù non vuole cancellare il quarto comandamento con questo, che è il primo grande comandamento verso le persone. I primi tre riguardano Dio, questo le persone ... è grande! E neppure possiamo pensare che il Signore, dopo aver compiuto il suo primo miracolo per gli sposi di Cana, dopo aver consacrato il legame coniugale tra l’uomo e la donna, dopo aver restituito figli e figlie alla vita famigliare, ci chieda di essere insensibili a questi legami! Quella non è la spiegazione, no.


Al contrario, quando Gesù afferma il primato della fede in Dio, non trova un paragone più significativo degli affetti famigliari. E, d’altra parte, questi stessi legami familiari, all’interno dell’esperienza della fede e dell’amore di Dio, vengono trasformati, vengono “riempiti” di un senso più grande e diventano capaci di andare oltre sé stessi, per creare una paternità e una maternità più ampie, e per accogliere come fratelli e sorelle anche coloro che sono ai margini di ogni legame. Un giorno, a chi gli disse che fuori c’erano sua madre e i suoi fratelli che lo cercavano, Gesù rispose, indicando i suoi discepoli: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,34-35)”.

”La sapienza degli affetti che non si comprano e non si vendono è la dote migliore del genio famigliare. Proprio in famiglia impariamo a crescere in quell’atmosfera di sapienza degli affetti. La loro “grammatica” si impara lì, altrimenti è ben difficile impararla. Ed è proprio questo il linguaggio attraverso il quale Dio si fa comprendere da tutti”.

”L’invito a mettere i legami famigliari nell’ambito dell’obbedienza della fede e dell’alleanza con il Signore non li mortifica; al contrario, li protegge, li svincola dall’egoismo, li custodisce dal degrado, li porta in salvo per la vita che non muore. La circolazione di uno stile famigliare nelle relazioni umane è una benedizione per i popoli: riporta la speranza sulla terra. Quando gli affetti famigliari si lasciano convertire alla testimonianza del Vangelo, diventano capaci di cose impensabili, che fanno toccare con mano le opere che di Dio, quelle opere che Dio compie nella storia, come quelle che Gesù ha compiuto per gli uomini, le donne, i bambini che ha incontrato. Un solo sorriso miracolosamente strappato alla disperazione di un bambino abbandonato, che ricomincia a vivere, ci spiega l’agire di Dio nel mondo più di mille trattati teologici. Un solo uomo e una sola donna, capaci di rischiare e di sacrificarsi per un figlio d’altri, e non solo per il proprio, ci spiegano cose dell’amore che molti scienziati non comprendono più. E dove ci sono questi affetti famigliari, vengono questi gesti dal cuore che ci parlano più forte delle parole ... il gesto dell’amore! Questo fa pensare”.

”La famiglia che risponde alla chiamata di Gesù riconsegna la regìa del mondo all’alleanza dell’uomo e della donna con Dio. Pensate allo sviluppo di questa testimonianza, oggi. Immaginiamo che il timone della storia (della società, dell’economia, della politica) venga consegnato - finalmente! - all’alleanza dell’uomo e della donna, perché lo governino con lo sguardo rivolto alla generazione che viene. I temi della terra e della casa, dell’economia e del lavoro, suonerebbero una musica molto distinta diversa!”.

”Se ridaremo protagonismo – a partire dalla Chiesa – alla famiglia che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica, diventeremo come il vino buono delle nozze di Cana, fermenteremo come il lievito di Dio!
In effetti, l’alleanza della famiglia con Dio è chiamata oggi a contrastare la desertificazione comunitaria della città moderna. Ma le nostre città sono diventate destertificate per mancanza d’amore, per mancanza di sorriso. Tanti divertimenti ... tanti. Tante cose per perdere tempo, per far ridere, ma l’amore manca. È proprio la famiglia! È proprio la famiglia, quel papà, quella mamma che lavorano e con i figli ... Il sorriso di una famiglia è capace di vincere questa desertificazione delle nostre città. E questa è la vittoria dell’amore della famiglia. Nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire questo apporto delle famiglie. Il progetto di Babele edifica grattacieli senza vita. Lo Spirito di Dio, invece, fa fiorire i deserti (cfr Is 32,15). Dobbiamo uscire dalle torri e dalle camere blindate delle élites, per frequentare di nuovo le case e gli spazi aperti delle moltitudini, aperti all’amore della famiglia”.

”La comunione dei carismi – quelli donati al Sacramento del matrimonio e quelli concessi alla consacrazione per il Regno di Dio – è destinata a trasformare la Chiesa in un luogo pienamente famigliare per l’incontro con Dio. Andiamo avanti su questa strada, non perdiamo la speranza. Dove c’è una famiglia con amore, quella famiglia è capace di riscaldare il cuore di tutta una città con la sua testimonianza d’amore. Pregate per me, preghiamo gli uni per gli altri, perché diventiamo capaci di riconoscere e di sostenere le visite di Dio. Lo Spirito porterà lieto scompiglio nelle famiglie cristiane, e la città dell’uomo uscirà dalla sua depressione! Grazie”.

Al termine della catechesi il Papa ha lanciato un appello: "Mai più la guerra" e ha ricordato le minoranze perseguitate.

Psicoidiozie: "il nome del bambino lo deve scegliere solo la mamma"

20/08/2015 - 14:59

 

Morelli dixit. Il guru della psichiatria de noantri meglio di Woody Allen

Forse a qualcuno è sfuggito, ma lo psichiatra Raffaele Morelli, in relazione alla gravidanza e alla scelta del nome dei nascituri, se ne è uscito così: "Il nome del bambino lo deve scegliere solo la mamma...".
Vedere per credere, c'è pure l'audio, non ve lo perdete....
Beh, non sottovalutiamo il fatto che il buon Morelli è autore di saggi indimenticabili come Dimagrire è facile, Pensa Magro, Dimagrire senza dieta, Felicità istruzioni per l'uso, La felicità è dentro di te, Corso pratico di Autostima, Ama e non pensare, Non siamo nati per soffrire, Guarire senza medicine, Il segreto dell'amore felice, I consigli per vivere bene.
Il Guru del luogo comune o l'orgoglio della Psichiatria italiana? Attendiamo con trepidazione che pubblichi qualcosa pure su come vincere al totocalcio.
Per adesso tanta comprensione per il povero Morelli, chissà che infanzia triste deve aver avuto...
 
Raffaele finisci il latte;
Raffaele fai il ruttino;
Raffaele togli le dita dal naso;
a Raffae’, e dormi, cazzo;
Raffaele, mastica con la bocca chiusa;
Raffaele, io t’ho messo al mondo ma adesso, quantevveroddio, te magno...
Raffaele non fare il saputello che poi a scuola ti gonfiano;
Raffy, ormai hai 15 anni, è ora di togliere il pannolino;
Raffaele, te l’ho detto mille volte, tira la catena;
Raffaele, smettila di chiuderti in bagno che diventi cieco;
RAFFAEEELEEEEEE … !
 
Sempre e solo la madre, il padre non gli ha mai rivolto la parola? Che tristezza !
Da quello che dice emergono tre possibilità: 
 
1.    il papà non lo chiamava mai, lo ha ignorato fino a 18 anni,
2.    il papà ha perso la favella quando lo ha visto in sala parto,
3.    il papà è scappato di casa appena ha capito che da grande il figlio avrebbe detto stronzate quando lo intervistavano.
 
Anzi, esistono altre dolorose possibilità come un padre sordomuto, un padre morto prima che lui nascesse, oppure non ha mai saputo chi fosse il padre … ma voglio considerare solo le tre opzioni principali, le più verosimili.
Poi Raffy è cresciuto, papà e mamma lo hanno fatto studiare (o solo mamma?) e ora prova a buttarla sullo scientifico, sale in cattedra con la menata della tattività acustica che temo serva a strappare consensi materni, oltre che a far dire a qualche ascoltatore ma come parla bene questo qui!.
Ok Raffae’, facciamo finta che sia come dici tu, ma il padre non esiste? Cioè, stai parlando degli orfani di guerra o di tutti i bambini?
Devo rivelarti un segreto ma tieniti forte, forse ti stupirà: ci sono anche i padri.
C’erano pure quando papà e mamma (o solo mamma?) ti hanno pagato l’università, ma negli ultimi tempi il ruolo paterno si è evoluto parecchio, aggiornati.
I nuovi padri sono molto più partecipi nel percorso di crescita dei figli, parlano al figlio già prima del parto (proprio per rendere la voce paterna familiare al nascituro, pensa un po’), cantano filastrocche e raccontano favole mentre accarezzano il pancione della mamma, fanno i corsi pre-parto, sono presenti alla nascita, si alzano di notte per cullare i figli, massaggiano le gengive quando spunta il dentino, poi li seguono a scuola e nelle attività extrascolastiche.
Ma soprattutto – notizia che spero non ti sconvolgerà – parlano con i figli, giocano, amano trascorrere del tempo anche facendo le cose più semplici, come insegnare loro a colorare o fare il cavalluccio a quattro zampe sul pavimento.
Puoi anche avere un bagaglio di esperienze personali e/o lavorative diverse, ma i padri presenti sono una realtà. Ovviamente non sono tutti così, ma esistono. Se tu non li conosci pazienza, ma non vuol dire che non esistano.
Quindi arriva la vena integralista, Raffaele “Adolf” Morelli detta al mondo le sue Verità:
I padri non devono parlare ai figli, è un’esclusiva materna
I padri non devono entrare in sala-parto, è un’esclusiva materna
I padri non devono partecipare alla scelta del nome, è un’esclusiva materna perché (questa è bellissima) “la mamma lo ha dentro il suo mondo interno, pesca il nome dall’immensità acquatica”.
E, ciliegina sulla torta, chi non la pensa come lui è un cretino.
Morelli dixit.
Democratico lo psichiatra, alla faccia della libertà d’opinione.
Raffaele, se ne sei veramente convinto non limitarti ai proclami al microfono, agisci, porta le tue dotte teorie alla Procura della Repubblica. Sporgi denuncia per maltrattamenti all’infanzia contro tutti i primari di ostetricia degli ospedali italiani che accettano i padri in sala-parto, contro tutti i centri Nascita Montessori che organizzano corsi pre-parto per la coppia, contro tutti i padri che hanno avuto la sfrontatezza di chiedere “che ne dici se la chiamiamo Lucia?
Vediamo che ti rispondono in Tribunale.
Morelli, grazie di esistere, sei meglio di Woody Allen. 

Fonte: http://www.adiantum.it/public/3660-morelli-dixit.-il-guru-della-psichiatria-de-noantri-meglio-di-woody-allen.asp?nuovo=true

Padre condannato per abusi sessuali, i figli ritrattano dopo 15 anni

I due ragazzi: «Nostra madre che voleva la separazione ci spinse a mentire»




Fonte: http://www.lastampa.it/2015/09/13/italia/cronache/padre-condannato-per-abusi-sessuali-i-figli-ritrattano-dopo-anni-LOh085oAqxndf8Bu3JN71N/pagina.html

«Quello che io e mio fratello avevamo detto su mio padre erano invenzioni dettate da mia madre che lo voleva allontanare»: è una ritrattazione a distanza di anni quella di due ragazzi di 21 e 24 anni, Michele e Gabriele, figli di un 46enne sardo, condannato in via definitiva a nove anni e due mesi di carcere per abusi sessuali proprio sui due figli.

Si tratta di una vicenda consumatasi tra la Sardegna, terra d’origine della famiglia, e Brescia, dove padre, madre e i due figli si erano trasferiti, dove hanno abitato per anni e dove sono state depositate le prime denunce nei confronti del genitore. Fatti avvenuti «nell’ambito di una separazione coniugale ed in particolare segnati da un’accesa conflittualità tra genitori ed un’aspra battaglia per l’affidamento dei figli» scrivono i giudici del tribunale di Oristano che hanno condannato il padre 46enne, oggi rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Sassari. Michele e Gabriele all’epoca dei fatti avevano 9 e 12 anni. «Le indagini mediche non potevano dare certezza sull’abuso» hanno scritto tre periti nominati nel tempo dai tribunali di Brescia e Oristano. Nel primo processo gli imputati erano sette; il padre dei due giovani e sei parenti paterni. Questi ultimi assolti per non aver commesso il fatto.

«Agli atti ci sono solo le dichiarazioni di due bambini e nessun’altra prova contro mio padre. Nessuno ci ha mai chiesto di raccontare la nostra verità» racconta oggi il figlio più grande, Gabriele, che, come il fratello, ha alle spalle diversi anni passati in alcune comunità del Bresciano. Proprio uscendo da una comunità nel 2009 lasciò agli educatori un memoriale della sua vita dove spiegò che le accuse mosse nei confronti del padre erano state invenzioni. «Per togliere di mezzo papà, mia madre ha cominciato ad imbottirci di menzogne, cose che non erano reali, cose che mio padre non ha mai fatto e non farebbe mai» è uno dei passaggi delle 42 pagine di memoriale.

In quell’anno era in corso il processo in Appello del genitore, ma nessun educatore portò all’attenzione il diario di Gabriele che ora è stato invece allegato alla richiesta di revisione del processo presentata alla corte d’Appello di Roma dal legale del padre condannato, l’avvocato Massimiliano Battagliola. «La clamorosa ritrattazione a distanza di anni equivale ad una nuova prova e anche il memoriale che abbiamo ritrovato è un elemento assolutamente nuovo» spiega l’avvocato bresciano, che mercoledì incontrerà nel carcere di Sassari l’uomo condannato per abusi sui figli e che ora spera di poter riscrivere la sua storia giudiziaria.

mercoledì 2 settembre 2015

Donna "origine du monde": posa nuda con sottofondo l'Ave Maria.




Dalla tela alla carne. Quella che in questi giorni sta imbarazzando Parigi e il Museo d’Orsay è molto più che una provocazione. Deborah de Robertis ha posato nuda davanti alla celebre tela L'Origine du Monde dipinta da Gustave Courbet nel 1866.
Deborah de Robertis posa nuda davanti a L'Origine du Monde
 
 
L'artista, originaria del Lussemburgo, è stata fermata dalla polizia con l’accusa di "esibizionismo in luogo pubblico".
La de Robertis ha voluto riproporre la versione del quadro di Courbet che mostra un sesso femminile. Vestita con un abitino di paillettes dorato, con il sottofondo musicale dell'Ave Maria di Schubert, l’artista si è seduta a gambe divaricate davanti al dipinto mostrando il pube ai visitatori. La performance, intitolata Lo specchio dell’origine, spiega il sito internet SecondSexe, aveva l’obiettivo di incarnare "lo sguardo assente del sesso dipinto da Courbet" nei "frammenti di specchio", cioè i visitatori.
La sala è stata evacuata dai servizi di sicurezza del museo prima dell’arrivo della polizia che ha fermato la donna e l’ha portata in commissariato per "esibizionismo in luogo pubblico". La de Robertis ha ribattuto all’accusa sul giornale Luxemburger Wort ricordando "tutte quelle donne-oggetto o modelle" che "sono rappresentate sulle pubblicità delle riviste e sono guardate nell’indifferenza più totale da una società cieca mentre lei è stata fermata dalla polizia".



http://www.ilgiornale.it/news/esteri/posa-nuda-mus-e-dorsay-davanti-lorigine-du-monde-1024646.html



Evangelizzazione laica

Francia. «Evangelizzazione laica» a scuola per liberare il paese dalla religione cattolica

Fonte: http://www.tempi.it/francia-evangelizzazione-laica-a-scuola-per-liberare-il-paese-dalla-religione-cattolica#.VecZ51LYHkd

Si torna in aula e i genitori saranno costretti a firmare la “Carta della laicità”, un concentrato dei più sciatti e logori luoghi comuni laicisti
French President Hollande attends his biannual press conference
Ricordate la “Carta della laicità a scuola”? Da ieri in Francia – giorno in cui è iniziato l’anno scolastico – non rimarrà solo esposta in ogni istituto, ma sarà inviata a tutti i genitori affinché la firmino.
Un passo indietro. Due anni fa il ministro dell’Educazione, Vincent Peillon, si era fatto promotore di questo documento che, nelle sue nobili intenzioni, avrebbe dovuto avere lo scopo di insegnare ai bambini e ai ragazzi i principi su cui si fonda una civile e “repubblicana” convivenza. Il suo obiettivo – fatto poi proprio da Najat Vallaud-Belkacem che lo sostituì alla guida del dicastero – era «strappare il bambino da tutti i suoi legami pre-repubblicani per insegnargli a diventare un cittadino. È come una nuova nascita». Una nuova nascita, ça va sans dire, all’insegna della morale laica.
COLPA DEI CATTOLICI. Ma dietro l’apparente richiamo alla neutralità, la Carta propaganda i più sciatti e logori luoghi comuni del politicamente corretto (guarda caso del tutto identici alle idee della massoneria). Scopo dichiarato è quello di eliminare le differenze e le identità, con una particolare acrimònia nei confronti della religione cattolica. Peillon stesso non faceva mistero delle sue convinzioni quando sosteneva pubblicamente che «non si potrà mai costruire una paese libero con la religione cattolica» e «abbiamo lasciato la morale e la spiritualità alla Chiesa cattolica. Dobbiamo sostituirla». Sempre lui si era detto convinto che «le scuole private non debbano parlare di matrimonio» e che fosse giusto introdurre nelle classi letture quali Papà porta la gonna.
EDUCAZIONE CIVICA E MORALE. La Carta fa dunque parte di una più generale strategia attraverso cui il governo francese intende utilizzare le aule scolastiche per far passare i suoi precetti. Convinti che la scuola abbia «una funzione morale», i ministri del governo Hollande hanno deciso di far dell’educazione un campo di battaglia e così i corsi di “educazione civica e morale”, con un anno d’anticipo (erano previsti per il 2016), sono diventati obbligatori. Dentro c’è un po’ di tutto: dalla sensibilità all’autostima, dall’empatia all’impegno. Ma nascosti tra i condivisibili intenti di combattere il razzismo, l’omofobia, il sessismo c’è solo il poco nobile scopo di bandire dalle ore di lezione ogni possibile riferimento a una visione del mondo che non sia quella anticlericale e giacobina.
EVANGELIZZAZIONE LAICA. Già a suo tempo la Chiesa aveva fortemente contestato questa laïcité imposta dall’alto. Ma ora lo sconfinamento del governo nel campo dell’etica provoca rimbrotti anche nella stampa laica, sia di destra sia di sinistra. Il 9 dicembre, infatti, è stata istituita la “Festa della Laicità” per ricordare l’adozione nel 1905 della legge sulla separazione tra la Chiesa e lo Stato. E come ha scritto il quotidiano economico Les Echos, questa pare proprio uno sgangherato tentativo di «evangelizzazione laica». Anche Le Monde – un quotidiano non certo ostile ai socialisti – ha parlato di «marcia forzata della laicità» e di «rischio d’irritare, per eccesso di zelo, una parte degli insegnanti e della società». Docenti che, da parte loro, attraverso la vicepresidente del loro sindacato, hanno stigmatizzato il tentativo di trasmettere valori come se si trattasse di «un vaccino o un virus». Non fosse altro per il fatto che sembrano essere ben altre le urgenze della scuola transalpina, da qualche anno descritta da diverse rilevazioni internazionali in forte difficoltà.
LAVAGGIO DEL CERVELLO. L’intenzione “educativa” del governo francese si è palesata sin dall’insediamento di Hollande. Ma si è accentuata dopo i fatti di Parigi con la strage a Charlie Hebdo e al supermercato Hyper Cacher. Ma rispondere all’estremismo islamico con il lavaggio del cervello in salsa laicista non è una risposta molto logica né dai grandi risultati.
Tempo fa vi proponemmo l’intervista a Jean-François Chemain, ex direttore esecutivo in una delle più importanti aziende francesi che lasciò il suo posto per insegnare storia nelle scuole dei quartieri difficili di Lione. Ad essa vi rimandiamo, oltre al nostro manifesto Ragione, verità, amicizia.

venerdì 21 agosto 2015

Martina Levato, Don Mazzi e le troppe stranezze del caso







Fnte: http://www.adiantum.it/public/3659-martina-levato,-don-mazzi-e-le-troppe-stranezze-del-caso---di-fabio-nestola.asp





Martina Levato, Don Mazzi e le troppe stranezze del caso - di Fabio Nestola

19/08/2015 - 08:54

18 agosto 2015, la Redazione ANSA MILANO alle ore 20,20 batte la notizia: Martina ha visto suo figlio. La famiglia: 'Siamo felicissimi' - Martina Levato ha già potuto vedere suo figlio a seguito del provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni. Dopo il parto la giovane non aveva potuto stare con il piccolo per una decisione presa dalla Procura. Il tribunale le ha concesso di vedere una volta al giorno il figlio e ha anche aperto, come richiesto dal pm dei minori Annamaria Fiorillo, il procedimento di adottabilità del minore sul quale, però, dovrà esserci poi una decisione successiva nel merito.
 
 
Alla Levato, protagonista dell’aggressione con l’acido all’ex fidanzato, il bimbo è stato tolto immediatamente dopo il parto, il giorno di ferragosto. Però è una madre - anche  se condannata in primo grado a 14 anni di carcere - quindi sembra giusto che abbia potuto abbracciare il figlio ed ottenere il permesso di vederlo ogni giorno.
È un diritto del figlio, non della madre.
E il padre?
Alle 17,48 la stessa redazione scriveva: Alex: 'Fatemi riconoscere mio figlio'  - Il legale di Alexander Boettcher ha inviato una lettera al Garante dei detenuti e al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, per avere chiarimenti sulle procedure di riconoscimento del figlio partorito da Martina Levato, condannata assieme all'amante a 14 anni per un'aggressione con l'acido. Allo stato, Alexander non ha ancora potuto riconoscere il bimbo."
 
 
Sul padre ancora tutto tace, per ora l’unico a sollevare il problema è il suo avvocato.
Tuttavia prima che Alex Boettcher possa riconoscere il figlio dovranno essere espletate diverse formalità burocratiche; poi, forse, potrà vederlo ed abbracciarlo.
Senza fretta, tanto in Italia - si sa - è importante che i figli abbiano una madre, il babbo è un optional.
Ma non sarebbe anche questo un diritto del figlio?  
Quindi arriva di corsa Don Mazzi, che ha perso un’ottima occasione per stare zitto: 'Martina deve avere suo figlio'  Il fondatore della Comunità Exodus, don Antonio Mazzi, chiede che Martina Levato, la donna che aveva sfregiato con l'acido l'ex fidanzato, possa riavere il figlio. "Credo che il giudice abbia preferito lavarsi le mani e applicare le normali procedure", scrive don Mazzi "Io sarò il solito fuori di testa, ma insisto nel chiedere che Martina tenga il frutto dei suoi nove mesi, pronto ad accettarla sempre in una delle mie comunità per mamme e bambini".
 
 
Don Exodus, disinteressato come sempre della fastidiosa ribalta mediatica, si dimostra prontissimo a solleticare l’emotività della gente sciorinando qualunquismo.
Martina deve tenere “il frutto dei suoi nove mesi”, che diamine. 
Magari - la butta li - ospitata proprio in una delle sedi Exodus. 
A titolo gratuito, ovviamente … nessuno pensi che le comunità di Don Mazzi ricevano rette dai fondi pubblici.
Che dire … banalità per banalità, non ci stava pure una dichiarazione sul diritto del piccolo di conoscere il padre? 
O forse no, questo aspetto non è degno di nota.
Sarà perché Don Mazzi non ha una cultura della bigenitorialità, o perché la rete Exodus  non ha comunità per padri e figli?
Un’altra frase stride nella dichiarazione del 17 agosto, quando il Don scrive “credo che il giudice abbia preferito lavarsi le mani e applicare le normali procedure”.
No, non è così.
Le normali procedure non tolgono automaticamente i figli alle madri che delinquono, la casistica degli ultimi 20 anni dice che secondo le normali procedure è più probabile per una neomamma scontare la pena agli arresti domiciliari (quindi insieme ai figli) oppure, sempre insieme ai figli, in una comunità laica o religiosa.
Tipo Exodus, tanto per fare un esempio.
Inoltre qualcuno spieghi a Don Mazzi che, per i casi più gravi, nel carcere femminile di Rebbibbia sono previsti il nido e l’area verde dove madri colpevoli e figli incolpevoli scontano la pena insieme.
Forse il sacerdote è in grado di fornire dati sconosciuti al resto d’Italia, vale a dire che solo lui conosce centinaia di bambini tolti alle madri che delinquono e dati in adozione.
Se così non è, mi spiace per Don Mazzi, in questo caso di tutto si può parlare tranne che di normali procedure.  
 
Dalle pagine di Adiantum abbiamo ampiamente trattato un caso-fotocopia
 
 
Anche  Elena Perotti, esattamente come Martina, ha organizzato un agguato per sfregiare l'ex con l’acido,   
Anche  Elena Perotti, esattamente come Martina, si è fatta aiutare da un complice,
Anche  Elena Perotti, esattamente come Martina, era incinta al momento del reato,
Anche  Elena Perotti, esattamente come Martina, ha avuto una condanna pesante,
Anche  Elena Perotti, esattamente come Martina, ha partorito da detenuta,
Tuttavia Elena non ha trascorso in carcere nemmeno un giorno ed il neonato non le è stato tolto dopo il parto: sta scontando la pena in comunità, ovviamente insieme al figlio.    
Altra prospettiva, affatto trascurabile, potrebbe dare vita ad un pericoloso effetto collaterale rispetto al provvedimento emesso dal tribunale per i Minorenni di Milano.
Mamma Martina, in attesa dell’iter sullo stato di adottabilità, potrà vedere il figlio ogni giorno.
Bene, rispettato il diritto del minore. Ma cosa devono pensare i genitori che hanno gli incontri protetti e possono vedere i figli due ore ogni 15 giorni, o anche meno?
Si tratta in prevalenza padri separati, ma anche madri separate o famiglie unite. Sono migliaia, in tutta Italia. Per disposizione dei Tribunali hanno la responsabilità genitoriale limitata ed incontrano i figli nello spazio neutro allestito dai Servizi Sociali. Poi, in teoria, al termine del periodo di osservazione dovrebbe arrivare la relazione che “libera” gli incontri, ma i percorsi durano anni.
Non esiste un solo caso che stabilisca incontri quotidiani, sia che il bambino abbia sei mesi, sia che abbia 13 anni; il diritto del minore soccombe alle esigenze organizzative del Servizio Territoriale.
Ci sono molti casi presi in carico, c’è carenza d’organico, la mole di lavoro è incompatibile con incontri più frequenti.
Fare il genitore è cosa diversa dalla visitina una tantum, non vale neanche la pena sottolineare come sia impossibile costruire qualsiasi rapporto con due ore ogni 15 gg., o quanto ciò possa incidere sullo sviluppo di una sana familiarità tra i soggetti coinvolti.
È recentissimo il caso dell’ing. Alessandro Del Grande, un padre che ha eluso i controlli ed è fuggito col figlio. I media sono entrati in allarme rosso, forse pregustavano il criminal case dell’estate ed è partito l’elenco dei precedenti.
Caso sgonfiatosi in poche ore: Del Grande non ha strangolato il figlio come Veronica Panarello, non lo ha accoltellato come Debora Calamai, non gli ha fracassato la testa come Annamaria Franzoni … lo ha portato in piscina.
Però far divertire il bambino è un reato, se il Tribunale ha previsto misure che lo impediscono. Del Grande aveva gli incontri protetti, e li ha violati. Non poteva vedere il figlio tutti i giorni, ma non poteva nemmeno averlo per un weekend o una giornata intera.
Forse fra un paio d’anni, chissà, al termine del percorso. Quindi la fuga in piscina, sottraendo il figlio con l’aggravante del divertimento abusivo.
Perché un genitore per dimostrare di non essere pericoloso deve violare la legge?
Quanti Del Grande ci saranno ancora?
Le sentenze vanno rispettate, per assurde che possano essere. Quindi è sicuramente biasimevole ogni tentativo di giustizia fai-da-te, non può essere giustiicato ne' tantomeno incentivato..
Tuttavia chi lo spiega alle famiglie italiane che Martina può vedere il figlio ogni giorno e i mille Del Grande no, pur non avendo sfregiato nessuno e non essendo condannati a 14 anni di carcere?  

Fonte: Redazione

Non ci sono allegati per questa notizia

lunedì 10 agosto 2015

Avvenire: Figli rapiti da padri emarginati





 Fonte: http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Figli-rapiti-da-padri-emarginati.aspx?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter


Inutile indignarsi con Andrea Del Grande, il padre separato di Livorno che l’altro ieri si è allontanato con il figlio di cinque anni, facendo perdere le tracce per qualche ora.

 Inutile indignarsi con gli altri padri separati e divorziati a cui la rabbia, l’esasperazione, il senso di impotenza, la sensazione di essere inermi di fronte alle decisioni della legge e alla malaburocrazia giudiziaria, suggeriscono gesti razionalmente senza sbocchi, spesso inutili, talvolta pericolosi. In ogni caso esecrabili.

Solo la sofferenza sorda e profonda di un padre che per mesi, spesso per anni, non riesce più a vedere i propri figli dopo la separazione, può contribuire ad alterare a tal punto i contorni della realtà da consigliare scelte così insensate.

Eppure succede. E succederà ancora se non sarà spezzato il pesante cerchio di discriminazione e di solitudine che contribuisce all’isolamento dei padri separati. La discriminazione è una conseguenza diretta della fallimentare legge sull’affido condiviso e di una mentalità giudiziaria che continua a considerare la madre – "categoria" contro cui, beninteso, non abbiamo alcuna riserva – come preferibile nel ruolo del cosiddetto "genitore collocatario".

E questo genitore, che in otto casi su dieci è appunto la madre, ha di fatto le più ampie possibilità per escludere l’ex coniuge dalla vita del figlio. Per dilazionare o addirittura per cancellare gli incontri, inventando tutta una serie di impedimenti fittizi.

 Ogni vicenda, naturalmente, è una storia a sé, con le sue incomprensioni, le sue delusioni, le sue angosce, e non è questa la sede per presentare una casistica. Ma quando si innalzano sbarramenti di questo tipo, quando la guerra tra ex arriva a servirsi di questi mezzi di ricatto e di vendetta, la maggior parte dei padri separati alza bandiera bianca. Perché è consapevole che in uno scontro giudiziario a colpi di ingiunzioni e di diffide, sarebbero i figli, già vittime per le incomprensioni degli adulti, a subire conseguenze psicologiche ancora più spiacevoli.

 Ma dopo mesi, talvolta dopo anni – da due il padre di Livorno non riusciva a vedere il proprio bambino – la scelta, da coraggiosa e responsabile diventa faticosa, spesso insopportabile. Scatta la voglia di spezzare l’accerchiamento, cresce la paura di risultare sempre meno significativo agli occhi di figli lontani o comunque inavvicinabili. I padri che non hanno la fortuna di imbattersi in un’associazione specifica che offra loro sostegno e conforto, vivono queste situazioni nell’angoscia della solitudine. Sempre più spesso poi, il quadro è complicato da problemi economici che contribuiscono ad annebbiare le prospettive.

No, non sono eroi negativi, presenze distruttive o pericolosi invasati i padri che non riescono più a sopportare la separazione anche dai figli. Spesso sono solo vittime di situazioni che, se in parte hanno contribuito a determinare, finiscono poi spesso per stringerli in spirali soffocanti di ingiustizia e di solitudine, dove l’assenza di strutture sociali di supporto si somma all’indifferenza del legislatore.
Ci siamo preoccupati di rendere velocissimi i tempi del divorzio, fingendo di ignorare che dietro ogni addio, soprattutto in presenza di figli, c’è sempre un lungo, inestricabile intreccio di sofferenza. E che, quando ci si accosta ai drammi delle disgregazioni familiari, più che la fretta dell’ideologia, serve la pacatezza e la misura del buon senso.

lunedì 13 luglio 2015

Cassazione: no imposizioni di psicoterapie ai separati




 Fonte:
https://capitandaddy.wordpress.com/2015/07/07/no-alle-imposizioni-delle-psicoterapie-ai-separati/

Sentenza della Corte di Cassazione 13506/2015
Ma è possibile arrivare in Cassazione per una roba del genere? Evidentemente si.
Affidare un figlio ad un padre è ancora una cosa così rara e considerata talmente strana che quando succede il giudice ti obbliga a percorsi psicoterapeuti (singoli e di coppia) per ristabilire un equilibrio emotivo della genitorialità.

Siccome non ho mai sentito di percorsi di psicoterapia quando nella “loro normalità” il figlio viene affidato alla madre dopo due minuti di dibattimento e usando moduli precompilati, in un certo senso, nel caso in esame riscontro un atteggiamento da parte di chi dovrebbe giudicare e scegliere per altri che manifesta la volontà di ripristinare l’ordine delle cose per come le intendono solo loro.

Ovvero che la mamma è sempre la mamma ed è quindi inconcepibile che non si possa affidarle un figlio.
Invece, giustamente, il padre ha fatto ricorso contro questa imposizione e ha avuto ragione. NON SI PUO’ IMPORRE LA PSICOTERAPIA SE UNO NON LA VUOLE FARE.  Addirittura la sentenza dice:“tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l’art. 32 della Costituzione”.

E mi pare pure il minimo; allo stesso modo io vedo la mediazione familiare: un imposizione a dir poco inutile. L’ho provata e mi ha fatto incazzare ancora di più. Se prima del tentativo di mediazione sbattevo contro un muro di gomma, dopo sbattevo contro DUE MURI DI GOMMA (la ex e la mediatrice, unite nella solita becera sorellanza).
Fidatevi, la mediazione o psicoterapia serve solo a farvi ammorbidire nell’accettare le condizioni imposte dagli avvocati e dalle controparti. Non cedete! Loro non cedono mai e non capisco perché dobbiamo farlo noi.

Perché non cedono? Perché hanno tutele e garanzie che noi manco ci sogniamo! Magari non scritte ma dettate da secolari consuetudini. Colpa anche nostra che abbiamo lasciato correre e non ci siamo ribellati. Ma i tempi cambiano quindi è ora di cambiare. Visto che è diventato normale pensare che i gay possano sposarsi, allora per i padri separati deve diventare normale che possano ottenere il collocamento dei propri figli. O forse qualcuno non è d’accordo sul concetto?
qua la sentenza completa:

Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 1 luglio 2015, n. 13506
Rilevato che
  1. Il 30 luglio 2009 L.M. ha depositato ricorso al Tribunale per i minorenni di Firenze con il quale ha chiesto l’affidamento del figlio F.E.C. M., nato a Siena il 26 giugno 2006 dall’unione con G.B., esponendo i seguenti fatti.
  2. Già dal 2007 erano insorti fra i genitori gravi conflitti che avevano portato alla rottura dell’unione e alla proposizione di una serie di azioni giudiziali per ottenere l’affidamento del piccolo F.. Nel 2008 G.B. e L.M. avevano sottoscritto un accordo che prevedeva l’affidamento condiviso del figlio, l’impegno di partecipare a un percorso di mediazione familiare e la possibilità per G.B. di vivere con il minore presso l’abitazione di proprietà di L.M.. Tale accordo però non aveva avuto una piena esecuzione e si dimostrava impossibile una sua modifica consensuale che lo rendesse pienamente attuabile.
  3. Si è costituita G.B. che ha chiesto l’affidamento condiviso del figlio con collocazione presso di lei, assegnazione della casa familiare, regolamentazione del diritto di visita e determinazione del contributo del padre al mantenimento.
  4. Il Tribunale per i minorenni di Firenze ha disposto consulenza tecnica affidata al servizio sociale e all’esito, con decreto del 15 marzo 2011, ha disposto l’affidamento condiviso di F. con collocamento presso il padre, dando facoltà a G.B. di tenere con sé il figlio secondo la disciplina descritta nella motivazione del decreto, prescrivendo ai genitori di rivolgersi al servizio sociale per ricevere informazioni e farsi indirizzare verso un percorso di mediazione familiare, dando mandato al servizio sociale e alla U.O.P. di Siena di seguire la situazione del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo mirati alla diminuzione del conflitto genitoriale e alla ricerca di ulteriori accordi che terranno conto della crescita del minore.
  5. Avverso il decreto hanno proposto separati ricorsi la B. e il M.. Quest’ultimo ha richiesto l’affidamento esclusivo del figlio.
  6. La Corte di appello, riuniti i procedimenti, ha disposto nuova CTU. Il 3 luglio 2012 è stata depositata la relazione del consulente tecnico cui è stata allegata una bozza di accordo sottoscritto dalle parti in cui viene previsto l’affidamento condiviso con collocamento presso il padre, percorso di mediazione a sostegno della genitorialità, organizzazione del regime di visita, previsione di un periodo di monitoraggio da parte della Corte di appello. La Corte di appello ha affidato al CTU il compito di depositare una relazione sull’esito del monitoraggio. La nuova relazione del CTU ha dato atto dell’esito negativo del percorso di mediazione a causa della immaturità della coppia genitoriale, ancora troppo coinvolta nel conflitto personale che rende impossibile un confronto autonomo tra i due genitori e necessario un percorso di sostegno e cura per entrambi, al fine di giungere a un reciproco rispetto dei ruoli, essenziale per garantire la loro collaborazione necessaria per la cura e l’educazione del figlio. Per altro verso la relazione del consulente ha dato atto del rispetto degli accordi assunti dalle parti e della mancanza di disagi da parte del minore ascrivibili alla collocazione prevalente presso il padre.
  7. La Corte di appello, con decreto del 18 aprile 2013, ha confermato le statuizioni del T.M. relative all’affidamento condiviso e alla collocazione e domiciliazione prevalente presso il padre ribadendo la indicazione per cui, laddove, il pomeriggio, il padre sia impegnato nell’attività lavorativa e non possa occuparsi personalmente del figlio, si rivolga prioritariamente alla madre, verificandone la disponibilità, prima di chiedere l’ausilio di altri familiari o di terzi estranei. E’ stato confermato anche il mandato ai servizi sociali di monitorare il rispetto delle statuizioni e la condizione del minore.
  8. Ricorre per cassazione L.M. affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 155 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 13, 32, 111 della Costituzione e dell’art. 155 sexies c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
  9. Si difende con controricorso G.B. che propone a sua volta ricorso incidentale basato su due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 155 c.c., 111 Cost., 8 C.E.D.U. nonché vizio di motivazione comportante la violazione di legge del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost.; b) violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e dell’art. 195 c.p.c.
  10. L.M. replica con controricorso al ricorso incidentale.
  11. Con il primo motivo del ricorso principale L.M. contesta la statuizione che lo obbliga a contattare preventivamente la B. per verificare la disponibilità ad occuparsi del figlio qualora egli sia impegnato nell’attività lavorativa senza poterlo tenere con sé, seppure coadiuvato dalla nonna o dalla baby-sitter.
  12. Con il secondo motivo del ricorso principale contesta la legittimità della statuizione che obbliga i genitori a sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale.
  13. Con il primo motivo del ricorso incidentale G.B. rileva che il collocamento del figlio F. Emanuele presso il padre è, a tutt’oggi, sfornito di una motivazione logico-giuridica definibile come tale. Inoltre lamenta che alla dichiarazione della Corte di parziale accoglimento del suo reclamo corrisponda in realtà una sostanziale conferma degli spazi di tempo del figlio riservati alla madre. Il provvedimento che la preferisce rispetto ad altri soggetti, nel caso in cui il padre collocatario sia impedito a stare con il figlio, perché impegnato in attività lavorativa, è del tutto inattuabile, secondo la ricorrente incidentale, data la forte conflittualità dei genitori e la volontà del M. di allontanare il figlio da lei cosicché tale regolamentazione inattuabile si trasforma in un sostanziale affido esclusivo al padre il quale limita ai soli giorni rigorosamente indicati nel provvedimento il diritto di visita della madre.
  14. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo in quanto il consulente, dopo aver prospettato nella relazione una volontà delle parti di definire consensualmente il conflitto e dopo essersi reso conto del fallimento della mediazione, avrebbe dovuto rispettare il diritto di difesa e consentire alle parti di formulare le proprie osservazioni come esplicitamente richiesto dalla consulente di parte.
Ritenuto che
Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto investe una disposizione non decisoria né definitiva e, pertanto, non ricorribile per cassazione. La prescrizione impugnata, infatti, è sottoponibile in qualsiasi momento dalle parti al riesame del giudice competente, il quale ben potrà revocarla o modificarla nel corso e all’esito del mandato conferito al Servizio Sociale e all’UOP di Siena. Inoltre, la disposizione che si ritiene violata con il motivo in esame, è volta prioritariamente alla tutela dell’interesse del minore. È dunque chiaro che, in base a questa necessaria lettura dell’art. 155 c.c., con la prescrizione impugnata – che peraltro si autodefinisce come indicazione – si chiede esclusivamente ai genitori una collaborazione, volta al superamento della persistente conflittualità che contraddistingue il loro rapporto, al solo fine di assicurare al minore la possibilità di crescere con un rapporto sereno e costante con entrambi i genitori, specificamente con riguardo alle situazioni in cui la possibilità per il genitore non collocatario di occuparsi del figlio è facilmente realizzabile. Né può ritenersi che la indicazione della Corte di appello debba essere interpretata come una rigida imposizione di un obbligo di consultazione, volta per volta, a carico del genitore collocatario come è stato prospettato dal ricorrente ovvero come una inutile previsione rimessa alla volontà del genitore collocatario, come è stato rilevato dalla ricorrente incidentale, proprio perché l’indicazione della Corte di appello si inquadra nel mandato conferito al Servizio sociale e all’UOP di Siena, finalizzato al rispetto delle disposizioni in materia di frequentazione madre-figlio e all’osservazione delle condizioni del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo, mirati alla riduzione del conflitto. Evidente pertanto che il rispetto della disposizione presuppone una cooperazione fra i genitori da realizzare con l’ausilio e il controllo del Servizio sociale e che in questa prospettiva solo una reciproca programmazione dell’attività professionale e del tempo aggiuntivo da dedicare al figlio potrà consentire l’operatività di una indicazione finalizzata a garantire un’ampia frequentazione fra la madre e il figlio e la piena fruizione da parte del minore del suo diritto alla bi-genitorialità. Infine il motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi perché la Corte di appello ha determinato con precisione il tempo di permanenza del minore con i suoi genitori e non ha affatto escluso che il genitore collocatario possa rivolgersi a terzi per essere coadiuvato nella cura del figlio quando è impegnato nella sua attività professionale ma ha prescritto, come si è detto, a entrambi i genitori una cooperazione finalizzata all’interesse del minore e affidata al controllo e al sostegno del Servizio sociale.


Il secondo motivo del ricorso principale è invece fondato in quanto la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l’art. 32 della Costituzione. Inoltre non tiene conto del penetrante intervento, affidato dallo stesso giudice di merito, al Servizio sociale che si giustifica in quanto strettamente collegato all’osservazione del minore e al sostegno dei genitori nel concreto esercizio della responsabilità genitoriale.

Laddove la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno alla genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull’affidamento dei minori anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione, rilevata dal CTU, di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli. Mentre infatti la previsione del mandato conferito al Servizio sociale resta collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore, la prescrizione di un percorso terapeutico ai genitori è connotata da una finalità estranea al giudizio quale quella di realizzare una maturazione personale dei genitori che non può che rimanere affidata al loro diritto di auto-determinazione.

Il ricorso incidentale è infondato in quanto la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Firenze di confermare la collocazione del minore presso il padre dipende dall’esito positivo che il CTU ha riferito circa il periodo di monitoraggio relativamente a detto collocamento, che peraltro era stato oggetto di uno specifico accordo tra le parti. Tale decisione, pertanto, non implica un giudizio negativo circa l’adeguatezza genitoriale della madre o circa la possibilità di collocare il minore presso la stessa, bensì afferma – con una motivazione per relationem al decreto emesso in primo grado nonché fondata sull’esito della CTU disposta in secondo grado – che non sussistono i presupposti per una modifica della previsione del collocamento del minore presso il padre, tenuto conto delle informazioni positive sul periodo trascorso con domiciliazione prevalente presso il padre durante il quale non risultano essere stati ostacolati in alcun modo gli incontri con la madre. Inoltre non sussiste la dedotta indeterminatezza del rinvio alla regolamentazione degli incontri madre-minore così come indicata in motivazione.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato sia perché dalla stessa esposizione della ricorrente non risulta la concessione di un termine ex art. 195 c.p.c. con specifico riferimento all’elaborato peritale finale. Per altro verso non risulta contestata l’affermazione della difesa del M. per cui non è stata tempestivamente sollevata alcuna eccezione di nullità della C.T.U. da parte della B. che conseguentemente in ipotesi deve ritenersi comunque sanata (cfr. Cass. Civ. sezione II n. 1744 del 24 gennaio 2013 e Cass. Civ. sezione I, n. 24966 del 10 dicembre 2010, secondo cui l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l’udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l’esame della relazione, poiché la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione).
Va pertanto dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accolto il secondo motivo dello stesso ricorso con conseguente cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito di revoca della prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psico-terapeutico individuale oltre a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme. Va infine respinto il ricorso incidentale.
In considerazione dell’oggetto e dell’esito del giudizio le spese processuali devono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo e decidendo nel merito, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.